Tecniche di Nostradamus

domenica 23 febbraio 2014

Il mistero di Dante

Ieri ho visto l'atteso film “Il mistero di Dante”. Non mi aspettavo chissà quali rivelazioni; però, un’attenzione particolare al lato misterioso del Poeta, questo sì.
Mi sono trovato di fronte, invece, a un pessimo polpettone infarcito di nozioni tratte da libri spazzatura sull’esoterismo.
Un mosaico di vaghi riferimenti ai Templari, ai Fedeli d’Amore, ai Massoni, ai Rosacruciani e via discorrendo.

Un’insistenza particolare, non priva di inesattezze, sul Mahabarata, sulla Baghavad Gita, su Krishna e su Ajuna. Insomma, anche se non esplicitamente detto, un’apologia del Karma Yoga (lo Yoga dell’azione) con appendici sul Prana Yoga (lo Yoga del respiro). Attenzione: non hanno neppure avuto la decenza di confessare che stavano parlando di Karma Yoga e Prana Yoga. Non so cosa possa aver capito un qualsiasi spettatore digiuno di queste cose.
Infine la grande rivelazione: siamo al termine dell’era del Kali Yuga! C’è mancato poco che venisse indicata anche la data e l’ora.

Ma Dante… che c’entra con tutto questo?
E chi lo sa!
Per rimediare, ecco l’insostituibile Giacobbo, che non ha saputo tirare fuori di meglio della favoletta di Dante e l’Islanda, che a me hanno raccontato il primo anno di asilo.

Ogni tanto, la recita di qualche terzina della Divina Commedia dava una spolveratina al percorso iniziatico di Dante; in fondo, bisognava pur parlarne, visto il titolo del film.
Ciliegina sulla torta, un’altra insospettabile rivelazione (la prima era quella del Kali Yuga): Beatrice non era la Portinari, ma la figura allegorica della filosofia dantesca. Aaahhh…

Insuperabile la scena introduttiva: dopo una faticosa camminata attraverso interminabili cunicoli, gli intervistatori si trovano al cospetto di un gruppo di “iniziati”, i quali sostengono di essere dotati di poteri paranormali, ai quali attingono attraverso il ricorso a forze inferiori, che sarebbe però meglio evitare. Se il buongiorno si vede dal mattino… già per questo sono stato tentato di alzarmi e andar via.

Il guaio è che, al cinema, mi sono fatto accompagnare da mia moglie, ex insegnante di lettere e ottima conoscitrice di Dante, promettendole che avrebbe trovato il film di suo interesse.
A proiezione ultimata, delusa, mi ha chiesto se almeno io avessi ricavato qualcosa. “Ma certo!”, ho risposto, “questi argomenti sono pane per i miei denti”. Come potevo dirle che si era trattato di una palla mostruosa, di una boiata pazzesca, di uno spettacolino indegno persino dei principianti nel campo dell’esoterismo?

Se volete provare da soli l’esperienza, buona visione!


venerdì 21 febbraio 2014

Nostradamus e Malachia: il segreto di sempre? (2)

Per introdurre il mio ragionamento, devo fare una breve rappresentazione dello schema delle profezie di Malachia.

Che si tratti di 111 motti oltre ad uno un po’ speciale è noto a tutti. Ciò che non tutti sanno è che l’elenco, pubblicato nel 1595, è diviso in due parti: la prima è costituita dai motti dal 1143 fino all’epoca della pubblicazione. Poiché quel che doveva succedere era già successo, accanto a ciascun motto figurava anche il nome al quale esso si riferiva. In tutto, 77 spose per 77 fratelli.
Non ho usato di proposito la parola “Papi”, perché la lista comprende sia Papi che antipapi. Di questi ultimi, non tutti, ma solo alcuni di quelli che si sono avuti nell’arco di tempo considerato.

Mi sembra di sentire l’obiezione: Malachia ha compilato l’elenco dei motti e qualche scriteriato vi ha accoppiato i nomi che ha voluto. Le cose non stanno così: i 77 motti sono appropriati in maniera esagerata a ciascun nome ad essi accoppiato (descrizione dello stemma araldico, cognome di origine, professione del padre, etc.); manca solo il nome del cane o del gatto di famiglia. Malachia è stato molto meticoloso, che diamine! Togliamo un nome o aggiungiamone un altro e salta tutto.
Perciò, della due l’una:

-         La prima possibilità è che Malachia, divinamente ispirato, abbia fatto una gran confusione. Bisogna capirlo, poveretto! Uscito dalla trance visionaria, ha dovuto impugnare penna d’oca e calamaio e ricordarsi tutti i 111 motti in latino che gli erano stati rivelati, oltre alla frase finale. Roba da farsi venire un bel mal di testa, in un’epoca in cui le aspirine non esistevano.

