Come anticipato, trascrivo un capitolo del mio nuovo libro "Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal". E' ovvio che, trattandosi di estrapolazione di un singolo capitolo, sono presenti dei termini che sono spiegati altrove nel libro, così come sono presenti affermazioni che trovano altrove la loro dimostrazione. Non mi sembra, comunque, che la comprensione globale ne venga pregiudicata.
Il testo è particolarmente attuale in questi giorni per via della scoperta dell'esistenza della "particella di Dio" da parte del Cern.
I NUMERI 137 E 138
Abbiamo
già accennato al ruolo che la quartina VI,100, “Legis Cantio”, riveste
all’interno delle Centurie: similmente al sesto Sephira, Tiphareth, anch’essa
svolge un’attività di mediazione nella duplice natura di quartina ermetica e di
faro nel processo di decifrazione.
Scopriremo
adesso che il suo profondo significato cabalistico è testimoniato in maniera
straordinaria anche dalle lettere che la compongono.
Prima
di affrontare l’argomento, vediamo questa quartina nella sua stesura originale,
tratta dall’edizione Antoine du Rosne (Lyon) del 1557:
Quos
legent hosce versus maturè consunto,
Profanum
vulgus, & inscium ne attrestato:
Omnesq
Astrologi Blenni, Barbari procul sunto,
Qui
aliter facit, is rite, sacér esto.
Anche
se la questione è irrilevante ai fini del nostro studio, bisogna rendere onore
alla verità, attribuendo la paternità dei versi a Pietro Baldi del Riccio,
umanista vissuto a cavallo tra il XV e il XVI secolo. Nostradamus li ha ripresi
quasi integralmente, modificando solo qualche parola, per adattarla alle sue
esigenze crittografiche.
Conosciamo
già le caratteristiche principali della quartina: essa ha un titolo, anziché un
numero d’ordine, ed è scritta in latino. Quest’ultimo aspetto richiama
immediatamente l’attenzione sulla particolarità delle frasi in latino
dell’epistola a Cesare e di quella a Enrico II: la differenziazione dei
caratteri tra le frasi stesse e il resto del testo.
Anche
la Legis Cantio, come si vede, assume questa doppia rappresentazione, per
indicare che le due parti devono essere trattate separatamente.
Il
titolo, scritto a caratteri normali, è composto da 32 lettere; l’allusione ai
32 sentieri dell’Albero della Vita (i 10 Sephiroth e le 22 lettere alfabetiche)
è evidente. Lo è di meno, invece, la differenziazione tra le 11 lettere
maiuscole (“LEGIS CANTIO”) e le 21 lettere minuscole (“contra ineptos
criticos”).
Dalla
colonna del valore ridotto della tabella di Gematriah, rileviamo che i numeri
11 (2) e 21 (3) equivalgono, rispettivamente, alle lettere “M” e “N”: Nostradamus
insiste con le rielaborazioni cabalistiche, riconducendo il titolo della
quartina alle sue iniziali. Non si pensi che si tratti di giochetti inutili o
di gesti di vanità; in realtà, con queste insistenze, egli intende richiamare
l’attenzione dell’interprete sulla necessità di una lettura cabalistica dei
versi veri e propri.
E’
con essi, infatti, che compie il suo capolavoro. Le lettere che li compongono
sono 137, un numero che richiederebbe una trattazione separata, se dovesse
essere analizzato nella sua complessità.
Sinteticamente,
si può osservare che 137 è il numero gematrico della parola “Qabalah”[1]:
= hei (5), lamed (30), beit (2), qof (100)[2]
5 + 30 + 2 + 100 = 137
Ancora
una volta, quindi, Nostradamus conferma le basi cabalistiche del suo lavoro e,
ancora una volta, si scopre che gli insuccessi delle ricerche plurisecolari
sono da imputare essenzialmente all’incapacità di comprendere i principi
fondamentali che hanno ispirato l’attività di codifica.
