Tecniche di Nostradamus

venerdì 31 luglio 2015

Fatima: I testimoni del terzo segreto

Secondo una voce popolare, sulla cui fondatezza indagheremo più avanti, il terzo segreto deve essere reso pubblico nel 1960. Invece, quell’anno passa e nulla accade.
Da quel momento in poi, i pettegolezzi si susseguono; i complottisti ci sguazzano; interi libri vengono scritti sulla base delle dichiarazioni di questo e di quello, in particolare di Mons. Capovilla (segretario di Giovanni XXIII)  e del Card. Ottaviani, prima segretario del Sant’Uffizio e poi Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.
In realtà, le presunte dichiarazioni (e ribadisco “presunte”) di questi due porporati e di numerosi altri prosperano come le margherite a primavera e si smentiscono l’una con l’altra. Poco ci manca che si aggiungano anche le dichiarazioni del cane-mascotte delle guardie svizzere. Insomma, a prestar fede a queste voci, tutto il Vaticano è a conoscenza di un segreto che la Chiesa non vuole rivelare. Una rivista tedesca arriva a pubblicarne un apocalittico testo; si scoprirà poi che si tratta di un falso… mi sarei sorpreso del contrario. Qualcuno conosce addirittura il numero approssimativo delle righe dello scritto di Lucia. Si parla di buste e controbuste; di annotazioni; perfino di due segreti.

Nel nome della già promessa concisione, vi risparmio i dettagli di tutte queste imbecillità. Dico solo che, a giudicare dalle varie “confidenze”, il segreto di Fatima è diventato il segreto di Pulcinella. Tutti dicono di esserne a conoscenza, ma di essere vincolati al silenzio; però, con “te che sei un amico”, posso spezzare questo vincolo e ti confido che…

Ce ne sarebbe abbastanza perché qualsiasi persona con un minimo di sale in zucca ne prenda le distanze e, invece, ogni confidenza diventa mangime per scrittori acchiappapolli, privi del minimo senso del pudore, che vi possono sguazzare dentro per la costruzione delle loro ridicole storie personalizzate. E pensare che li ho letti tutti, i loro libri, solo per scoprire che, a salvaguardia della mia dignità di studioso serio, mi sarei potuto e dovuto risparmiare la fatica! I segnali della cialtroneria c’erano tutti. Per espiare la mia colpa, ogni sera mi metto davanti allo specchio professando dieci minuti di vergogna. Per esaurire l’intera penitenza, credo che ne avrò ancora per parecchi decenni.

La verità, quella vera che più vera non si può, è che, nonostante tutti ne parlino, dopo il 1960 e per molti anni, nessuno sa più nulla del segreto. Non si sa se nemmeno il successore di Giovanni XXIII, Paolo VI, lo abbia letto; sembra di sì, e che abbia deciso di proseguire nell’atteggiamento di diffidenza di Giovanni XXIII. Sicuramente non possono averlo letto i numerosi prelati mitomani e millantatori che, lasciandosi sfuggire a raffica le più strampalate soffiate sul suo contenuto, si smentiscono tra di loro e non di rado da soli. A dimostrazione che sparano solo fesserie!

sabato 25 luglio 2015

Domus Morozzo: l'enigma del 1556

Riprendiamo l’analisi della lapide di Torino, cominciando con l’anno della data. Ribadisco dallo scorso post che la struttura del testo suggerisce di ragionare sull’ipotesi, niente affatto scontata, che in esso sia celato un crittogramma, cioè un particolare tipo di codice da individuare con le tecniche della crittografia. Si tratta cioè di trovare una “chiave” di lettura, se esiste, che permetta di portare alla luce un eventuale messaggio nascosto, evitando la trappola degli infiniti tentativi per prova ed errore.



Leggo dappertutto che l’anno in cima alla lapide viene unanimemente considerato il 1556. Probabilmente, l’intenzione del crittografo era di dare questa impressione ma, di fatto, la lapide mostra più esattamente la scritta “I S S 6”. Forse a qualcuno la cosa può sembrare irrilevante ma, dal punto di vista crittografico, la differenza è fondamentale. Se si fosse voluto scrivere 1556, non si sarebbe adottata questa forma tipografica; evidentemente si è voluto dare un segnale che non è stato colto.

