Tecniche di Nostradamus

sabato 31 ottobre 2015

Il mistero delle "T"

La prima cosa che “balza all’occhio” (si fa per dire, visto che nessuno l’ha mai fatto notare prima) è l’assenza di una “T” nel nome del defunto: “Nosradamus” anziché “Nostradamus”.


Errore? Pensatelo pure, se volete darvi una spiegazione così semplice. Personalmente, nelle Centurie non ho mai riscontrato un errore che non fosse finalizzato a uno scopo preciso. E poi, guarda caso, questa anomalia appare in un testo ricco anche di altre anomalie.

La questione della “T”, peraltro, non è nuova. La si riscontra anche nella prima edizione delle Centurie, quella di Macé Bonhomme del 1555, che contiene solo l’epistola al figlio Cesare e le prime 353 quartine. Ebbene, sia la prima lettera alfabetica dell’epistola che quelle iniziali di ciascuna Centuria sono rappresentate da una vignetta, nell’ordine di seguito riprodotto.


Leggendo all’inverso, viene fuori la parola latina “CAVET”, il cui infinito è “CAVERE = ATTENZIONE! EVITARE”.
Tutti conosciamo l’imperativo “CAVE” dalla nota espressione “cave canem = attento al cane; evita il cane”.
Può essere che, con le lettere delle vignette, Nostradamus abbia voluto suggerire di scartare o di prestare attenzione alle “T”, scrivendo “CAVE T”?
Se così fosse, l’omissione della “T” nel nome dell’epitaffio sarebbe semplicemente la conferma del paritcolare ruolo delle “T” suggerito dalle vignette.
Resta il problema di capire a cosa tale suggerimento debba essere applicato. Escludendo che esso si riferisca all’algoritmo di ordinamento delle quartine, che risponde a ben altri principi, devo dedurre che riguardi la loro interpretazione.

A questo scopo, finora abbiamo fatto ricorso alle tecniche cabalistiche; in particolare, alle conversioni numeriche (Gematriah), agli acrostici (Notarikon) ed agli anagrammi (Temurah). E’ probabile che esista anche qualcosa di più rilevante, ancora da scoprire, legato al conteggio o alla posizione delle lettere “T” disseminate tra i versi

sabato 24 ottobre 2015

Fatima: superstizione e pregiudizi

L’arbitrario presupposto dei fatimisti, come ho detto nei post precedenti, è che Lucia non abbia mentito.
Mi domando come si possano contrabbandare per inchieste le proprie convinzioni, senza mettere in discussione, almeno un po’, l’attendibilità della veggente. Dubitare della veridicità dei fatti inconsueti dovrebbe essere la regola aurea di qualsiasi serio investigatore. La convinzione della loro autenticità può essere eventualmente un punto di arrivo, ma non certamente un punto di partenza.

Guardate invece cosa scrive il solito Socci a pag. 163 del libro “Il quarto segreto di Fatima”, con riferimento al “segreto”:

“Locuzioni astruse”, le liquidò così Giovanni XXIII. Era un modo furbesco per non dire che – semplicemente – a lui quelle parole della Madonna non piacevano, lo infastidivano, probabilmente lo impaurivano, disturbavano il suo beato ottimismo sulle magnifiche sorti e progressive. [non si tratta di mio errore; è scritto proprio così: “disturbavano il suo beato ottimismo sulle magnifiche sorti e progressive” (??)].

Tante arroganti e contorte supposizioni sui “fastidi” di Giovanni XXIII, pur di non prendere in considerazione l’idea che non si trattasse di parole della Madonna, bensì di parole di Lucia, lette da Giovanni XXIII nella loro giusta luce. Tutto viene distorto ed addomesticato (e Socci non è l’unico) pur di difendere pregiudizialmente le demenziali affermazioni di una suora disturbata di mente. Paradossalmente si abbandona ogni cautela laddove, invece, il rigore investigativo dovrebbe farsi più forte!

