Tecniche di Nostradamus

venerdì 30 novembre 2012

Per i forti di stomaco only


Individuata la stonatura, dobbiamo notare che è lo stesso Matteo a richiamare con forza l’attenzione su di essa; vedremo presto come lo fa.
Intanto, come premessa per capire bene, bisogna sapere che, per gli ebrei, i numeri erano lettere e le lettere erano numeri. A noi la questione  può sembrare bizzarra o, nella migliore delle ipotesi, possiamo pensare a una specie di superstizione cabalistica, buona per giocare i numeri al lotto.
Non era così per gli ebrei colti, per i quali questa corrispondenza era l’essenza, l’anima stessa  della loro visione mistica. Ne abbiamo visto un esempio col 666 dell’Apocalisse, che certo non è un giochetto da poco.
Non possiamo capirne l’importanza se non ci immergiamo nella cultura ebraica di quei tempi. Per i mistici ebrei, tutto è cabala. Ad esempio, avete presente il Vangelo di Luca (10, 1)?

Il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due innanzi a sé, in ogni città o luogo dov’egli stesso voleva andare.

Perché proprio 72? Ammetterete che non è un numero qualsiasi, come potrebbe essere 50, oppure 60 oppure 100.
Inoltre, se i discepoli andavano a coppia in ogni città dov’egli stesso voleva andare, dobbiamo supporre che, nei tre anni della sua predicazione, abbia visitato 36 città.
Certo, 12 città ogni anno sono possibili anche se, non ci crederete, a quei tempi non esistevano treni, moto, e automobili e non sembra che Gesù andasse a cavallo o in carrozza. I Vangeli, del resto, non lo descrivono come un viaggiatore compulsivo. Ma, allora, perché tutta questa fretta di inviare 72 discepoli tutti insieme? Non sarebbe stato meglio farsi precedere solo un pizzico di tempo prima della sua visita? Perché farsi preannunciare con molto anticipo anche in quelle città ove la sua visita sarebbe avvenuta molto tempo dopo?
Anche i bambini capirebbero che qualcosa non torna… se solo non fossero condizionati dagli insegnamenti ricevuti. Insomma, non è verosimile che abbia inviato in giro 72 discepoli contemporaneamente, per preannunciare la sua visita; forse si trattava di un gruppo molto più ristretto, diciamo tre o quattro, ma non 72. Cerchiamo perciò una spiegazione alternativa, che nessuno vi darà mai.

Il numero 72 è un numero ben preciso, certamente non casuale.
La ragione è che 72 sono i nomi di Dio conosciuti dalla cabala.
E come si ottiene questo 72?
Nell’Esodo (14, 19-21) appare un fenomeno unico in tutta la Torah che, come sapete, è stata consegnata da Dio a Mosé. I tre versi (19, 20 e 21) sono composti, ciascuno, da 72 lettere. Da quelle lettere i mistici ebrei ricavavano i nomi di Dio:

prima lettera del primo verso, ultima del secondo e prima del terzo;
seconda lettera del primo verso, penultima del secondo e seconda del terzo;
e così via, fino a formare 72 gruppi di 3 lettere ciascuno.

Ora, che Gesù abbia inviato veramente 72 discepoli o che questa sia un’invenzione dell’evangelista Luca, la scelta del numero ha origine cabalistica, perché è così che si ragionava a quei tempi (se volete contare da soli, saltate i trattini “-“, che non sono lettere, e non vi confondete con la punteggiatura). L’immagine dei 72 discepoli che si spargono nel territorio è simile a quella dell’acqua sparsa per terra, che si estende a raggiera; simboleggia la diffusione dei 72 nomi di Dio, che viene “presentato” alla gente comune, fuori dalle sinagoghe e dagli ambienti farisaici. In pratica, Gesù diffonde la conoscenza di Dio.