In effetti, se di enigma si tratta, esso è assai simile a quello dell’anno 1999 della quartina X,72:

L’an mil neuf cens nonante neuf sept mois
…etc…
…etc…
…etc…

Chi ha letto il libro “Il vero codice di Nostradamus” sa che abbiamo risolto l’enigma ricorrendo a quelle tecniche cabalistiche che stanno alla base di molti enigmi di Nostradamus. In particolare, abbiamo fatto ricorso alla Gematriah, che prevede la piena fungibilità tra numeri e lettere, ciò l’indifferenza nell’uso dei numeri o delle corrispondenti lettere.
Ciò che a noi, magari, può sembrare un po’ strano, era normalissimo nel medioevo e nel rinascimento, quando queste conversioni erano assai ricorrenti nella costruzione degli enigmi. Se ne avete uno da risolvere, partite dalla Gematriah[1]: il più delle volte ci prendete. Semmai, il vero problema non è la conversione, ma il “modo” in cui la conversione è trattata.

Per esempio, nel caso di “I S S 6”, è sufficiente convertire solo la “I” per ottenere il numero 9. A questo punto, l’intestazione (non mi va proprio giù di chiamarla “anno”) si trasforma in “9 S S 6”.
Un criterio crittograficamente più logico ed elegante richiede invece la conversione di tutta la parte letterale, in modo da ottenere un numero di quattro cifre, anziché un miscuglio di numeri e lettere. Adottando questa soluzione, oltre alla “I” bisognerebbe convertire anche le due “S”, ottenendo al loro posto due “8” (S=17=1+7). In tal caso l’intestazione verrebbe trasformata in “9 8 8 6” senza che l’effetto finale cambi rispetto a “9 S S 6”.
In entrambi i casi, infatti, l’intestazione capovolta (rotazione verticale) e invertita (rotazione orizzontale) si legge sempre “9 S S 6” o “9 8 8 6”.
Si tratta di due ipotesi forti, che si sostengono a vicenda per via del risultato equivalente. La seconda, in particolare, è suggerita dall’ovvia considerazione che un anno (per quanto fittizio) debba essere composto da quattro cifre e non da un misto di lettere e cifre.

Si tratterebbe, dunque, di un metodo di codifica analogo a quello del 1999 della quartina X,72, ma reso più articolato dal criterio dell’inversione adottato con grande frequenza da Nostradamus. Restando al citato libro, potrei ricordare il 17 che diventa 71 della quartina V,92; “les citez revoltées” (le citate rivoltate) del Presagio di maggio 1555; “volventur saxa litteris” (lettere da rovesciare) della Paraphrase de Galen. Ma potrei aggiungere altri esempi quale “la chaisne qui contient sa revolution” (la catena che contiene il suo contrario) dell’epistola a Enrico II o anche l’espressione “perduta la perfetta religione, cominceranno a colpire a sinistra per tornare a destra”, della stessa epistola. In tutte queste circostanze, e in altre ancora, Nostradamus raccomanda semplicemente “l’inversione” di qualcosa.

E proprio una doppia inversione sembra essere suggerita dal “9 S S 6” e dal “9 8 8 6”, ovviamente riferita al testo della lapide; un procedimento tipico di molti codici, che trovano nell’intestazione le istruzioni di base per decifrare il testo.
Se l’intuizione è corretta, il primo passo verso la decodifica consiste nell’inversione del testo da destra verso sinistra e dal basso verso l’alto, cioè dall’angolo inferiore destro a quello superiore sinistro.

EREITNH ENIVR
AL ARVO ESIRPEM
EM IVQ ERIOLG ALARVA
ERONOHM IVQ ERIOTCIV AL
ELLEP AM EI ERIOTAGRVP EL
REFNEL SIDARAP EL AII LI NO
ICI EGOL A SVMAD ERTSON

…continua…





[1] Per le tabelle di Gematriah, cfr. il mio libro “Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal”.

giovedì 23 luglio 2015

Fatima: La vera storia del terzo segreto

La storia del terzo segreto conosciuta dal grande pubblico si fonda  su un miscuglio di pochi fatti e molte illazioni. Cercherò di seguito di apportare un piccolo contributo alla chiarezza delle cose.

