Tecniche di Nostradamus

martedì 22 dicembre 2015

Sot pécheur - aggiornamento





Riflettendo meglio sullo schema di ieri (anche se mi ero riproposto di non pensarci più), mi appare infondata l’ipotesi che manchi una lettera in ciascuna riga esterna. Meglio così perché, altrimenti, tutto lo schema ne risulterebbe sconvolto.
La prima riga può essere adesso completata. L’ultima parola è un altro “treize” (tredici), mentre la seconda “dovrebbe” essere un “dix” (dieci) o un “six” (sei).

Non ho la più pallida idea di come debbano essere lette o ricombinate le parole della cornice esterna, comprese a questo punto anche le colonne oltre alle righe; tuttavia mi viene il sospetto che, una volta ricomposte nel loro giusto ordine, esse possano fornire indicazioni sul modo di estrarre un messaggio dalla parte interna della cornice; sempre che, come detto ieri, essa costituisca un’applicazione di steganografia. Il sistema, in sé, non sarebbe né nuovo e né complicato.

Il muro del mistero che circonda questo documento è stato finalmente infranto; da qui in avanti la strada dovrebbe essere in discesa. Resta sempre, ovviamente, il problema di capire se si tratta di un’invenzione di de Sède o di un messaggio autentico di Saunière.

lunedì 21 dicembre 2015

Rennes le Chateau e il Sot Pécheur

Un amico appassionato dei misteri di Rennes le Chateau, tempo addietro, mi ha sottoposto un crittogramma noto come “Sot pécheur”, chiedendomi se era possibile decifrarlo, visto che nessuno ci era mai riuscito. A quanto ne sapeva, mi disse, era opinione diffusa che si trattasse di un’applicazione del cifrario di Vigenère.

Da una breve ricerca appresi che il documento appariva nel libro “L’Or de Rennes” di Gérard de Sède, il quale sosteneva di averlo trovato tra i documenti dell’abate Saunière. Poiché considero de Sède scarsamente affidabile ed essendo, inoltre, poco interessato all’argomento di Rennes le Chateau, mi sono sentito costretto a respingere la richiesta. Decifrare un documento è una cosa che richiede di norma tempi lunghi (senza alcuna garanzia di riuscita) e passione per quel che si fa. Dunque, mancavano i presupposti per un mio impegno.

Oggi mi è capitato nuovamente tra le mani, per caso, quel crittogramma e così, per curiosità, gli ho dato uno sguardo.
Purtroppo ho perso i contatti con la persona che me lo aveva sottoposto; spero che legga. Vorrei dirgli quanto segue, in totale contrasto con quello che leggo nei vari siti Internet, nei quali non ho trovato nessun “interprete” che mostri di conoscere, neanche lontanamente, le basi elementari della crittografia. Ma questo sembra un dettaglio di scarsa importanza; l’importante, come sempre, è far credere agli altri che si sa quel che si dice.
Ecco comunque la mia opinione:

1 - Vigenère non c’entra per nulla. Chi glielo ha detto gli ha detto una grossa sciocchezza. Il cifrario di Vigenère è stato considerato per alcuni secoli del tutto indecifrabile ma, oggi come oggi, non ha più alcun segreto. Tra l'altro, mi piacerebbe sapere come si fa a ricondurre al cifrario di Vigenère un testo che non si riesce a decifrare. Mistero!
2 - Dalla riga 2 alla riga 10 del crittogramma non c’è alcun codice cifrato. Garantito! Inutile cercare quello che non c’è. Al massimo, ammesso che ci sia qualcosa, bisogna approfondire con le tecniche della steganografia: una lettera o una sillaba di qua e una di là, secondo un criterio da scoprire, per mettere in luce l’eventuale messaggio nascosto. Inutile tentare, come ho visto fare in rete, di risolvere inesistenti indovinelli. Personalmente, e fino a prova contraria, sono comunque del parere che si tratti di un diversivo acchiappapolli.
3 - Un messaggio, invece, si trova veramente nella prima e nell’ultima riga. Che ci sia un  messaggio non significa, ovviamente, che quel che c’è scritto sia vero ed effettivamente riconducibile a Saunière.

Con riferimento al punto 3, la tecnica da me utilizzata per la decifrazione è semplicissima, ma comprensibile solo dagli addetti ai lavori, che la capiranno al volo, senza bisogno di spiegazioni. Infatti, con la parziale soluzione che sono riuscito a portare alla luce al “primo tentativo” (a dimostrazione che si tratta di un codice elementare), qualunque crittografo (vero) che sia interessato, sarà in grado di completare il crittogramma con un po’ di applicazione più approfondita della mia.


Il riquadro interno è stato disegnato da me, per separare la parte cittografata esterna dalla parte interna, che non lo è.
Io, come ho detto, mi sono applicato solo alle due righe esterne. Non so dire se anche le colonne esterne contengano un codice. Probabilmente, sì.
E' possibile che tra la “M” e la “Z” della prima riga manchi una lettera. Se è così, e visto che la prima e l’ultima riga sono simmetriche, dovrebbe mancare una lettera anche da qualche parte nell’ultima riga. Ma la correttezza di questa ipotesi allargherebbe la cornice e sconvolgerebbe lo schema. Tenuto presente che posso sbagliarmi, lascio lo spunto di riflessione allo stesso ipotetico crittagrafo di cui sopra, che abbia voglia di andare più a fondo.

Allego l’immagine di un foglio excel con la prima e l’ultima riga parzialmente decifrate. Vi si leggono le parole “treize” (tredici), “lettres” (lettere), “assis” (seduto), “trois” (tre).

Buona fortuna a chiunque abbia intenzione di completare il lavoro.





  

giovedì 17 dicembre 2015

L'enigma delle due "C"

In uno dei precedenti post ho promesso che avrei svelato uno dei misteri che, nell’epitaffio, Nostradamus propone ai solutori del rebus delle Centurie. Potrei farlo subito, naturalmente, ma temo che la reazione possa essere di scetticismo. La gente, di solito, non sa assolutamente nulla di steganografia e crittografia, soprattutto di quella dei secoli passati. Pensando che si tratti di giochetti più o meno ingenui, non è normalmente in grado di apprezzare l’ingegnosità di certi enigmi.

Proprio per questo motivo, per dimostrare che l’epitaffio è un vero e proprio testo criptico, stiamo cercando di portare alla luce le sue anomalie e, nei limiti del possibile, di capire la loro funzione. Abbiamo anzitutto provato a capire il significato del brano racchiuso tra le due “I” speciali (“Iudicio” e “cuIus”). Adesso proviamo a scoprire quello del brano racchiuso tra le due “C” grandi (Clarissimi e Conscriberentur).



In via preliminare, c’è una questione da chiarire; anzi, da ricordare, avendone parlato molte volte. In tutto ciò che Nostradamus scrive, ogni brano ha il suo mistero, slegato da quelli degli altri brani. E’ una situazione apparentemente strana, che trova però la sua conferma in una collaudata struttura, fondata su quei due fondamentali princìpi che, come ben noto, sono alla base di tutte le mie ricerche e scoperte:

I pezzi del disegno finale sono frammentati, apparentemente in disordine, in tutte le opere di Nostradamus; li ho spesso paragonati ai tasselli di un mosaico, mescolati alla rinfusa. Gli enigmi si ripetono tutti, due o più volte, in forme e circostanze diverse.

Bene! La volta scorsa abbiamo cercato di capire il significato del brano racchiuso tra le due “I” speciali. Se abbiamo interpretato correttamente quel caso, allora una funzione analoga deve essere svolta anche dal brano racchiuso tra le due “C” grandi, tenendo conto che, nell’ipotesi che stiamo portando avanti, l’epitaffio è una specie di miniaturizzazione dell’epistola ad Enrico II, che sappiamo essere un “manuale delle istruzioni”.
Perché queste due “C”? Qual è la loro funzione? Sorvolo sulle varie riflessioni ed arrivo direttamente alle conclusioni. Come nel caso delle “I”, l’evidenziazione grafica delle “C” sembra essere un invito a contare i numeri romani compresi nel brano ma, badate bene, compresi anche tra le “C”, cioè inferiori a 100; le “C”, in sostanza, sono un limite. Le dimensioni potrebbero esse stesse avere un significato: non solo i numeri da prendere in considerazione sono quelli inferiori a cento, perché “all’interno” delle “C”, ma anche perché, graficamente, i loro caratteri sono di dimensioni minori rispetto alle stesse "C".
Sia come sia, abbiamo 5 “L”, 1 “X”, 2 “V”, e 19 “I” (le due “I” speciali vanno escluse, in quanto sono delle vere e proprie “I” e non dei numeri romani).

