Ho trattato come curiosità di limitato interesse
l’argomento della lapide di Villa Vittoria, in quanto si tratta di oggetto di
origine incerta e di dubbia autenticità; sull’interpretazione del suo contenuto
sibillino ci si può anche divertire un po’, purché non ci si lasci coinvolgere
come se si fosse in presenza di un grande mistero che aspetta di essere svelato.
Sicuramente meritevole di maggiore attenzione mi sembra
una lapide che non è mai esistita nella sua forma materiale, ma solo come
disegno. Se ne conosce con certezza la raffigurazione, il contenuto e,
soprattutto, il libro nel quale si trova: una delle edizioni originali delle
Centurie di Nostradamus. E’ possibile che racchiuda un codice, dal momento che
non solo il testo possiede tutte le caratteristiche di tale codice, ma sappiamo
già, per averlo verificato in numerose altre occasioni, che i disegni delle
Centurie hanno sempre un significato preciso. Paradossalmente, di questa
lapide, molto più affidabile ed interessante di quella della Domus Morozzo,
nessuno parla; il motivo è che mai nessuno ha pensato che i disegni delle
Centurie nascondano essi stessi un codice: e invece, se ben ricordo, grazie a
questi disegni, in questo blog abbiamo decifrato l’enigma della cometa
(copertina dell’edizione Du Rosne) e quello del sole (copertina dell’edizione
Pierre Rigaud).
Riprendo ora anche qui l’argomento della lapide, traendolo
dal mio libro “Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal”.
Ormai sappiamo con assoluta certezza, per averlo
dimostrato più volte, che le edizioni originali delle Centurie, la cui stampa è
stata supervisionata da Nostradamus, sono quattro. In queste edizioni,
Nostradamus ha frammentato le sue chiavi di decifrazione e i suoi enigmi,
lasciando ai suoi interpreti l’onere di rimettere insieme i pezzi che
compongono il puzzle intero.
Una di queste edizioni
è quella del 1566, del tipografo Pierre Rigaud. All’interno è
raffigurata una lapide, con l’epitaffio e con la data di morte di Nostradamus:
2 luglio 1566.
Naturalmente, alcuni pensaranno che l’epitaffio non sia
stato composto da Nostradamus, se non altro nella parte relativa alla data
della morte, mentre altri sosterranno senza esitazioni che Nostradamus, essendo un profeta, sapeva
esattamente quando sarebbe morto. Spiacente di deludere, ma hanno torto
entrambe le fazioni.
Il fatto è che quell’edizione delle centurie contiene
alcuni minuscoli dettagli senza i quali salterebbe l’impostazione delle chiavi
di decifrazione impostate da Nostradamus. Si tratta di particolarità così
specifiche, da rendere impossibile che non ci sia stata la supervisione
dell’autore.
Faccio un esempio, uno tra molti altri, tratto
dall’epistola a Enrico II, inserita nell’edizione in questione:
La frase latina dell’epistola “à fato, mais
à Deo à Natura” presenta la prima “à” e la parola “mais” in corsivo e il resto
a caratteri normali; questo perché le poche parole a caratteri normali
dell’intera epistola, opportunamente riorganizzate, costituiscono la chiave di
ordinamento delle quartine. Un qualsiasi errore, anche minuscolo, avrebbe fatto
saltare tutta l’impostazione. Immaginate, per un secondo, che quella “à” non
sia in corsivo oppure che lo sia la “à” che precede la parola “Natura”. Poiché
lo schema di Nostradamus è costruito su una tabella a doppia entrata, con
incrocio di numeri e lettere (ricordate la tavola di Bourc?), qualsiasi errore
sconvolgerebbe tutti gli incroci.
In effetti, non c’è neanche bisogno di pensare agli
errori, se proviamo ad immaginare lo scenario. Nostradamus scrive con penna
d’oca e non certo al computer. Come è possibile pensare che il tipografo sappia
riconoscere, qua e là, esattamente le 652 lettere dell'epistola da stampare a caratteri
normali in un lunghissimo testo che, per il resto, va stampato in corsivo?
La logica conseguenza di questa riflessione è che
Nostradamus non sia affatto morto il 2 luglio 1566 e che, anzi, abbia curato la
scrupolosa osservanza delle sue indicazioni nella stampa della citata edizione
Pierre Rigaud delle Centurie, con tutto ciò che sta dentro, epitaffio compreso.
Sono troppi i dettagli, apparentemente insignificanti, necessari a ricostruire
il puzzle; non si può neanche lontanamente ipotizzare che non ci sia stata la
supervisione del progettista.
Dirò di più. Allo stesso modo, Nostradamus ha curato anche
l’edizione Benoist Rigaud del 1568 come dimostra, ed esempio, l’enigma delle
“Tre centurie che completano il migliaio” (cfr. Il vero codice di Nostradamus).
Anche in quel caso, una minuscola deviazione tipografica avrebbe reso
irrisolvibile l’enigma.
Dunque, se lo stesso Nostradamus ha curato la
pubblicazione dell’edizione delle centurie nella quale è intenzionalmente inserito l’epitaffio
con la falsa data di morte, è verosimile ritenere che quell’epitaffio contenga
esso stesso del codice.
…continua…
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