Lucia riceve la rivelazione del terzo segreto nel corso dell’apparizione del 13 luglio 1917, ma lo mette per iscritto solo nei primi giorni del 1944, ben 27 anni dopo (!!), su ordine del vescovo di Leiria e previa autorizzazione da parte della Madonna: sembra che anche le cose del cielo, in fatto di lungaggini temporali e  di osservanze gerarchiche, non abbiano nulla da invidiare agli attuali procedimenti burocratici della pubblica amministrazione.
Successivamente, sempre nel rigoroso rispetto delle regole burocratiche, la suora aspetta l’opportunità, che arriva il 17 giugno 1944, per consegnare il testo del segreto, chiuso in una busta, al vescovo di Gurza, perché lo consegni a sua volta al vescovo di Leiria. Quest’ultimo chiude la busta di Lucia in un’altra busta, che conserva in cassaforte.

Nulla si sa sul come e sul quando Lucia abbia fornito indicazioni sulla data di pubblicazione della rivelazione che, si dirà poi, sarebbe dovuta avvenire nel 1960. Verificheremo più avanti se ciò corrisponde a verità.

Avvicinandosi la presunta scadenza, nel 1957 il Vaticano chiede che il segreto venga inviato a Roma. Finalmente, dopo 40 anni, si decide di prendere in mano la situazione!
Che lo scopo sia esclusivamente quello di sottrarre ogni ulteriore iniziativa al “maneggione” episcopato portoghese, è dimostrato dal fatto che Pio XII, a quanto sembra, non legge il segreto. Certamente non vi dà alcun seguito. Né potrebbe essere diversamente, viste le crescenti prese di distanza che, nel tempo, questo Papa prende da Fatima, arrivando perfino ad affermare che “Fatima ha costituito la maggiore delusione del mio pontificato” (affermazione poi smentita).

Il segreto viene invece letto da Giovanni XXIII, che decide di non renderlo noto. Evidentemente vuole porre fine a una farsa che ormai è abbondantemente sconfinata nel ridicolo. Di fatto, Giovanni XXIII segue le orme dei suoi predecessori, Pio XI e Pio XII, nel prendere le distanze dai ricatti di suor Lucia che, sotto la veste di finta umiltà, lancia strali isterici contro chiunque non creda alle parole della Madonna, cioè alle sue. Il Papa ne è così stufo da vietarle ogni contatto con chicchessia: in pratica, la sequestra nel convento, rinforzando le analoghe restrizioni già imposte da Pio XII.

Non dimentichiamo che Giovanni XXIII segue, nei limiti del possibile, una politica di amicizia con la Russia, al punto da ricevere cordialmente in Vaticano la figlia ed il genero di Nikita Kruscev. L’esatto contrario dello spirito anticomunista ed antisovietico di Fatima. Egli, dunque, non archivia il terzo segreto per chissà quale motivo; molto semplicemente, la sua pubblicazione costituirebbe un avallo dei dettami e dei sentimenti anticomunisti di chi sta alle spalle di suor Lucia, alle cui visioni dimostra di non credere.

Eppure una deduzione così semplice ed ovvia sfugge alla comprensione comune che vede, nel gesto del papa, l’occultamento di chissà quale rivelazione apocalittica. In un clima che, per effetto delle controversie sul Concilio Vaticano II, si fa sempre più arroventato col trascorrere del tempo, il contenuto del terzo segreto diventa nell’immaginazione collettiva, eccitata dal sensazionalismo di  vaticanisti da strapazzo e scrittori di bassa lega, il mistero dell’apostasia della Chiesa degli ultimi tempi.

sabato 18 luglio 2015

La lapide di Domus Morozzo


Questa volta vorrei parlare della lapide della “Domus Morozzo”, nota a molti cultori di Nostradamus.
La leggenda vuole che Nostradamus, in visita a Torino, abbia soggiornato nella villa “La Vittoria”, successivamente denominata “Domus Morozzo”.

Per prevenire eventuali obiezioni, chiariamo subito che per me non esiste alcun nesso tra le iniziali di “Domus Morozzo” e la “scritta D.M.” della quartina VIII,66. Quest’ultima ha un significato cabalistico, trattato nel libro “Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal”. In ogni caso, una scritta “D.M.” sta anche in cima all’epitaffio predisposto per il padre da Cesare Nostradamus. Non mi è perciò chiaro come si possa sostenere che sia stata proprio la “Domus Morozzo” a dare origine alla quartina VIII,66 senza giustificare questa affermazione con la spiegazione della quartina stessa; spiegazione che, a parte me, non risulta sia mai stata data da alcuno. Chiusa parentesi.