Eppure,
la “Legis Cantio” non esaurisce qui la sua funzione. Nell’edizione Pierre
Rigaud del 1566, essa cambia qualche dettaglio. Quello che ci interessa di più
è l’aggiunta della consonante finale “s” alla parola Blenni, così da portare a
138 il numero delle lettere totali dei quattro versi.
Quos
legent hosce versus maturè consunto,
Profanum vulgus & inscium ne attrectato,
Omnesq
Astrologi Blennis, Barbari procul sunto,
Qui
aliter facit, is ritè, sacer esto.
Non
è certamente un caso se, nell’epistola a Enrico II, Nostradamus scrive:
Et icelle cité d’Achem sera environnée & assaillie de toute parts…
E quella città di
Achem sarà circondata e assalita da ogni parte…
Appunto,
la città di “Achem”, le cui prime lettere assumono il valore gematrico di 1-3-8
(le 138 lettere dei versi), che simboleggia una quartina particolare come la
Legis Cantio, collocata al seicentesimo posto, nel bel mezzo (“circondata”)
delle altre quartine “normali”.
Avendo
paragonato la “Legis Cantio” a Tiphareth, mediatore tra i piani della forza e i
piani della forma, il Dio manifesto, il Figlio di Kether, non ci stupiremo se
il 138 rafforza il legame, essendo questo il numero cabalistico, nella tabella
ebraica della Gematriah, dei vari appellativi con cui è stato designato il
Messia:
- Germoglio: = chet (8), mem (40), tsadi (90)
- - Figlio di Dio: = mem finale (40), yod (10), hei (5), lamed (30), aleph (1), nun finale (50), beit (2)
La
lettura cabalistica ci spiega finalmente, dopo secoli di oscurità, che la
“Legis Cantio”, lungi dall’essere l’invettiva che sembra, si rivela fulcro di
tutte le Centurie; elemento di separazione tra le quartine che ricostruiscono
la chiave di decifrazione e quelle che contengono il vero messaggio di
Nostradamus; fattore di mediazione,
alla stregua di Tiphareth, tra il mondo delle idee (struttura organizzativa
delle quartine) e il mondo della forma (messaggio segreto).
Ma
c’è ancora un significato più profondo
che, attraverso il numero 137, accomuna Tiphareth e la “Legis Cantio” e che,
attraverso il numero 138, getta su Nostradamus un alone di mistero enormemente
più grande di quanto abbia finora goduto la sua figura di “profeta”.
Il
numero 137 riveste un ruolo basilare nella fisica quantistica. Lo scienziato
statunitense Leon Lederman, premio Nobel per la fisica nel 1988, nel libro “La
particella di Dio” (Mondadori – 1996), riserva ad esso una grande attenzione.
Il
fisico tedesco Werner Heisenberg, premio Nobel per la fisica nel 1932,
considerato uno dei fondatori della meccanica quantistica, affermò una volta
che tutti i problemi di questa scienza
sarebbero stati risolti non appena si fosse spiegato il significato di
questo numero. Fino a oggi, nessuno ci è riuscito.
Ma
cosa rappresenta il 137? Evitiamo, per evidenti ragioni, di addentrarci in
considerazioni scientifiche e limitiamoci ad alcuni assunti di carattere
generale che, eventualmente, possono essere approfonditi in testi adeguati.
L’universo
è governato da alcune costanti. Una di queste è la “costante di struttura
fine”, l’inverso del numero 137 (1/137), che rappresenta la probabilità che un
elettrone possa emettere o assorbire un fotone. Se questa
costante fosse anche di poco superiore o inferiore al suo valore, l'Universo,
così come lo conosciamo, non potrebbe esistere. In termini semplici, e per quanto ci riguarda, la costante in
questione definisce il legame che c’è tra l’energia e la materia. Stiamo
parlando, come si sarà capito, della tanto discussa “particella di Dio”, la cui
esistenza, se provata, spiegherebbe l’origine della massa.
Quindi,
da un lato l’energia e dall’altro la materia; in mezzo, il numero 137,
mediatore dell’atto creativo.
