Tecniche di Nostradamus

martedì 22 dicembre 2015

Sot pécheur - aggiornamento





Riflettendo meglio sullo schema di ieri (anche se mi ero riproposto di non pensarci più), mi appare infondata l’ipotesi che manchi una lettera in ciascuna riga esterna. Meglio così perché, altrimenti, tutto lo schema ne risulterebbe sconvolto.
La prima riga può essere adesso completata. L’ultima parola è un altro “treize” (tredici), mentre la seconda “dovrebbe” essere un “dix” (dieci) o un “six” (sei).

Non ho la più pallida idea di come debbano essere lette o ricombinate le parole della cornice esterna, comprese a questo punto anche le colonne oltre alle righe; tuttavia mi viene il sospetto che, una volta ricomposte nel loro giusto ordine, esse possano fornire indicazioni sul modo di estrarre un messaggio dalla parte interna della cornice; sempre che, come detto ieri, essa costituisca un’applicazione di steganografia. Il sistema, in sé, non sarebbe né nuovo e né complicato.

Il muro del mistero che circonda questo documento è stato finalmente infranto; da qui in avanti la strada dovrebbe essere in discesa. Resta sempre, ovviamente, il problema di capire se si tratta di un’invenzione di de Sède o di un messaggio autentico di Saunière.

lunedì 21 dicembre 2015

Rennes le Chateau e il Sot Pécheur

Un amico appassionato dei misteri di Rennes le Chateau, tempo addietro, mi ha sottoposto un crittogramma noto come “Sot pécheur”, chiedendomi se era possibile decifrarlo, visto che nessuno ci era mai riuscito. A quanto ne sapeva, mi disse, era opinione diffusa che si trattasse di un’applicazione del cifrario di Vigenère.

Da una breve ricerca appresi che il documento appariva nel libro “L’Or de Rennes” di Gérard de Sède, il quale sosteneva di averlo trovato tra i documenti dell’abate Saunière. Poiché considero de Sède scarsamente affidabile ed essendo, inoltre, poco interessato all’argomento di Rennes le Chateau, mi sono sentito costretto a respingere la richiesta. Decifrare un documento è una cosa che richiede di norma tempi lunghi (senza alcuna garanzia di riuscita) e passione per quel che si fa. Dunque, mancavano i presupposti per un mio impegno.

Oggi mi è capitato nuovamente tra le mani, per caso, quel crittogramma e così, per curiosità, gli ho dato uno sguardo.
Purtroppo ho perso i contatti con la persona che me lo aveva sottoposto; spero che legga. Vorrei dirgli quanto segue, in totale contrasto con quello che leggo nei vari siti Internet, nei quali non ho trovato nessun “interprete” che mostri di conoscere, neanche lontanamente, le basi elementari della crittografia. Ma questo sembra un dettaglio di scarsa importanza; l’importante, come sempre, è far credere agli altri che si sa quel che si dice.
Ecco comunque la mia opinione:

1 - Vigenère non c’entra per nulla. Chi glielo ha detto gli ha detto una grossa sciocchezza. Il cifrario di Vigenère è stato considerato per alcuni secoli del tutto indecifrabile ma, oggi come oggi, non ha più alcun segreto. Tra l'altro, mi piacerebbe sapere come si fa a ricondurre al cifrario di Vigenère un testo che non si riesce a decifrare. Mistero!
2 - Dalla riga 2 alla riga 10 del crittogramma non c’è alcun codice cifrato. Garantito! Inutile cercare quello che non c’è. Al massimo, ammesso che ci sia qualcosa, bisogna approfondire con le tecniche della steganografia: una lettera o una sillaba di qua e una di là, secondo un criterio da scoprire, per mettere in luce l’eventuale messaggio nascosto. Inutile tentare, come ho visto fare in rete, di risolvere inesistenti indovinelli. Personalmente, e fino a prova contraria, sono comunque del parere che si tratti di un diversivo acchiappapolli.
3 - Un messaggio, invece, si trova veramente nella prima e nell’ultima riga. Che ci sia un  messaggio non significa, ovviamente, che quel che c’è scritto sia vero ed effettivamente riconducibile a Saunière.

Con riferimento al punto 3, la tecnica da me utilizzata per la decifrazione è semplicissima, ma comprensibile solo dagli addetti ai lavori, che la capiranno al volo, senza bisogno di spiegazioni. Infatti, con la parziale soluzione che sono riuscito a portare alla luce al “primo tentativo” (a dimostrazione che si tratta di un codice elementare), qualunque crittografo (vero) che sia interessato, sarà in grado di completare il crittogramma con un po’ di applicazione più approfondita della mia.