In memoria della visita a Torino, sarebbe stata appesa a un muro una lapide con una iscrizione sibillina e con l’indicazione dell’anno 1556 (?). In pratica, dicono alcuni, dovrebbe trattarsi di un crittogramma, cioè di una scrittura in codice, predisposto dallo stesso Nostradamus..


 1556 – Nostradamus ha alloggiato qui, dove c’è il paradiso, l’inferno, il purgatorio. Io mi chiamo la Vittoria. Chi mi onora avrà la gloria, chi mi disprezza avrà la rovina intera.


Le notizie su questa lapide sono assai incerte, tenuto anche conto che sarebbe stata vista per l’ultima volta negli anni ‘70; poi è sparita. Esiste, comunque, una foto del 1922, riprodotta sopra. Da quel che leggo, Renucio Boscolo, studioso di Nostradamus, sostiene di custodirla a casa sua.
Per completezza di informazione bisogna aggiungere che, da qualche parte, esiste anche una falsa lapide la cui foto, spacciata per originale, presenta qualche differenza rispetto a quella del 1922. Il buon senso esige che, quando si studiano oggetti antichi, bisogna andare sempre coi piedi di piombo. Lo dico perché, in linea di principio, non è corretto vedere lo zampino di Nostradamus in un oggetto che semplicemente lo menzioni. Chi ha letto il libro "L'ultima chiave" sa bene le ricerche che ho dovuto effettuare e gli indizi che ho dovuto trovare prima di proclamare l'autenticità dell'equatorium del Museo delle Scienze di Oxford.

Premetto che, di fatto, la faccenda della lapide mi interessa solo marginalmente, perché essa non fa parte degli strumenti di decifrazione che Nostradamus ha indicato uno per uno sotto forma di enigmi (differenti edizioni delle centurie, epistole, equatorium, tavola di Bourc, etc.). Ammesso che un eventuale riferimento alla lapide possa essermi sfuggito, sulla base della mia esperienza col “codice Nostradamus” mi sento di sostenere che tale riferimento dovrebbe essere di scarsa rilevanza, oltre che trovarsi in qualche opera minore non adeguatamente esaminata. Di conseguenza, posso fare due ipotesi:

- la lapide è una burla, contiene cioè un falso codice, e sarebbe sciocco sprecare del tempo per studiarla (è l’ipotesi che privilegio anche se, per il seguito, ci muoveremo sulla base dell’ipotesi di autenticità); 
- la lapide è autentica, ma il suo contenuto non offre alcun valore aggiunto rispetto alle altre chiavi; semmai, sarebbe espressione dell’abitudine di Nostradamus a duplicare informazioni già fornite altrove. Di fatto non mi serve e non ho alcun interesse, al di fuori di quella che potrebbe essere una sfida intellettuale, a spenderci settimane o mesi per tentare di decifrarla, senza peraltro alcuna garanzia di risultato. Per usare un famoso detto, secondo me “il gioco non vale la candela”.

E’ importante sottolineare che, benché la lapide presenti alcune caratteristiche compatibili con lo stile degli enigmi di Nostradamus, non è affatto difficile scovare enigmi rinascimentali con similitudini strutturali tra di loro. A quell’epoca, i crittologi si rincorrevano l’un l’altro e le loro strade si assomigliavano tutte: ad esempio, Tritemio, John Dee e Nostradamus usano dei sistemi largamente sovrapponibili; le tecniche cabalistiche di Cornelio Agrippa e quelle di Nostradamus sono identiche; il nomenclatore di Nostradamus è strutturato come quello di Lavinde; la crittografia di Leon Battista Alberti costituisce la base per i successivi sistemi di cifratura; e così via.

Premesse dunque le mie perplessità sull’origine della lapide, fornirò alcune indicazioni su come bisognerebbe procedere per cimentarsi nell’impresa di aggressione al presunto codice. E’ evidente che l’indisponibilità di una corretta soluzione non mi impedisce di considerare invalide, per la loro superficialità e per i macroscopici errori concettuali, le improvvisate soluzioni delle quali si legge in giro. La crittografia è sempre stata una scienza esatta, che non ammette alcuna forma di semplificazione o approssimazione. Le soluzioni corrette si riconoscono subito; per esclusione, si riconoscono anche quelle sbagliate…

martedì 14 luglio 2015

I misteri e le banalità

Ieri sera ho visto la puntata di Voyager su Rai2. L’ho guardata con una certa riluttanza, perché non apprezzo la leggerezza con cui solitamente il conduttore tratta questi argomenti del mistero: molto sensazionalismo e nessuna vera inchiesta.
Un grave peccato, perché molto spesso gli argomenti hanno un contenuto culturale che offre potenzialmente un enorme serbatoio per gli approfondimenti.

