Tecniche di Nostradamus

martedì 29 luglio 2014

Papi e vaticinia (seguito)

Chiuse le vicende di Giovanni XXIII, che ci ha fornito lo spunto di partenza per questa lunga narrazione già molti post fa, forse vorrete sapere come va a finire la storia.

Gregorio XII, uomo mite e pio, ben diverso dagli altri due papi a lui contemporanei, decide di prendere atto delle risoluzioni del concilio di Costanza e si dimette nel 1415.
Benedetto XIII, benché deposto dal concilio, rifiuta di riconoscere il verdetto, continuando a considerarsi l’unico papa legittimo. L’imperatore Sigismondo va a parlargli personalmente e persino Vincenzo Ferrer, fedelissimo di vecchia data, lo abbandona. Non si cava un ragno dal buco e neanche un buco dal  ragno: papa Luna resiste fino all’ultimo respiro.
Alla sua morte, dopo un turbolento transito attraverso due antipapi rivali (Clemente VIII e Benedetto XIV), viene eletto un Benedetto XIV-bis, a cui fanno seguito un Benedetto XV e, sembra, un Benedetto XVI (sì, proprio come Ratzinger, alcuni secoli dopo). La storia ufficiale termina qui, ma la storia sommersa sussurra che la serie dei Benedetto si perpetui clandestinamente ancora oggi…

Il concilio di Costanza elegge Oddone Colonna che, col nome di Martino V , riannoda le fila dei papi riconosciuti legittimi.
Nell’iconografia dei “vaticina de’ summis pontificibus” viene rappresentato così:



La fascetta in alto dice: “Dominus Oddone columna romanus. Deinde Martinus papa quintus creatus [parola illeggibile] per generale collegium”.

La presenza della vacca viene giustificata da un aneddoto, storicamente infondato, secondo il quale, al momento del conclave, il futuro papa si sarebbe visto assegnare una stanza contrassegnata col simbolo di questo animale. Le due teste coronate sarebbero la rappresentazione dei due antipapi sconfitti: Benedetto XIII e Gregorio XII. Mancherebbe la testa di Giovanni XXIII perché egli, secondo Martino V, sarebbe stato un papa legittimo, deposto solo per il bene della Chiesa.

L’artista dei “vaticinia di Nostradamus” ripropone l’immagine (n. 25) in questo modo:



Restano molte altre icone dei “vaticinia di Nostradamus” da spiegare; qui mi sono limitato solo a quelle relative a una breve successione di pontefici. Già da ora, tuttavia, si può dedurre che esse hanno una storia precisa, ben nota agli studiosi dell’iconografica papale, sia nella loro individualità che nell’ordine di successione. Non c’è mistero e non c’è enigma; men che mai esiste alcun nesso con Nostradamus.

Infatti, si tratta sempre di repliche di repliche di repliche di repliche, finché a qualcuno non viene la “brillante” idea di spacciarle, e anche con successo, per profezie di Nostradamus, contando sulla disinformazione che circonda questo tipo di iconografia. In realtà, esiste un centinaio di riproduzioni diverse ed io personalmente possiedo i file digitali di almeno una ventina.

…segue…

venerdì 25 luglio 2014

Nostradamus e verità storiche

Nel libro “L’ultima chiave di Nostradamus” sostengo che il veggente provenzale fosse un infiltrato alla corte dei Valois, per conto dei Guisa e dei Lorena. Il suo compito era quello di influenzare le decisioni della regina Caterina de’ Medici. In parallelo, Diane de Poitiers, l’amante di Enrico II, aveva il compito di dominare le decisioni ed il comportamento del re.
Tra le altre cose, con riferimento a Nostradamus, ho scritto testualmente:

Smettere di pensare a lui come a un qualsiasi ciarlatano che vendeva oroscopi e prodotti di bellezza sarebbe un primo passo di avvicinamento alla verità storica dei fatti. A complicare il quadro hanno contribuito la congiura di Amboise (1560) e la crescente tensione tra cattolici e protestanti, poi sfociata nel massacro di San Bartolomeo (1572), che ha visto il riposizionamento sui diversi fronti dei personaggi di spicco dell’epoca.