Personalmente, di fronte a questo quadro fantastico e poco esaltante, di fronte a queste assurde scempiaggini, di fronte a queste irrazionali prese di posizione di principio, ho sostenuto la tesi di tutta una serie di pontefici costretti a fare buon viso a cattivo gioco, pur di non smentire la Chiesa portoghese e l’iniziale atteggiamento compiacente della stessa Chiesa di Roma. Il loro imbarazzo e le loro titubanze troverebbero in questo forte condizionamento una spiegazione molto più naturale di quella che li vede dei bugiardi, rinnegatori della Madonna, violentatori della volontà del Cielo, occultatori di segreti apocalittici. Anche a volermi tappare occhi e orecchie di fronte a tutto il resto, e non so come potrei fare, a me viene davvero difficile capire perché mai così tanti papi avrebbero dovuto nascondere un segreto divino, contravvenendo alla volontà della Madonna.
Contrariamente alle cervellotiche ed illogiche ricostruzioni di coloro che, inquinando la loro fede cristiana con la fede in Lucia, danno pregiudizialmente per scontata l’attendibilità della suora a scapito di quella dei pontefici, la mia tesi, che come avete fin qui visto ho ampiamente argomentato, mette a posto tutti i tasselli, soprattutto quelli logici e di buon senso, spiegando con grande naturalezza che, tenendo nascosto il terzo segreto, i vari papi cercavano solo di non  commettere l’errore poi commesso da Giovanni Paolo II: quello, cioè, di divulgare e sostenere un testo insulso scritto da una suora millantatrice, col risultato di rendersi ridicoli. I fatti hanno dato loro ragione, tanto è vero che, non essendo risultata totalmente convincente la rivelazione del 2000 (ma solo perché è lo scritto di Lucia a non essere convincente), ancora oggi molti preferiscono credere che il segreto rivelato non sia quello autentico o ne sia solo una parte.

Di fatto, quando Woytjla ha voluto rompere il silenzio, è toccato all’allora Card. Ratzinger tentare di arginare i danni, con una formulazione che non avallasse le blasfemie di Suor Lucia ma che, contemporaneamente, non le denunciasse. Egli sapeva bene che da Fatima non è mai arrivata neanche una fievole eco del vero spirito cristiano, ma non poteva dirlo. Non è difficile immaginare il danno che ne sarebbe derivato alla Chiesa e le ripercussioni che la rivelazione dell’imbroglio avrebbe prodotto sul mondo cattolico!
Vediamo prima il segreto e poi gli artifici ai quali Ratzinger ha fatto ricorso per non scivolare sugli specchi, riuscendoci solo in parte. 

sabato 17 ottobre 2015

Nostradamus e la criptografia

Ritengo che si possa dare per scontato che l’epitaffio contenga dei messaggi nascosti. Il presupposto di base è che, nelle Centurie, ogni insignificante dettaglio, anche grafico, rivesta una precisa funzione. Abbiamo avuto troppe dimostrazioni, al riguardo, per non allertarci anche quando ci troviamo alle prese con qualcosa che non capiamo.

Quando parlo di messaggio nascosto, non intendo qui riferirmi specificamente a un testo con un contenuto discorsivo. Voglio solo dire che l’epitaffio contiene numerosi indizi, coerenti con tutte le forme di steganografia (arte dell’occultamento dei messaggi) dell’epoca, idonei a fornire una qualche indicazione di qualsiasi tipo (numeri significativi o semplici parole). Sicuramente, a meno che non si tratti di una straordinaria coincidenza, cosa che con Nostradamus ho imparato ad escludere, esso cela anche l’enigma di base per l’interpretazione di molti punti oscuri delle Centurie.

Rimandando alla conclusione dell’argomento la trattazione di quest’ultimo enigma, vorrei intanto focalizzare l’attenzione sulle diverse anomalie che contraddistinguono il testo dell’epitaffio, facendo rilevare che proprio le anomalie grafiche costituiscono il punto forte di molte tecniche di occultamento dei messaggi segreti. Del resto, lo stesso Nostradamus fa un uso frequente di queste apparenti anomalie, soprattutto nelle epistole; non c’è dunque da meravigliarsi se le estende anche al testo dell’epitaffio. Tuttavia, per mostrare che queste tecniche sono abituali nella codifica dei messaggi e per cominciare a dare un’idea di carattere generale, propongo due esempi di origine e natura diversa; entrambi sono tratti dal libro di F.L. “Bauer: Decrypted secrets  - methods and maxims of cryptology”.

Il primo, di Francis Bacon (1561-1626, quasi contemporaneo di Nostradamus), si basa sulla differenza grafica di una “e”; nel caso specifico, le due forme di “e” nella parola “Manere”. 


