Tecniche di Nostradamus

sabato 3 ottobre 2015

L'epitaffio di Nostradamus

Ho trattato come curiosità di limitato interesse l’argomento della lapide di Villa Vittoria, in quanto si tratta di oggetto di origine incerta e di dubbia autenticità; sull’interpretazione del suo contenuto sibillino ci si può anche divertire un po’, purché non ci si lasci coinvolgere come se si fosse in presenza di un grande mistero che aspetta di essere svelato.

Sicuramente meritevole di maggiore attenzione mi sembra una lapide che non è mai esistita nella sua forma materiale, ma solo come disegno. Se ne conosce con certezza la raffigurazione, il contenuto e, soprattutto, il libro nel quale si trova: una delle edizioni originali delle Centurie di Nostradamus. E’ possibile che racchiuda un codice, dal momento che non solo il testo possiede tutte le caratteristiche di tale codice, ma sappiamo già, per averlo verificato in numerose altre occasioni, che i disegni delle Centurie hanno sempre un significato preciso. Paradossalmente, di questa lapide, molto più affidabile ed interessante di quella della Domus Morozzo, nessuno parla; il motivo è che mai nessuno ha pensato che i disegni delle Centurie nascondano essi stessi un codice: e invece, se ben ricordo, grazie a questi disegni, in questo blog abbiamo decifrato l’enigma della cometa (copertina dell’edizione Du Rosne) e quello del sole (copertina dell’edizione Pierre Rigaud).

Riprendo ora anche qui l’argomento della lapide, traendolo dal mio libro “Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal”.
Ormai sappiamo con assoluta certezza, per averlo dimostrato più volte, che le edizioni originali delle Centurie, la cui stampa è stata supervisionata da Nostradamus, sono quattro. In queste edizioni, Nostradamus ha frammentato le sue chiavi di decifrazione e i suoi enigmi, lasciando ai suoi interpreti l’onere di rimettere insieme i pezzi che compongono il puzzle intero.
Una di queste edizioni  è quella del 1566, del tipografo Pierre Rigaud. All’interno è raffigurata una lapide, con l’epitaffio e con la data di morte di Nostradamus: 2 luglio 1566.


Naturalmente, alcuni pensaranno che l’epitaffio non sia stato composto da Nostradamus, se non altro nella parte relativa alla data della morte, mentre altri sosterranno senza esitazioni che Nostradamus, essendo un profeta, sapeva esattamente quando sarebbe morto. Spiacente di deludere, ma hanno torto entrambe le fazioni.

Il fatto è che quell’edizione delle centurie contiene alcuni minuscoli dettagli senza i quali salterebbe l’impostazione delle chiavi di decifrazione impostate da Nostradamus. Si tratta di particolarità così specifiche, da rendere impossibile che non ci sia stata la supervisione dell’autore.

Faccio un esempio, uno tra molti altri, tratto dall’epistola a Enrico II, inserita nell’edizione in questione:

La frase latina dell’epistola “à fato, mais à Deo à Natura” presenta la prima “à” e la parola “mais” in corsivo e il resto a caratteri normali; questo perché le poche parole a caratteri normali dell’intera epistola, opportunamente riorganizzate, costituiscono la chiave di ordinamento delle quartine. Un qualsiasi errore, anche minuscolo, avrebbe fatto saltare tutta l’impostazione. Immaginate, per un secondo, che quella “à” non sia in corsivo oppure che lo sia la “à” che precede la parola “Natura”. Poiché lo schema di Nostradamus è costruito su una tabella a doppia entrata, con incrocio di numeri e lettere (ricordate la tavola di Bourc?), qualsiasi errore sconvolgerebbe tutti gli incroci.
In effetti, non c’è neanche bisogno di pensare agli errori, se proviamo ad immaginare lo scenario. Nostradamus scrive con penna d’oca e non certo al computer. Come è possibile pensare che il tipografo sappia riconoscere, qua e là, esattamente le 652 lettere dell'epistola da stampare a caratteri normali in un lunghissimo testo che, per il resto, va stampato in corsivo?

La logica conseguenza di questa riflessione è che Nostradamus non sia affatto morto il 2 luglio 1566 e che, anzi, abbia curato la scrupolosa osservanza delle sue indicazioni nella stampa della citata edizione Pierre Rigaud delle Centurie, con tutto ciò che sta dentro, epitaffio compreso. Sono troppi i dettagli, apparentemente insignificanti, necessari a ricostruire il puzzle; non si può neanche lontanamente ipotizzare che non ci sia stata la supervisione del progettista.
Dirò di più. Allo stesso modo, Nostradamus ha curato anche l’edizione Benoist Rigaud del 1568 come dimostra, ed esempio, l’enigma delle “Tre centurie che completano il migliaio” (cfr. Il vero codice di Nostradamus). Anche in quel caso, una minuscola deviazione tipografica avrebbe reso irrisolvibile l’enigma.

Dunque, se lo stesso Nostradamus ha curato la pubblicazione dell’edizione delle centurie nella quale è intenzionalmente inserito l’epitaffio con la falsa data di morte, è verosimile ritenere che quell’epitaffio contenga esso stesso del codice.


…continua…

Nessun commento:

Posta un commento