Tecniche di Nostradamus

sabato 29 agosto 2015

Fatima: l'attentato a Woytjla

Dopo l’attentato del 1981, Papa Giovanni Paolo II si fa portare la busta all’ospedale Gemelli e rilegge il terzo segreto, che probabilmente ha già letto in precedenza. Contrariamente a tutti i suoi predecessori, presta fede a Lucia per il semplice fatto che il giorno dell’attentato, il 13 maggio, coincide col giorno della prima apparizione di Fatima.
Ritiene perciò che il segreto riguardi lui e che l’attentato costituisca la realizzazione della profezia della sua uccisione [1]; profezia che però non si realizza, perché la mano della Madonna, ritiene sempre Woytjla, ha deviato la pallottola mortale. Potenza dell’autosuggestione, che fa vedere una profezia contemporaneamente realizzata ed irrealizzata; un po’ come il gatto di Schroedinger, vivo e morto allo stesso tempo.
Fermamente convinto della connessione tra la profezia e l’attentato subìto, il papa fa perfino incastonare nella corona della statua della Madonna di Fatima una delle pallottole sparategli dall’attentatore Ali Agca.
Quest’ultimo, a sua volta, contribuisce ad accrescere la confusione e l’esaltazione, spacciandosi come mano divina inviata per realizzare la profezia del terzo segreto! Il papa lo va a trovare in carcere ed è logico pensare che ne parlino.

Per fortuna, qualcuno induce Woytjla a “darsi una calmata”; bisogna infatti attendere il 2000, quasi 20 anni dopo, perché il segreto venga reso pubblico, accompagnato da un commento del Card. Ratzinger che, in qualità di custode della fede (essendo il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede), lo avalla nella forma ma lo smentisce nella sostanza, con uno di quei virtuosismi dialettici di cui la Chiesa è maestra (verificheremo come). Insomma, di fronte a un’opinione pubblica mondiale la cui pressione è diventata insostenibile e di fronte alla volontà del Papa, Ratzinger chiude la faccenda come meglio può.
A mio modesto parere, date le circostanze ed escludendo la pubblica ammissione dell’inganno, non avrebbe potuto fare di più e di meglio. Costretto a ridimensionare l’esaltazione dello stesso Papa, si rivela un gigante, l’unica testa pensante in un oceano di fatimisti impazziti.

A questo punto, la storia del terzo segreto è abbastanza ben delineata nei suoi aspetti generali. Solo gli immotivati sensazionalismi di alcuni, complici volontari o involontari dei grossolani imbrogli che hanno caratterizzato l’intera vicenda di Fatima,  giustificano la tesi secondo la quale il testo pubblicato sarebbe un falso, volto a nascondere chissà quale rivelazione apocalittica.
La verità è che, assai “terrenamente”, da una parte c’è una combriccola portoghese che si è intrappolata da sola nelle proprie menzogne; dall’altra ci sono invece i vertici del Vaticano, o parte di essi, costretti a gestire alla bell’e meglio una situazione ingestibile, pur di evitare la confessione della truffa perpetrata ai danni dei cattolici.






1 Come vedremo, il terzo segreto contiene la predizione dell’uccisione di un papa; per l’esattezza, di un vescovo vestito di bianco.

domenica 23 agosto 2015

Domus Morozzo: Particolarità del testo

L’inversione del testo della lapide sembra solo un primo passo piuttosto plausibile. Per il seguito, non è detto che sia necessario lavorare sull’intero testo. Anzi, per vari motivi legati alla tecnica crittografica, lo ritengo improbabile.
Personalmente ho fatto alcuni tentativi di decrittazione lavorando sulla successione alfabetica ottenuta dalla lettera iniziale e da quella finale di ogni parola (nel  testo invertito): in tutto 57 lettere, tenuto presente che esiste una parola formata da una sola lettera.

Sarebbe lungo e tedioso illustrare i vari tentativi, tutti infruttuosi, benché qualcuno di essi abbia presentato un esito interessante, meritevole di approfondimento. In questa generica esposizione, rivolta a chi è digiuno di crittografia, può apparire invece più utile individuare alcune caratteristiche dalle quali la soluzione finale non può prescindere.

