Tecniche di Nostradamus

venerdì 29 agosto 2014

Vaticinia di Nostradamus (seguito)

Giunti a questo punto, non dovrebbero più sussistere dubbi sulla necessità di una riconsiderazione meno fantasiosa del contenuto dei tanto strombazzati “Vaticinia di Nostradamus” che, per un maggiore effetto suggestivo, sono anche stati chiamati “Libro perduto di Nostradamus”.

Il fatto è che non è mai stato perduto alcun libro di Nostradamus. Pignolo fino alla pedanteria, egli ha indicato nelle sue epistole e nelle centurie le opere che ha composto, una per una.
E comunque, non si capisce perché gli si debbano attribuire delle ben note profezie illustrate che, come ho dimostrato, sono state più volte copiate da una ricca produzione preesistente.
Come mai proprio le immagini del “libro perduto” (una replica in mezzo a tante) dovrebbero essere qualificate come profezie di Nostradamus? Cosa hanno di speciale? Com’è nata questa balzana idea?

La risposta è tanto semplice quanto sprovveduta: perché così, credono alcuni, è attestato nel primo foglio del manoscritto; e anche perché, credono sempre gli stessi, il manoscritto è stato donato al Cardinale Barberini da Cesare Nostredame, figlio di Nostradamus.

Ma perché certi amanti del mistero preferiscono fidarsi delle dicerie, anziché verificare coi propri occhi? Questo è il vero mistero, altro che Nostradamus!

Per loro ho una cattiva notizia, anzi quattro. Le enuncio, prima di andarle ad esaminare una per una:

1)  L’attestazione del primo foglio non è affatto testimonianza della vera paternità del manoscritto, ma solo un’opinione di chi ha scritto proprio quel foglio, estraneo ai disegni.
2)    Il primo foglio è un’aggiunta posticcia, scritta dopo il 1689, mentre Nostradamus è morto nel 1566; è come se io prendessi il “Codice da Vinci” e vi attaccassi un appunto nel quale annoto che è stato scritto da Alessandro Manzoni, aspettandomi che qualcuno ci creda.
3)     Nell’ultimo disegno viene attestato che il manoscritto è stato realizzato nel 1343, cioè due secoli prima di Nostradamus. Vera o falsa che sia, perché nessuno cita mai questa informazione?
4)     E’ infondata la convinzione che i disegni siano stati donati al cardinale Barberini da Cesare, figlio di Nostradamus. Anzi, l’ultimo foglio del manoscritto attesta che il dono è stato fatto da un certo abate Cino Beroaldo, dell’abbazia di Corazzo (Catanzaro), nel 1629. Stando a questa annotazione, il manoscritto esisteva già da almeno 60 anni prima della redazione del primo foglio, scritto dopo il 1689.

Ahhh… dimenticavo. Le analisi chimiche dell’inchiostro e dei colori hanno dimostrato che il manoscritto è stato realizzato tra il 1750 ed il 1850. Di conseguenza, le datazioni di cui ai punti 3 e 4 hanno il solo scopo di conferire al documento una falsa impronta di antichità.
Questo taglia la testa al toro e dovremmo chiudere qui. Però, fingiamo di non conoscere il periodo della vera realizzazione dei disegni e proseguiamo come se nulla fosse, verificando le incongruenze dei quattro punti elencati.

…segue…

martedì 26 agosto 2014

Graal: storia e mito (14)

Seguendo la traccia di un Graal inteso come esperienza spirituale, si pone il problema di definire il ruolo svolto dalla coppa, nella duplice veste di simbolo e di oggetto fisico.
La questione, apparentemente complessa, si semplifica se ripercorriamo velocemente l’evoluzione nel tempo della leggenda.
Da epoche immemorabili i popoli si trasmettono sotto varie forme e narrazioni il mistero della parola perduta, della riconciliazione dell’essere umano con il suo Sé superiore, dell’unione con il divino.
Tra il XII ed il XIII secolo questi racconti convergono sul mito del Graal, ricorrendo alla rappresentazione simbolica del piatto (Chrétien de Troyes), della pietra (Wolfram von Eschenbach), del vaso (Robert de Boron). Di fatto, spostano gradualmente l’accento da un percorso iniziatico pagano ad uno cristiano, nell’ambito del quale assume rilievo il “vaso” (coppa) che ha raccolto il sangue di Cristo.