Comunque, un concentrato di banalità e di inesattezze. Né ci si poteva aspettare di meglio se, in un paio di ore, si crea un minestrone che include Lourdes, Catarismo, Rennes le Chateau, Maria Maddalena, Van Gogh e Nostradamus, riproponendo sempre le solite chiacchiere: dai “Dossier segreti” di Plantard, con l’avvertenza finale che si tratta di un  falso (e allora perché li tratti e, soprattutto, perché non lo dici subito?); a Gesù che bacia Maria Maddalena sulla bocca (senza dire che la fonte della notizia, il papiro con il Vangelo di Filippo, presenta un vistoso buco nel punto in cui la leggenda ha supposto che ci fosse la parola “bocca”; per quel che si sa, potrebbe benissimo essere testa, mano, guancia); all’accostamento della (inesistente) profezia di Nostradamus sulle torri gemelle alla torre in fiamme dei Vaticinia di Nostradamus, che è semplicemente la riproduzione di una carta dei tarocchi.
Ciliegina sulla torta, l’errata attribuzione a Nostradamus dei Vaticinia, senza dire che sono riproduzioni di raccolte antiche di diversa origine. Non c’è bisogno di andare lontano per scoprirlo: basta leggere la prima e l’ultima pagina del libercolo contenente i disegni. Se ancora non si è convinti, basta consultare il sito “Manus on Line” della Biblioteca Centrale di Roma, che vale certamente molto più delle leggende metropolitane. Se infine si vuol conoscere la storia completa dei Vaticinia, basta scorrere un po’ questo stesso blog, nei post di un paio di anni  fa.


Insomma, tempo perso di una serata afosa, al rientro da una breve passeggiata con mia moglie lungo la spiaggia, gustando un buon gelato. Vabbe’… la trasmissione di Rai2 ci può pure stare! Basta prenderla come una barzelletta. Le inchieste sono tutt’altra cosa.

sabato 11 luglio 2015

Fatima: Dal secondo al terzo segreto

Quando ho iniziato le mie ricerche su Fatima, l’ho fatto con intenzioni di massima obiettività e senza pregiudizi. Al limite, se pregiudizio c’era, questo era a favore delle apparizioni.
Man mano che andavo avanti nell’indagine, scoprivo purtroppo che era stato costruito un castello di carte nel quale non c’era carta che poggiasse su base solida.
E’ convinzione diffusa che, di fronte ad eventi come quello di Fatima, bisogna avere fede. Ci si dimentica di dire che la fede si accorda a cose che non si vedono e delle quali non si hanno prove. Quando, invece, queste prove esistono, allora si esce dal campo della fede per entrare in quello della ragione. Nel nostro caso, le prove ci sono; eccome! Sono le prove della mistificazione.
Quand’anche così non fosse, la fede resterebbe comunque una scelta intima e personale, indipendente dai ricatti delle varie Lucia o dai comportamenti delle masse.
C’è da mettersi le mani ai capelli quando perfino un vaticanista come Vittorio Messori, riferendosi a Medjugorje, considera inspiegabilmente la frequentazione di un luogo di culto come legittimazione dei presunti eventi miracolosi che vi si sarebbero verificati. Infatti, intervenendo alcuni giorni fa al 34esimo anniversario della prima apparizione ai veggenti nella cittadina dell'Erzegovina, il giornalista dice che "se si sconfessassero le apparizioni, addirittura temo qualcosa come uno scisma, perché Medjugorje ha rappresentato in questi anni il maggior movimento di masse di una cattolicità malridotta, dopo il Concilio".

Per Messori non è dunque la verità a dover trionfare, ma ciò che molta gente, quella che la pensa come forse la pensa lui, percepisce come verità. Non ho parole. La storia religiosa del mondo è ricca di falsi déi che non cessano di essere tali per il fatto di formare oggetto di adorazione delle masse. Questa non è fede, ma il peggior servizio che si possa rendere alla fede. Un servizio già ripetutamente proposto negli anni anche a sostegno dei fatti di Fatima.