Sommando, si ottiene 289. Sarà un caso, se a qualcuno fa piacere così (e allora, perché quelle “C” così diverse?), ma ci troviamo di fronte al numero (proprio 289) delle quartine pubblicate nella seconda edizione (Du Rosne) delle Centurie, in aggiunta alle 353 originarie.
Non è un numero che sto tirando fuori adesso, perché mi fa comodo. E’ un numero importante che, come ben sanno i lettori di “Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal”, viene fuori anche dalla frase enigmatica che si trova nel frontespizio dell’edizione Du Rosne delle Centurie. E’ un numero che, assieme ad altri, permette al decodificatore di individuare con certezza assoluta, in mezzo a tante contraffazioni, le fonti originali delle Centurie, nelle quali soltanto possono essere trovate le varie chiavi per la soluzione degli enigmi.

Per me la questione è chiara, perché sono ormai abituato a questi giochetti. Ma voi, forse, non siete convinti. Allora, spiegatemi perché la prima "u" di “unius” è una “v” (vnius), mentre la prima “v” di “eventus” è una “u” (euentus); e spiegatemi anche perché la "C" di "conscriberentur" sia messa in così tanta evidenza nel bel mezzo del discorso. Non sono forse questi degli espedienti per costringere il decrittatore a riflettere? Certo, si potrebbe pensare che sia stato il tipografo ad agire con leggerezza, tenuto anche conto, per quanto riguarda la "u" e la "v", che a quell'epoca alcuni caratteri erano intercambiabili; ed infatti, ad una leggerezza del tipografo è stata attribuito per quasi 500 anni anche quel famoso “3” che completa la “M”! Con quali risultati, lo sappiamo tutti.

sabato 5 dicembre 2015

I delimitatori

Nostradamus fa uso sistematico dei caratteri grafici, ricorrendo a delle tecniche steganografiche molto diffuse ai suoi tempi. Abbiamo visto le iniziali che formano la parola “CAVET”; abbiamo risolto l’enigma del completamento della “M” con il numero 3; mostro, di seguito, l’indirizzamento al figlio Cesare con una “L” particolare, nell’ambito di un enigma che avvisa di non prendere in considerazione, nella ricostruzione della chiave di ordinamento delle quartine, la frase di 50 lettere che appare in calce all’epistola a Enrico (sorvoliamo sulla dimostrazione, per non deviare dal filone principale).

Potrei citare diversi altri esempi del genere che, con la loro stessa frequenza, suggeriscono di non sottovalutare i caratteri grafici particolari che appaiono nell’epitaffio. In particolare, segnalo le due lettere “I” speciali che racchiudono le parole “.udicio digni cu.”. Ve ne sono altre due uguali, in fondo, che probablmente hanno una funzione analoga; le prime due, però, sembrano proprio un segnale al quale si può provare ad attribuire un preciso significato.


Partiamo dal presupposto che non c’è motivo di inserire due “I” siffatte in mezzo a tante altre “I” normali, se non per richiamare l’attenzione. Ricordiamoci, inoltre, che una delle tenciche della steganografia è quella di delimitare con dei “segni particolari” di vario genere la frase nella quale è racchiuso il messaggio. Se questa è la funzione della due “I”, essa è rafforzata dalla presenza delle due “u”, anch’esse in apertura e chiusura del periodo contrassegnato. 
Perciò se Nostradamus, anziché ricorrere a degli stratagemmi inosservabili, ha fatto ricorso proprio a due “I” molto visibili, un motivo ci deve essere. Una concreta possibiltà è che, con quelle delimitazioni, abbia voluto richiamare l’attenzione sulle “I” più normali racchiuse nel periodo in esame: “…udIcIo dIgnI cu…”; come dire: “guarda le 'I' da qui a là” Considerando questo come uno dei vari elementi di concordanza tra epitaffio ed epistola ad Enrico II, della quale l’epitaffio è un’anteprima, la conclusione logica è anche qui Nostradamus abbia voluto lasciare  un riferimento alla quarta quartina delle Centurie a dimostrazione, più che altro, della presenza della sua manina nello stesso epitaffio che lo dà per morto. E questa non è cosa da poco perché, se davvero fosse morto nella data ufficialmente nota, allora restebbero da spiegare tante cose che solo nella sua sopravvivenza trovano risposta (l’enigma della M con il 3 è una di queste, visto che quella grafica particolare appare nell’edizione del 1568, mentre Nostradamus viene dato per morto nel 1566).


sabato 28 novembre 2015

L'enigma del 3 e del migliaio

Ho già ricordato che l’epistola a Enrico II è un vero e proprio manuale per la lettura delle Centurie. Di fatto, è un testo steganografico che contiene molte indicazioni occultate da un lungo discorso contorto, che sembra dire tutt’altra cosa. La steganografia è enormemente più insidiosa delle crittografia, perché un messaggio crittografato appare subito come tale; un messaggio steganografato (“steganografato”, non “stenografato”) è invece un messaggio la cui stessa esistenza è occultata.
Anche l’epitaffio è un testo steganografico ma, essendo molto più ridotto dell’epistola, presenta il vantaggio di una più immediata percezione da parte di chi abbia l’occhio allenato a questo genere di cose.
Probabilmente è per questa ragione, per far capire al suo interprete che deve cercare il “disegno nascosto” nell’epistola, che Nostradamus ha predisposto l’epitaffio, una specie di anteprima della stessa epistola, della quale rispecchia le caratteristiche: essenzialmente, ma non solo, testo in doppia lingua e uso del doppio carattere.

A conferma di questa ipotesi, l’epitaffio senbra riprodurre un enigma praticamente identico a un altro presente nell’epistola a Enrico II. Si tratta del famoso enigma delle “tre Centurie che completano il migliaio”. Per secoli la gente si è lambiccata il cervello su queste parole, perché le Centurie sono 10 e non 1000; se, invece, ci si riferisce alle quartine, esse sono 942 o 1080, rispettivamente con esclusione o con inclusione dei Presagi. Ci sono studiosi che, sbagliando, arrivano a conclusioni diverse l’uno dall’altro, ma mai nessuno è riuscito a ricostruire 1000 quartine.


Nel libro “Il vero codice di Nostradamus” ho dimostrato che quest’enigma, fingendo di parlare delle Centurie, è solo un invito a prendere in considerazione l’indirizzamento dell’epistola, per collegarlo alla quarta quartina, quella del Monarca Universale. Qui non ripeto tutta la dimostrazione; ricordo solo che, in pratica, bisogna guardare alla grafica dell’indirizzamento delle Centurie “originali”, ediz. Benoist Rigaud, dove la “M” (numero romano per 1000, peraltro differente dalle altre lettere perché più grande e non in corsivo) è “completata” dal numero 3, che serve a indicare le lettere a passo 3 dello stesso indirizzamento: “A L’INVICTISSIME”; cioè IIII, ovvero la quarta quartina. Tale quartina parla del Monarca Universale, che è lo stesso personaggio, “l’invictissime”, al quale è indirizzata l’epistola ed al quale sono destinate le Centurie.

Ci sarebbe molto da dire su questo Monarca, visto che, tanto per cambiare, le cose non stanno come sembrano. Ma a noi, qui e adesso, interessa solo capire in che modo Nostradamus abbia replicato lo stesso enigma nell’epitaffio. Ne parliamo la prossima volta; magari, nel frattempo, ci pensate su anche voi.

sabato 21 novembre 2015

Fatima: epilogo

Il terzo segreto di Fatima viene reso pubblico il 26 giugno 2000 unitamente a un commento teologico dell’allora Card. Ratzinger, prefetto della Congregazione  per la dottrina della fede.
Non ci vuole molto per percepire le difficoltà nelle quali Ratzinger si dibatte, nel tentativo di conciliare la sua diffidenza nei confronti della soprannaturalità di Fatima con la duplice necessità di non smentire l’atteggiamento di accondiscendenza tenuto fino ad allora dalla Chiesa e di rispettare le convinzioni di Wojtyla.
Mi astengo dal trascrivere l’integrale commento, piuttosto lungo, che può essere rintracciato nel sito del Vaticano, unitamente al testo del segreto. Mi limito invece a mettere in evidenza i passaggi fondamentali.

