Tecniche di Nostradamus

sabato 14 luglio 2012

Il Graal di Nostradamus


Come anticipato, è ora disponibile il mio nuovo libro "Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal".

Oltre ad approfondire le tecniche di cifratura adottate dal veggente, porto alla luce il messaggio nascosto tra le Centurie. Si viene così a scoprire che gli interlocutori di Nostradamus sono i Templari, del cui "tesoro" egli custodisce la mappa.
Si potrebbe pensare che il libro subisca l'influenza della moda che, da qualche anno, ha portato alla ribalta il mito di quei Cavalieri.
Invece, penso di essere rimasto immune da quest'influenza, dal momento che le mie rivelazioni nascono da indiscutibili ed obiettive decifrazioni del codice di Nostradamus.
A prescindere dai Templari, l'aspetto più sconcertante, e direi anche sconvolgente, è costituito dalla scoperta della vera natura del Graal: un segreto inimmaginabile che fa impallidire tutte le ipotesi finora avanzate. Se qualcuno, basandosi sul capitolo pubblicato in precedenza, ha pensato che quel segreto fosse la "particella di Dio", ebbene si è sbagliato. Quello è solo un aspetto che concorre alla comprensione del segreto.

Come autore, l'aspirazione ad avere un'ampia platea di lettori è scontata. Nel caso specifico, però, credo che la straordinarietà della rivelazione "imponga" la lettura a qualsiasi amante del mistero...

Per il momento è disponibile solo l'ebook. Per il cartaceo occorrerà attendere qualche mese.

Il link per l'acquisto è:


Buona lettura.

lunedì 9 luglio 2012

Capitolo iniziale del nuovo libro


AI LETTORI


Sono stato a lungo indeciso prima di dare alle stampe questo libro e, in particolare, la sua parte finale. Mi sono trovato spiacevolmente combattuto tra l’inopportunità di sollevare un lembo del velo che ricopre segreti millenari che non mi appartengono e la spinta che sentivo come una “missione”; quasi un dovere di divulgare il risultato delle mie ricerche, non solo a beneficio di chiunque sia interessato a Nostradamus, ma soprattutto a beneficio di coloro che hanno “diritto” di sapere, i veri titolari di un segreto perduto.
Mi chiedevo se, nel trattare le connessioni tra le Centurie e la Cabala, fosse giusto coinvolgere i destinatari del lavoro di Nostradamus e di rivelare la natura del loro segreto.
Qualora avessi omesso di parlarne, tenendo per me gli aspetti più qualificanti, avrei presentato un lavoro monco, riducendo a un semplice gioco enigmistico gli aspetti cabalistici della codifica. Perciò, ho optato per la trasparenza, tacendo soltanto su alcuni dettagli che non possono essere adeguatamente documentati e che, comunque, non spetta a me tirare fuori dall’ombra.
In ogni caso, le mie ricerche non hanno ricevuto alcuna collaborazione altrui, ho fatto tutto da solo e non sono soggetto ad alcun vincolo di riservatezza che non voglia impormi io stesso.

Potrebbe sembrare che stia tentando di far aleggiare un clima di complotto su un argomento il cui contenuto è sempre stato considerato definito e definitivo. In effetti, contrariamente a quanto comunemente si crede, Nostradamus non ha probabilmente agito da solo e il suo messaggio è vivo, dinamico e attuale.
Piobb[1] ritiene addirittura che egli non sia mai esistito o che sia stato soltanto un prestanome. Le “profezie” non sarebbero state scritte da lui, ma da un collegio di iniziati, per essere tramandate a degli adepti futuri.
Su una simile lunghezza d’onda si pone G. Beltikhine in un saggio del 1956[2].
Per R. Cambier[3], avremmo di fronte un volgare ladro, che si è appropriato di una preesistente opera templare.

La verità è che Nostradamus è stato quasi certamente un elemento di spicco all’interno di una comunità che ha escogitato un complicato sistema di sopravvivenza della sua tradizione, della sua organizzazione e dei suoi obiettivi. Ancora oggi questa comunità sta lavorando attivamente.