Da parte mia, certo della falsità di quei fatti, non posso essere privo di pregiudizi nel trattare il terzo segreto. Di conseguenza, non mi ritengo in grado di affrontare l’argomento con spirito obiettivamente critico, alla ricerca di una verità alternativa a quella che considero ormai acclarata. Per questo motivo, non sento neanche il bisogno di insistere nella confutazione delle contorsioni mentali alle quali hanno fatto ricorso certi autori di interi libri sul terzo segreto, pur di sostenere le loro tesi. Sarebbe come confutare l’esistenza di Babbo Natale. Mi atterrò perciò all’essenziale, cominciando col chiarire succintamente un equivoco piuttosto diffuso.

Nella quarta memoria, scritta nel 1941,  alla fine della descrizione del secondo segreto, Lucia aggiunge: “In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede, ecc.”

In molti hanno interpretato questa frase come un’introduzione al terzo segreto, restando poi delusi quando il testo reso noto nell’anno 2000 ha rivelato di non avere alcun legame con la presunta premessa. Da qui, la deduzione che il terzo segreto, nella forma divulgata, è un falso; convinzione avallata anche dall’abbreviazione “ecc.”, incompatibile con un testo che, anziché proseguire il discorso, inizia ex-novo proponendo delle visioni.

Per me è evidente che la questione del Portogallo chiude il secondo segreto e non vuole essere l’inizio del terzo, che Lucia stessa afferma di non voler rivelare. Né c’è da meravigliarsi di questa frase strana, visto che tutte le vicende di Fatima, come abbiamo visto in passato, presentano delle forti connotazioni nazionalistiche, con dei ricorrenti riferimenti al Portogallo, anche laddove sono fuori tema.
Se ricordate, si pretende addirittura che la Madonna abbia inviato per vie indirette una profezia specifica sul Portogallo anche al sacerdote Formigao. Prima delle visioni della Madonna, a Lucia sarebbe apparso l’Angelo del Portogallo. E potrei continuare.
Mi pare ovvio, e soprattutto necessario, che il Portogallo venga presentato come beneficiario di una speciale predilezione, visto che tutto l’imbroglio si fonda sul connubio tra sistema politico e sistema ecclesiastico nazionale, in funzione anticomunista. Impossibile, quindi, che un occhio di riguardo per questo Paese possa essere assente nei segreti, che costituiscono il punto culminante di tutta la manifestazione.
Il secondo segreto, come abbiamo visto, è in effetti una lista della spesa, ricca degli articoli più disparati; il Portogallo è semplicemente un articolo in più. C’è da dire che il riferimento al Portogallo manca nella descrizione del secondo segreto della terza memoria, ma appare nella quarta. Perché questa strana aggiunta? Anziché fare sofismi su un presunto legame col terzo segreto, sarebbe più logico prendere in considerazione la più verosimile ipotesi che, in un oceano di bugie, qualcuno abbia detto a Lucia:

-         Dài, su! Fai la brava! Nella quarta memoria, arricchisci il secondo segreto con qualcosa di bello per il nostro Paese e salirai di un gradino nella scala del Paradiso. La Madonna di Fatima è sempre stata presentata come la Madonna del Portogallo; ricordalo alla gente anche in questa circostanza.

Ancora più ridicole le obiezioni su “ecc.”, secondo le quali la successiva descrizione del terzo segreto non mostra continuità col discorso interrotto.
In effetti, l’abbreviazione non è l’interruzione di un discorso, ma sta semplicemente a significare che c’è dell’altro: cioè, quel terzo segreto che, in quel momento, non viene rivelato. Dov’è la stranezza?
A prescindere dalla valutazione che si vuol fare del personaggio, è una constatazione obiettiva che Lucia non sia una letterata dalla penna fine. Andare a sofisticare sulle modalità formali ed espressive è veramente ridicolo, quando poi si sorvola sulle gigantesche contraddizioni di sostanza che dissemina a getto continuo.
C’è da aggiungere che la suora completa la stesura del segreto alcuni anni dopo le memorie; è perciò inimmaginabile che possa riprendere il discorso proseguendo dall’interruzione. E’ del tutto logico che cominci la nuova narrazione con delle espressioni di senso compiuto. Non so proprio come avrebbe potuto fare diversamente. Tra tutti quelli che protestano, mi piacerebbe incontrarne uno che scriva nel suo diario:

Stamattina, quando sono uscito di casa, pioveva….