A sua volta Nostradamus era spiato dal suo segretario Chavigny, presentatogli dall’amico poeta Jean Dorat. A suo riguardo ho scritto: “Poco chiaro il ruolo di quest’ultimo [Jean Dorat], legato sia ai Lorena che alla casa reale di Francia: probabilmente un doppiogiochista”.

Che Chavigny fosse un infiltrato lo sostiene lo stesso Nostradamus, nella quartina II,36 da leggere unitamente al suo epistolario, come spiegato nel citato libro.
Del resto, che i conti non tornassero me ne ero accorto già da tempo, tanto è vero che, pur non avendo ancora le idee del tutto chiare al riguardo, scrivevo: ...bisognerebbe chiedersi perché mai abbia assunto un segretario al quale nascondere ciò che faceva (cfr. L'Anticristo di Nostradamus).

Infine, ho sostenuto che anche che la quartina I,4 fosse una vera e propria sentenza di condanna contro Enrico II di Francia:

Nell’Universo sarà fatto un monarca
Che in pace e vita non sarà a lungo

Man mano che vado avanti, si dispiega sempre di più questa straordinaria spy-story rinascimentale, camuffata da storia di un mago-profeta. Forse in futuro l’affronteremo meglio.

Scopro ora con piacere che ne stanno facendo una serie di telefilm nei quali, come motivazione della vendetta di Nostradamus, viene addotto l’omicidio della sua famiglia.
Pur scartando tale motivazione, che non ha fondamento storico, mi piace l’idea di fondo, assai vicina alla verità storica dei fatti e sicuramente più valida delle solite panzane delle profezie. Spero solo che il progetto venga realizzato bene e attendo con ansia.

martedì 22 luglio 2014

Graal: storia e mito (10)

E’ evidente che, in questa recente serie di post, abbiamo solo sfiorato l’argomento del Graal, una di quelle grandi leggende sulla quale fiumi di inchiostro sono stati e sono tuttora versati, senza che tuttavia si riesca a definirne con precisione quantomeno i contorni.
Io ho sposato la tesi di una dottrina iniziatica, che non si identifica con alcun oggetto materiale. Ciò non esclude la possibilità che un tale oggetto esista, ma solo come espressione simbolica, come rappresentazione visibile di una “Idea”, che resta comunque confinata al mondo dell’ineffabile. Un po’ come avviene per le statue, che non possono certamente sostituire i personaggi rappresentati.
A noi, comunque, non interessa spostarci sul piano materiale che, oltre a confonderci ulteriormente le idee, richiederebbe comunque una vasta trattazione che, al di là delle apparenze, ci costringerebbe a tornare al piano della rinascita spirituale. Ci basta solo sapere, in quanto l’informazione ci servirà presto, che la rappresentazione più comune del Graal cristiano è quella di un vaso, trasformato in coppa dalla tradizione.
Per ricongiungerci con la storia di San Lorenzo, ci è perciò sufficiente il solo concetto di base di Graal che però, oltre ad essere controverso, è così complicato da risultare quasi inaccessibile. La sua comprensione, infatti, richiede un complesso di conoscenze di origine diversa, che solo con grande difficoltà possono essere “inserite” in una esposizione lineare, come ho fatto io, peraltro al prezzo di eccessive semplificazioni che ne compromettono la natura.
E’ come il tentativo di spiegare l’immagine di un mosaico con la semplice descrizione dei singoli frammenti; come lo sforzo di apprezzare un buon romanzo attraverso lo studio delle singole parole che lo compongono; come il tentativo di immergersi in una melodia musicale attraverso l’analisi delle singole note.
In realtà, non esiste quasi nessuna relazione tra i singoli pezzi e l’immagine del mosaico, tra le singole parole e la trama del romanzo, tra le singole note e la melodia. E’ solo la loro armoniosa composizione che fornisce il risultato complessivo. E purtroppo, in qualsiasi settore, nessuna  “armoniosa composizione” si presta ad essere raccontata senza gravi perdite.
Questo insopprimibile limite si rifletterà inevitabilmente nella descrizione della leggenda di San Lorenzo, alla quale stiamo per passare.