Agli amanti delle profezie confermo quanto già scritto nei miei precedenti libri: il nucleo delle Centurie è costituito da un messaggio rivolto a un personaggio specifico, il realizzatore finale di un piano predisposto da molto tempo. Non ci sono profezie per i curiosi e, nei casi in cui delle profezie sono presenti, esse sono formulate unicamente per i destinatari designati, a testimonianza della credibilità di Nostradamus. Proprio per impedirne una comprensione generalizzata, sono scritte in un linguaggio inaccessibile a chi non possieda la corretta chiave di lettura.
Non bisogna restare delusi di fronte a una tale affermazione. Del resto, non mi pare che secoli di tentativi orientati a una interpretazione delle quartine abbiano condotto a risultati concludenti. In compenso, la vera natura del messaggio occulto è così affascinante e suggestiva da lasciare a anni luce di distanza l’interesse che potrebbe suscitare qualsiasi risvolto profetico.
Sono certo che il lettore interessato ai misteri, che non sia un semplice curioso, desideroso di scrutare le vicende future, si lascerà coinvolgere dagli spunti proposti, al punto da iniziare per conto proprio ad approfondire i temi trattati, mettendo da parte gli aspetti fuorvianti che finora lo avevano attratto.

Gli altri, coloro per i quali Nostradamus ha scritto le Centurie, troveranno nell’esito delle mie ricerche le indicazioni necessarie per completare il mosaico che, nei secoli, hanno tentato di ricostruire.
Esistono infatti, e ne ho evidenza assolutamente certa, delle persone che conoscono una parte di ciò che c’è da sapere. Non sanno tutto, però, avendo smarrito in qualche maniera il filo della comunicazione originaria; perciò sondano il terreno con dei libri all’interno dei quali appaiono, qua e là, dei frammenti che solo chi possiede un’altra parte del codice è in grado di leggere. Con le loro pubblicazioni, apparentemente innocue agli occhi di un pubblico inconsapevole,  si propongono di stimolare delle reazioni  e, da quello che scrivono, si capisce chiaramente che non si tratta di ciarlatani o di intrusi, ma di adepti in possesso di notizie di prima mano. Il desiderio di poter contribuire alla realizzazione dei loro obiettivi è stato uno dei fattori che mi hanno indotto, in qualche caso, ad essere più esplicito di quanto fosse necessario.

Sia chiaro: non so fino a che punto quello che Nostradamus dice sia attendibile. Ma, poiché mi baso sui suoi lavori, trasmetto quello che leggo, come un cronista che racconta i fatti così come li vede; fatti che, peraltro, sono coerenti con alcuni resoconti storici e, proprio per questo, rivestono un elevato grado di affidabilità. Può essere che, in qualche caso, abbia commesso errori interpretativi ma, nel complesso, sono certo di aver colto la vera essenza del messaggio delle Centurie. Ritengo in sostanza di poter affermare che, pur potendomi essere sbagliato in qualche dettaglio, non mi sono allontanato troppo da una visione corretta del quadro nel suo insieme.

Questo libro si differenzia nettamente dai due precedenti: “Il vero codice di Nostradamus” e “L’Anticristo di Nostradamus”.

Il primo aveva un obiettivo divulgativo di un nuovo modo di guardare alle Centurie. Pur senza scendere in una descrizione organica, forniva degli spunti idonei a documentare la presenza di un codice sottostante alle presunte profezie. Non potevo dire subito tutto; non per cattiva volontà o per reticenza, ma semplicemente perché è la stessa straordinarietà del processo a richiedere un approccio graduale.

Il secondo si proponeva l’obiettivo di sgombrare il campo dalle diffuse interpretazioni apocalittiche, che non solo assimilavano Nostradamus ai tanti ciarlatani che infestano la faccia della terra, ma distorcevano la visione corretta del suo messaggio. Prima di entrare nel merito e nella sostanza di quel messaggio, era necessario abituarsi al suo vero metodo di lavoro e alle sue tecniche di codifica.

Il terzo libro, questo, si addentra finalmente nella descrizione della chiave di decifrazione delle Centurie e, soprattutto, getta una prima luce, niente affatto marginale, sulla natura del messaggio di Nostradamus e sull’identità dei suoi destinatari.