E poi, dopo alcuni anni, volendo proseguire col racconto, aggiunga nell’ultima pagina del diario:

…ed ho preso l’ombrello.

Non vi racconto le idiote elucubrazioni che sono state fatte sui due punti appena  trattati. E’ già tanto se ho cercato di sintetizzare, forse male, le mie confutazioni; troverei mortificante per il mio senso logico sprecarci sopra ulteriore tempo.
   








sabato 4 luglio 2015

Il tesoro di Nostradamus

da "Lost - terza stagione"


E’ venuto il momento di parlare del tesoro di Nostradamus. Sento già che mi vorreste chiedere: “In cosa consiste questo tesoro?”.
Tranquilli, ve lo dico subito. Purtroppo, c’è un “ma”… anzi, una serie di “ma”.

Il fatto è che Nostradamus abusa del termine “tesoro”, indicando cose diverse. E’ probabile che uno dei suoi tesori consista nel fantomatico tesoro dei Catari o dei Templari, qualunque cosa esso sia. Al riguardo e con le opportune avvertenze, ho fatto dei voli di fantasia nel libro “Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal”, riferendomi al tesoro della quartina VIII,66:


Quando si troverà la scritta D.M.,
E verrà scoperta un cava antica con lampada,
Legge, Re e Principe Ulpian provata (femminile singolare),
Bandiera Regina e Duca sotto la coperta.

Tuttavia, per confondere i suoi lettori, Nostradamus chiama “tesoro” anche la chiave dei suoi enigmi o, piuttosto, il mazzo di chiavi. Sappiamo bene che esiste una chiave di ridisposizione delle frasi in latino; una chiave di ordinamento delle Centurie; una chiave di ordinamento delle quartine; una chiave cabalistica (Gematriah, Temurah, Notarikon) per la conversione di lettere e numeri; una chiave fondata sul Sepher Yetzirah per la struttura delle Centurie; un dizionario allegorico creato sullo stile di quello di Lavinde.
Più in concreto, sappiamo che una delle chiavi mnemoniche è il nome “Caesar Nostradamus Chiren”; che altre chiavi mnemoniche sono le frasi in latino; che il computer usato è l’equatorium di Carpentras; che la tabella di conversione è la “tavola di Bourc” del libro di Avignone; che esistono degli “incroci” tra elementi di matrici.

Per finire, Nostradamus chiama “tesoro” anche lo stesso contenuto in chiaro delle Centurie, cioè quella parte di esse che costituisce la vera e propria “narrazione”.
Di conseguenza, “trovare il tesoro” può riferirsi al tesoro della quartina VIII,66 oppure alla scoperta delle chiavi di decifrazione o, infine, allo stesso racconto che attraversa le Centurie.

So benissimo che siete scettici, ma Nostradamus voleva proprio questo. Sapeva che, se non credete a una cosa, non farete nulla per trovarla. Mi sembra perfino di sentirlo sghignazzare!

Ricorrendo a un nuovo esempio di integrazione tra indizi diversi, cerco di dare una dimostrazione del terzo tipo di “tesoro” facendovi notare che, dopo il tesoro della VIII,66, spunta fuori anche quello della quartina  V,66. In realtà, la parola “tesoro” è assente nella V,66, ma continuate a leggere e capirete.


 Sotto gli antichi edifici vestali,
Non lontano dall’acquedotto in rovina:
Di sole e luna sono i metalli lucenti.
Ardente lampada Traiana d’oro brunito.

Sul piano letterale, dovremmo trovare una lampada ardente sotto un antico tempio vestale. Quando l’avremo trovata, dice la IX,9…


 Quando lampada ardente di fuoco inestinguibile
Sarà trovata nel tempio delle Vestali,
Trovato bambino; fuoco e acqua passano per il filtro:
Nimes per acqua perirà, a Tolosa cadono i vincoli[1].