…segue…

sabato 19 luglio 2014

Papi e vaticinia (seguito)

Possiamo adesso spiegare l’immagine dei “vaticinia di Nostradamus”, relativa a Giovanni XXIII, rimasta in sospeso in un post recente.
Diciamo, anzitutto, che il riferimento a Baldassarre Cossa/Giovanni XXIII del monaco con la falce è solo un riadattamento di una vecchia immagine riferita a Celestino V. Questo riadattamento si presta abbastanza bene per via della falce, che rappresenta la sentenza di condanna che ha “falcidiato” Giovanni XXIII. Tuttavia, per rendere inequivocabile la reinterpretazione, il nuovo artista aggiunge una “B” per Baldassarre e una “coscia” per “Cossa”. Non sarà elegante come quelli della “Settimana enigmistica”, però è pur sempre un rebus simpatico.


 Se avete dubbi, o se volete leggere la soluzione coi vostri occhi, vi suggerisco di ingrandire l’immagine per mettere a fuoco, nella fascetta in alto, le seguenti parole: “Dominus Baldassar Cossa de Neapoli Sanctis Eustachis diaconus cardinalis, deinde Joannes XXIII creatus bononie die XVI mai 1410”.
Ovviamente, quella appena proposta non è l’immagine dei “vaticinia di Nostradamus”, già proposta qualche post fa, ma una più vecchia, poi  replicata dal falso Nostradamus; forse senza capire, visto che, pur mantenendo la lettera “B”, ha disegnato un polpaccio anziché una coscia. Per il confronto, non vi resta che rivedere la precedente.

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martedì 15 luglio 2014

Graal: storia e mito (9)

Siamo arrivati quasi alla fine del viaggio che ci siamo prefissi, prendendo spunto dalla leggenda di San Lorenzo, sul quale ci dobbiamo ancora soffermare.
Non ho la pretesa di avere svelato il segreto del Graal, il cui fascino sta proprio nella sua ambiguità e nella sua capacità di sollevare dubbi e interrogativi ai quali ognuno può dare le risposte che preferisce.
Secondo la tesi qui sostenuta, il Graal non è certamente un oggetto. E’ invece l’ineffabile esperienza estatica “conquistata” da mistici e santi di ogni epoca e di ogni cultura che, attraverso il fuoco interiore di un impegno incessante, giungono alle radici della loro origine e della loro natura.
Proprio in quel “conquistata” sta la differenza con analoghe esperienze mistiche spontanee, legate più a una visione religiosa dell’esistenza che alle capacità personali di rigenerazione spirituale. Non che il Graal sia necessariamente avulso dalla fede religiosa, ma quest’ultima assume eventualmente il ruolo di contesto, all’interno del quale si svolge l’autonomo processo di crescita. Se vogliamo, il Graal è tutto tranne che “grazia” generosamente concessa dall’Alto. E’ invece il pane (spirituale) che ci si guadagna con il sudore della fronte.
Nello scenario graalico cristiano, il Cristo che salva è un Cristo sofferente (Amfortas, zio di Parzival) che, pur tracciando la via, esige un’attiva partecipazione alla lotta contro il male (le infinite battaglie di Parzival).

In chiave simbolica, il Graal è la visione mistica di Dante, al termine del suo viaggio attraverso gli stati dell’oltretomba; è il segreto dell’immortalità per la cui ricerca l’eroe sumero  Gilgamesh intraprende un lungo ed avventuroso viaggio; è l’espiazione delle proprie colpe da parte di Ercole, attraverso le mitiche dodici fatiche. Secondo Otto Rahn, il Graal è anche il Vello d’oro degli Argonauti la cui nave, al termine dell’impresa, viene portata per incantesimo tra gli astri della Via Lattea, dove si rivela la natura luminosa del Dio eterno.

