Tecniche di Nostradamus

sabato 28 novembre 2015

L'enigma del 3 e del migliaio

Ho già ricordato che l’epistola a Enrico II è un vero e proprio manuale per la lettura delle Centurie. Di fatto, è un testo steganografico che contiene molte indicazioni occultate da un lungo discorso contorto, che sembra dire tutt’altra cosa. La steganografia è enormemente più insidiosa delle crittografia, perché un messaggio crittografato appare subito come tale; un messaggio steganografato (“steganografato”, non “stenografato”) è invece un messaggio la cui stessa esistenza è occultata.
Anche l’epitaffio è un testo steganografico ma, essendo molto più ridotto dell’epistola, presenta il vantaggio di una più immediata percezione da parte di chi abbia l’occhio allenato a questo genere di cose.
Probabilmente è per questa ragione, per far capire al suo interprete che deve cercare il “disegno nascosto” nell’epistola, che Nostradamus ha predisposto l’epitaffio, una specie di anteprima della stessa epistola, della quale rispecchia le caratteristiche: essenzialmente, ma non solo, testo in doppia lingua e uso del doppio carattere.

A conferma di questa ipotesi, l’epitaffio senbra riprodurre un enigma praticamente identico a un altro presente nell’epistola a Enrico II. Si tratta del famoso enigma delle “tre Centurie che completano il migliaio”. Per secoli la gente si è lambiccata il cervello su queste parole, perché le Centurie sono 10 e non 1000; se, invece, ci si riferisce alle quartine, esse sono 942 o 1080, rispettivamente con esclusione o con inclusione dei Presagi. Ci sono studiosi che, sbagliando, arrivano a conclusioni diverse l’uno dall’altro, ma mai nessuno è riuscito a ricostruire 1000 quartine.


Nel libro “Il vero codice di Nostradamus” ho dimostrato che quest’enigma, fingendo di parlare delle Centurie, è solo un invito a prendere in considerazione l’indirizzamento dell’epistola, per collegarlo alla quarta quartina, quella del Monarca Universale. Qui non ripeto tutta la dimostrazione; ricordo solo che, in pratica, bisogna guardare alla grafica dell’indirizzamento delle Centurie “originali”, ediz. Benoist Rigaud, dove la “M” (numero romano per 1000, peraltro differente dalle altre lettere perché più grande e non in corsivo) è “completata” dal numero 3, che serve a indicare le lettere a passo 3 dello stesso indirizzamento: “A L’INVICTISSIME”; cioè IIII, ovvero la quarta quartina. Tale quartina parla del Monarca Universale, che è lo stesso personaggio, “l’invictissime”, al quale è indirizzata l’epistola ed al quale sono destinate le Centurie.

Ci sarebbe molto da dire su questo Monarca, visto che, tanto per cambiare, le cose non stanno come sembrano. Ma a noi, qui e adesso, interessa solo capire in che modo Nostradamus abbia replicato lo stesso enigma nell’epitaffio. Ne parliamo la prossima volta; magari, nel frattempo, ci pensate su anche voi.

sabato 21 novembre 2015

Fatima: epilogo

Il terzo segreto di Fatima viene reso pubblico il 26 giugno 2000 unitamente a un commento teologico dell’allora Card. Ratzinger, prefetto della Congregazione  per la dottrina della fede.
Non ci vuole molto per percepire le difficoltà nelle quali Ratzinger si dibatte, nel tentativo di conciliare la sua diffidenza nei confronti della soprannaturalità di Fatima con la duplice necessità di non smentire l’atteggiamento di accondiscendenza tenuto fino ad allora dalla Chiesa e di rispettare le convinzioni di Wojtyla.
Mi astengo dal trascrivere l’integrale commento, piuttosto lungo, che può essere rintracciato nel sito del Vaticano, unitamente al testo del segreto. Mi limito invece a mettere in evidenza i passaggi fondamentali.