Il riquadro interno è stato disegnato da me, per separare la parte cittografata esterna dalla parte interna, che non lo è.
Io, come ho detto, mi sono applicato solo alle due righe esterne. Non so dire se anche le colonne esterne contengano un codice. Probabilmente, sì.
E' possibile che tra la “M” e la “Z” della prima riga manchi una lettera. Se è così, e visto che la prima e l’ultima riga sono simmetriche, dovrebbe mancare una lettera anche da qualche parte nell’ultima riga. Ma la correttezza di questa ipotesi allargherebbe la cornice e sconvolgerebbe lo schema. Tenuto presente che posso sbagliarmi, lascio lo spunto di riflessione allo stesso ipotetico crittagrafo di cui sopra, che abbia voglia di andare più a fondo.

Allego l’immagine di un foglio excel con la prima e l’ultima riga parzialmente decifrate. Vi si leggono le parole “treize” (tredici), “lettres” (lettere), “assis” (seduto), “trois” (tre).

Buona fortuna a chiunque abbia intenzione di completare il lavoro.





  

giovedì 17 dicembre 2015

L'enigma delle due "C"

In uno dei precedenti post ho promesso che avrei svelato uno dei misteri che, nell’epitaffio, Nostradamus propone ai solutori del rebus delle Centurie. Potrei farlo subito, naturalmente, ma temo che la reazione possa essere di scetticismo. La gente, di solito, non sa assolutamente nulla di steganografia e crittografia, soprattutto di quella dei secoli passati. Pensando che si tratti di giochetti più o meno ingenui, non è normalmente in grado di apprezzare l’ingegnosità di certi enigmi.

Proprio per questo motivo, per dimostrare che l’epitaffio è un vero e proprio testo criptico, stiamo cercando di portare alla luce le sue anomalie e, nei limiti del possibile, di capire la loro funzione. Abbiamo anzitutto provato a capire il significato del brano racchiuso tra le due “I” speciali (“Iudicio” e “cuIus”). Adesso proviamo a scoprire quello del brano racchiuso tra le due “C” grandi (Clarissimi e Conscriberentur).



In via preliminare, c’è una questione da chiarire; anzi, da ricordare, avendone parlato molte volte. In tutto ciò che Nostradamus scrive, ogni brano ha il suo mistero, slegato da quelli degli altri brani. E’ una situazione apparentemente strana, che trova però la sua conferma in una collaudata struttura, fondata su quei due fondamentali princìpi che, come ben noto, sono alla base di tutte le mie ricerche e scoperte:

I pezzi del disegno finale sono frammentati, apparentemente in disordine, in tutte le opere di Nostradamus; li ho spesso paragonati ai tasselli di un mosaico, mescolati alla rinfusa. Gli enigmi si ripetono tutti, due o più volte, in forme e circostanze diverse.

Bene! La volta scorsa abbiamo cercato di capire il significato del brano racchiuso tra le due “I” speciali. Se abbiamo interpretato correttamente quel caso, allora una funzione analoga deve essere svolta anche dal brano racchiuso tra le due “C” grandi, tenendo conto che, nell’ipotesi che stiamo portando avanti, l’epitaffio è una specie di miniaturizzazione dell’epistola ad Enrico II, che sappiamo essere un “manuale delle istruzioni”.
Perché queste due “C”? Qual è la loro funzione? Sorvolo sulle varie riflessioni ed arrivo direttamente alle conclusioni. Come nel caso delle “I”, l’evidenziazione grafica delle “C” sembra essere un invito a contare i numeri romani compresi nel brano ma, badate bene, compresi anche tra le “C”, cioè inferiori a 100; le “C”, in sostanza, sono un limite. Le dimensioni potrebbero esse stesse avere un significato: non solo i numeri da prendere in considerazione sono quelli inferiori a cento, perché “all’interno” delle “C”, ma anche perché, graficamente, i loro caratteri sono di dimensioni minori rispetto alle stesse "C".
Sia come sia, abbiamo 5 “L”, 1 “X”, 2 “V”, e 19 “I” (le due “I” speciali vanno escluse, in quanto sono delle vere e proprie “I” e non dei numeri romani).