Riletta in questa chiave, l’avventura di Parzival, cavaliere del Graal, trova un perfetto parallelismo nell’esperienza allegorica di Arjuna che, nella Baghavad Gita, il dio Krishna incita al combattimento. Più in generale, trova un contesto appropriato nel Karma yoga, o via dell’azione degli yogi indù, e nella via del Tao dei saggi cinesi.

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sabato 12 luglio 2014

Papi e vaticinia (seguito)

Sigismondo di Lussemburgo, apprendista imperatore, chiede a Giovanni XXIII-Cossa di indire un concilio per l’elezione di un nuovo papa che soppianti gli altri due papi in carica (Benedetto XIII e Gregorio XII), oltre che se stesso. Insomma, per dirla alla “Di Pietro”, si chiede al tacchino di preparare il pranzo di Natale.
Il trucco riesce. Quella volpe di Baldassarre Cossa si distrae, diventa trota e abbocca all’amo. Ahhh… La vanità! Le lusinghe! Credendo a quello che gli si vuol far credere, dà per scontato che il nuovo papa sarà ancora lui e che, finalmente, potrà godere di un’investitura incontestabile. Dunque, si convince e convoca un concilio a Costanza, nel territorio dell’impero di Sigismondo che, a garanzia della solennità dell’evento, non fa mancare la sua presenza accanto a quella, discreta e meno ingombrante, dello Spirito Santo.

Purtroppo, il concilio prende una brutta piega per Giovanni XXIII. Il famoso Pierre d’Ailly, che ha già tradito Benedetto XIII per eleggere Cossa, adesso tradisce nuovamente e mette l’accento sull’illegittimità di Giovanni XXIII, sulla sua cattiva condotta e sul cattivo governo della Chiesa.
Sigismondo fa l’indiano! Aveva dato garanzie a Cossa? Bah… non ricorda… forse si sono capiti male!
Papa Cossa capisce l’antifona e, per non essere spinto all’abdicazione, fugge da Costanza. Questa fuga offre l’esca a Sigismondo, che lo fa imprigionare e processare per l’assassinio del predecessore Alessandro V, per immoralità, simonia, apostasia e tante altre belle cosucce che trascuro per non farla troppo lunga: una lista che sembra un inventario delle malefatte. Alla fine viene deposto e imprigionato.
E’ però fortunato perché il suo successore, Martino V, lo fa liberare e gli consente di rientrare nel Sacro Collegio come vescovo di Tuscolo. Lo considererà perfino papa legittimo, deposto solo per il bene della Chiesa e non perché usurpatore.
Chissà perché mai tanti riguardi verso un pluricriminale, per di più eletto papa senza che fosse neanche prete!
Ancora una volta è d’obbligo il paragone con l’attuale politica italiana che, nel presidio delle posizioni di potere, non sa rinunciare a criminali e lestofanti, immancabilmente promossi a persone “oneste e perbene”, per via dell’influenza che hanno sviluppato nell’esercizio dei loro loschi traffici. Nell’interesse del Paese e degli italiani, ovviamente!

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mercoledì 9 luglio 2014

Graal: storia e mito (8)

Riepilogando i concetti del post precedente, possiamo dire che il “Gral”, rappresentato da 77-11, indica il processo di realizzazione spirituale che permette all’uomo di raggiungere la perfezione attraverso la riconciliazione col suo aspetto divino: per intenderci, è il Samadhi degli yogi indù, il Nirvana dei Buddisti. E’ la trasformazione dell’adamo terrestre in Adamo celeste della quartina VIII,66 di Nostradamus (cfr. “Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal”).
Il cristiano, che cerca la divinità al di fuori di sé, trova invece redenzione e rifugio nella trinità, così che il suo “Gral” diventa “Graal”, con la trasformazione del 77-11 in 77-111.