Una buona metà è costituita dalla spiegazione della differenza tra “rivelazione pubblica” e “rivelazione privata”. Riassumendo qui in poche parole, Ratzinger spiega che la rivelazione pubblica è costituita dalla parola di Dio rivelata nelle sacre scritture, la rivelazione privata è costituita da ciò che raccontano mistici e veggenti. Il credente è tenuto a prestare fede alla prima, perché altrimenti verrebbero meno gli stessi presupposti della fede. Non è invece tenuto a credere alle seconde, semplicemente perché non si può star dietro a tutti i visionari che sostengono di vedere Dio e la Madonna (non sono le sua esatte parole, ma la sostanza è questa).

Per quanto riguarda l’interpretazione del segreto come profezia dell’attentato al Papa, Ratzinger rimanda diplomaticamente all’opinione di Sodano sostenendo, da parte sua, “che non esiste un destino immutabile”; anzi, di più, nega proprio l’esistenza di una profezia, sostenendo che “nessun grande mistero viene svelato; il velo del futuro non viene squarciato”. Tradotto terra terra, la storia della profezia è una bufala; infatti, non si è avverata. Il vero cristiano, aggiunge, non ha bisogno di profezie: “Fatima non ci offre tali appagamenti della nostra curiosità, come del resto in generale la fede cristiana non vuole e non può essere pastura per la nostra curiosità. Ciò che rimane l’abbiamo visto subito all’inizio delle nostre riflessioni sul testo del segreto: l’esortazione alla preghiera come via per la salvezza delle anime e nello stesso tempo il richiamo alla penitenza e alla conversione”.

Richiamo l’attenzione sul quel “ciò che rimane”: cioè, al netto delle profezie che, in pratica, costituiscono la parte più consistente del messaggio di Lucia.
Non credo che, assegnando una funzione alla parte residuale, Ratzinger abbia voluto comunque confermare l’autenticità delle visioni, sia pure restringendone la portata; credo invece che abbia voluto fare uno sforzo per non negarle del tutto, cercando di trarre del buono da questo grande imbroglio. Egli infatti accosta il racconto della suora a “immagini che Lucia può aver visto in libri di pietà ed il cui contenuto deriva da antiche intuizioni di fede”. Altro che immagini mostrate dalla Madonna! Del resto, già nella premessa al commento, Ratzinger si pone la domanda sulla natura delle visioni “Sono forse solamente proiezioni del mondo interiore di bambini, cresciuti in un ambiente di profonda pietà, ma allo stesso tempo sconvolti dalle bufere che minacciavano il loro tempo? Come dobbiamo intendere la visione, che cosa pensarne?”.

Le risposte che lui stesso dà di seguito non lasciano dubbi su come la pensa. “E’ chiaro”, dice, “che non si tratta della normale percezione esterna”, con ciò negando l’oggettività dei fenomeni di Fatima. "E' chiaro..."!
E, tuttavia, non ci sarebbe neanche bisogno di queste precisazioni dal momento che, nella sezione relativa alle rivelazioni private, è assai eloquente il riferimento a Padre Dhanis, il più feroce avversario di Fatima, elogiato da Ratzinger come “eminente conoscitore di questa materia”:

Il teologo fiammingo E. Dhanis, eminente conoscitore di questa materia, afferma sinteticamente che l'approvazione ecclesiale di una rivelazione privata contiene tre elementi: il messaggio relativo non contiene nulla che contrasta la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pubblico, ed i fedeli sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione”.

Non si può citare padre Dhanis, sia pure genericamente ed indirettamente, nel contesto di un commento a Fatima, sapendo benissimo chi era costui e conoscendo la vera e propria guerra che ha fatto alle visioni dei pastorelli.
E’ altresì strano che un insuperabile teologo come Ratzinger, massima autorità nella dottrina della fede, come capo della relativa Congregazione, si rifaccia a un altro teologo per convalidare le proprie opinioni, quando invece dovrebbe essere il contrario. A meno che,  non potendo oltrepassare i limiti di ciò che può dire, non scelga di rifarsi a un altro per sottolineare ciò che non può dire personalmente! A beneficio di chi ha orecchie…!