Mettendo insieme i pezzi che sono riuscito a ricostruire, mi sono formato un’idea piuttosto precisa dell’intera “storia”. Una storia talmente straordinaria e incredibile da apparire assolutamente fantasiosa. Forse andrebbe raccontata nella forma di romanzo, per risultare accettabile. Ma io non sono un romanziere e, perciò, devo necessariamente attendere di essere in possesso di ulteriori elementi di prova, prima di renderla interamente disponibile.
Può essere che questo non sia necessario se, come spero, ci sarà chi mi precederà a pieno titolo. Il compimento del piano raccontato da Nostradamus porterebbe un po’ di ordine in un mondo ormai sull’orlo dell’abisso sotto ogni aspetto: umano, ambientale, economico, militare, religioso.
Il “Monarca universale”, al quale le Centurie sono dirette, non è un personaggio di fantasia o un individuo soprannaturale. E’ un uomo qualsiasi, come tutti noi, che crede nei principi di fratellanza e di solidarietà; un individuo dai principi “cavallereschi”, nel senso più nobile del termine; il protagonista dei nostri sogni, quando evochiamo un leader che incarni la giustizia e l’equità; un realizzatore di una unione tra popoli che non sia basata, come sta avvenendo adesso, sulle convenienze economiche e sui “complotti” tra poteri forti, più o meno occulti; uno spirito libero da personali egoismi, che dovrà agire secondo un disegno al cui completamento alcuni uomini particolarmente illuminati si sono preparati nel corso di molti secoli. Una organizzazione sinarchica è al centro della sua visione della struttura sociale.

I tempi sono maturi; troppo a lungo è durata l’attesa, ma le condizioni che ne impedivano l’arrivo sono ora venute meno. Così, almeno, risulta dal “vero racconto” delle Centurie per chi ha orecchie disposte ad ascoltare.

Nell’attesa, buona lettura.

Natale Lanza



[1] P.V. Piobb: Le secret de Nostradamus (Dangles – 1945)
[2] G. Beltikhine: Le secred des Prophéties dites de Nostradamus, leur origine templière. Un document chiffré (Genillard – 1956)
[3] R. Cambier: Nostradamus e il segreto dei Templari (Newton & Compton – 2004)

sabato 7 luglio 2012

Nostradamus e Einstein


Esiste un grande segreto, di portata inimmaginabile, che ha attraversato i secoli o, meglio, i millenni.

Quel segreto, apparentemente perduto, era a conoscenza di soggetti insospettabili. Chi avrebbe mai pensato che Einstein era uno di questi?

Trascrivo l’ultimo capitolo del mio prossimo libro “Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal”.

Come si sa già dal mio precedente libro “l’Anticristo di Nostradamus”, e come viene spiegato più a fondo nel mio nuovo libro, la chiave di decifrazione è nascosta in mezzo alle frasi in latino lasciate da Nostradamus.

Questa chiave è riepilogata, in grassetto, nell’ultimo capitolo che trascrivo di seguito. Basta metterla a confronto con ciò che dice “Einstein”, per capire che si sta parlando della stessa cosa.

IL SEGRETO DI NOSTRADAMUS

Quei lettori che hanno avuto la pazienza di seguire fino in fondo le mie considerazioni si saranno convinti, almeno lo spero, che tra le Centurie di Nostradamus è steso un filo conduttore che può essere afferrato solo se si ricorre al metodo cabalistico.
E’ attorno a questo filo che sono state costruite le Centurie, il “mondo” di Nostradamus, per usare la sua stessa terminologia, ordinate secondo una struttura legata alle frasi in latino sparse qua e là, in apparenza senza alcun criterio logico, nelle epistole indirizzate a Cesare Nostradamus e a Enrico II di Francia. Quelle frasi e le parole che le compongono vanno ovviamente riorganizzate secondo dei criteri numerici, nascosti nelle cronologie bibliche che Nostradamus espone, con grande rilevanza, nell’epistola a Enrico II di Francia.