Perché li ha inviati “a due a due”? Sappiate che qui siamo in pieno gnosticismo!
Possibile? Gnosticismo nel Vangelo di Luca, uno dei quattro riconosciuti dalla Chiesa? Sì, è proprio così!
Perché vi scandalizzate? Cosa pensate che siano  la “genealogia di Matteo”, i 72 discepoli e il numero 666 o, per dirla tutta, l’intera Apocalisse, per non parlare del “Logos” (tradotto impropriamente come “Verbo”) del Vangelo di Giovanni?
Ma se la Chiesa ha fatto guerra allo gnosticismo!
Ahhh… se è per questo, anche Pietro e Paolo si sono fatti la guerra tra di loro, anche se oggi sono venerati insieme.
Non è una novità che la Chiesa, da sempre, abbia fatto la guerra alla conoscenza. Galileo docet!

Tornando alla frase “a due a due”, ne troviamo traccia anche nel Vangelo (apocrifo e gnostico) di Filippo (verso 74): “Noi siamo stati generati dallo Spirito Santo, ma siamo stati di nuovo generati da Cristo, a due a due”. Andremmo fuori tema… troppo fuori tema!

I Vangeli raccontano molte cose (non ne avete idea!) che nessuno ci ha mai spiegato correttamente, perché il cristianesimo è il cristianesimo e l’ebraismo è l’ebraismo… Vederli insieme ci aiuterebbe a capire meglio le origini e le motivazioni della fede cristiana; non dimentichiamo che Gesù era ebreo. Purtroppo la Chiesa ha i suoi dogmi sui quali non si discute.
Scusate la parentesi e torniamo alla cabala e a Matteo.

Fortunatamente, la questione cabalistica non è estranea a Nostradamus, che rimane sempre il nostro riferimento principale.

giovedì 29 novembre 2012

Il regno di Davide


La seconda incongruenza non è una vera e propria incongruenza, ma una stonatura, che dobbiamo necessariamente analizzare per il futuro sviluppo del discorso.

Sappiamo di essere in presenza di una genealogia priva di senso, dal momento che Giuseppe è solo padre putativo di Gesù.

Il fatto è che tutti, anche oggi, tendono a ricercare un vincolo di sangue tra Gesù e Davide, dalla cui discendenza le profezie bibliche avevano preannunciato l’avvento del Messia. La questione è fondamentale: l’assenza di questo vincolo tra Davide e Gesù farebbe fallire la promessa divina che sta all’origine della fede cristiana. Se Gesù non è discendente di Davide, allora non è l’uomo della promessa; sarà pure stato un grande uomo, ma non è quello della profezia.

A titolo esemplificativo, ecco un paio di brani del Vecchio Testamento:

- in Samuele II (7, 12), Dio promette a Davide: “Io farò sussistere la tua prole dopo di te, cioè il seme che uscirà dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno”.
- nei Salmi (132, 11) leggiamo: “Il Signore giurò a Davide una promessa da cui non si ritrae: Un rampollo della tua stirpe io porrò sul tuo trono”.

Abbiamo già visto che anche la Chiesa tenta di avallare la presentazione di Matteo con la motivazione di una discendenza comune da Davide sia di Giuseppe che di Maria;

Lo stesso Matteo (20, 30) fa gridare ai ciechi che implorano Gesù: “Signore, figlio di Davide, abbi pietà di noi”.

Ma allora, se perfino Matteo riconosce Davide come principale capostipite di Gesù, come mai, anche volendo ignorare il problema “Giuseppe”, egli parte da Abramo, nella sua genealogia, e non da Davide? Perché la Chiesa ignora questa domanda, quando si preoccupa di far risalire a Davide il vincolo di sangue? Qui sta la stonatura.
Guardate che io non sto negando che Gesù sia il Messia o che sia legato a Davide da un vincolo di sangue per via materna: questo è rimesso alla “fede” di ciascuno di noi. Da ricercatore, sto solo tentando di mettere in evidenza il nonsenso della cronologia di Matteo e di tutte le spiegazioni che sono state date al riguardo.