Il secondo, invece, riguarda la scritta alla base di una statua le cui lettere, in parte, sono dei numeri romani che, sommati, danno 1766, anno in cui la statua è stata eretta.


 Se volete controllare, vi agevolo il compito:

50+5+500+5+1+100+5+5+5+500+5+10+5+5+100+50+1+5+1+100+1+100+100+5+1+100+1=1766

Non ho scelto a caso questi due esempi; li ho scelti perché sembra che l’epitaffio di Nostradamus ne contenga di analoghi, oltre ad altri di tipo diverso.

sabato 10 ottobre 2015

Il terzo segreto e le idiozie dei fatimisti

Prima di entrare nel merito del terzo segreto, ricordo ancora una volta che siamo arrivati alla conclusione che Fatima sia il frutto di un colossale imbroglio, volto a sancire l’alleanza e il reciproco sostegno tra la Chiesa (espulsa dal Portogallo dai governi repubblicani a cavallo dell’800/’900) e i partiti politici di destra.

Abbiamo visto che la storia delle visioni non regge a un attacco appena appena critico: molte testimonianze e molti documenti appaiono palesemente fasulli; il racconto degli eventi è stracolmo di contraddizioni e incongruenze; la cronologia dei fatti è inconsistente; le presunte profezie sono invariabilmente post eventum; lo spirito evangelico viene calpestato; Dio, oltre che assetato di sangue umano e specialmente di quello dei bambini, viene descritto come un esponente della destra politica che, tramite suor Lucia, manifesta esplicitamente le sue simpatie per il dittatore Salazar; la Madonna è un’attivista politica anticomunista; in questa nuova religione fondata sulla dea madre, non si sa che fine abbia fatto la figura di Cristo; “l’umile” Lucia, forte dello sconsiderato riconoscimento tributatole con un’inchiesta farsa, “tiene per le palle” i vari pontefici, facendoli apparire come dei bugiardi impegnati a nascondere la volontà del Cielo.

Ma che volete ancora? Qui non c’è solo qualcosa che non va. E’ un’intera macchinazione blasfema, inizialmente costruita per gente analfabeta,  che oggi si regge in piedi perché nessuno si prende la briga o la responsabilità di indagare seriamente. Gli autori dei vari libri, anche noti, scelgono la comoda via della citazione e del sostegno reciproco. Non vengono neanche sfiorati dal dubbio che Lucia possa aver mentito. Per loro, Lucia è una candida ed innocente creatura privilegiata dalla Madonna e, di conseguenza, i papi sono degli esseri spregevoli, sporchi, brutti e cattivi che, non solo si sono rifiutati di consacrare la Russia, ma si sono perfino arrogati il diritto di occultare per rmolti anni il terzo segreto; e, quando finalmente lo hanno rivelato, ne hanno falsificato il testo o ne hanno tenuta nascosta una parte.

Come esempio tra tanti, riprendo il brano che segue dal libro “Il quarto segreto di Fatima” di Antonio Socci (edizione del 2011, pag. 114; la prima edizione è del 2008) il quale, tra un miliardo di citazioni (a proposito dell’autonomia investigatva!), cita anche un’intervista a padre Laurentin apparsa sul “Giornale” il 26 giugno 2000:

“La versione ufficiale [nota mia: dell’interpretazione ufficiale del segreto], secondo cui tutto ciò che fu proclamato a Fatima è già compiuto, faceva acqua da ogni parte. Del resto il trionfo del Cuore Immacolato di Maria non si vede nel mondo, tutt’altro, tanto meno la pace promessa e la conversione della Russia”.
Non contento, Socci aggiunge di suo: “Soprattutto dopo l’11 settembre 2001 è apparso chiaro che i moniti materni della Madonna sui castighi incombenti non sono consegnati al passato. Insomma il 26 giugno 2000 [nota mia: data della divulgazione del segreto] non tutto è stato detto. E forse il mistero si è fatto addirittura più fitto”.