L’assenza di questa consapevolezza e la conseguente adozione di un errato punto di vista sono state le cause principali, finora, del fallimento di tutti gli interpreti che, con grandi sforzi di fantasia, hanno immaginato tutti i collegamenti possibili, tranne l’unico giusto, per dare sfogo a delle rappresentazioni profetiche che, in realtà, sono estranee alla volontà di Nostradamus. Egli, infatti, non ha assolutamente inteso pubblicare una specie di diario degli eventi che si sarebbero verificati nei secoli: sarebbe stata un’iniziativa inutile e stupida, diretta solo a soddisfare la morbosa curiosità degli amanti dell’occulto, che credono ingenuamente di poter investigare il futuro grazie alla lettura di qualche verso.
Come si può ignorare l’incoerenza tra la banalità di una finalità del genere e la genialità dell’opera prodotta? Si può davvero concepire l’idea che un uomo eccezionale come Nostradamus abbia sacrificato la sua vita, spendendola nella composizione di versi incomprensibili, a beneficio della curiosità popolare? Quale dovrebbe essere stata l’utilità di un simile sacrificio?
Non è più verosimile ritenere, invece, che le profezie siano semplicemente un “sottoprodotto”, destinato all’unico interprete capace di leggere tra le righe, per rendere credibile il vero contenuto, il nucleo, l’essenza delle Centurie? Un contenuto inimmaginabile, che racchiude un segreto talmente straordinario da togliere ogni interesse perfino all’aspetto profetico che, appunto, viene relegato a un ruolo assolutamente secondario.
Un segreto dei tempi antichi, il padre di tutti i segreti, destinato ai posteri di Nostradamus, che solo al momento opportuno saranno in grado di valorizzarlo. Quel segreto che Dio rivelò ad Abramo dopo averne apprezzato la rettitudine[1]. Quel segreto per il quale gli stessi Cavalieri Templari si sono sacrificati, nella necessità di custodirlo fino a quando i tempi non fossero stati maturi. Quel segreto che, forse, è stato intuito da Albert Einstein, al quale viene attribuita un’affermazione che sintetizza efficacemente il “codice” delle Centurie:

Il mondo è stato creato con delle frasi, composte di parole, formate da lettere. Dietro queste ultime sono nascosti dei numeri, rappresentazione di una struttura, di una costruzione ove appaiono senza dubbio degli altri mondi; ed io voglio analizzarli e capirli, perché l’importante non è questo o quel fenomeno, ma il nucleo, la vera essenza dell’universo.

            Riconducendo questi concetti a Nostradamus,  sembra che perfino Einstein voglia confermarci che ciò che conta non è la scoperta dei singoli fenomeni (delle singole “profezie”, nel nostro caso), ma la ricerca del nucleo, costituito dalla vera essenza dell’universo: l’origine della creazione.

Chi può intendere intenda; gli altri continuino a dilettarsi con “l’interpretazione delle profezie”. Usando le stesse parole di Nostradamus, di ispirazione evangelica, si potrebbe dire:

Nolite sanctum dare canibus, nec mittatis margaritas ante porcos ne conculcent pedibus & conuersi dirumpant vos.[2]






[1] Sepher Yetzirah.
[2] Non date ai cani ciò che è santo, né offrite perle ai porci per evitare che le calpestino e, rivoltandosi contro di voi, vi dilanino.

martedì 3 luglio 2012

Nostradamus e la "particella di Dio"


Come anticipato, trascrivo un capitolo del mio nuovo libro "Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal". E' ovvio che, trattandosi di estrapolazione di un singolo capitolo, sono presenti dei termini che sono spiegati altrove nel libro, così come sono presenti affermazioni che trovano altrove la loro dimostrazione. Non mi sembra, comunque, che la comprensione globale ne venga pregiudicata.
Il testo è particolarmente attuale in questi giorni per via della scoperta dell'esistenza della "particella di Dio" da parte del Cern.

I NUMERI 137 E 138

Abbiamo già accennato al ruolo che la quartina VI,100, “Legis Cantio”, riveste all’interno delle Centurie: similmente al sesto Sephira, Tiphareth, anch’essa svolge un’attività di mediazione nella duplice natura di quartina ermetica e di faro nel processo di decifrazione.
Scopriremo adesso che il suo profondo significato cabalistico è testimoniato in maniera straordinaria anche dalle lettere che la compongono.
Prima di affrontare l’argomento, vediamo questa quartina nella sua stesura originale, tratta dall’edizione Antoine du Rosne (Lyon) del 1557:

Quos legent hosce versus maturè consunto,
Profanum vulgus, & inscium ne attrestato:
Omnesq Astrologi Blenni, Barbari procul sunto,
Qui aliter facit, is rite, sacér esto.