Una buona metà è costituita dalla spiegazione della differenza tra “rivelazione pubblica” e “rivelazione privata”. Riassumendo qui in poche parole, Ratzinger spiega che la rivelazione pubblica è costituita dalla parola di Dio rivelata nelle sacre scritture, la rivelazione privata è costituita da ciò che raccontano mistici e veggenti. Il credente è tenuto a prestare fede alla prima, perché altrimenti verrebbero meno gli stessi presupposti della fede. Non è invece tenuto a credere alle seconde, semplicemente perché non si può star dietro a tutti i visionari che sostengono di vedere Dio e la Madonna (non sono le sua esatte parole, ma la sostanza è questa).

Per quanto riguarda l’interpretazione del segreto come profezia dell’attentato al Papa, Ratzinger rimanda diplomaticamente all’opinione di Sodano sostenendo, da parte sua, “che non esiste un destino immutabile”; anzi, di più, nega proprio l’esistenza di una profezia, sostenendo che “nessun grande mistero viene svelato; il velo del futuro non viene squarciato”. Tradotto terra terra, la storia della profezia è una bufala; infatti, non si è avverata. Il vero cristiano, aggiunge, non ha bisogno di profezie: “Fatima non ci offre tali appagamenti della nostra curiosità, come del resto in generale la fede cristiana non vuole e non può essere pastura per la nostra curiosità. Ciò che rimane l’abbiamo visto subito all’inizio delle nostre riflessioni sul testo del segreto: l’esortazione alla preghiera come via per la salvezza delle anime e nello stesso tempo il richiamo alla penitenza e alla conversione”.

Richiamo l’attenzione sul quel “ciò che rimane”: cioè, al netto delle profezie che, in pratica, costituiscono la parte più consistente del messaggio di Lucia.
Non credo che, assegnando una funzione alla parte residuale, Ratzinger abbia voluto comunque confermare l’autenticità delle visioni, sia pure restringendone la portata; credo invece che abbia voluto fare uno sforzo per non negarle del tutto, cercando di trarre del buono da questo grande imbroglio. Egli infatti accosta il racconto della suora a “immagini che Lucia può aver visto in libri di pietà ed il cui contenuto deriva da antiche intuizioni di fede”. Altro che immagini mostrate dalla Madonna! Del resto, già nella premessa al commento, Ratzinger si pone la domanda sulla natura delle visioni “Sono forse solamente proiezioni del mondo interiore di bambini, cresciuti in un ambiente di profonda pietà, ma allo stesso tempo sconvolti dalle bufere che minacciavano il loro tempo? Come dobbiamo intendere la visione, che cosa pensarne?”.

Le risposte che lui stesso dà di seguito non lasciano dubbi su come la pensa. “E’ chiaro”, dice, “che non si tratta della normale percezione esterna”, con ciò negando l’oggettività dei fenomeni di Fatima. "E' chiaro..."!
E, tuttavia, non ci sarebbe neanche bisogno di queste precisazioni dal momento che, nella sezione relativa alle rivelazioni private, è assai eloquente il riferimento a Padre Dhanis, il più feroce avversario di Fatima, elogiato da Ratzinger come “eminente conoscitore di questa materia”:

Il teologo fiammingo E. Dhanis, eminente conoscitore di questa materia, afferma sinteticamente che l'approvazione ecclesiale di una rivelazione privata contiene tre elementi: il messaggio relativo non contiene nulla che contrasta la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pubblico, ed i fedeli sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione”.

Non si può citare padre Dhanis, sia pure genericamente ed indirettamente, nel contesto di un commento a Fatima, sapendo benissimo chi era costui e conoscendo la vera e propria guerra che ha fatto alle visioni dei pastorelli.
E’ altresì strano che un insuperabile teologo come Ratzinger, massima autorità nella dottrina della fede, come capo della relativa Congregazione, si rifaccia a un altro teologo per convalidare le proprie opinioni, quando invece dovrebbe essere il contrario. A meno che,  non potendo oltrepassare i limiti di ciò che può dire, non scelga di rifarsi a un altro per sottolineare ciò che non può dire personalmente! A beneficio di chi ha orecchie…!


Amen!

sabato 14 novembre 2015

I misteri dell'epitaffio

L’intestazione dell’epitaffio, con la sua anomalia della “T”, viene seguita da un testo in doppia lingua, latino e francese, e in doppio carattere, stampatello e corsivo.

Il raffronto con la struttura dell’epistola a Enrico II è spontaneo. A chi si è avvicinato da poco tempo al “codice Nostradamus”, ricordo che quell’epistola è un vero e proprio manuale, che spiega in modo geniale le modalità per l’ordinamento delle quartine e, almeno in parte (per quanto finora scoperto), quelle per la loro interpretazione.
Anche nell’epistola, esattamente come nell’epitaffio, abbiamo un’anomalia nell’intestazione (una “M”, che risolve l’enigma delle famose “tre centurie che completano il migliaio” – cfr. “Il vero codice di Nostradamus”), un doppio testo (in latino ed in francese) e un doppio carattere (normale ed in corsivo), con le frasi in latino che costituiscono la chiave per scardinare tutto il sistema organizzativo.

Dunque, prima ancora di scendere nel dettaglio delle specificità dell’epitaffio, è lecito supporre che, seguendo lo stesso modello dell’epistola,  anche in esso Nostradamus abbia celato delle indicazioni per il solutore di quell’immenso rebus che sono le Centurie. Ne sarà prova, più avanti, la soluzione di uno dei misteri dello stesso epitaffio; inoltre, pur non arrivando alla dimostrazione definitiva, anche su alcuni degli altri misteri possiamo fare qualcosa di più che delle semplici congetture, rilevando, nello stesso tempo, il ricorso a tecniche crittografiche o steganografiche1; tecniche peraltro utilizzate sistematicamente in tutta l’opera di Nostradamus.

Trascrivo di seguito il testo della metà superiore dell’epitaffio, in latino, cercando di mantenere, nei limiti del possibile, le sue particolarità grafiche. Prima ancora di esaminarne i dettagli, faccio osservare che la differenziazione della rappresentazione di alcune lettere costituiva uno dei cardini principali della crittografia, che proprio intorno all’epoca di Nostradamus ha raggiunto un ineguagliato fulgore con Tritemio, Della Porta, Alberti, Bacone, Dee… e lo stesso Nostradamus.

CLARISSIMI OSS A MICHAELIS NOSTRADAMI,VNIUS OMNIUM MORTALIUM IUDICIO DIGNI CUIUS PENE DIVINO CALAMO TOTIUS ORBIS. E? ASTRORUM. IN  F L U X U FUTURI EUENTUS CONSCRIBERENTUR ; ViXIT ANNOS. LXII. MENSES. VI. DIES. XVII. OBIIT SALLONE’ ANNO M. D. LXVI. QUIETEM POSTERI NE INVIDETE’ ANNA PONTIA. GEMELLA SALLONIA CONIUGI. OPT. V. FELICIT.






1 La crittografia consiste nella rielaborazione di uno scritto in una forma incomprensibile per chi non conosce la chiave di conversione; la steganografia consiste nell’occultamento di un testo sotto una qualsiasi forma che non dia nell’occhio. “MBOAB” è una forma crittografata del mio cognome “LANZA”, con la banalissima sostituzione di ogni lettera con quella che la segue nel normale alfabeto. L’espressione “LA BALLERINA ANNOIATA DANZAVA PIGRAMENTE” ha un autonomo senso compiuto, ma in realtà è una forma di steganografia, perché nasconde il mio cognome, formato dalla prima lettera della prima parola, dalla seconda lettera della seconda parola, dalla terza etc.

sabato 7 novembre 2015

Fatima: Un'interpretazione paradossale

Il 13 maggio del 2000, in occasione della beatificazione di Francesco e Giacinta, cuginetti di Lucia, il Card. Sodano, Segretario di Stato, annuncia  l’intenzione del Papa di rendere noto il terzo segreto di Fatima.

Il segreto verrà poi pubblicato il 26 giugno del 2000 con un commento teologico del Card. Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Tuttavia, già al momento dell’annuncio, il card. Sodano ne anticipa il contenuto, collegandolo all’attentato del 1981 a Giovanni Paolo II.