“E’ apparso chiaro”? A chi? E queste puerili semplificazioni sarebbero delle prove che non tutto è stato detto? Scusate, ripeto per me, per convincermi che ho capito bene: la dimostrazione che il “il 26 giugno 2000 non tutto è stato detto” sarebbe data dal fatto che nel mondo non c’è pace, che la Russia non si è convertita e che nel 2001 c’è stato l’attentato alle torri gemelle!
Non so se si tratta di uno scherzo. A me sembra uno di quei falsi sillogismi del tipo: “Mia nonna ha tre denti; la forchetta ha tre denti; mia nonna è una forchetta”.

Ho la sensazione che i sentimenti prevalenti, di fronte al contenuto insulso del segreto, siano stati quelli dell’insoddisfazione e della frustrazione. La forte delusione, il rifiuto del confronto con la realtà, l’incapacità di rassegnazione avrebbero indotto alcuni  “fatimisti” a scaricare nel comodo alibi dei complotti e delle omissioni il loro puerile bisogno di perpetuare lo stato di attesa del soprannaturale.

Purtroppo per costoro, temo che, dopo aver ovviamente chiarito (se ne sono capaci) cosa significa in concreto “trionfo del Cuore Immacolato di Maria”, dovrebbero anche spiegare come pensano che tale trionfo e la connessa pace si possano estendere al mondo intero, “leggermente” più vasto e complesso di quanto riescano a concepire le menti di Padre Laurentin, di Antonio Socci e di suor Lucia. Neanche Cristo aspirava a tanto; anzi, non ha mai promesso alcuna pace su questa terra, bensì guerre, terremoti e tribolazioni. Magari, prima di “tifare” incondizionatamente per suor Lucia e per la sua Madonna immaginaria, sarebbe bene sfogliare qualche pagina dei Vangeli.
Mi sembrano molto eloquenti, al riguardo, le parole del Card. Tarcisio Bertone in “L’ultimo segreto di Fatima”:

L’eclissi della ragione ha prodotto il “fai da te” del sacro, una sorta di supermarket delle religioni e della fede. E, purtroppo, ci sono molti cattolici che rischiano di smarrire completamente la dimensione storica e incarnata dell’esperienza religiosa. Val più una Madonna che piange che una pagina del Vangelo … (omissis) … Cristiani che soffrono di un’ingenuità spirituale esposta alle insidie della superficialità e della disinformazione.

Tra l’altro, non so proprio se, al giorno d’oggi, abbiano ancora senso le perplessità di padre Laurentin  sulla mancata conversione della Russia, vista da Lucia come causa della diffusione del male nel mondo. Sono e sono stati tanti i mali della storia recente che con la Russia non hanno niente a che vedere. C’è solo l’imbarazzo della scelta. A solo titolo di esempio, ricordo i desaparecidos dell’America Latina (ben 40.000), la Shoah e le migliaia di vittime attuali del Mediterraneo!

Se poi, seguendo Socci, abbiamo bisogno anche dell’attentato dell’11 settembre per dedurre che non tutto il segreto di Fatima è stato svelato, allora forse è meglio che sfogliamo qualche giornale, oltre ai Vangeli: scopriremo che attentati, tsunami, terremoti, ribellioni, stragi, guerre, disastri aerei, alluvioni, sono catastrofi che ci sono sempre state e sempre ci saranno, con o senza i moniti di suor Lucia, e senza bisogno di evocare alcun segreto.

Cerchiamo perciò di stare coi piedi per terra, evitando di ridurre il cattolicesimo (e soprattutto il cristianesimo) a delle visioni miopi ed infantili della storia e del mondo. Il cristianesimo e la fede sono una cosa seria e grandiosa, non certo delle idiote “promesse di pace se fai il bravo”!

sabato 3 ottobre 2015

L'epitaffio di Nostradamus

Ho trattato come curiosità di limitato interesse l’argomento della lapide di Villa Vittoria, in quanto si tratta di oggetto di origine incerta e di dubbia autenticità; sull’interpretazione del suo contenuto sibillino ci si può anche divertire un po’, purché non ci si lasci coinvolgere come se si fosse in presenza di un grande mistero che aspetta di essere svelato.