E’ una spiegazione che regge oppure vogliamo classificare come semplice coincidenza questa straordinaria identità tra il significato del Graal e l’aspetto cabalistico della parola? Lascio a voi giudicare. Io dico soltanto che tutto il discorso portato avanti finora si muove con coerenza lungo il filo di quella tradizione consolidata che tende a identificare il Graal con la pietra filosofale e con la realizzazione del mitico uomo nuovo; con la conoscenza in grado di far riacquistare all’uomo la consapevolezza della sua vera natura; con il ritrovamento della parola perduta. Nulla di estemporaneo, quindi, ma un insieme di concetti che si incastrano alla perfezione l’uno nell’altro, consentendo un ragionamento che non è pura e semplice speculazione, ma paziente ed attenta ricostruzione di un mosaico, secondo uno schema le cui radici affondano nella notte dei secoli.
Ricordo, a chi ha letto il mio libro sulle “Profezie dei Papi di Malachia”, che questo è anche il concetto che sta alla base di quelle profezie che, da accozzaglia di motti più o meno arraffazzonati intorno a una improbabile successione di pontefici, si trasformano in enigma ben strutturato, la cui soluzione risiede in quanto fin qui esposto.

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sabato 5 luglio 2014

Papi e vaticinia (seguito)

All’inizio la sorte arride a Giovanni XXIII. Re e principi d’Europa si schierano con lui e dalla sua parte è anche Sigismondo di Lussemburgo, re d’Ungheria, re di Croazia, re dei Romani; futuro re di Boemia e futuro imperatore del Sacro Romano Impero.
Ma i papi sono ancora tre. Gregorio XII si rinchiude a Siena e governa solo sulle chiese della città. Però respira e, finché respira, è di troppo. Benedetto XIII, invece, è un osso duro. Anche se le alleanze gli sono venute a mancare, resiste con le armi. Gode anche dell’appoggio di quel predicatore in odore di santità, Vincenzo Ferrer, che si fa in quattro per proclamare la legittimità di papa Luna, come Benedetto XIII è anche chiamato per via del cognome.
Si fa strada, a poco a poco, la verità sul concilio di Pisa, un concilio autoconvocato. Ci si ricorda che solo il papa ha il potere di convocare un concilio. Insomma, è chiaro che quel concilio non vale una cippa! E non valgono una cippa la destituzione di Gregorio XII, quella di Benedetto XIII, l’elezione di Alessandro V e del suo successore Giovanni XXIII.
A questo punto, deciso a riportare ordine nella cristianità, entra in gioco Sigismondo di Lussemburgo, re di questo e di quello ed aspirante imperatore del Sacro Romano Impero. E’ proprio questa la sua motivazione, non certo un disinteressato desiderio di un’unità cattolica. Infatti, come potrebbe accettare di farsi incoronare imperatore del Sacro Romano Impero da un papa non unanimemente riconosciuto come capo della Chiesa cattolica?
E allora, che fa il furbacchione? S’inventa un nuovo concilio per eleggere un nuovo papa. Però c’è il rischio di arrivare a quattro papi: una vera inflazione!
Non sarebbe così, invece, con un nuovo papa regolarmente eletto da un concilio regolarmente convocato. E poiché il concilio può essere convocato solo da un papa, si pensa di chiederlo a Giovanni XIII, che gode della maggioranza dei sondaggi elettorali… pardon, dei favori della cristianità del momento.
Del resto, non si può andare tanto per il sottile, dal momento che, per un motivo o per l’altro, tutti i papi in carica appaiono delegittimati.
Proprio noi non dovremmo meravigliarci, noi che tolleriamo un parlamento eletto con una legge dichiarata incostituzionale. Quel parlamento è ancora lì a fare il bello e il cattivo tempo: ovviamente, il cattivo tempo lo vediamo tutti i giorni; per il bello dobbiamo aspettare.
Come giudicheranno i nostri posteri la nuova legge elettorale (per non parlare della modifica dell’assetto costituzionale) fatta da questo parlamento illegittimo e, di conseguenza, tutte le leggi fatte dai parlamenti che seguiranno, eletti con una legge illegittima, fatta da un parlamento illegittimo? Purtroppo non c’è via d’uscita o, più verosimilmente, si finge di non vederla contando sul fatto che noi italiani “comuni”, brava gente, spaghetti e mandolino, preferiamo tirare a campare.
Forse, più che domandarci come i nostri posteri giudicheranno la nuova legge elettorale, dovremmo domandarci come giudicheranno noi!
Perciò, perché mai dovremmo contestare al buon Sigismondo quello che a noi sta bene oggi?