Un comportamento assai strano! Infatti, appare a prima vista inspiegabile questa frettolosa decisione, peraltro incompatibile con il riserbo tenuto per molti decenni, di anticipare di poco più di un mese l’interpretazione ufficiale del testo, prima ancora che venga reso noto.

In realtà non è difficile, ad un esame attento delle circostanze, individuare un tentativo prematuro, forse concordato con lo stesso Papa, di condizionare l’opinione pubblica ed il successivo giudizio di Ratzinger, i cui sforzi di prendere le distanze dalla “versione Sodano” appariranno evidenti. Una lotta interna, della quale non è possibile sapere di quanto il pontefice, ormai vecchio e malato, fosse consapevole.

Per una lettura integrale del segreto, rinvio alle varie pubblicazioni facilmente rintracciabli in rete e, in particolare, al testo rintracciabile nel sito del Vaticano. In questa sede mi limito a una sintesi.

I pastorelli avrebbero visto un Angelo che, impugnando una spada di fuoco, invitava alla penitenza. Le fiamme della spada si spegnevano al contatto con la Madonna, pure presente nella scena.
Contemporaneamente, si vedeva un Vescovo vestito di bianco, identificato come il Santo Padre, che, unitamente a vari religiosi, saliva una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande Croce di tronchi grezzi.
Prima di arrivare in cima, il Papa attraversava una città in rovina piena di cadaveri. Giunto alla vetta, veniva ucciso da alcuni soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce. Assieme a lui venivano uccisi i vari religiosi del seguito. Ai lati della Croce c’erano due Angeli, ognuno con un innaffiatoio di cristallo in mano, che raccoglievano il sangue dei martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio.

Si vede subito, da questa descrizione, che la profezia non corrisponde alle paradossali spiegazioni di Sodano visto che, a differenza del Vescovo della visione, Giovanni Paolo II è sopravvissuto all’attentato. Un “trascurabile” dettaglio che non sconvolge le convinzioni del Papa e di Sodano, sicuri che la Madonna abbia deviato la pallottola mortale, sconfessando la sua stessa profezia di 83 anni prima.
Si potrebbe facilmente obiettare che la Madonna avrebbe dovuto e potuto prevedere sin dall’inizio l’esito dell’attentato, ma non so più come dire che tutta la vicenda di Fatima è solo una burla, comunque la si giri. In particolare, proprio questa incongruenza rappresenta il principale motivo, per i fatimisti, di sospettare che il vero segreto sia stato taciuto.
Mi piacerebbe però capire sulla base di cosa essi ritengano che il Vaticano sia popolato da complottisti stupidotti che, pensando di ingannare il mondo intero, hanno scelto volontariamente la strada di una poco credibile spiegazione, anziché continuare a tacere, come avevano fatto per decenni; in fondo, la gente si era da tempo assuefatta al silenzio e l’attesa della rivelazione non era affatto spasmodica.

La verità, per quanto sgradita, è un’altra, assai semplice e logica: non c’è e non c’è mai stato nessun complotto, se si esclude lo sforzo di mettere a tacere le corbellerie di Lucia. Purtroppo adesso un Papa, l’unico di tutta la serie dall’epoca delle visioni di Fatima, cade nell’imboscata della suora e sente il dovere di far sapere al mondo che quella stessa Madonna che aveva previsto la sua morte adesso gli ha salvato la vita. I collaboratori che non la pensano come lui, benché costretti a subire questa irremovibile decisione, tentano quanto meno di trasformarla in un’occasione storica di chiudere la vicenda nel miglior modo possibile, che vede opposte due fazioni: da una parte il Card. Sodano, allineato alla paradossale interpretazione del Papa, e dall’altra il Card. Ratzinger che, neanche troppo velatamente, dice pane al pane e vino al vino.

sabato 31 ottobre 2015

Il mistero delle "T"

La prima cosa che “balza all’occhio” (si fa per dire, visto che nessuno l’ha mai fatto notare prima) è l’assenza di una “T” nel nome del defunto: “Nosradamus” anziché “Nostradamus”.


Errore? Pensatelo pure, se volete darvi una spiegazione così semplice. Personalmente, nelle Centurie non ho mai riscontrato un errore che non fosse finalizzato a uno scopo preciso. E poi, guarda caso, questa anomalia appare in un testo ricco anche di altre anomalie.

La questione della “T”, peraltro, non è nuova. La si riscontra anche nella prima edizione delle Centurie, quella di Macé Bonhomme del 1555, che contiene solo l’epistola al figlio Cesare e le prime 353 quartine. Ebbene, sia la prima lettera alfabetica dell’epistola che quelle iniziali di ciascuna Centuria sono rappresentate da una vignetta, nell’ordine di seguito riprodotto.


Leggendo all’inverso, viene fuori la parola latina “CAVET”, il cui infinito è “CAVERE = ATTENZIONE! EVITARE”.
Tutti conosciamo l’imperativo “CAVE” dalla nota espressione “cave canem = attento al cane; evita il cane”.
Può essere che, con le lettere delle vignette, Nostradamus abbia voluto suggerire di scartare o di prestare attenzione alle “T”, scrivendo “CAVE T”?
Se così fosse, l’omissione della “T” nel nome dell’epitaffio sarebbe semplicemente la conferma del paritcolare ruolo delle “T” suggerito dalle vignette.
Resta il problema di capire a cosa tale suggerimento debba essere applicato. Escludendo che esso si riferisca all’algoritmo di ordinamento delle quartine, che risponde a ben altri principi, devo dedurre che riguardi la loro interpretazione.

A questo scopo, finora abbiamo fatto ricorso alle tecniche cabalistiche; in particolare, alle conversioni numeriche (Gematriah), agli acrostici (Notarikon) ed agli anagrammi (Temurah). E’ probabile che esista anche qualcosa di più rilevante, ancora da scoprire, legato al conteggio o alla posizione delle lettere “T” disseminate tra i versi

sabato 24 ottobre 2015

Fatima: superstizione e pregiudizi

L’arbitrario presupposto dei fatimisti, come ho detto nei post precedenti, è che Lucia non abbia mentito.
Mi domando come si possano contrabbandare per inchieste le proprie convinzioni, senza mettere in discussione, almeno un po’, l’attendibilità della veggente. Dubitare della veridicità dei fatti inconsueti dovrebbe essere la regola aurea di qualsiasi serio investigatore. La convinzione della loro autenticità può essere eventualmente un punto di arrivo, ma non certamente un punto di partenza.

Guardate invece cosa scrive il solito Socci a pag. 163 del libro “Il quarto segreto di Fatima”, con riferimento al “segreto”:

“Locuzioni astruse”, le liquidò così Giovanni XXIII. Era un modo furbesco per non dire che – semplicemente – a lui quelle parole della Madonna non piacevano, lo infastidivano, probabilmente lo impaurivano, disturbavano il suo beato ottimismo sulle magnifiche sorti e progressive. [non si tratta di mio errore; è scritto proprio così: “disturbavano il suo beato ottimismo sulle magnifiche sorti e progressive” (??)].

Tante arroganti e contorte supposizioni sui “fastidi” di Giovanni XXIII, pur di non prendere in considerazione l’idea che non si trattasse di parole della Madonna, bensì di parole di Lucia, lette da Giovanni XXIII nella loro giusta luce. Tutto viene distorto ed addomesticato (e Socci non è l’unico) pur di difendere pregiudizialmente le demenziali affermazioni di una suora disturbata di mente. Paradossalmente si abbandona ogni cautela laddove, invece, il rigore investigativo dovrebbe farsi più forte!