Esattamente
come il Tiphareth della Cabala (Qabalah: valore gematrico 137), che separa i
Sephiroth superiori della forza da quelli inferiori della materia;
l’equivalente del Cristo della religione cristiana, partecipe della natura
divina e di quella umana, “per mezzo del quale tutte le cose sono state
create”, come recita la preghiera del “Credo”.
Esattamente
come la “Legis Cantio”, di 137 lettere, che separa le quartine organizzative,
quelle del mondo delle idee, dalle quartine della forma, che contengono il
messaggio.
Costante di struttura fine, particella di Dio.
Particella: in ebraico= qof (100), lamed (30), chet (8). La somma dei tre numeri, rilevati dalla tabella ebraica della Gematriah, è 138, pari al numero delle lettere della “Legis Cantio”, nella edizione del 1566.
Se un indizio può essere una coincidenza, due
indizi sono quasi una prova. E cos’è, allora, una serie di indizi? Viene
spontaneo domandarsi se si può parlare ancora di coincidenze oppure se, come
molti credono, la Cabala contenga un antico insegnamento scientifico andato
perduto.
E Nostradamus? Conosceva il vero significato del
numero 137, a parte l’equivalenza gematrica con la “Qabalah”? Ha voluto
davvero richiamare l’attenzione sulla parola “particella”, attraverso il numero
138? Legando alla Cabala la sua (falsa)
data di nascita, l’inizio della sua vita, ha voluto semplicemente nascondere la
chiave di lettura delle Centurie oppure ha voluto simbolicamente sottolineare
il legame esistente tra la Cabala e l’origine dell’universo?
Se si accettasse una risposta affermativa a queste
domande, allora bisognerebbe chiedersi chi sia stato realmente quest’uomo. Un
uomo della cui nascita e della cui morte non c’è traccia nei documenti
anagrafici della città in cui si presume sia nato e di quella nella quale, si
dice, sia deceduto. Un uomo che non è nato il 14 dicembre 1503, come ha voluto
far credere, e che non è morto il 2 luglio 1566, come riportano le cronache. Un
uomo le cui iniziali, “M” e “N”, corrispondono rispettivamente ai valori gematrici
ridotti “2” e “3”, che, letti all’inverso secondo lo stile ebraico, danno “32”,
il numero dei sentieri dell’Albero della Vita.
A proposito! Le coppie di cromosomi del DNA umano,
alla base della vita, sono esattamente 23, come il valore gematrico di “M.N.”;
di queste, 22 (tante quante sono sia le lettere dell’alfabeto ebraico con cui
Dio ha creato il mondo che le lettere che compongono le frasi in latino di
Nostradamus) costituiscono le coppie di base (autosomi) e una (eterosoma) è costituita dagli speciali
cromosomi X (femminile) e Y (maschile), preposti alla procreazione.
Qualcuno ritiene che l’uomo sia stato creato
androgino (con 22 coppie di cromosomi) e che solo successivamente abbia
ricevuto una differenziazione sessuale, con l’aggiunta dei cromosomi X e
Y. La stessa Bibbia, in Genesi (1,27),
dice che “Dio lo creò maschio e femmina”. E’ a questo che Nostradamus si
riferisce nella quartina II,45?
Trop le ciel pleure
l’Androgyn procrée,
Pres de ce ciel sang
humain respandu,
Par mort trop tarde grand
peuple recrée,
Tard & tost vient
le secours attendu.
Troppo il cielo piange l’Androgino procreato,
Vicino a questo cielo sangue umano sparso,
Per morte troppo tardi gran popolo ricreato,
Tardi e presto verrà l’atteso aiuto.
Origine dell’universo e particella
di Dio, sul piano macrocosmico; origine della vita umana e DNA, sul piano
microcosmico. Forse non è una semplice casualità se le tracce lasciate da
Nostradamus conducono a questi misteri, tenuto anche conto che la fonte di
ispirazione è costituita, con la massima coerenza, dal Sepher Yetzirah,
chiamato anche “Libro della creazione”. Così come non è una
coincidenza che la creazione del primo uomo, l’origine dell’umanità, venga
collocata da Nostradamus nel 4758 a.C.: un anno che scaturisce da una trasformazione
cabalistica della parola “Graal".
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