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mercoledì 2 luglio 2014

Graal: storia e mito (7)

La Gematria è una tecnica cabalistica che, secondo una definizione un po’ “strapazzata” ma semplice, studia le relazioni tra le parole e i corrispondenti valori numerici.
Ci sono diverse forme di associazione (cfr. “Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal”), una delle quali fa corrispondere a ciascuna lettera il suo numero di posizione nell’alfabeto, eventualmente ricondotto a un’unica cifra attraverso la somma dei suoi elementi; ad esempio il numero 16 (lettera “R”) diventa 7 (1+6).
Scopriamo così che alla parola G-R-A-L corrisponde il numero 7-7-1-1 (per il seguito 77-11), mentre alla parola G-R-A-A-L corrisponde il numero 7-7-1-1-1 (per il seguito 77-111).
Nella Cabala, ma anche nella numerologia ordinaria, ogni numero ha un proprio significato; tale significato ne esce rafforzato se il numero è doppio, intendendo per doppio non la moltiplicazione per due ma la rappresentazione con due cifre uguali (11, 22, 33 etc.).
Naturalmente c’è gente che riversa una grande fede nel ruolo mistico dei numeri, mentre altri considerano questo atteggiamento come espressione di grande superstizione. Non lasciamoci vincere dalla tentazione di schierarci; a noi non importa credere o meno, ma semplicemente sapere che esiste questo tipo di tradizione e che in essa potremmo trovare la fonte delle parole “Gral” e “Graal”. Andiamo perciò a scoprire il significato dei numeri 7 e 1 sia nella loro forma semplice che nelle forme 77, 11 e 111.
Il sette è un numero mistico che si ritrova in tutte le culture e tradizioni religiose. Secondo Agrippa, noto esoterista e cabalista vissuto a cavallo del 1500 (Nostradamus lo cita in due quartine, sempre fraintese: VI,4 e VI,91), il sette è il numero che rappresenta l’uomo perfetto, inteso come corpo e anima; per questa ragione, viene considerato come numero dell’introspezione e della completezza. E’ il numero della via che l’uomo deve percorrere per raggiungere la piena consapevolezza di sé. Il 77, il 7 raddoppiato, rafforza il concetto.
In chiave di lettura cristiana, che sostituisce alla realizzazione autonoma ed autosufficiente una salvezza cristocentrica, il 77 diventa il numero dell’espiazione e della purgazione dai peccati. Nel “De consensu evangelistarum” (Libro II, cap. IV, par. 13), S. Agostino scrive :

…si conclude che l’insieme di tutti i peccati raggiunge la somma di settantasette, che è il numero undici moltiplicato per sette. Nell’ambito di questo numero avviene la completa remissione dei peccati.

Se il numero sette rappresenta la via, il percorso di crescita spirituale e di purificazione, il numero uno è l’obiettivo finale: l’integrazione nell’unità trascendente; la fusione con l’Assoluto. L’uno è appunto il numero che non può essere diviso, ma col quale si formano tutti gli altri numeri; è il principio divino, dal quale scaturisce ogni essere ed al quale ogni essere deve tornare.
Il suo “doppio” (l’11) rafforza il significato originario assumendo quello di piena e totale illuminazione, oltre i limiti della comprensione umana.
In chiave di lettura cristiana, lo stesso ruolo viene svolto dal 111, “i tre uno”, la trinità nell’unità: la visione mistica di Dante, erede del graalismo cataro-templare, al termine del suo viaggio.

…segue…