La coppa dunque è soltanto una forma, l’ultima, assunta dalla versione cristiana della leggenda. In una specie di gioco enigmistico di associazione delle parole, la coppa evoca il sangue di Cristo, che viene versato per la salvezza dell’uomo, la quale consiste nella vita eterna ovvero, nei riti iniziatici, nella pienezza spirituale del Graal.

Per la verità, nessuno può escludere con assoluta certezza l’esistenza materiale del sacro calice. Ciò che conta nella nostra disamina, però, non è il calice in sé, ma il valore simbolico che esso assume come contenitore del sangue del Salvatore, nella sua forma reale dopo la crocifissione e come vino nel corso dell’ultima cena.
Al riguardo non deve sfuggire l’analoga tradizione, comune a molte culture e particolarmente accentuata in quella ebraica, che individua nel sangue la sede della vita. Perciò, il contenitore del sangue, la coppa, altro non rappresenterebbe se non il corpo umano, il “tempio dello Spirito”*, che viene sublimato dall’esperienza del Graal. Questa interpretazione del ruolo della coppa permetterebbe di trascendere le specificità della religione cristiana.

Da quanto detto, risulta chiaro che solo sul piano dei simboli il Graal cristiano può convivere con quello non cristiano; insistere sull’identificazione del Graal con la coppa “materiale” dell’ultima cena significherebbe negare la versione non cristiana della leggenda alla quale, anzi, si fa risalire l’origine del mito.
Il medesimo concetto vale anche all’interno della visione cristiana, che solo grazie al simbolismo ci evita di fare i conti con una moltitudine di coppe leggendarie, in competizione tra di loro: ad esempio, per citarne due, quella di Valencia e quella di Giuseppe di Arimatea del romanzo di Boron.

Similmente, non bisogna commettere l’errore di credere che l’evoluzione romanzata del Graal coincida con l’effettivo subentro del mito cristiano a quello pagano: Boron ha semplicemente formalizzato una vecchia tradizione. Infatti, il culto del sacro calice era diffuso da molto tempo prima della nascita dei racconti sul “Graal”, come è testimoniato da San Donato che, già nel VI secolo, accenna alla leggenda di San Lorenzo.

Le dottrine iniziatiche di salvezza (da non confondere con i riti religiosi) hanno sempre avuto contenuti diversi, mai esclusivi, in relazione al tempo, ai luoghi e alle tradizioni. I tre principali narratori di nostro riferimento segnano solo il momento della nascita letteraria delle vicende del Graal nelle sue varie versioni,  nell’ambito di un particolare clima maturato in un determinato contesto storico e culturale dell’Europa. E’ probabile che alla diffusione ed alla rielaborazione di questo clima abbiano concorso i Cavalieri Templari, importando in Occidente il loro contributo di conoscenza delle dottrine sapienziali mediorientali.

Diversamente da quanto viene comunemente fatto credere da un certo tipo di letteratura improvvisata, soprattutto recente, proprio nelle forme di convivenza dei vari aspetti del Graal e nelle loro diverse modalità evolutive risiede il vero mistero della leggenda, il cui carattere universale trova nel percorso iniziatico interiore il vero fattore comune a tutte le formulazioni. Al di fuori di questa visione prevalgono confusione e contraddizione, quando non vere e proprie speculazioni letterarie.

…segue---


* 1 Corinzi 6,19.

venerdì 22 agosto 2014

Vaticinia di Nostradamus (seguito)

Per dimostrare che i cosiddetti “Vaticinia di Nostradamus” non sono un’opera originale, potrei continuare con altre immagini, ma non credo sia il caso di insistere ancora.  Tuttavia, prima di concludere questa fase di analisi dei disegni per passare ad altri aspetti del manoscritto, vorrei condividere un'altra “piccola” scoperta.
Tra i vaticinia di Nostradamus c’è l’immagine di un vecchio che tiene un libro aperto in mano. Il documentario di History Channel, per imprecisati motivi, l’associa alla venuta dell’anticristo, che (non trasecolate per la straordinaria novità) sarebbe “un maschio”, in barba alla parità di genere.
Per la verità, a me sembra che nessuno abbia mai pensato a lui come a una femmina; la novità, perciò, non sta nel fatto che sarebbe un maschio, ma nel fatto che sia stato avvertito il bisogno di precisarlo. Secondo il filmato di History Channel, infatti, l’artista dei vaticinia lo scrive a chiare lettere: nell’immagine del libro mostrato dal vecchio, dice sempre il filmato, si leggerebbero le parole inglesi “one male”, cioè “un maschio”. Non so perché proprio in inglese ma, così come non ci viene spiegato perché questa immagine dovrebbe riferirsi all'anticristo, ugualmente non ci viene detto perché mai Nostradamus avrebbe dovuto scrivere in inglese. 