Anche se la questione è irrilevante ai fini del nostro studio, bisogna rendere onore alla verità, attribuendo la paternità dei versi a Pietro Baldi del Riccio, umanista vissuto a cavallo tra il XV e il XVI secolo. Nostradamus li ha ripresi quasi integralmente, modificando solo qualche parola, per adattarla alle sue esigenze crittografiche.

Conosciamo già le caratteristiche principali della quartina: essa ha un titolo, anziché un numero d’ordine, ed è scritta in latino. Quest’ultimo aspetto richiama immediatamente l’attenzione sulla particolarità delle frasi in latino dell’epistola a Cesare e di quella a Enrico II: la differenziazione dei caratteri tra le frasi stesse e il resto del testo.
Anche la Legis Cantio, come si vede, assume questa doppia rappresentazione, per indicare che le due parti devono essere trattate separatamente.

Il titolo, scritto a caratteri normali, è composto da 32 lettere; l’allusione ai 32 sentieri dell’Albero della Vita (i 10 Sephiroth e le 22 lettere alfabetiche) è evidente. Lo è di meno, invece, la differenziazione tra le 11 lettere maiuscole (“LEGIS CANTIO”) e le 21 lettere minuscole (“contra ineptos criticos”).
Dalla colonna del valore ridotto della tabella di Gematriah, rileviamo che i numeri 11 (2) e 21 (3) equivalgono, rispettivamente, alle lettere “M” e “N”: Nostradamus insiste con le rielaborazioni cabalistiche, riconducendo il titolo della quartina alle sue iniziali. Non si pensi che si tratti di giochetti inutili o di gesti di vanità; in realtà, con queste insistenze, egli intende richiamare l’attenzione dell’interprete sulla necessità di una lettura cabalistica dei versi veri e propri.
E’ con essi, infatti, che compie il suo capolavoro. Le lettere che li compongono sono 137, un numero che richiederebbe una trattazione separata, se dovesse essere analizzato nella sua complessità.
Sinteticamente, si può osservare che 137 è il numero gematrico della parola “Qabalah”[1]:

 = hei (5), lamed (30), beit (2), qof (100)[2]

5 + 30 + 2 + 100 = 137

Ancora una volta, quindi, Nostradamus conferma le basi cabalistiche del suo lavoro e, ancora una volta, si scopre che gli insuccessi delle ricerche plurisecolari sono da imputare essenzialmente all’incapacità di comprendere i principi fondamentali che hanno ispirato l’attività di codifica.

Eppure, la “Legis Cantio” non esaurisce qui la sua funzione. Nell’edizione Pierre Rigaud del 1566, essa cambia qualche dettaglio. Quello che ci interessa di più è l’aggiunta della consonante finale “s” alla parola Blenni, così da portare a 138 il numero delle lettere totali dei quattro versi.



Quos legent hosce versus maturè consunto,
Profanum vulgus & inscium ne attrectato,
Omnesq Astrologi Blennis, Barbari procul sunto,
Qui aliter facit, is ritè, sacer esto.

Non è certamente un caso se, nell’epistola a Enrico II, Nostradamus scrive:

Et icelle cité d’Achem sera environnée & assaillie de toute parts…

E quella città di Achem sarà circondata e assalita da ogni parte…

Appunto, la città di “Achem”, le cui prime lettere assumono il valore gematrico di 1-3-8 (le 138 lettere dei versi), che simboleggia una quartina particolare come la Legis Cantio, collocata al seicentesimo posto, nel bel mezzo (“circondata”) delle altre quartine “normali”.

Avendo paragonato la “Legis Cantio” a Tiphareth, mediatore tra i piani della forza e i piani della forma, il Dio manifesto, il Figlio di Kether, non ci stupiremo se il 138 rafforza il legame, essendo questo il numero cabalistico, nella tabella ebraica della Gematriah, dei vari appellativi con cui è stato designato il Messia:


- Germoglio:  = chet (8), mem (40), tsadi (90)
-     - Consolatore: = mem finale (40), chet (8), nun (50), mem (40)
-     - Figlio di Dio: = mem finale (40), yod (10), hei (5), lamed (30), aleph (1), nun finale (50), beit (2)

La lettura cabalistica ci spiega finalmente, dopo secoli di oscurità, che la “Legis Cantio”, lungi dall’essere l’invettiva che sembra, si rivela fulcro di tutte le Centurie; elemento di separazione tra le quartine che ricostruiscono la chiave di decifrazione e quelle che contengono il vero messaggio di Nostradamus;  fattore di mediazione, alla stregua di Tiphareth, tra il mondo delle idee (struttura organizzativa delle quartine) e il mondo della forma (messaggio segreto).

