Seguendo la traccia di un Graal inteso come esperienza
spirituale, si pone il problema di definire il ruolo svolto dalla coppa, nella
duplice veste di simbolo e di oggetto fisico.
La questione, apparentemente complessa, si semplifica se
ripercorriamo velocemente l’evoluzione nel tempo della leggenda.
Da epoche immemorabili i popoli si trasmettono sotto
varie forme e narrazioni il mistero della parola perduta, della riconciliazione
dell’essere umano con il suo Sé superiore, dell’unione con il divino.
Tra il XII ed il XIII secolo questi racconti convergono
sul mito del Graal, ricorrendo alla rappresentazione simbolica del piatto
(Chrétien de Troyes), della pietra (Wolfram von Eschenbach), del vaso (Robert
de Boron). Di fatto, spostano gradualmente l’accento da un percorso iniziatico
pagano ad uno cristiano, nell’ambito del quale assume rilievo il “vaso” (coppa)
che ha raccolto il sangue di Cristo.
La coppa dunque è soltanto una forma, l’ultima, assunta
dalla versione cristiana della leggenda. In una specie di gioco enigmistico di
associazione delle parole, la coppa evoca il sangue di Cristo, che viene
versato per la salvezza dell’uomo, la quale consiste nella vita eterna ovvero,
nei riti iniziatici, nella pienezza spirituale del Graal.
Per la verità, nessuno può escludere con assoluta
certezza l’esistenza materiale del sacro calice. Ciò che conta nella nostra
disamina, però, non è il calice in sé, ma il valore simbolico che esso assume
come contenitore del sangue del Salvatore, nella sua forma reale dopo la
crocifissione e come vino nel corso dell’ultima cena.
Al riguardo non deve sfuggire l’analoga tradizione,
comune a molte culture e particolarmente accentuata in quella ebraica, che
individua nel sangue la sede della vita. Perciò, il contenitore del sangue, la
coppa, altro non rappresenterebbe se non il corpo umano, il “tempio dello
Spirito”*, che
viene sublimato dall’esperienza del Graal. Questa interpretazione del ruolo
della coppa permetterebbe di trascendere le specificità della religione
cristiana.
Da quanto detto, risulta chiaro che solo sul piano dei
simboli il Graal cristiano può convivere con quello non cristiano; insistere
sull’identificazione del Graal con la coppa “materiale” dell’ultima cena
significherebbe negare la versione non cristiana della leggenda alla quale, anzi,
si fa risalire l’origine del mito.
Il medesimo concetto vale anche all’interno della visione
cristiana, che solo grazie al simbolismo ci evita di fare i conti con una
moltitudine di coppe leggendarie, in competizione tra di loro: ad esempio, per
citarne due, quella di Valencia e quella di Giuseppe di Arimatea del romanzo di
Boron.
Similmente, non bisogna commettere l’errore di credere
che l’evoluzione romanzata del Graal coincida con l’effettivo subentro del mito
cristiano a quello pagano: Boron ha semplicemente formalizzato una vecchia
tradizione. Infatti, il culto del sacro calice era diffuso da molto tempo prima
della nascita dei racconti sul “Graal”, come è testimoniato da San Donato che,
già nel VI secolo, accenna alla leggenda di San Lorenzo.
Le dottrine iniziatiche di salvezza (da non confondere
con i riti religiosi) hanno sempre avuto contenuti diversi, mai esclusivi, in
relazione al tempo, ai luoghi e alle tradizioni. I tre principali narratori di
nostro riferimento segnano solo il momento della nascita letteraria delle
vicende del Graal nelle sue varie versioni,
nell’ambito di un particolare clima maturato in un determinato contesto
storico e culturale dell’Europa. E’ probabile che alla diffusione ed alla
rielaborazione di questo clima abbiano concorso i Cavalieri Templari,
importando in Occidente il loro contributo di conoscenza delle dottrine
sapienziali mediorientali.
Diversamente da quanto viene comunemente fatto credere da
un certo tipo di letteratura improvvisata, soprattutto recente, proprio nelle
forme di convivenza dei vari aspetti del Graal e nelle loro diverse modalità
evolutive risiede il vero mistero della leggenda, il cui carattere universale
trova nel percorso iniziatico interiore il vero fattore comune a tutte le
formulazioni. Al di fuori di questa visione prevalgono confusione e
contraddizione, quando non vere e proprie speculazioni letterarie.
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