E poi, non so se sapete come andavano le cose a quei tempi. La storia, ad esempio, fa presto a raccontarci che Urbano VI era papa e Clemente VII era antipapa. La verità è che Urbano VI non fu eletto regolarmente, ma in mezzo alla baraonda più totale e alle sommosse popolari, senza il rispetto delle regole del conclave; fu un uomo dato senza alcuna formalità in pasto ai romani, che volevano un papa italiano e non francese. Dato in pasto si fa per dire, perché fu di una crudeltà straordinaria… sorvolamus…
L’antipapa Clemente VII, invece, fu regolarmente eletto nel corso di un conclave altrettanto regolarmente costituito.

Chi era veramente il Papa e chi l’antipapa? Malachia (in effetti, il suo suggeritore divino) non sapeva che pesci pigliare e dedicò un motto ad entrambi.

-         La seconda possibilità è che qualcuno, spacciandosi per Malachia in pieno 1595 (quasi 500 anni dopo la morte del Santo), abbia stilato una lista che, per esigenze particolari, doveva comprendere 111 elementi.

Bene! Perché allora alterare l’elenco storico, verificabile da tutti, quando sarebbe stato più facile modificare il numero dei motti a venire, che nessuno avrebbe potuto contestare?
Perché, evidentemente, aveva bisogno di una sezione composta da 77 elementi, solo qualcuno in più rispetto ai Papi i cui nomi erano disponibili da Malachia in poi.

Poteva allora partire da un’epoca più antica, imputando la profezia a qualche altro Santo, piuttosto che a Malachia.
Eh… no… per ragioni un po’ complesse, doveva partire proprio da Malachia, che era legato a S. Bernardo, che era legato ai cistercensi, che erano etc. etc. Probabilmente alla fine intuirete da soli il perché.

Non restava che alterare la lista storica, aggiungendo qualche antipapa, senza andare troppo per il sottile; giusto quei pochi che servivano per arrivare a 77.

giovedì 20 febbraio 2014

Nostradamus e Malachia: il segreto di sempre? (1)

Dopo aver esaminato la possibilità di un collegamento tra i misteri di Nostradamus e quelli di Dante, affrontiamo la possibilità di un analogo collegamento tra Nostradamus e Malachia,  presunto autore delle profezie sulla successione dei Papi.

L’argomento non è del tutto nuovo, essendo stato già affrontato in passato su questo blog. Però, adesso, voglio concentrarmi sulla possibilità che, nonostante le apparenze, anche le profezie di Malachia contengano un codice. Non so ancora se il mio ragionamento è esatto, ma spero che risulti ugualmente interessante. Posso solo dire che è esso confortato da elementi che si estendono ben oltre quanto sto per trattare qui.

Malachia, come molti sanno, propone 111 motti in latino, ciascuno dei quali caratterizzante un Pontefice dal 1143 (Celestino II) in avanti. Alla fine della lista aggiunge una lunga espressione, che descrive le tribolazioni della Chiesa degli ultimi tempi.
Non è chiaro per gli studiosi se quest’ultima espressione sia essa stessa un motto predittivo; a mio avviso non lo è, ma è solo un atto di furbizia del “profeta”, per ragioni che in questo momento non ci interessano.

Se le cose stanno come penso, il conteggio delle “profezie” (vere per chi ci crede, false per gli altri) si è concluso con Benedetto XVI e adesso, con Papa Francesco, siamo già “oltre”. Ho messo in grassetto la parola "conteggio", perché la mia analisi prescinde dalla natura predittiva del contenuto.

La lista dei Papi è stata pubblicata nel 1595, nel libro “Lignum vitae” di Arnoldo Wion, e comprende l’elenco dei motti (e dei nomi) dei Papi e di alcuni antipapi dal 1143 al 1595, nonché l’elenco dei motti successivi, relativi ai Papi futuri. 

Ciò che mi ha indotto a riflettere è che nessuno (profeta o storico) mischierebbe Papi e antipapi; in particolare, di questi ultimi sono nominati solo alcuni e non tutti. Mi viene difficile pensare a un’entità soprannaturale che, nel suggerire il “futuro” a un profeta, gli confidi delle cose sbagliate. Mi viene altrettanto difficile pensare a uno storico che non sappia fare le debite distinzioni.
Allora, mi sono detto, forse il mistero non sta nei motti, o non solo nei motti, ma nel numero.

Indagando sotto questo aspetto, sono venute fuori diverse cose singolari, delle quali ne anticipo qui solo un paio. Però, il post è già lungo e, perciò, dovete aspettare il prossimo.


giovedì 13 febbraio 2014

Dante e Nostradamus: un segreto in comune


 Tra qualche giorno sarà nelle sale cinematografiche il film-documentario “Il mistero di Dante”.
Sono pronto a scommettere che nessun accostamento verrà fatto a Nostradamus. Eppure, i legami ci sono. Essenzialmente:

- entrambi sono Templari o legati ai Templari;
- entrambi scrivono un’opera “mascherata”, che nasconde tutt’altro rispetto al contenuto apparente: Nostradamus finge di scrivere profezie; Dante finge di scrivere situazioni dell’oltretomba;
- entrambi inseriscono la loro opera in una visione cosmologica che, data l’epoca, non può che essere tolemaica;
- l’opera di entrambi “deve” essere grandiosa e “deve” far discutere a livello universale, perché è necessario che, in futuro, non sfugga agli occhi di chi dovrà leggere tra le righe.