Non si scoraggino le donne; ammesso che questa immagine preannunci veramente l’anticristo (spero si colga l’ironia… eh… non penserete che dica sul serio), non tutte le loro speranze sono perdute. Infatti, se si guarda meglio, l’immagine non dice affatto “one male”, ma “che male”. Per capirlo, purtroppo, sarebbe opportuna un’impresa straordinaria, lunare, che History Channel e i suoi intervistati si sono ben guardati dal fare. O forse l’hanno fatta, ma si sono ben guardati dal dirlo, altrimenti sarebbe crollata la loro ricostruzione.
Immaginate un po’! Bisognerebbe ingrandire l’immagine, magari eliminando quel po’ po’ di buio di contorno, inesistente in originale, che  rende illeggibili le vere parole alle quali, per accrescere la confusione, viene sovrapposta la grande scritta in bianco “one male”! 

Per la verità, credetemi sulla parola, non ci sarebbe neanche bisogno di alcun ingrandimento. L’originale, che ho avuto la buona sorte di visionare personalmente, è talmente nitido che si legge perfino meglio dell’ingrandimento al computer.
 Il testo, scritto in italiano e non in inglese, contiene nelle varie righe le parole “con qual…”, “altrimen…”, “che male” (e non “one male”), “fatti di”, “io sono”. L’idea che l’artista suggerisce è di una mezza pagina alla quale manca l’altra mezza e non quella di un anticristo di sesso maschile.

Ecco l’immagine ingrandita, senza buio e senza sovrascritte. Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio, soprattutto quando c'è di mezzo un prodotto mediatico commerciale. Giudicate da soli.



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martedì 19 agosto 2014

Graal: storia e mito (13)

Secondo un’antica tradizione, la coppa dell’ultima cena venne portata da San Pietro a Roma ove, in seguito, finì nelle mani di Sisto II che, a sua volta, la donò a San Lorenzo. Quest’ultimo la consegnò a un certo Precelio perché la portasse a Huesca, in Aragona, sua città natale.
Qui o in altra area dei Pirenei, l’oggetto rimase nascosto per molto tempo fin quando, nel 1399, sarebbe stato donato dai monaci di San Juan de la Peña al re Martino I di Aragona. Nel 1437 il re Alfonso V di Aragona avrebbe dato in pegno la coppa alla cattedrale di Valencia, in cambio di una somma di denaro. In quella cattedrale la si può ammirare ancora oggi:


Naturalmente, il presunto sacro calice è solo la coppa della parte superiore, mentre la struttura di sostegno è stata aggiunta dai suoi custodi.

Che quella appena narrata sia o no la vera storia di “questa” particolare coppa è poco importante. Può essere più interessante rilevare, invece, che esiste un’altra reliquia che collega San Lorenzo al sacro Graal.

A Genova, nel Museo del tesoro della Cattedrale di San Lorenzo, è custodito un vaso esagonale di colore verde che, per qualche tempo, si è ritenuto essere di smeraldo intagliato (in realtà si tratta di cristallo). Questa variante del Graal, nota come “sacro catino”, sarebbe il piatto dell’ultima cena di Gesù portato a Genova dai soldati della prima Crociata, dopo la presa di Cesarea (1101 d.C.).


Non può sfuggire, ovviamente, il legame tra il presunto smeraldo di cui è fatto il “sacro catino” e la versione del Graal costruito con l’intaglio di una pietra preziosa, dal nome di Lapsit exillis, caduta dalla corona di Lucifero.  
Nel caso del Graal genovese non esiste alcuna leggenda specifica che riguardi San Lorenzo, ma è significativo il fatto che il “sacro catino” sia custodito nella Cattedrale a lui consacrata, a dimostrazione che, a prescindere dalle varianti, il sottofondo sembra avere una base consolidata che ruota proprio intorno alla figura del Santo.