Anzitutto, nel testo originale colpisce subito una artificiosa gestione degli spazi tra le parole, oltre che la storpiatura di alcune di esse; abitudine piuttosto ricorrente nelle quartine di Nostradamus.
Così, “Nostredamus” è diviso in due parti: “Nostre Damus”;  “l’enfer” è privo di apostrofo, in maniera da formare un’unica parola: “lenfer”; “m’appelle” è diviso nelle due parole “ma pelle” (una singolarità da rivedere più sotto); “m’honore” è privo di apostrofo: “mhonore”; il primo “avra la” è unito in modo da formare un’unica parola: “avrala”.
Poiché appaiono divise alcune parole che dovrebbero essere unite e appaiono unite alcune parole che dovrebbero essere divise, possiamo dedurre che, se c’è intento crittografico (ribadisco fino alla noia che stiamo lavorando su un’ipotesi di autenticità, senza escludere la burla), il numero complessivo delle parole, 30 o 29 (con e senza l’intestazione) non dovrebbe avere alcuna specifica funzione, altrimenti sarebbe stato sufficiente alterare solo il necessario.
Un’attenzione particolare va rivolta alle parole “ma pelle”, che sarebbero state ugualmente due se si fosse correttamente scritto “m’apelle”. In realtà avrebbe dovuto essere “m’appelle”, ma sulla mancanza di una “p” ci soffermeremo in seguito. E’ evidente, dunque, che al misterioso crittografo serviva uno spazio e gli serviva proprio in quella posizione. Forse esso è indizio di un incolonnamento tabellare di qualche tipo o forse, ipotesi più probabile, la sua funzione è diversa considerato che, in crittografia, anche lo spazio può assumere un ruolo analogo a quello dei caratteri alfabetici. La stessa idea di prendere in considerazione solo le iniziali e le finali di ogni parola trova una delle sue ragioni proprio nell’alterazione delle parole attraverso la manipolazione degli spazi.
In ogni caso, sarei propenso a considerare come un punto fermo la necessità di non prescindere dall’impostazione degli spazi nello studio della lapide: un altro paletto dopo quello dell’inversione del testo. Può sembrare poco, ma il primo passo della crittografia è quello di trovare degli appigli intorno ai quali lavorare.

domenica 16 agosto 2015

Fatima: la prova della truffa politica

Riprendo dal post precedente:

La verità, quella vera che più vera non si può, è che, nonostante tutti ne parlino, dopo il 1960 e per molti anni, nessuno sa più nulla del segreto. Non si sa se nemmeno il successore di Giovanni XXIII, Paolo VI, lo abbia letto; sembra di sì, e che abbia deciso di proseguire nell’atteggiamento di diffidenza di Giovanni XXIII. Sicuramente non possono averlo letto i numerosi prelati mitomani e millantatori che, lasciandosi sfuggire a raffica le più strampalate soffiate sul suo contenuto, si smentiscono tra di loro e non di rado da soli. A dimostrazione che sparano solo fesserie!

Quasi certamente il terzo segreto non viene letto da Giovanni Paolo I che però, da Arcivecovo di Venezia, incontra suor Lucia e, si dice, esce turbato dal colloquio. Ancora una volta le dicerie si sprecano, sebbene la verifica non sia difficile.
E’ stato infatti il fratello Edoardo a raccontare, alcuni anni dopo la morte del Papa, di aver visto Albino “turbato” nel riferirgli dell’incontro con Lucia; lo stesso Edoardo ha messo in relazione questo turbamento con la possibilità che Lucia gli abbia fatto delle predizioni sul suo futuro. Non sapeva, Edoardo, che la bugiarda Lucia non aveva mai fatto una sola predizione che non fosse post-eventum. Comunque, è dalla sua illazione che nasce la leggenda della predizione dell’assassinio di Giovanni Paolo I: altro cavallo di battaglia dei fatimologi da strapazzo.

Ammesso che l’impressione del turbamento osservato da Edoardo sia stata corretta, perché escludere la più verosimile ipotesi che il futuro Papa, al massimo, sia rimasto turbato dalla follia della suora? Forse, e non è poco, ha capito perché nessun Papa le avesse mai voluto accordare un colloquio privato; forse, ancora più significativamente, ha capito che c’era un motivo se nessun Papa avesse mai dimostrato interesse per “la messaggera della Madonna”; forse si è reso personalmente conto della grandiosa truffa perpetrata ai danni dei cattolici. Capire tutto questo, per un’anima candida quale, si dice, era Albino Luciani, deve essere stato un bel tormento!
Vorrei vedere quale prelato sincero e di buon senso non sarebbe rimasto sconvolto da un colloquio con questa mitomane, sapendo di non poter rivelare al mondo le sue bugie. Edoardo, però, non poteva saperlo e per questo, a posteriori, ha cercato nella presunta predizione della morte prematura la ragione del turbamento del fratello.