Ma c’è ancora  un significato più profondo che, attraverso il numero 137, accomuna Tiphareth e la “Legis Cantio” e che, attraverso il numero 138, getta su Nostradamus un alone di mistero enormemente più grande di quanto abbia finora goduto la sua figura di “profeta”.

Il numero 137 riveste un ruolo basilare nella fisica quantistica. Lo scienziato statunitense Leon Lederman, premio Nobel per la fisica nel 1988, nel libro “La particella di Dio” (Mondadori – 1996), riserva ad esso una grande attenzione.
Il fisico tedesco Werner Heisenberg, premio Nobel per la fisica nel 1932, considerato uno dei fondatori della meccanica quantistica, affermò una volta che tutti i problemi di questa scienza  sarebbero stati risolti non appena si fosse spiegato il significato di questo numero. Fino a oggi, nessuno ci è riuscito.
Ma cosa rappresenta il 137? Evitiamo, per evidenti ragioni, di addentrarci in considerazioni scientifiche e limitiamoci ad alcuni assunti di carattere generale che, eventualmente, possono essere approfonditi in testi adeguati.
L’universo è governato da alcune costanti. Una di queste è la “costante di struttura fine”, l’inverso del numero 137 (1/137), che rappresenta la probabilità che un elettrone possa emettere o assorbire un fotone. Se questa costante fosse anche di poco superiore o inferiore al suo valore, l'Universo, così come lo conosciamo, non potrebbe esistere. In termini semplici, e per quanto ci riguarda, la costante in questione definisce il legame che c’è tra l’energia e la materia. Stiamo parlando, come si sarà capito, della tanto discussa “particella di Dio”, la cui esistenza, se provata, spiegherebbe l’origine della massa.
Quindi, da un lato l’energia e dall’altro la materia; in mezzo, il numero 137, mediatore dell’atto creativo.
Esattamente come il Tiphareth della Cabala (Qabalah: valore gematrico 137), che separa i Sephiroth superiori della forza da quelli inferiori della materia; l’equivalente del Cristo della religione cristiana, partecipe della natura divina e di quella umana, “per mezzo del quale tutte le cose sono state create”, come recita la preghiera del “Credo”.
Esattamente come la “Legis Cantio”, di 137 lettere, che separa le quartine organizzative, quelle del mondo delle idee, dalle quartine della forma, che contengono il messaggio.

Costante di struttura fine, particella di Dio.
Particella: in ebraico= qof (100), lamed (30), chet (8). La somma dei tre numeri, rilevati dalla tabella ebraica della Gematriah, è 138, pari al numero delle lettere della “Legis Cantio”, nella edizione del 1566.

Se un indizio può essere una coincidenza, due indizi sono quasi una prova. E cos’è, allora, una serie di indizi? Viene spontaneo domandarsi se si può parlare ancora di coincidenze oppure se, come molti credono, la Cabala contenga un antico insegnamento scientifico andato perduto.

E Nostradamus? Conosceva il vero significato del numero 137, a parte l’equivalenza gematrica con la “Qabalah”? Ha voluto davvero richiamare l’attenzione sulla parola “particella”, attraverso il numero 138?  Legando alla Cabala la sua (falsa) data di nascita, l’inizio della sua vita, ha voluto semplicemente nascondere la chiave di lettura delle Centurie oppure ha voluto simbolicamente sottolineare il legame esistente tra la Cabala e l’origine dell’universo?
Se si accettasse una risposta affermativa a queste domande, allora bisognerebbe chiedersi chi sia stato realmente quest’uomo. Un uomo della cui nascita e della cui morte non c’è traccia nei documenti anagrafici della città in cui si presume sia nato e di quella nella quale, si dice, sia deceduto. Un uomo che non è nato il 14 dicembre 1503, come ha voluto far credere, e che non è morto il 2 luglio 1566, come riportano le cronache. Un uomo le cui iniziali, “M” e “N”, corrispondono rispettivamente ai valori gematrici ridotti “2” e “3”, che, letti all’inverso secondo lo stile ebraico, danno “32”, il numero dei sentieri dell’Albero della Vita.

