Il terzo segreto di Fatima
viene reso pubblico il 26 giugno 2000 unitamente a un commento teologico
dell’allora Card. Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.
Non ci vuole molto per
percepire le difficoltà nelle quali Ratzinger si dibatte, nel tentativo di
conciliare la sua diffidenza nei confronti della soprannaturalità di Fatima con
la duplice necessità di non smentire l’atteggiamento di accondiscendenza tenuto
fino ad allora dalla Chiesa e di rispettare le convinzioni di Wojtyla.
Mi astengo dal trascrivere
l’integrale commento, piuttosto lungo, che può essere rintracciato nel sito del Vaticano, unitamente al testo del segreto.
Mi limito invece a mettere in evidenza i passaggi fondamentali.
Una buona metà è costituita
dalla spiegazione della differenza tra “rivelazione pubblica” e “rivelazione
privata”. Riassumendo qui in poche parole, Ratzinger spiega che la rivelazione
pubblica è costituita dalla parola di Dio rivelata nelle sacre scritture, la
rivelazione privata è costituita da ciò che raccontano mistici e veggenti. Il
credente è tenuto a prestare fede alla prima, perché altrimenti verrebbero meno
gli stessi presupposti della fede. Non è invece tenuto a credere alle seconde,
semplicemente perché non si può star dietro a tutti i visionari che sostengono
di vedere Dio e la Madonna (non sono le sua esatte parole, ma la
sostanza è questa).
Per quanto riguarda
l’interpretazione del segreto come profezia dell’attentato al Papa, Ratzinger
rimanda diplomaticamente all’opinione di Sodano sostenendo, da parte sua, “che
non esiste un destino immutabile”; anzi, di più, nega proprio l’esistenza di
una profezia, sostenendo che “nessun grande mistero viene svelato; il velo del
futuro non viene squarciato”. Tradotto terra terra, la storia della profezia è
una bufala; infatti, non si è avverata. Il vero cristiano, aggiunge, non ha
bisogno di profezie: “Fatima non ci offre tali appagamenti della nostra
curiosità, come del resto in generale la fede cristiana non vuole e non può
essere pastura per la nostra curiosità. Ciò che rimane l’abbiamo visto subito
all’inizio delle nostre riflessioni sul testo del segreto: l’esortazione alla
preghiera come via per la salvezza delle anime e nello stesso tempo il richiamo
alla penitenza e alla conversione”.
Richiamo l’attenzione sul quel
“ciò che rimane”: cioè, al netto delle profezie che, in pratica, costituiscono
la parte più consistente del messaggio di Lucia.
Non credo che, assegnando una funzione alla
parte residuale, Ratzinger abbia voluto comunque confermare l’autenticità delle
visioni, sia pure restringendone la portata; credo invece che abbia voluto fare
uno sforzo per non negarle del tutto, cercando di trarre del buono da questo grande imbroglio. Egli infatti accosta il racconto della suora a “immagini che Lucia può aver visto in libri di pietà ed il cui contenuto
deriva da antiche intuizioni di fede”. Altro che immagini mostrate dalla
Madonna! Del resto, già nella premessa al commento, Ratzinger si pone la
domanda sulla natura delle visioni “Sono forse solamente proiezioni del mondo
interiore di bambini, cresciuti in un ambiente di profonda pietà, ma allo
stesso tempo sconvolti dalle bufere che minacciavano il loro tempo? Come
dobbiamo intendere la visione, che cosa pensarne?”.
Le risposte che lui stesso dà
di seguito non lasciano dubbi su come la pensa. “E’ chiaro”, dice, “che non si
tratta della normale percezione esterna”, con ciò negando l’oggettività dei
fenomeni di Fatima. "E' chiaro..."!
E, tuttavia, non ci sarebbe
neanche bisogno di queste precisazioni dal momento che, nella sezione relativa
alle rivelazioni private, è assai eloquente il riferimento a Padre Dhanis, il
più feroce avversario di Fatima, elogiato da Ratzinger come “eminente
conoscitore di questa materia”:
“Il teologo fiammingo E. Dhanis, eminente conoscitore di questa materia,
afferma sinteticamente che l'approvazione ecclesiale di una rivelazione privata
contiene tre elementi: il messaggio relativo non contiene nulla che contrasta
la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pubblico, ed i fedeli sono
autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione”.
Non
si può citare padre Dhanis, sia pure genericamente ed indirettamente, nel
contesto di un commento a Fatima, sapendo benissimo chi era costui e conoscendo
la vera e propria guerra che ha fatto alle visioni dei pastorelli.
E’
altresì strano che un insuperabile teologo come Ratzinger, massima autorità
nella dottrina della fede, come capo della relativa Congregazione, si rifaccia
a un altro teologo per convalidare le proprie opinioni, quando invece dovrebbe
essere il contrario. A meno che, non
potendo oltrepassare i limiti di ciò che può dire, non scelga di rifarsi a un
altro per sottolineare ciò che non può dire personalmente! A beneficio di chi
ha orecchie…!
Amen!
In questo suo articolo ha dimostrato il perchè l'allontanamento (forzato a mio avviso) del Ratzinger dal vertice della Chiesa sia stata una iattura per la medesima, cosa che per altro già si sta manifestando.
RispondiEliminaHanno silurato un fine teologo per un imbonitore-sociologo di bassa lega che parla il linguaggio vuoto della 'teologia(?) della liberazione'.
Si son dati la mazza sui piedi da soli e presto sentiranno sulla loro stessa pelle quanto fa male.