P.S.: Come ho cercato di dimostrare in tutti i miei precedenti scritti, l’imbroglio di Fatima è nato da un accordo di reciproco sostegno tra la Chiesa portoghese e i partiti politici di destra, per portare al potere i dittatori Sidonio Pais prima ed Antonio de Olivera Salazar poi.
Mi si perdoni al riguardo un piccolo salto indietro, dovuto al fatto che solo adesso sono venuto a conoscenza di  una lettera scritta da Suor Lucia al Vescovo di Leiria il 7 novembre 1945 (Archivi del Santuario di Fatima, AE D:3278). Ne riporto un brano:

“Il motivo di questa mia lettera è di dire che Nostro Signore vuole che il Vescovo, nei giorni che ancora mancano alle elezioni, parli alla gente tramite il clero e la stampa, per dire che Salazar è la persona che Egli ha scelto per continuare a governare il nostro Paese, e che a lui saranno garantite l’illuminazione e la grazia necessarie per condurre il nostro popolo sulle vie della pace e della prosperità”.

Riprendo da Wikipedia: Da allora, Salazar manterrà il potere per oltre 35 anni, grazie al sostegno della Chiesa e degli agrari, sopprimendo i sindacati, la libertà di stampa ed ogni altro tipo di opposizione politica o dissidenza che possa danneggiare l'egemonia del regime.

E’ evidente che, se il giudizio politico su Salazar è affidato alla valutazione della storia, la sua investitura come inviato di Dio è una mega truffa propagandistica, volta a far presa sul popolo analfabeta e ignorante dell’epoca.

Cos’altro serve, ancora, per convincere i più scettici che il vero ed inconfessabile segreto di Fatima, nascosto dalla Chiesa, è il complotto politico-religioso che ha trovato nella folle Lucia lo strumento della sua realizzazione? 

venerdì 7 agosto 2015

Domus Morozzo: Il testo invertito

Ricordo ancora che, pur senza alcuna pretesa di dare risposta al presunto enigma della lapide di Villa Vittoria, stiamo partendo da due presupposti del tutto ipotetici:

1)      che la lapide contenga un messaggio cifrato;
2)      che la sua origine si attribuibile a Nostradamus.

Dando arbitrariamente risposta affermativa ad entrambi gli interrogativi, stiamo solo cercando di portare alla luce alcune caratteristiche crittografiche sulle quali potrebbero concentrarsi degli studi più approfonditi, sulla traccia delle stesse tecniche usate da Nostradamus nelle sue Centurie.
Come passo iniziale, abbiamo supposto che l’intestazione “ISS6” fosse un indizio per invitare l’investigatore ad invertire il testo della lapide. L’ipotesi non è campata in aria, perché suggerita da una tecnica di Gematriah, abbondantemente usata da Nostradamus unitamente all’inversione delle frasi.

Ci si potrebbe domandare perché mai si debba lavorare sul testo invertito anziché su quello originale.
Bisogna dire che, nell’ipotesi crittografica che stiamo facendo, la posizione delle lettere assume una precisa funzione. Giusto per fare un esempio, alcune di esse potrebbero essere sostitutive di altre lettere o di numeri, da utilizzare per la composizione di un messaggio di senso compiuto. Il contenuto del testo originale diventerebbe così assolutamente irrilevante, esattamente come la carta che avvolge il regalo.

L’inversione ed il capovolgimento avrebbero la funzione di inserire un elemento di complicazione nel processo di decodifica: si fornisce un falso testo da decifrare (scritta della lapide), che nasconde quello vero sul quale bisogna lavorare (testo invertito).
C’è da aggiungere che, oltre all’effetto depistante dell’inganno in sé, ogni variante da esplorare costituisce un’estensione del campo d’indagine che, in alcuni casi e soprattutto in assenza di computer, può arrivare a comportare una dilatazione di tempo insostenibile, a meno che non si scopra prima come evitarla.

Sul piano teorico, sempre ammesso che siamo in presenza di un crittogramma, quella della sostituzione alfanumerica è una soluzione tipica della crittografia, senza bisogno di voli di fantasia. Nostradamus adotta un criterio di questo genere nel suo algoritmo di ordinamento delle quartine, oltre che in numerosi altri enigmi minori. Basta ricordare l’insistenza con la quale egli richiama l’attenzione sulle “lettere” (15 quartine e numerosi brani delle epistole); ne avete letto degli esempi fino alla noia nei miei libri e in questo stesso blog.

Un altro tipo di soluzione su cui lavorare, anch’esso di stretta osservanza nostradamica, potrebbe essere quello del Notarikon, cioè l’estrazione di una o più lettere dalle singole parole, fino a formare il messaggio nascosto; qualcosa di molto simile agli acrostici.

Naturalmente, in qualunque caso, il criterio di individuazione del messaggio finale deve rispondere a delle regole logiche, che non lascino dubbi sulla natura crittografata del testo di partenza e sulla tecnica di cifratura adottata.