A proposito! Le coppie di cromosomi del DNA umano, alla base della vita, sono esattamente 23, come il valore gematrico di “M.N.”; di queste, 22 (tante quante sono sia le lettere dell’alfabeto ebraico con cui Dio ha creato il mondo che le lettere che compongono le frasi in latino di Nostradamus) costituiscono le coppie di base (autosomi)  e una (eterosoma) è costituita dagli speciali cromosomi X (femminile) e Y (maschile), preposti alla procreazione.
Qualcuno ritiene che l’uomo sia stato creato androgino (con 22 coppie di cromosomi) e che solo successivamente abbia ricevuto una differenziazione sessuale, con l’aggiunta dei cromosomi X e Y.  La stessa Bibbia, in Genesi (1,27), dice che “Dio lo creò maschio e femmina”. E’ a questo che Nostradamus si riferisce nella quartina II,45?

Trop le ciel pleure l’Androgyn procrée,
Pres de ce ciel sang humain respandu,
Par mort trop tarde grand peuple recrée,
Tard & tost vient le secours attendu.

Troppo il cielo piange l’Androgino procreato,
Vicino a questo cielo sangue umano sparso,
Per morte troppo tardi gran popolo ricreato,
Tardi e presto verrà l’atteso aiuto.

Origine dell’universo e particella di Dio, sul piano macrocosmico; origine della vita umana e DNA, sul piano microcosmico. Forse non è una semplice casualità se le tracce lasciate da Nostradamus conducono a questi misteri, tenuto anche conto che la fonte di ispirazione è costituita, con la massima coerenza, dal Sepher Yetzirah, chiamato anche “Libro della creazione”. Così come non è una coincidenza che la creazione del primo uomo, l’origine dell’umanità, venga collocata da Nostradamus nel 4758 a.C.: un anno che scaturisce da una trasformazione cabalistica  della parola “Graal".


[1] Uno dei diversi modi di scrivere la parola “Cabala”.
[2] Da leggere procedendo verso sinistra.

lunedì 2 luglio 2012

Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal


E’ in preparazione il mio nuovo libro “Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal”.

Esso si differenzia nettamente dai due precedenti: “Il vero codice di Nostradamus” e “L’Anticristo di Nostradamus”.

Il primo aveva un obiettivo divulgativo di un nuovo modo di guardare alle Centurie. Pur senza scendere in una descrizione organica, forniva degli spunti idonei a documentare la presenza di un codice sottostante alle presunte profezie. Non potevo dire subito tutto; non per cattiva volontà o per reticenza, ma semplicemente perché è la stessa straordinarietà del processo a richiedere un approccio graduale.

Il secondo si proponeva l’obiettivo di sgombrare il campo dalle diffuse interpretazioni apocalittiche, che non solo assimilavano Nostradamus ai tanti ciarlatani che infestano la faccia della terra, ma distorcevano la visione corretta del suo messaggio. Prima di entrare nel merito e nella sostanza di quel messaggio, era necessario abituarsi al suo vero metodo di lavoro e alle sue tecniche di codifica.

Il terzo libro, questo, si addentra finalmente nella descrizione della chiave di decifrazione delle Centurie e, soprattutto, getta luce  sulla natura del messaggio di Nostradamus e sull’identità dei suoi destinatari.

Nei prossimi giorni pubblicherò uno dei capitoli fondamentali del libro, che, sono sicuro, non mancherà di intrigare gli amanti del mistero. Soprattutto quando essi scopriranno la vera natura del Graal, che Nostradamus “racconta” nelle sue Centurie: un segreto inimmaginabile, mai preso in considerazione per quello che è e che, proprio per la sua natura, rende comprensibile tutta la simbologia che, nei secoli, è stata costruita intorno a esso. Non è la coppa sacra, non è il ventre della Maddalena, non è l’arca dell’Alleanza; è molto di più e, soprattutto, è molto attuale.