Tecniche di Nostradamus

sabato 21 novembre 2015

Fatima: epilogo

Il terzo segreto di Fatima viene reso pubblico il 26 giugno 2000 unitamente a un commento teologico dell’allora Card. Ratzinger, prefetto della Congregazione  per la dottrina della fede.
Non ci vuole molto per percepire le difficoltà nelle quali Ratzinger si dibatte, nel tentativo di conciliare la sua diffidenza nei confronti della soprannaturalità di Fatima con la duplice necessità di non smentire l’atteggiamento di accondiscendenza tenuto fino ad allora dalla Chiesa e di rispettare le convinzioni di Wojtyla.
Mi astengo dal trascrivere l’integrale commento, piuttosto lungo, che può essere rintracciato nel sito del Vaticano, unitamente al testo del segreto. Mi limito invece a mettere in evidenza i passaggi fondamentali.

Una buona metà è costituita dalla spiegazione della differenza tra “rivelazione pubblica” e “rivelazione privata”. Riassumendo qui in poche parole, Ratzinger spiega che la rivelazione pubblica è costituita dalla parola di Dio rivelata nelle sacre scritture, la rivelazione privata è costituita da ciò che raccontano mistici e veggenti. Il credente è tenuto a prestare fede alla prima, perché altrimenti verrebbero meno gli stessi presupposti della fede. Non è invece tenuto a credere alle seconde, semplicemente perché non si può star dietro a tutti i visionari che sostengono di vedere Dio e la Madonna (non sono le sua esatte parole, ma la sostanza è questa).

Per quanto riguarda l’interpretazione del segreto come profezia dell’attentato al Papa, Ratzinger rimanda diplomaticamente all’opinione di Sodano sostenendo, da parte sua, “che non esiste un destino immutabile”; anzi, di più, nega proprio l’esistenza di una profezia, sostenendo che “nessun grande mistero viene svelato; il velo del futuro non viene squarciato”. Tradotto terra terra, la storia della profezia è una bufala; infatti, non si è avverata. Il vero cristiano, aggiunge, non ha bisogno di profezie: “Fatima non ci offre tali appagamenti della nostra curiosità, come del resto in generale la fede cristiana non vuole e non può essere pastura per la nostra curiosità. Ciò che rimane l’abbiamo visto subito all’inizio delle nostre riflessioni sul testo del segreto: l’esortazione alla preghiera come via per la salvezza delle anime e nello stesso tempo il richiamo alla penitenza e alla conversione”.

Richiamo l’attenzione sul quel “ciò che rimane”: cioè, al netto delle profezie che, in pratica, costituiscono la parte più consistente del messaggio di Lucia.
Non credo che, assegnando una funzione alla parte residuale, Ratzinger abbia voluto comunque confermare l’autenticità delle visioni, sia pure restringendone la portata; credo invece che abbia voluto fare uno sforzo per non negarle del tutto, cercando di trarre del buono da questo grande imbroglio. Egli infatti accosta il racconto della suora a “immagini che Lucia può aver visto in libri di pietà ed il cui contenuto deriva da antiche intuizioni di fede”. Altro che immagini mostrate dalla Madonna! Del resto, già nella premessa al commento, Ratzinger si pone la domanda sulla natura delle visioni “Sono forse solamente proiezioni del mondo interiore di bambini, cresciuti in un ambiente di profonda pietà, ma allo stesso tempo sconvolti dalle bufere che minacciavano il loro tempo? Come dobbiamo intendere la visione, che cosa pensarne?”.

Le risposte che lui stesso dà di seguito non lasciano dubbi su come la pensa. “E’ chiaro”, dice, “che non si tratta della normale percezione esterna”, con ciò negando l’oggettività dei fenomeni di Fatima. "E' chiaro..."!
E, tuttavia, non ci sarebbe neanche bisogno di queste precisazioni dal momento che, nella sezione relativa alle rivelazioni private, è assai eloquente il riferimento a Padre Dhanis, il più feroce avversario di Fatima, elogiato da Ratzinger come “eminente conoscitore di questa materia”:

Il teologo fiammingo E. Dhanis, eminente conoscitore di questa materia, afferma sinteticamente che l'approvazione ecclesiale di una rivelazione privata contiene tre elementi: il messaggio relativo non contiene nulla che contrasta la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pubblico, ed i fedeli sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione”.

Non si può citare padre Dhanis, sia pure genericamente ed indirettamente, nel contesto di un commento a Fatima, sapendo benissimo chi era costui e conoscendo la vera e propria guerra che ha fatto alle visioni dei pastorelli.
E’ altresì strano che un insuperabile teologo come Ratzinger, massima autorità nella dottrina della fede, come capo della relativa Congregazione, si rifaccia a un altro teologo per convalidare le proprie opinioni, quando invece dovrebbe essere il contrario. A meno che,  non potendo oltrepassare i limiti di ciò che può dire, non scelga di rifarsi a un altro per sottolineare ciò che non può dire personalmente! A beneficio di chi ha orecchie…!


Amen!

1 commento:

  1. In questo suo articolo ha dimostrato il perchè l'allontanamento (forzato a mio avviso) del Ratzinger dal vertice della Chiesa sia stata una iattura per la medesima, cosa che per altro già si sta manifestando.
    Hanno silurato un fine teologo per un imbonitore-sociologo di bassa lega che parla il linguaggio vuoto della 'teologia(?) della liberazione'.
    Si son dati la mazza sui piedi da soli e presto sentiranno sulla loro stessa pelle quanto fa male.

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