Sommando, si ottiene 289. Sarà un caso, se a qualcuno fa piacere così (e allora, perché quelle “C” così diverse?), ma ci troviamo di fronte al numero (proprio 289) delle quartine pubblicate nella seconda edizione (Du Rosne) delle Centurie, in aggiunta alle 353 originarie.
Non è un numero che sto tirando fuori adesso, perché mi fa comodo. E’ un numero importante che, come ben sanno i lettori di “Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal”, viene fuori anche dalla frase enigmatica che si trova nel frontespizio dell’edizione Du Rosne delle Centurie. E’ un numero che, assieme ad altri, permette al decodificatore di individuare con certezza assoluta, in mezzo a tante contraffazioni, le fonti originali delle Centurie, nelle quali soltanto possono essere trovate le varie chiavi per la soluzione degli enigmi.

Per me la questione è chiara, perché sono ormai abituato a questi giochetti. Ma voi, forse, non siete convinti. Allora, spiegatemi perché la prima "u" di “unius” è una “v” (vnius), mentre la prima “v” di “eventus” è una “u” (euentus); e spiegatemi anche perché la "C" di "conscriberentur" sia messa in così tanta evidenza nel bel mezzo del discorso. Non sono forse questi degli espedienti per costringere il decrittatore a riflettere? Certo, si potrebbe pensare che sia stato il tipografo ad agire con leggerezza, tenuto anche conto, per quanto riguarda la "u" e la "v", che a quell'epoca alcuni caratteri erano intercambiabili; ed infatti, ad una leggerezza del tipografo è stata attribuito per quasi 500 anni anche quel famoso “3” che completa la “M”! Con quali risultati, lo sappiamo tutti.

sabato 5 dicembre 2015

I delimitatori

Nostradamus fa uso sistematico dei caratteri grafici, ricorrendo a delle tecniche steganografiche molto diffuse ai suoi tempi. Abbiamo visto le iniziali che formano la parola “CAVET”; abbiamo risolto l’enigma del completamento della “M” con il numero 3; mostro, di seguito, l’indirizzamento al figlio Cesare con una “L” particolare, nell’ambito di un enigma che avvisa di non prendere in considerazione, nella ricostruzione della chiave di ordinamento delle quartine, la frase di 50 lettere che appare in calce all’epistola a Enrico (sorvoliamo sulla dimostrazione, per non deviare dal filone principale).

Potrei citare diversi altri esempi del genere che, con la loro stessa frequenza, suggeriscono di non sottovalutare i caratteri grafici particolari che appaiono nell’epitaffio. In particolare, segnalo le due lettere “I” speciali che racchiudono le parole “.udicio digni cu.”. Ve ne sono altre due uguali, in fondo, che probablmente hanno una funzione analoga; le prime due, però, sembrano proprio un segnale al quale si può provare ad attribuire un preciso significato.


Partiamo dal presupposto che non c’è motivo di inserire due “I” siffatte in mezzo a tante altre “I” normali, se non per richiamare l’attenzione. Ricordiamoci, inoltre, che una delle tenciche della steganografia è quella di delimitare con dei “segni particolari” di vario genere la frase nella quale è racchiuso il messaggio. Se questa è la funzione della due “I”, essa è rafforzata dalla presenza delle due “u”, anch’esse in apertura e chiusura del periodo contrassegnato. 
Perciò se Nostradamus, anziché ricorrere a degli stratagemmi inosservabili, ha fatto ricorso proprio a due “I” molto visibili, un motivo ci deve essere. Una concreta possibiltà è che, con quelle delimitazioni, abbia voluto richiamare l’attenzione sulle “I” più normali racchiuse nel periodo in esame: “…udIcIo dIgnI cu…”; come dire: “guarda le 'I' da qui a là” Considerando questo come uno dei vari elementi di concordanza tra epitaffio ed epistola ad Enrico II, della quale l’epitaffio è un’anteprima, la conclusione logica è anche qui Nostradamus abbia voluto lasciare  un riferimento alla quarta quartina delle Centurie a dimostrazione, più che altro, della presenza della sua manina nello stesso epitaffio che lo dà per morto. E questa non è cosa da poco perché, se davvero fosse morto nella data ufficialmente nota, allora restebbero da spiegare tante cose che solo nella sua sopravvivenza trovano risposta (l’enigma della M con il 3 è una di queste, visto che quella grafica particolare appare nell’edizione del 1568, mentre Nostradamus viene dato per morto nel 1566).