Personalmente, di fronte a questo quadro fantastico e poco esaltante, di fronte a queste assurde scempiaggini, di fronte a queste irrazionali prese di posizione di principio, ho sostenuto la tesi di tutta una serie di pontefici costretti a fare buon viso a cattivo gioco, pur di non smentire la Chiesa portoghese e l’iniziale atteggiamento compiacente della stessa Chiesa di Roma. Il loro imbarazzo e le loro titubanze troverebbero in questo forte condizionamento una spiegazione molto più naturale di quella che li vede dei bugiardi, rinnegatori della Madonna, violentatori della volontà del Cielo, occultatori di segreti apocalittici. Anche a volermi tappare occhi e orecchie di fronte a tutto il resto, e non so come potrei fare, a me viene davvero difficile capire perché mai così tanti papi avrebbero dovuto nascondere un segreto divino, contravvenendo alla volontà della Madonna.
Contrariamente alle cervellotiche ed illogiche ricostruzioni di coloro che, inquinando la loro fede cristiana con la fede in Lucia, danno pregiudizialmente per scontata l’attendibilità della suora a scapito di quella dei pontefici, la mia tesi, che come avete fin qui visto ho ampiamente argomentato, mette a posto tutti i tasselli, soprattutto quelli logici e di buon senso, spiegando con grande naturalezza che, tenendo nascosto il terzo segreto, i vari papi cercavano solo di non  commettere l’errore poi commesso da Giovanni Paolo II: quello, cioè, di divulgare e sostenere un testo insulso scritto da una suora millantatrice, col risultato di rendersi ridicoli. I fatti hanno dato loro ragione, tanto è vero che, non essendo risultata totalmente convincente la rivelazione del 2000 (ma solo perché è lo scritto di Lucia a non essere convincente), ancora oggi molti preferiscono credere che il segreto rivelato non sia quello autentico o ne sia solo una parte.

Di fatto, quando Woytjla ha voluto rompere il silenzio, è toccato all’allora Card. Ratzinger tentare di arginare i danni, con una formulazione che non avallasse le blasfemie di Suor Lucia ma che, contemporaneamente, non le denunciasse. Egli sapeva bene che da Fatima non è mai arrivata neanche una fievole eco del vero spirito cristiano, ma non poteva dirlo. Non è difficile immaginare il danno che ne sarebbe derivato alla Chiesa e le ripercussioni che la rivelazione dell’imbroglio avrebbe prodotto sul mondo cattolico!
Vediamo prima il segreto e poi gli artifici ai quali Ratzinger ha fatto ricorso per non scivolare sugli specchi, riuscendoci solo in parte. 

sabato 17 ottobre 2015

Nostradamus e la criptografia

Ritengo che si possa dare per scontato che l’epitaffio contenga dei messaggi nascosti. Il presupposto di base è che, nelle Centurie, ogni insignificante dettaglio, anche grafico, rivesta una precisa funzione. Abbiamo avuto troppe dimostrazioni, al riguardo, per non allertarci anche quando ci troviamo alle prese con qualcosa che non capiamo.

Quando parlo di messaggio nascosto, non intendo qui riferirmi specificamente a un testo con un contenuto discorsivo. Voglio solo dire che l’epitaffio contiene numerosi indizi, coerenti con tutte le forme di steganografia (arte dell’occultamento dei messaggi) dell’epoca, idonei a fornire una qualche indicazione di qualsiasi tipo (numeri significativi o semplici parole). Sicuramente, a meno che non si tratti di una straordinaria coincidenza, cosa che con Nostradamus ho imparato ad escludere, esso cela anche l’enigma di base per l’interpretazione di molti punti oscuri delle Centurie.

Rimandando alla conclusione dell’argomento la trattazione di quest’ultimo enigma, vorrei intanto focalizzare l’attenzione sulle diverse anomalie che contraddistinguono il testo dell’epitaffio, facendo rilevare che proprio le anomalie grafiche costituiscono il punto forte di molte tecniche di occultamento dei messaggi segreti. Del resto, lo stesso Nostradamus fa un uso frequente di queste apparenti anomalie, soprattutto nelle epistole; non c’è dunque da meravigliarsi se le estende anche al testo dell’epitaffio. Tuttavia, per mostrare che queste tecniche sono abituali nella codifica dei messaggi e per cominciare a dare un’idea di carattere generale, propongo due esempi di origine e natura diversa; entrambi sono tratti dal libro di F.L. “Bauer: Decrypted secrets  - methods and maxims of cryptology”.

Il primo, di Francis Bacon (1561-1626, quasi contemporaneo di Nostradamus), si basa sulla differenza grafica di una “e”; nel caso specifico, le due forme di “e” nella parola “Manere”. 


Il secondo, invece, riguarda la scritta alla base di una statua le cui lettere, in parte, sono dei numeri romani che, sommati, danno 1766, anno in cui la statua è stata eretta.


 Se volete controllare, vi agevolo il compito:

50+5+500+5+1+100+5+5+5+500+5+10+5+5+100+50+1+5+1+100+1+100+100+5+1+100+1=1766

Non ho scelto a caso questi due esempi; li ho scelti perché sembra che l’epitaffio di Nostradamus ne contenga di analoghi, oltre ad altri di tipo diverso.

sabato 10 ottobre 2015

Il terzo segreto e le idiozie dei fatimisti

Prima di entrare nel merito del terzo segreto, ricordo ancora una volta che siamo arrivati alla conclusione che Fatima sia il frutto di un colossale imbroglio, volto a sancire l’alleanza e il reciproco sostegno tra la Chiesa (espulsa dal Portogallo dai governi repubblicani a cavallo dell’800/’900) e i partiti politici di destra.

Abbiamo visto che la storia delle visioni non regge a un attacco appena appena critico: molte testimonianze e molti documenti appaiono palesemente fasulli; il racconto degli eventi è stracolmo di contraddizioni e incongruenze; la cronologia dei fatti è inconsistente; le presunte profezie sono invariabilmente post eventum; lo spirito evangelico viene calpestato; Dio, oltre che assetato di sangue umano e specialmente di quello dei bambini, viene descritto come un esponente della destra politica che, tramite suor Lucia, manifesta esplicitamente le sue simpatie per il dittatore Salazar; la Madonna è un’attivista politica anticomunista; in questa nuova religione fondata sulla dea madre, non si sa che fine abbia fatto la figura di Cristo; “l’umile” Lucia, forte dello sconsiderato riconoscimento tributatole con un’inchiesta farsa, “tiene per le palle” i vari pontefici, facendoli apparire come dei bugiardi impegnati a nascondere la volontà del Cielo.

Ma che volete ancora? Qui non c’è solo qualcosa che non va. E’ un’intera macchinazione blasfema, inizialmente costruita per gente analfabeta,  che oggi si regge in piedi perché nessuno si prende la briga o la responsabilità di indagare seriamente. Gli autori dei vari libri, anche noti, scelgono la comoda via della citazione e del sostegno reciproco. Non vengono neanche sfiorati dal dubbio che Lucia possa aver mentito. Per loro, Lucia è una candida ed innocente creatura privilegiata dalla Madonna e, di conseguenza, i papi sono degli esseri spregevoli, sporchi, brutti e cattivi che, non solo si sono rifiutati di consacrare la Russia, ma si sono perfino arrogati il diritto di occultare per rmolti anni il terzo segreto; e, quando finalmente lo hanno rivelato, ne hanno falsificato il testo o ne hanno tenuta nascosta una parte.

Come esempio tra tanti, riprendo il brano che segue dal libro “Il quarto segreto di Fatima” di Antonio Socci (edizione del 2011, pag. 114; la prima edizione è del 2008) il quale, tra un miliardo di citazioni (a proposito dell’autonomia investigatva!), cita anche un’intervista a padre Laurentin apparsa sul “Giornale” il 26 giugno 2000:

“La versione ufficiale [nota mia: dell’interpretazione ufficiale del segreto], secondo cui tutto ciò che fu proclamato a Fatima è già compiuto, faceva acqua da ogni parte. Del resto il trionfo del Cuore Immacolato di Maria non si vede nel mondo, tutt’altro, tanto meno la pace promessa e la conversione della Russia”.
Non contento, Socci aggiunge di suo: “Soprattutto dopo l’11 settembre 2001 è apparso chiaro che i moniti materni della Madonna sui castighi incombenti non sono consegnati al passato. Insomma il 26 giugno 2000 [nota mia: data della divulgazione del segreto] non tutto è stato detto. E forse il mistero si è fatto addirittura più fitto”.

“E’ apparso chiaro”? A chi? E queste puerili semplificazioni sarebbero delle prove che non tutto è stato detto? Scusate, ripeto per me, per convincermi che ho capito bene: la dimostrazione che il “il 26 giugno 2000 non tutto è stato detto” sarebbe data dal fatto che nel mondo non c’è pace, che la Russia non si è convertita e che nel 2001 c’è stato l’attentato alle torri gemelle!
Non so se si tratta di uno scherzo. A me sembra uno di quei falsi sillogismi del tipo: “Mia nonna ha tre denti; la forchetta ha tre denti; mia nonna è una forchetta”.