…segue…

sabato 16 agosto 2014

Vaticinia di Nostradamus (seguito)

Da un esame diretto e obiettivo del manoscritto, svincolato dalla suggestione di una fantasiosa narrazione popolare, i “Vaticinia di Nostradamus” appaiono subito come un album di figurine stropicciate, una collezione di vecchie immagini che hanno già fatto la loro storia. Quella dei soldati che uccidono dei preti davanti alle mura di una città, per esempio, viene correntemente interpretata (e History Channel se ne fa portavoce) come una previsione di Nostradamus su un papa futuro che scappa da Roma, tra il massacro dei suoi prelati. Il DVD, realizzato quando Benedetto XVI era ancora in carica, fa esplicito riferimento a lui o a un papa nero.



Tuttavia, se confrontiamo l’immagine precedente con quella che segue, scopriamo che chiunque l’abbia disegnata l’ha semplicemente copiata, unitamente alle altre, da un libro antico, scritto quando Nostradamus non era ancora nato. La vignetta ha una sua storia e una sua spiegazione, ma ovviamente non è possibile saltare sempre di ramo in ramo. A me basta mostrare ancora una volta la gigantesca “manipolazione” che è stata fatta di alcuni disegni antichi, spacciati come “Vaticinia di Nostradamus”.


…segue…

martedì 12 agosto 2014

Graal: storia e mito (12)

La storia di San Lorenzo è strettamente legata al Sacro Graal. Per la verità, la leggenda parla più propriamente di “coppa” o “calice” dell’ultima cena di Gesù, ma solo perché il termine “Graal” è stato coniato molti secoli dopo la vita del Santo.

Tutti sanno quanto sia diffusa la tradizione che identifica il Graal con la coppa dell’ultima cena. Perciò, potrebbe sembrare che la tesi della “coppa” sconfessi quella portata avanti finora, relativa alla natura puramente spirituale del misterioso Graal, che altro non sarebbe se non l’iniziazione alla parola perduta, svincolata da specifiche connotazioni religiose. La contraddizione invece è solo apparente, se nella coppa ravvisiamo semplicemente una rappresentazione simbolica di un insegnamento occulto. Vedremo in seguito perché proprio una coppa; intanto, più in generale, ricordo la prassi secondo cui, nelle dottrine esoteriche, oggetti concreti vengono prospettati in sostituzione di insegnamenti segreti.
Lo scopo è duplice: da un lato, ingannare i non iniziati, dirottandoli su false piste; dall’altro, l’utilizzo dei simboli è molto più efficace nel costringere l’adepto ad afferrare istantaneamente ed intuitivamente il concetto di fondo nella sua globalità, piuttosto che in maniera lineare e razionale, coi limiti di cui si è detto qualche post fa: un po’ come avviene con i paradossi “zen”.

Per comodità espositiva, proseguiamo temporaneamente con la trattazione del Graal inteso come coppa fisica, salvo poi ricondurre tutto alla tesi originaria del Graal spirituale.

Il punto di partenza, come già detto, è stato un mosaico realizzato sul pavimento della Basilica di San Lorenzo fuori le mura, a Roma. Questo:



Vi si vedono una coppa e due salamandre. Non è certamente senza significato se proprio nella Basilica di San Lorenzo è presente questo strano disegno che, come vedremo, nasconde strettissime relazioni con il Santo.

Cominciamo con la coppa, posta nella parte centrale inferiore del mosaico.

…segue…

venerdì 8 agosto 2014

Papi e vaticinia (seguito)


Completato questo scorcio della storia dei pontefici e prima di proseguire su altri aspetti dei “Vaticinia di Nostradamus”, è doveroso esprimere alcuni riconoscimenti.

Il tono semplice e a volte scanzonato adottato nel racconto dai papi non tragga in inganno. Infatti, anche se ho tentato (non so con quale risultato) di rendere leggera e gradevole una storia altrimenti arida ed ingarbugliata, posso assicurare che le ricerche bibliografiche sono state scrupolose ed impegnative, essendosi rivelato inadeguato il semplice ricorso alle fonti della rete internet, soprattutto in relazione agli aspetti iconografici.
Proprio la difficile reperibilità delle informazioni iconografiche ha agevolato, in passato, l’infondata e fantasiosa attribuzione a Nostradamus dei vaticinia, non solo ingiustificata sotto il profilo storico ed artistico, ma perfino contraddetta dalle stesse indicazioni contenute nel manoscritto e delle quali parleremo più avanti.