Probabilmente potrei continuare con altri accostamenti, senza convincere nessuno. Se però riuscissi a dimostrare che hanno attinto allo stesso codice…

Dite un numero a caso: quante probabilità ci stanno perché venga fuori il 4758? Ovviamente non possiamo dirlo, fin quando non delimitiamo il campo della scelta. Più questo campo è ampio, minore è la probabilità. Quest’ultima, poi, si riduce a dismisura se ci aspettiamo che lo stesso numero venga scelto indipendentemente l’uno dall’altro dalle due persone che hanno composto le due opere criptiche più famose al mondo (forse in concorrenza solo con la Bibbia): Dante e Nostradamus.

Il numero 4758, non è presente nella Bibbia, non è presente nei Promessi Sposi, non è presente nelle opere di Shakespeare né in nessuna grande opera letteraria: è presente esclusivamente in Dante e Nostradamus.
Per chi, come me, si occupa di codici, Dante e Nostradamus sono collegati al di fuori di ogni dubbio. Hanno scelto lo stesso numero perché, contrariamente a quanto ho supposto sopra, la loro scelta non è avvenuta “indipendentemente” l’uno dall’altro, ma è frutto di un messaggio preciso.

I versi del Paradiso di Dante sono 4758; anche le parole dell’epistola a Enrico II di Nostradamus (contando come doppie le parole con l’apostrofo e quelle composte, cioè con il trattino d’unione) sono 4758; e 4758 è anche il totale degli intervalli della prima cronologia biblica. Soprattutto, 4758 è il numero cabalistico del Graal (cfr. Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal).

Vabbe’… coincidenza, nonostante tutto! E il misterioso numero 515? Dante lo cita nel XXIII canto del Purgatorio (vv. 42-45):

nel quale un cinquecento diece e cinque,
messo di Dio anciderà la fuia
con quel gigante che con lei delinque.

Nostradamus utilizza lo stesso numero come elemento della cronologia biblica:

aprés vint Moyse environ cinq cens quinze ou seize ans,

dopo venne Mosè, circa cinquecento quindici o sedici anni.

Nostradamus ne parla anche nel Presagio di maggio 1555 che, come spiegato chiaramente nel “vero codice di Nostradamus”, ripropone in realtà il 515 e il 516 dell’epistola.

Il cinque, sei, quindici, tardi e presto si rimane,

E Dante allora? Lui parla solo di 515 e non menziona il 516; o no?
Diamo un’occhiata ai versi 47-57 del canto XV del Paradiso:

'Benedetto sie tu,' fu, 'Trino ed Uno,  (47)
che nel mio seme sei tanto cortese.
E seguì: 'Grato e lontano digiuno,
tratto leggendo del magno volume  (50)
du' non si muta mai bianco ne bruno,
solvuto hai, figlio, dentro a questo lume
in ch'io ti parlo, mercé di colei  (53)
ch'a l’alto volo ti vesti le piume.
Tu credi che a me tuo pensier mei
da quel ch'è primo, cosi come raia  (56)
da l’un, se si conosce, il cinque e il sei.

Verso 50: Leggendo del magno volume (il magno volume è libro della cabala)
Verso 52: Soluto hai, figlio (dopo che avrai risolto l’enigma)

E, allora, proviamo a risolvere l'enigma:

Trino e uno (verso 47) = 3+1 = 4; cabalisticamente una “D”, cioè 500;
l’uno (1), il cinque (5) e il sei (6) al verso 57. 
Quindi, tutti insieme, 500-1-5 e 6

Attenzione: anche Nostradamus non dice esattamente 515 o 516; per la precisione, egli dice: “cinquecento” (la “D” di Dante), 15 o 16. Dante, a sua volta, separa l’uno dal cinque e dal sei con le parole “se si conosce” (verso 57), cioè se si sa quel che si fa; perciò, bisogna capire che l’uno va anteposto al 5 e al 6, per diventare 15 o 16: proprio come Nostradamus.

Vi sembra tirato? Non lo è, ma fingiamo che lo sia e restiamo solo al 4758 e al 515 del XXIII canto del Purgatorio, dove la citazione è esplicita. Da soli, sono più che sufficienti per dimostrare un collegamento tra Dante e Nostradamus; per non menzionare anche le premesse fatte all'inizio dell'articolo!

Il numero 4758 è il numero cabalistico del Graal.
Nelle centurie di Nostradamus, Cesare Chiren è la figura di Perceval, che va alla ricerca del Graal attraverso un lungo ed avventuroso viaggio. Lo trova e lo contempla nel castello del Re Pescatore.
Nella Divina Commedia è lo stesso Dante che incarna quel ruolo, finché arriva alla vetta del Paradiso dove, finalmente, contempla il suo Graal.
Il 4758 non è un numero scelto a caso e non per caso, nella Divina Commedia, è proprio il numero dei versi del Paradiso!

Magari un giorno andremo più a fondo. Per il momento, godiamoci il film di imminente uscita.