Amen!

sabato 14 novembre 2015

I misteri dell'epitaffio

L’intestazione dell’epitaffio, con la sua anomalia della “T”, viene seguita da un testo in doppia lingua, latino e francese, e in doppio carattere, stampatello e corsivo.

Il raffronto con la struttura dell’epistola a Enrico II è spontaneo. A chi si è avvicinato da poco tempo al “codice Nostradamus”, ricordo che quell’epistola è un vero e proprio manuale, che spiega in modo geniale le modalità per l’ordinamento delle quartine e, almeno in parte (per quanto finora scoperto), quelle per la loro interpretazione.
Anche nell’epistola, esattamente come nell’epitaffio, abbiamo un’anomalia nell’intestazione (una “M”, che risolve l’enigma delle famose “tre centurie che completano il migliaio” – cfr. “Il vero codice di Nostradamus”), un doppio testo (in latino ed in francese) e un doppio carattere (normale ed in corsivo), con le frasi in latino che costituiscono la chiave per scardinare tutto il sistema organizzativo.

Dunque, prima ancora di scendere nel dettaglio delle specificità dell’epitaffio, è lecito supporre che, seguendo lo stesso modello dell’epistola,  anche in esso Nostradamus abbia celato delle indicazioni per il solutore di quell’immenso rebus che sono le Centurie. Ne sarà prova, più avanti, la soluzione di uno dei misteri dello stesso epitaffio; inoltre, pur non arrivando alla dimostrazione definitiva, anche su alcuni degli altri misteri possiamo fare qualcosa di più che delle semplici congetture, rilevando, nello stesso tempo, il ricorso a tecniche crittografiche o steganografiche1; tecniche peraltro utilizzate sistematicamente in tutta l’opera di Nostradamus.

Trascrivo di seguito il testo della metà superiore dell’epitaffio, in latino, cercando di mantenere, nei limiti del possibile, le sue particolarità grafiche. Prima ancora di esaminarne i dettagli, faccio osservare che la differenziazione della rappresentazione di alcune lettere costituiva uno dei cardini principali della crittografia, che proprio intorno all’epoca di Nostradamus ha raggiunto un ineguagliato fulgore con Tritemio, Della Porta, Alberti, Bacone, Dee… e lo stesso Nostradamus.

CLARISSIMI OSS A MICHAELIS NOSTRADAMI,VNIUS OMNIUM MORTALIUM IUDICIO DIGNI CUIUS PENE DIVINO CALAMO TOTIUS ORBIS. E? ASTRORUM. IN  F L U X U FUTURI EUENTUS CONSCRIBERENTUR ; ViXIT ANNOS. LXII. MENSES. VI. DIES. XVII. OBIIT SALLONE’ ANNO M. D. LXVI. QUIETEM POSTERI NE INVIDETE’ ANNA PONTIA. GEMELLA SALLONIA CONIUGI. OPT. V. FELICIT.






1 La crittografia consiste nella rielaborazione di uno scritto in una forma incomprensibile per chi non conosce la chiave di conversione; la steganografia consiste nell’occultamento di un testo sotto una qualsiasi forma che non dia nell’occhio. “MBOAB” è una forma crittografata del mio cognome “LANZA”, con la banalissima sostituzione di ogni lettera con quella che la segue nel normale alfabeto. L’espressione “LA BALLERINA ANNOIATA DANZAVA PIGRAMENTE” ha un autonomo senso compiuto, ma in realtà è una forma di steganografia, perché nasconde il mio cognome, formato dalla prima lettera della prima parola, dalla seconda lettera della seconda parola, dalla terza etc.

sabato 7 novembre 2015

Fatima: Un'interpretazione paradossale

Il 13 maggio del 2000, in occasione della beatificazione di Francesco e Giacinta, cuginetti di Lucia, il Card. Sodano, Segretario di Stato, annuncia  l’intenzione del Papa di rendere noto il terzo segreto di Fatima.