Mi astengo dal riproporre l’ampia bibliografia sulla vita dei papi, per la quale rimando all’apposita sezione del mio libro “Malachia: La profezia dei papi”.

Non posso invece far passare sotto silenzio uno speciale ed esplicito riconoscimento a Jean Raspail, autore del romanzo-inchiesta “L’anneau du pêcheur”, assolutamente perfetto nella narrazione storica[1] relativa al periodo pontificale trattato in questo blog e, in particolare, per le vicende di Benedetto XIII. Ho scoperto, a testimonianza della stima di cui gode il Raspail, che anche altri autori di comprovata serietà hanno attinto a piene mani al suo libro, come a un documento piuttosto che come a un romanzo.

Per quanto riguarda l’iconografia, un grande apprezzamento va al sintetico ma efficace Robert Lerner (Le origini delle profezie papali), alla fondamentale Martha Fleming (The late medieval pope prophecies), all’insuperabile Hélène Millet (Il libro delle immagini dei papi), alla versatile Paola Guerrini (Propaganda politica e profezie figurate nel tardo medioevo).

Ricerche accurate sono state effettuate sul materiale iconografico messo a disposizione per la consultazione on line da numerose biblioteche di tutto il mondo salvo, con qualche sporadica eccezione, che da quelle italiane: nessuna meraviglia! Al riguardo, uno speciale e grato ringraziamento va alla Biblioteca comunale dell’Archiginnasio di Bologna, anche per aver effettuato per mio conto una ricerca di grande importanza.

Un ultimo ma non meno sentito grazie va infine all’amico Simone Leoni, che mi ha aiutato ad affrontare alcune incredibili circostanze presentatesi nel corso delle indagini sui vaticinia.

Esaurita così la trattazione delle immagini sul papato, l’argomento proseguirà sotto il più generico benché inappropriato titolo di “Vaticinia di Nostradamus”, anziché “Papi e vaticinia”.

…segue…


[1] Non altrettanto, purtroppo, si può dire della traduzione italiana.

lunedì 4 agosto 2014

La macchina di Antichitera

Ieri sera, su AXN Sci-fi, ho visto il film “Stonehenge Apocalypse”: riguarda un sistema di energie elettromagnetiche in grado di distruggere e ricostruire il mondo. La chiave di tutto è la famosa “macchina di Antichitera”, da molti ritenuta un oggetto fuori dal tempo (OOPart = out of place artifacts).



Ho letto in giro dei commenti negativi sul film, ma devo dire che a me è piaciuto parecchio sotto il profilo narrativo. Sotto il profilo scientifico, invece, fa acqua da tutte le parti.

La macchina di Antichitera, per esempio, viene datata a milioni di anni addietro, mentre in realtà risale a un centinaio di anni prima di Cristo.
Viene detto che viene custodita in un Museo di New York, mentre è custodita nel Museo di Atene.
Viene detto che essa è la chiave di funzionamento delle linee di energia elettromagnetiche che avvolgono il mondo, mentre ormai si sa perfettamente che è un antico astrolabio, usato per conoscere le posizioni del Sole e della Luna.

Perché dico tutto questo? Perché sono un amante dei misteri, ma solo nel senso che mi piace scoprirli e risolverli con serietà e rigore. Questa condotta, come ben sanno i lettori di questo blog e dei miei libri, ha ispirato ed ispira tuttora le mie ricerche su Nostradamus, su Malachia, sui Vaticinia, sul Graal e così via.

Non sono assolutamente uno di quelli che negano il lato misterioso dell’esistenza e che si battono per confutarlo. Sono invece uno di quelli che amano scoprire cosa c’è dietro alle cose incomprese.
Così, negare le profezie di Nostradamus non significa negare un “effetto Nostradamus”, ma semplicemente spostare il piano della ricerca da un livello profetico ad uno storico, altrettanto misterioso; negare le profezie di Malachia non significa negare la previsione dell’ordine di successione dei Papi, ma semplicemente portare alla luce il vero messaggio, altrettanto esoterico, che l’autore dei motti ha voluto nascondere dietro le sue profezie; negare il valore profetico dei “Vaticinia di Nostradamus” non significa negare il carattere culturale di quei disegni, ma semplicemente sottrarli all’effetto sensazionalistico da “fine del mondo”, per ricondurli al vero sottofondo politico-propagandistico medioevale che li ha generati; negare il Graal come oggetto fisico non significa negare il fenomeno, ma ricondurlo a quello che, a torto o ragione, ritengo sia stato lo sfondo dottrinale che ha prodotto la leggenda.