Ho la sensazione che i sentimenti prevalenti, di fronte al contenuto insulso del segreto, siano stati quelli dell’insoddisfazione e della frustrazione. La forte delusione, il rifiuto del confronto con la realtà, l’incapacità di rassegnazione avrebbero indotto alcuni  “fatimisti” a scaricare nel comodo alibi dei complotti e delle omissioni il loro puerile bisogno di perpetuare lo stato di attesa del soprannaturale.

Purtroppo per costoro, temo che, dopo aver ovviamente chiarito (se ne sono capaci) cosa significa in concreto “trionfo del Cuore Immacolato di Maria”, dovrebbero anche spiegare come pensano che tale trionfo e la connessa pace si possano estendere al mondo intero, “leggermente” più vasto e complesso di quanto riescano a concepire le menti di Padre Laurentin, di Antonio Socci e di suor Lucia. Neanche Cristo aspirava a tanto; anzi, non ha mai promesso alcuna pace su questa terra, bensì guerre, terremoti e tribolazioni. Magari, prima di “tifare” incondizionatamente per suor Lucia e per la sua Madonna immaginaria, sarebbe bene sfogliare qualche pagina dei Vangeli.
Mi sembrano molto eloquenti, al riguardo, le parole del Card. Tarcisio Bertone in “L’ultimo segreto di Fatima”:

L’eclissi della ragione ha prodotto il “fai da te” del sacro, una sorta di supermarket delle religioni e della fede. E, purtroppo, ci sono molti cattolici che rischiano di smarrire completamente la dimensione storica e incarnata dell’esperienza religiosa. Val più una Madonna che piange che una pagina del Vangelo … (omissis) … Cristiani che soffrono di un’ingenuità spirituale esposta alle insidie della superficialità e della disinformazione.

Tra l’altro, non so proprio se, al giorno d’oggi, abbiano ancora senso le perplessità di padre Laurentin  sulla mancata conversione della Russia, vista da Lucia come causa della diffusione del male nel mondo. Sono e sono stati tanti i mali della storia recente che con la Russia non hanno niente a che vedere. C’è solo l’imbarazzo della scelta. A solo titolo di esempio, ricordo i desaparecidos dell’America Latina (ben 40.000), la Shoah e le migliaia di vittime attuali del Mediterraneo!

Se poi, seguendo Socci, abbiamo bisogno anche dell’attentato dell’11 settembre per dedurre che non tutto il segreto di Fatima è stato svelato, allora forse è meglio che sfogliamo qualche giornale, oltre ai Vangeli: scopriremo che attentati, tsunami, terremoti, ribellioni, stragi, guerre, disastri aerei, alluvioni, sono catastrofi che ci sono sempre state e sempre ci saranno, con o senza i moniti di suor Lucia, e senza bisogno di evocare alcun segreto.

Cerchiamo perciò di stare coi piedi per terra, evitando di ridurre il cattolicesimo (e soprattutto il cristianesimo) a delle visioni miopi ed infantili della storia e del mondo. Il cristianesimo e la fede sono una cosa seria e grandiosa, non certo delle idiote “promesse di pace se fai il bravo”!

sabato 3 ottobre 2015

L'epitaffio di Nostradamus

Ho trattato come curiosità di limitato interesse l’argomento della lapide di Villa Vittoria, in quanto si tratta di oggetto di origine incerta e di dubbia autenticità; sull’interpretazione del suo contenuto sibillino ci si può anche divertire un po’, purché non ci si lasci coinvolgere come se si fosse in presenza di un grande mistero che aspetta di essere svelato.

Sicuramente meritevole di maggiore attenzione mi sembra una lapide che non è mai esistita nella sua forma materiale, ma solo come disegno. Se ne conosce con certezza la raffigurazione, il contenuto e, soprattutto, il libro nel quale si trova: una delle edizioni originali delle Centurie di Nostradamus. E’ possibile che racchiuda un codice, dal momento che non solo il testo possiede tutte le caratteristiche di tale codice, ma sappiamo già, per averlo verificato in numerose altre occasioni, che i disegni delle Centurie hanno sempre un significato preciso. Paradossalmente, di questa lapide, molto più affidabile ed interessante di quella della Domus Morozzo, nessuno parla; il motivo è che mai nessuno ha pensato che i disegni delle Centurie nascondano essi stessi un codice: e invece, se ben ricordo, grazie a questi disegni, in questo blog abbiamo decifrato l’enigma della cometa (copertina dell’edizione Du Rosne) e quello del sole (copertina dell’edizione Pierre Rigaud).

Riprendo ora anche qui l’argomento della lapide, traendolo dal mio libro “Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal”.
Ormai sappiamo con assoluta certezza, per averlo dimostrato più volte, che le edizioni originali delle Centurie, la cui stampa è stata supervisionata da Nostradamus, sono quattro. In queste edizioni, Nostradamus ha frammentato le sue chiavi di decifrazione e i suoi enigmi, lasciando ai suoi interpreti l’onere di rimettere insieme i pezzi che compongono il puzzle intero.
Una di queste edizioni  è quella del 1566, del tipografo Pierre Rigaud. All’interno è raffigurata una lapide, con l’epitaffio e con la data di morte di Nostradamus: 2 luglio 1566.


Naturalmente, alcuni pensaranno che l’epitaffio non sia stato composto da Nostradamus, se non altro nella parte relativa alla data della morte, mentre altri sosterranno senza esitazioni che Nostradamus, essendo un profeta, sapeva esattamente quando sarebbe morto. Spiacente di deludere, ma hanno torto entrambe le fazioni.

Il fatto è che quell’edizione delle centurie contiene alcuni minuscoli dettagli senza i quali salterebbe l’impostazione delle chiavi di decifrazione impostate da Nostradamus. Si tratta di particolarità così specifiche, da rendere impossibile che non ci sia stata la supervisione dell’autore.

Faccio un esempio, uno tra molti altri, tratto dall’epistola a Enrico II, inserita nell’edizione in questione:

La frase latina dell’epistola “à fato, mais à Deo à Natura” presenta la prima “à” e la parola “mais” in corsivo e il resto a caratteri normali; questo perché le poche parole a caratteri normali dell’intera epistola, opportunamente riorganizzate, costituiscono la chiave di ordinamento delle quartine. Un qualsiasi errore, anche minuscolo, avrebbe fatto saltare tutta l’impostazione. Immaginate, per un secondo, che quella “à” non sia in corsivo oppure che lo sia la “à” che precede la parola “Natura”. Poiché lo schema di Nostradamus è costruito su una tabella a doppia entrata, con incrocio di numeri e lettere (ricordate la tavola di Bourc?), qualsiasi errore sconvolgerebbe tutti gli incroci.
In effetti, non c’è neanche bisogno di pensare agli errori, se proviamo ad immaginare lo scenario. Nostradamus scrive con penna d’oca e non certo al computer. Come è possibile pensare che il tipografo sappia riconoscere, qua e là, esattamente le 652 lettere dell'epistola da stampare a caratteri normali in un lunghissimo testo che, per il resto, va stampato in corsivo?

La logica conseguenza di questa riflessione è che Nostradamus non sia affatto morto il 2 luglio 1566 e che, anzi, abbia curato la scrupolosa osservanza delle sue indicazioni nella stampa della citata edizione Pierre Rigaud delle Centurie, con tutto ciò che sta dentro, epitaffio compreso. Sono troppi i dettagli, apparentemente insignificanti, necessari a ricostruire il puzzle; non si può neanche lontanamente ipotizzare che non ci sia stata la supervisione del progettista.
Dirò di più. Allo stesso modo, Nostradamus ha curato anche l’edizione Benoist Rigaud del 1568 come dimostra, ed esempio, l’enigma delle “Tre centurie che completano il migliaio” (cfr. Il vero codice di Nostradamus). Anche in quel caso, una minuscola deviazione tipografica avrebbe reso irrisolvibile l’enigma.

Dunque, se lo stesso Nostradamus ha curato la pubblicazione dell’edizione delle centurie nella quale è intenzionalmente inserito l’epitaffio con la falsa data di morte, è verosimile ritenere che quell’epitaffio contenga esso stesso del codice.