Il segreto verrà poi pubblicato il 26 giugno del 2000 con un commento teologico del Card. Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Tuttavia, già al momento dell’annuncio, il card. Sodano ne anticipa il contenuto, collegandolo all’attentato del 1981 a Giovanni Paolo II.

Un comportamento assai strano! Infatti, appare a prima vista inspiegabile questa frettolosa decisione, peraltro incompatibile con il riserbo tenuto per molti decenni, di anticipare di poco più di un mese l’interpretazione ufficiale del testo, prima ancora che venga reso noto.

In realtà non è difficile, ad un esame attento delle circostanze, individuare un tentativo prematuro, forse concordato con lo stesso Papa, di condizionare l’opinione pubblica ed il successivo giudizio di Ratzinger, i cui sforzi di prendere le distanze dalla “versione Sodano” appariranno evidenti. Una lotta interna, della quale non è possibile sapere di quanto il pontefice, ormai vecchio e malato, fosse consapevole.

Per una lettura integrale del segreto, rinvio alle varie pubblicazioni facilmente rintracciabli in rete e, in particolare, al testo rintracciabile nel sito del Vaticano. In questa sede mi limito a una sintesi.

I pastorelli avrebbero visto un Angelo che, impugnando una spada di fuoco, invitava alla penitenza. Le fiamme della spada si spegnevano al contatto con la Madonna, pure presente nella scena.
Contemporaneamente, si vedeva un Vescovo vestito di bianco, identificato come il Santo Padre, che, unitamente a vari religiosi, saliva una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande Croce di tronchi grezzi.
Prima di arrivare in cima, il Papa attraversava una città in rovina piena di cadaveri. Giunto alla vetta, veniva ucciso da alcuni soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce. Assieme a lui venivano uccisi i vari religiosi del seguito. Ai lati della Croce c’erano due Angeli, ognuno con un innaffiatoio di cristallo in mano, che raccoglievano il sangue dei martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio.

Si vede subito, da questa descrizione, che la profezia non corrisponde alle paradossali spiegazioni di Sodano visto che, a differenza del Vescovo della visione, Giovanni Paolo II è sopravvissuto all’attentato. Un “trascurabile” dettaglio che non sconvolge le convinzioni del Papa e di Sodano, sicuri che la Madonna abbia deviato la pallottola mortale, sconfessando la sua stessa profezia di 83 anni prima.
Si potrebbe facilmente obiettare che la Madonna avrebbe dovuto e potuto prevedere sin dall’inizio l’esito dell’attentato, ma non so più come dire che tutta la vicenda di Fatima è solo una burla, comunque la si giri. In particolare, proprio questa incongruenza rappresenta il principale motivo, per i fatimisti, di sospettare che il vero segreto sia stato taciuto.
Mi piacerebbe però capire sulla base di cosa essi ritengano che il Vaticano sia popolato da complottisti stupidotti che, pensando di ingannare il mondo intero, hanno scelto volontariamente la strada di una poco credibile spiegazione, anziché continuare a tacere, come avevano fatto per decenni; in fondo, la gente si era da tempo assuefatta al silenzio e l’attesa della rivelazione non era affatto spasmodica.

La verità, per quanto sgradita, è un’altra, assai semplice e logica: non c’è e non c’è mai stato nessun complotto, se si esclude lo sforzo di mettere a tacere le corbellerie di Lucia. Purtroppo adesso un Papa, l’unico di tutta la serie dall’epoca delle visioni di Fatima, cade nell’imboscata della suora e sente il dovere di far sapere al mondo che quella stessa Madonna che aveva previsto la sua morte adesso gli ha salvato la vita. I collaboratori che non la pensano come lui, benché costretti a subire questa irremovibile decisione, tentano quanto meno di trasformarla in un’occasione storica di chiudere la vicenda nel miglior modo possibile, che vede opposte due fazioni: da una parte il Card. Sodano, allineato alla paradossale interpretazione del Papa, e dall’altra il Card. Ratzinger che, neanche troppo velatamente, dice pane al pane e vino al vino.