Così è per la macchina di Antichitera. Ci sono molte domande che si potrebbero porre su di essa. E’ però ingenuo e puerile rifugiarsi nelle OOPart, a scapito della verità, solo perché le OOPart evocano alieni di altri mondi e generazioni di umani progrediti che ci hanno preceduti. Queste cose non si possono escludere per pregiudizio, ma non si possono neanche accettare solo perché piacerebbe farlo o per alimentare le nostre esigenze insoddisfatte di ignoto. Da questa distinzione nasce la differenza tra un ricercatore, che si sforza di avvicinare la verità, e uno scrittore di fantascienza, che fa di tutto per allontanarla.

sabato 2 agosto 2014

Graal: storia e mito (11)

Dopo l’excursus sul Graal, dobbiamo spiegarne il legame con San Lorenzo, ricordando che lo spunto iniziale è stato fornito da un particolare mosaico, mostratomi dall’amico Simone Leoni sul pavimento della Basilica romana di San Lorenzo Fuori le Mura.
Partendo da questo mosaico e dopo una breve ricerca, ho scoperto che qualche anno fa l’archeologo Alfredo Barbagallo ha avanzato l’ipotesi che proprio nelle catacombe di Santa Ciriaca, sotto la Basilica di San Lorenzo, si trovi nascosto il mitico sacro oggetto.
A mio parere, questa convinzione scaturisce sì da una corretta associazione del Graal a San Lorenzo, ma anche da una errata interpretazione della leggenda che lo riguarda, che parla solo apparentemente di un oggetto fisico, mentre in realtà si riferisce al Graal mistico e immateriale del quale abbiamo trattato finora.

Per spiegare il mio punto di vista procediamo con ordine, cominciando con la scarna biografia disponibile sul Santo.
Nacque nel 225 ad Huesca, alle falde dei Pirenei aragonesi, area ai confini dell’Occitania ove in seguito si è sviluppata l’eresia catara. Le notizie sulla sua vita sono scarse e quelle sulla sua morte sono contraddittorie e leggendarie.
Fece gli studi umanistici e teologici a Saragozza, ove conobbe il futuro papa Sisto II (il nome di origine è ignoto) col quale, in seguito, lasciò la Spagna per trasferirsi a Roma.
Alla morte di Stefano I, fu eletto papa Sisto II, che nominò Lorenzo arcidiacono, affidandogli la responsabilità delle opere caritative nella diocesi di Roma, di cui beneficiavano oltre 1500 persone.
Già prima dell’inizio del papato di Sisto II, l’imperatore Valeriano aveva pubblicato un atto di persecuzione contro i cristiani; tuttavia, almeno inizialmente, sia il neo-papa che Lorenzo riuscirono a svolgere senza grosse difficoltà la loro attività pastorale.
A poca distanza di tempo, nei primi giorni del 258, l’editto venne ripetuto in forma più feroce, con l’immediata condanna a morte di tutti i vescovi, presbiteri e diaconi.
Sisto II fu subito decapitato, insieme ad alcuni diaconi. Dopo pochi giorni fu il turno di Lorenzo, del quale si dice che sia stato bruciato su una graticola. Si crede anche che, dopo il supplizio, il suo corpo sia stato fatto a pezzi e dato in pasto ai poveri.

Molti storici ritengono inesatte le circostanze della morte tramandate dalla leggenda e sostengono, invece, che Lorenzo sia stato decapitato. Tuttavia, per effetto della tradizione relativa alla morte sulla graticola, il Santo è considerato protettore dei lavori che si fanno col fuoco: è perciò il santo dei pompieri, dei lavoratori del vetro, dei cuochi.

A Lorenzo vengono attribuite le seguenti parole: “La mia notte non ha oscurità alcuna, ma tutte le cose sono chiare nella luce”. Forse è proprio per queste parole, espressione di lucida visione delle cose,  che egli è anche patrono di bibliotecari e librai, custodi del sapere racchiuso nei libri.

Molto popolare la notte di San Lorenzo, tra il 9 ed il 10 agosto, o notte dei desideri formulati in silenzio, col naso all’insù a caccia delle stelle cadenti, simbolo delle scintille sprigionate dai tizzoni ardenti sotto la graticola.


…segue…