…continua…

sabato 26 settembre 2015

Il terzo segreto di Fatima e il 1960

Veniamo al secondo aspetto controverso, relativo alla data del 1960 indicata per la rivelazione del terzo segreto.
In circostanze mai chiarite, Lucia ha richiesto che il segreto non fosse rivelato prima del 1960 o della sua morte, a seconda di quale dei due eventi si fosse verificato prima.
Dunque, se il linguaggio ha un senso, il 1960 o la sua morte avrebbero dovuto contrassegnare delle date a decorrere dalle quali il vincolo della segretezza sarebbe venuto meno, ma non avrebbero costituito in nessun caso una scadenza. Eppure, si insiste nel considerare il 1960 come la scadenza di una cambiale non pagata da parte della Chiesa, interessata a nascondere chissà quale rivelazione esplosiva.
Diverso, e quindi tassativo, sarebbe stato il caso se Lucia avesse chiesto di rivelare il segreto “nel” 1960 o alla sua morte, a seconda di quale evento si fosse verificato prima.

La verità è che nessuno sa con precisione come sono andate le cose, probabilmente neanche il Vaticano. Non si sa, cioè, se veramente e in quale esatta forma Lucia abbia posto quelle condizioni temporali. Solo voci di voci di voci. La posizione ufficiale della Chiesa moderna, tramite il Card. Bertone, è che la data sia stata apposta sulla busta nella quale Lucia ha inserito il segreto, per la consegna al vescovo di Leiria. Purtroppo, Loris Capovilla, segretario di Giovanni XXIII, ha dichiarato a suo tempo che il Papa (che ovviamente ha avuto la busta tra le mani) nulla sapeva di quella data, con ciò escludendo che ci fosse una indicazione scritta. Padre Valinho, nipote di Lucia, ha dichiarato che la data era apposta su una misteriosa lettera accompagnatoria del segreto. Il Canonico Barthas sostiene che fu lui a farsi indicare da Lucia la data della rivelazione del segreto… c’è di che scegliere; in una folla di bugiardi che si smentiscono a vicenda, non si sa a chi credere. Diciamo che una sciocchezza in più o in meno non altera la montagna di frottole su cui è stata costruita Fatima.

E’ del tutto verosimile che la data del 1960 sia stata inizialmente solo una voce popolare, poi cavalcata dalla stessa Lucia. Visto il tipo, non ci sarebbe da meravigliarsi!

Ovviamente, non essendo noti gli esatti termini della questione, è palese che lo scandalo della mancata rivelazione nel 1960, per il quale c’è gente che ancora oggi si strappa i capelli, è stato solo uno scandalo fondato sull’aria fritta, frutto di stratosferica ignoranza; giusto per fare un po’ di caciara gratuita!

Aggiungo che, richiesta ripetutamente di indicare il motivo per il quale il 1960 era così importante, Lucia ha risposto a volte che era stata la Madonna a volere così, ed altre volte ha risposto che si trattava di una sua personale “intuizione”, perché sentiva che nel 1960 il messaggio sarebbe apparso più chiaro.
Intuiva… l’illustre chiaroveggente! La solita ambiguità di una persona che non ci sta proprio con la testa e dimentica oggi quello che ha detto ieri.
E pensare che tanta gente ritiene che il segreto rivelato nel 2000 non sia quello autentico, per il semplice motivo che non c’è nulla di specificamente riferibile al 1960. La fede nelle “intuizioni” di Lucia è così forte da prevalere perfino sulla propria capacità critica e sul più elementare buon senso!

Basterebbe pensare che, se il 1960 era così essenziale (per la Madonna o per Lucia) ai fini della comprensione del messaggio, perché prospettare anche l’alternativa della possibile morte, che sarebbe potuta sopraggiungere molto prima? Insomma, demenziale confusione ed occhi improsciuttati anche in merito a questa duplice indicazione temporale.

Ma c’è anche un’altra considerazione che rende questa specie di scadenza una incontestabile testimonianza delle frottole di Lucia.
Se è stata lei stessa a “prevedere” una presunta importanza del 1960, allora bisognerebbe domandarsi su quali elementi si sia basato il suo giudizio. Di fatto, bisognerebbe cambiare totalmente prospettiva, considerandola “profetessa” (figuriamoci!), oltre che semplice portatrice di messaggi divini; cosa che nessuno si è mai azzardato a fare anche perché, in tal modo, si sarebbe tolta importanza alle apparizioni mariane.
Se, invece, è stata la Madonna a porre l’alternativa, allora bisognerebbe domandarsi che fine abbiano fatto le sue virtù profetiche. Ci propina profezie a gogò, e poi mostra di non sapere se nel 1960 Lucia sarà ancora in vita. Come aveva fatto, allora a profetizzarle una vita più lunga di quella dei cuginetti?

Chiaro come il sole che Lucia era svitata o bugiarda; probabilmente tutte e due le cose insieme. Assai meno chiaro è capire come mai tanta gente continui ancora a credere alle sue fesserie, delle quali una sincera fede cristiana non dovrebbe avere alcun bisogno. 

venerdì 18 settembre 2015

Domus Morozzo: ultimo atto.

Abbiamo parlato della lapide di Villa Vittoria, nota anche come Domus Morozzo, e del presunto crittogramma in essa contenuto.
Credo che tutti i cultori di Nostradamus ne siano a conoscenza, anche grazie a due noti interpreti, Boscolo e Ramotti, i quali hanno diffuso l’idea che essa celi la chiave di decifrazione delle centurie (neanche a dirlo, la funzione di questa chiave è diversa per ciascuno di loro).

Non entro nel merito delle loro affermazioni, dal momento che chiunque legga questo blog sa benissimo che non posso che dissentire. Il codice di Nostradamus è assai più complesso e, in linea di principio, possiamo dire che la chiave di ordinamento delle quartine sta nelle lettere delle frasi in latino, mentre la chiave interpretativa sta nelle tecniche cabalistiche; i risultati concreti ai quali queste due chiavi primarie hanno condotto ne fanno testimonianza.

Sappiamo, però, che esistono anche chiavi accessorie relative ad enigmi minori di Nostradamus (ho spesso parlato di un mazzo di chiavi), e la lapide potrebbe teoricamente essere una di esse. Senonché… non esiste una lapide, ma due; e questo non è generalmente noto.




Non ci vuole molto per vedere, a una semplice occhiata, che si tratta di due lapidi diverse. A confermarlo, qualora ce ne fosse bisogno, concorrono due caratteristiche specifiche: la prima lapide riporta le parole “ON IL HA”, mentre la seconda riporta “ON IL IIA”; sulla “H” di “MHONORE” della prima lapide manca l’accento circonflesso presente nella seconda. Ovviamente, poiché “HA” contiene una lettera in meno rispetto a “IIA”, il testo della prima lapide è spostato quasi integralmente di una posizione a sinistra rispetto alla seconda. Perciò, nell’eventualità che qualcuno prendesse la prima lapide come base per la sua attività di decodifica, oltre a leggere “HA” invece di “II”,  leggerebbe anche uno spazio al posto di una A; una L al posto di uno spazio; una E al posto di una L; e così via.

HA LE PARADIS
IIA LE PARADIS

Questo errore è stato effettivamente fatto e vi lascio immaginare la validità delle conclusioni, dal momento che si dà ormai per certo che la prima lapide sia una riproduzione errata; nello stesso tempo, resta dubbia la natura della seconda. Sarebbe perciò interessante che in TV, ad una rivista, in una conferenza, venisse mostrato l’originale, se esiste, e non la sua presunta fotografia o, peggio, la fotografia di una sua riproduzione. Chissà! Forse dovremmo  interessare la trasmissione RAI “Chi l’ha visto”.
Fino a prova contraria, le chiacchiere di coloro che l’hanno vista, che l’hanno fotografata, che addirittura la custodiscono, etc. restano chiacchiere, vista la confusione che regna intorno a quest’oggetto.

Per la cronaca, l’origine della prima lapide è dovuta a un certo Corrado Pagliani, in un articolo comparso nella rivista “Torino” di gennaio 1934, contenente una errata riproduzione di una precedente foto. La seconda lapide appare invece nel libro di Giuditta Dembech “Torino, città magica” del 1978. Quella divulgata nel 1972 da Renucio Boscolo nel libro “Centurie e presagi di Nostradamus” è uguale all’errato disegno di Pagliani del 1934. Immagino che lo stesso Boscolo abbia poi modificato la sua posizione, dal momento che in rete esistono foto che lo ritraggono con la seconda lapide (non mi è chiaro se si tratta dell’originale o di una ripoduzione).