Chiaro che ci stiamo confrontando con un linguaggio arcano ed intraducibile, fatto di allegorie, simboli e conversioni cabalistiche. Ad esempio, negli ultimi due versi, Nostradamus avverte: “Fuoco e acqua vanno filtrati, per far cadere i legacci”.
Tuttavia, lo scopo non è adesso di spiegare le due quartine, ma di dimostrare che, per completarne quanto meno la semplice lettura, dobbiamo guardare in un posto nel quale nessuno penserebbe (e, tanto per cambiare, nessuno ha mai pensato) di guardare: in una pressoché sconosciuta lettera del 20 gennaio 1562 all’amico Dominico Sanstefanio. Come si può sperare di capire Nostradamus se, prima, non si mettono insieme tutti quei pezzi che egli ha sapientemente distribuito? Davvero vogliamo credere che il primo sprovveduto di passaggio possa capire una quartina solo leggendola, pretendendo perfino di  svilupparvi sopra una profezia? Non riuscirò mai a capire l’ingenuità di quell’esercito di aspiranti profeti che da cinque secoli gira a vuoto intorno alle Centurie, senza neanche sospettare che Nostradamus abbia fissato delle regole per renderne obiettiva la lettura!

La lettera della quale vi sto parlando è in latino ed è abbastanza lunga. Vi trascrivo alcuni punti interessanti, ovviamente nella loro traduzione in italiano.

Un tesoro nascosto in certe regioni della Spagna… ho scoperto che in terra taragonese, oggi regno d’Aragona, vi è una certa quantità di oro e argento [i metalli lucenti di Sole e Luna della V,66]; il luogo si chiama Batestan, non lontano da Saragozza… sotto le macerie di un antico tempio [il tempio delle Vestali delle due quartine], c’è un pozzo profondo, coperto da una pietra quadrata… in cui si vede l’effigie di un leone con la spada in bocca… Là c’è un’urna e una lampada che brucia perennemente [la lampada dal fuoco inestinguibile delle due quartine], presso la quale si trova il tesoro… Per cominciare gli scavi, attendete il mese di giugno; da metà giugno a metà luglio avrete un periodo favorevole per quest’attività… Inoltre, prima di scendere nel pozzo, munitevi di una torcia; se questa si spegne, non entrate.

Mi dicono che il povero Dominico Sanstefanio (o forse il suo spettro) sia ancora lì a scavare, seguendo le indicazioni di Nostradamus, esattamente come coloro che da 500 anni “scavano” tra le quartine, credendo di leggervi il futuro.
Pensa, il poveretto, di trovare veramente un tesoro illuminato da una lampada inestinguibile; non si domanda neanche quale energia possa alimentare perpetuamente una tale lampada, senza mai esaurirsi. Non mette minimamente in dubbio ciò che Nostradamus gli ha scritto ma, se ci riflettesse sopra, capirebbe che il tesoro è il reale contenuto delle Centurie, illuminato dalla luce della giusta intelligenza.
E proprio come il poveretto non si rende conto che, se il tesoro è lì a giugno, allora dovrebbe esserci anche a maggio, a settembre ed in qualsiasi altro mese, ugualmente gli interpreti delle quartine credono letteralmente alle parole di Nostradamus, prendendole per oro colato e senza mai dubitare che possano avere un senso diverso da quello dichiarato.
E così come il poveretto deve [ovviamente] accendere una torcia prima di scendere nel pozzo, i lettori di quartine dovrebbero [un po’ meno ovviamente] accendere la lampadina del cervello e tenerla accesa, altrimenti “non entrate; se non accendete prima la vostra torcia, non potete arrivare alla luce permanente che illumina il tesoro”. I pasti gratis non esistono.

Al di là delle allegorie, alle quali siete liberi di non credere, mi spiegate come si fa ad avere un quadro corretto di ciò che dicono le due quartine, se non si legge anche la lettera a Sanstefanio? Addirittura, dalle sole quartine, non si capisce neanche che si sta parlando di un tesoro, qualunque significato si voglia attribuire alla parola “tesoro”.
Ecco perché dico sempre che chiunque legga singolarmente le quartine chissà cosa capisce! E’ come se pretendesse di riconoscere il disegno di un mosaico dall’osservazione dei singoli tasselli.

Eppure, così fan tutti… convinti, come il povero Sanstefanio, che prima o poi troveranno il tesoro. Buon divertimento!




[1] Letteralmente: cadono le corde. Patrian, molto attento in altre circostanze, qui sbaglia e traduce con: “Tolosa chiude i mercati”.