Sicuramente meritevole di maggiore attenzione mi sembra una lapide che non è mai esistita nella sua forma materiale, ma solo come disegno. Se ne conosce con certezza la raffigurazione, il contenuto e, soprattutto, il libro nel quale si trova: una delle edizioni originali delle Centurie di Nostradamus. E’ possibile che racchiuda un codice, dal momento che non solo il testo possiede tutte le caratteristiche di tale codice, ma sappiamo già, per averlo verificato in numerose altre occasioni, che i disegni delle Centurie hanno sempre un significato preciso. Paradossalmente, di questa lapide, molto più affidabile ed interessante di quella della Domus Morozzo, nessuno parla; il motivo è che mai nessuno ha pensato che i disegni delle Centurie nascondano essi stessi un codice: e invece, se ben ricordo, grazie a questi disegni, in questo blog abbiamo decifrato l’enigma della cometa (copertina dell’edizione Du Rosne) e quello del sole (copertina dell’edizione Pierre Rigaud).

Riprendo ora anche qui l’argomento della lapide, traendolo dal mio libro “Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal”.
Ormai sappiamo con assoluta certezza, per averlo dimostrato più volte, che le edizioni originali delle Centurie, la cui stampa è stata supervisionata da Nostradamus, sono quattro. In queste edizioni, Nostradamus ha frammentato le sue chiavi di decifrazione e i suoi enigmi, lasciando ai suoi interpreti l’onere di rimettere insieme i pezzi che compongono il puzzle intero.
Una di queste edizioni  è quella del 1566, del tipografo Pierre Rigaud. All’interno è raffigurata una lapide, con l’epitaffio e con la data di morte di Nostradamus: 2 luglio 1566.


Naturalmente, alcuni pensaranno che l’epitaffio non sia stato composto da Nostradamus, se non altro nella parte relativa alla data della morte, mentre altri sosterranno senza esitazioni che Nostradamus, essendo un profeta, sapeva esattamente quando sarebbe morto. Spiacente di deludere, ma hanno torto entrambe le fazioni.

Il fatto è che quell’edizione delle centurie contiene alcuni minuscoli dettagli senza i quali salterebbe l’impostazione delle chiavi di decifrazione impostate da Nostradamus. Si tratta di particolarità così specifiche, da rendere impossibile che non ci sia stata la supervisione dell’autore.

Faccio un esempio, uno tra molti altri, tratto dall’epistola a Enrico II, inserita nell’edizione in questione:

La frase latina dell’epistola “à fato, mais à Deo à Natura” presenta la prima “à” e la parola “mais” in corsivo e il resto a caratteri normali; questo perché le poche parole a caratteri normali dell’intera epistola, opportunamente riorganizzate, costituiscono la chiave di ordinamento delle quartine. Un qualsiasi errore, anche minuscolo, avrebbe fatto saltare tutta l’impostazione. Immaginate, per un secondo, che quella “à” non sia in corsivo oppure che lo sia la “à” che precede la parola “Natura”. Poiché lo schema di Nostradamus è costruito su una tabella a doppia entrata, con incrocio di numeri e lettere (ricordate la tavola di Bourc?), qualsiasi errore sconvolgerebbe tutti gli incroci.
In effetti, non c’è neanche bisogno di pensare agli errori, se proviamo ad immaginare lo scenario. Nostradamus scrive con penna d’oca e non certo al computer. Come è possibile pensare che il tipografo sappia riconoscere, qua e là, esattamente le 652 lettere dell'epistola da stampare a caratteri normali in un lunghissimo testo che, per il resto, va stampato in corsivo?

La logica conseguenza di questa riflessione è che Nostradamus non sia affatto morto il 2 luglio 1566 e che, anzi, abbia curato la scrupolosa osservanza delle sue indicazioni nella stampa della citata edizione Pierre Rigaud delle Centurie, con tutto ciò che sta dentro, epitaffio compreso. Sono troppi i dettagli, apparentemente insignificanti, necessari a ricostruire il puzzle; non si può neanche lontanamente ipotizzare che non ci sia stata la supervisione del progettista.
Dirò di più. Allo stesso modo, Nostradamus ha curato anche l’edizione Benoist Rigaud del 1568 come dimostra, ed esempio, l’enigma delle “Tre centurie che completano il migliaio” (cfr. Il vero codice di Nostradamus). Anche in quel caso, una minuscola deviazione tipografica avrebbe reso irrisolvibile l’enigma.

Dunque, se lo stesso Nostradamus ha curato la pubblicazione dell’edizione delle centurie nella quale è intenzionalmente inserito l’epitaffio con la falsa data di morte, è verosimile ritenere che quell’epitaffio contenga esso stesso del codice.


…continua…