Capirete che, finché mi trovo alle prese con tutte queste perplessità, da ricercatore sono autorizzato a dubitare della reale esistenza della lapide o, quantomeno, della sua vera provenienza. Su queste cose non c’è da meravigliarsi di nulla.
Il mio non è un malevolo pensiero gratuito, ma un interrogativo obbligato che qualsiasi ricercatore serio si deve porre in assenza di assoluta chiarezza. Proprio perché credo nell’assoluta inderogabilità di questo principio, quando ho mostrato la riproduzione dell’astrolabio di Nostradamus, ho dato indicazioni precise e documentate sulla sua storia, sulla sua provenienza e sul Museo nel quale l’originale è custodito (cfr. “L’ultima chiave di Nostradamus”).
L’incertezza sull’autenticità della lapide è una delle ragioni, forse la principale, per le quali non mi sento motivato a cimentarmi a fondo con i tentativi di decifrazione. 

venerdì 11 settembre 2015

Fatima: La verità sul quarto segreto

Questo articolo è un po’ lungo, ma non mi sono sentito di spezzarlo per non compromettere il filo della narrazione.
***
Dopo il veloce excursus sul terzo segreto, vediamo di chiarire meglio due punti controversi:

1) La trasmissione al Vaticano del segreto (questo articolo).
2) La data fissata per la rivelazione, nel 1960 (prossimo articolo).

Abbiamo già visto che Lucia fa pervenire al vescovo di Leiria il testo del segreto chiuso in una busta. Quest’ultimo lo chiude in un’altra busta che conserva in cassaforte.
Non si sa se al Vescovo sia stata concessa facoltà, dalla stessa Lucia, di leggere e rendere noto il segreto. Da alcune testimonianze raccolte, sembrerebbe di sì; sarebbe stato lo stesso Vescovo a rinunciare a tale facoltà. Purtroppo, quando si parla di Fatima, le testimonianze sono sempre così incerte e contraddittorie da assumere meno valore dei pettegolezzi di quartiere.
Dal mio punto di vista, fondato su tutti gli imbrogli smascherati in questa lunga chiacchierata di molti mesi, il vescovo di Leiria conosceva benissimo il testo di suor Lucia, per averlo concordato con lei, almeno nei suoi tratti essenziali. Non direttamente, ovvio, ma tramite i vari sacerdoti/confessori che facevano da intermediari.Tutto il resto è pura sceneggiata.

Quale sarebbe stato allora il motivo della sceneggiata? Potrei fare diverse ipotesi.
Forse, con questo mistero, si vuole apporre una sospensiva finale ad una storia che comincia ad essere percepita come superstizione popolare.
O forse, tenendo nascosto un presunto messaggio della Madonna, si vogliono smentire le voci di complotto, avallate dalla diffidenza dello stesso Papa. Come dire: “Vedete che non si tratta di imbroglio? Come può essere un imbroglio un segreto che neanche il Vescovo conosce?”.
Ancora più verosimilmente, non si può escludere che il segreto contenga chissà cosa, da gestire a livello locale (magari la promessa di qualche “manifestazione”; un po’ quello che oggi avviene a Medjugorje), e che poi venga cambiato in fretta e furia quando il testo viene inaspettatamente richiesto da Roma.
Non dimentichiamo che c’è da aspettarsi di tutto da questa gente priva di scrupoli, che arriva perfino a proclamare che il Signore partecipa attivamente alla competizione elettorale, caldeggiando l’elezione del dittatore Salazar, suo prescelto (cfr. La prova della truffa politica).
Per inciso, il patriarca del Portogallo dal 1929 al 1973, il Cardinale Manuel Cerejeira, era amico intimo di Salazar, Capo del Governo dal 1932 al 1968. Come ebbe a scrivere lo stesso Cardinale:

Ci siamo conosciuti alla scuola di Legge quando, essendo già stato ordinato sacerdote (nel 1911), ho iniziato nello stesso tempo i corsi di teologia. Ma Salazar ed io, uniti da paterna amicizia, abbiamo deciso di vivere democraticamente, come usavamo dire per intendere “in comunità”, dividendo le spese di casa tra di noi. Abbiamo vissuto insieme dal 1915 al 1928 in Rua dos Grilos, in un vecchio palazzo risalente al tempo di Pombal.

In una stretta simbiosi tra Chiesa e governo, nata da una convivenza di tredici anni tra i due massimi rappresentanti portoghesi della politica e della religione, va ricercato il motivo che spieghi come mai siano passati due mesi dalla richiesta del segreto da parte del Vaticano, tramite il nunzio apostolico a Lisbona (fine 1956/inizio 1957), alla sua consegna allo stesso nunzio ai primi di marzo 1957. E, successivamente, la busta col segreto arriva a Roma il 16 aprile 1957. Perché questo ulteriore ed incomprensibile ritardo? Quasi quattro mesi per obbedire a un semplicissimo ordine del Vaticano!
Domande destinate a restare senza esplicita risposta ma che, in un certo senso, una risposta ce l’hanno: non tutto fila liscio come dovrebbe e il ritardo è provocato da manovre rimaste oscure, probabilmente volte a cambiare il testo.
Avrebbero così ragione coloro che sostengono con insistenza che esiste un segreto non rivelato, oltre a quello pubblicato. Il fatto è che costoro avrebbero colto degli indizi, ma sarebbero stati incapaci di indagare fino in fondo, così come sono stati incapaci di spiegare come mai il segreto rivelato nel 2000, il presunto falso, appare anch’esso scritto con la calligrafia di suor Lucia.
Se la tesi è corretta,  il terzo segreto, quello custodito dal vescovo portoghese, è stato sostituito in fretta e furia con un quarto segreto (riscritto pure da Lucia), il cui testo insulso è stato reso noto nel 2000.

E’ solo un’ipotesi, è vero! Ma ci sono molti indizi a suo favore e, peraltro, essa ricondurrebbe l’imbroglio laddove il complotto è nato, anziché trasferirlo sul Vaticano, con la conseguenza di far apparire bugiardi e disobbedienti ai dettami della Madonna tutti i Papi (eccetto Woytjla), da Pio XII in poi.
Ricordiamoci, ogni tanto, del rasoio di Occam! Perché mai la parola di Lucia dovrebbe valere molto di più di quella di una serie di pontefici? Che ne facciamo di tutte le dimostrazioni che questa suora è una pazza bugiarda?

Pensatela come vi pare, ma è certo che il segreto non è inizialmente destinato a Roma, bensì alla Chiesa locale. Tuttavia, poiché circola voce che nel 1960 esso sarà rivelato, il Vaticano interviene nel 1957, avocando a sé ogni decisione e scombussolando i piani dei complottisti. Sembra che Pio XII, papa dell’epoca, non si prenda neanche la briga di leggerlo, ma lo mandi direttamente in archivio. Un gesto plateale che conferma inequivocabilmente la sua già dichiarata avversione verso suor Lucia e i suoi complici.
Evidentemente, quello che interessa a lui è di non permettere che venga perpetuata una truffa che solo il bigottismo e la superstizione popolare impediscono di vedere.
Del segreto non gliene può frega’ de meno! Può pure essere che l’abbia letto, ma abbia preferito far credere il contrario proprio per dare maggiore consistenza al suo atteggiamento di scetticismo.

Ha scritto l’Osservatore Romano il 13 maggio 1977, all’epoca di Paolo VI: “Molti continuano a parlare di un segreto di Fatima. La Chiesa non incoraggia ipotesi sensazionali, ma ci invita, piuttosto, ad accettare ogni ammonimento, in ogni circostanza, a tornare a Dio, al Vangelo e all’amore fraterno”. Molto significativi quel “piuttosto” e quell’invito a “tornare a Dio ed al Vangelo”; evidentemente, le “ipotesi sensazionali” ce ne hanno allontanato. Sembrano le stesse parole recenti di papa Francesco.
Ci sarà pure una ragione se quasi tutti i pontefici, ognuno a modo suo, hanno preso le debite distanze da quella sciagurata di suor Lucia e dai suoi complici, no?