Facciamo un esempio libero dai condizionamenti religiosi! Supponiamo che io discenda da Napoleone (Davide) e che il trisavolo di Napoleone sia il famoso Peppone (Abramo). Se voglio esaltare la mia discendenza dall’imperatore francese, parto da lui e non da un suo antenato, per quanto prestigioso costui possa essere. La partenza da quest’ultimo oscura, anziché esaltare, l’anello della catena che voglio mettere in evidenza; anzi, più Peppone è prestigioso (come nel caso di Abramo), minore è l’attenzione riservata all’anello intermedio (Napoleone-Davide).
Perciò, se uno vuol ricostruire e spiegare, non può affermare che una genealogia che parta da Peppone abbia lo scopo di dimostrare la mia discendenza da Napoleone.

giovedì 22 novembre 2012

La genealogia di Gesù secondo Matteo

Abbiamo visto che Matteo compie vistosi errori nell’elencazione della genealogia di Cristo. Inoltre presenta un paio di incongruenze, che acquisteranno un senso alla fine, quando tenteremo di capire il perché di tutta questa messinscena.
Scusate se mi dilungo, ma è fondamentale capire bene un argomento la cui importanza non ha bisogno di essere sottolineata. Stiamo trattando uno dei grandi misteri del cristianesimo. Stiamo mettendo il naso in un enigma che, per la prima volta nella storia, trova una spiegazione (non mia, ma di Nostradamus). Si potrà ovviamente non condividere questa spiegazione, ma gli elementi costitutivi dell’enigma non possono essere lasciati nell’ombra.

La prima delle incongruenze (oltre, s’intende, agli errori di elencazione) sta alla fine dell’albero genealogico (Mt. 1, 16):

Giacobbe generò Giuseppe, sposo di Maria, dalla quale nacque Gesù, detto Cristo”.

Come? Tanta fatica per descrivere la discendenza di Gesù tramite Giuseppe che, secondo i Vangeli, non è suo padre? Che razza di discendenza è mai questa? Non esiste briciola di buonsenso che possa giustificare un albero genealogico di questo tipo. E Matteo lo sapeva bene.
L’incongruenza è grande e non può essere attribuita a una svista. La Chiesa non può tacere e, nel tentativo di spiegare l’inspiegabile, si arrampica sugli specchi. Vi trascrivo un paio dei ragionamenti più semplici che sono riuscito a trovare.

Matteo, dando la genealogia di Giuseppe, segue l’uso ebraico di non dare la genealogia delle donne, ma dimostra che Cristo è figlio di Davide, perché anche Maria doveva essere della stirpe di Davide per essere sua sposa; infatti va con lui ad iscriversi a Betleem” (S. Girolamo).

oppure, sintetizzando un altro tipo di ragionamento:

Gesù è figlio di Maria sia per legge che per natura, ma è anche figlio di Giuseppe per legge”.

E’ come dire: “sì, vabbe’… la genealogia è quella di Giuseppe, che comunque è padre secondo la legge, ma è come se fosse anche di Maria”.
Vi propongo alcune considerazioni, alle quali potrete sicuramente aggiungerne parecchie altre.

1)      nessuno, nemmeno Matteo o la Chiesa, conosce la genealogia di Maria e, di conseguenza, non ci sono ragioni per accomunarla a quella di Giuseppe;
2)      Luca (1,27) sostiene (senza citare fonti o dettagli) che Maria fosse anch’ella discendente di Davide ma, per quanto se ne sa, questa potrebbe essere una pura illazione “politica”, per giustificare la discendenza di Gesù dalla casa di Davide e spiegare i motivi (per chi li considerava reali) che lo avevano indotto ad aspirare al trono di Israele;  lo stesso San Girolamo (v. sopra, brano in corsivo) non è troppo convinto dalla testimonianza di Luca, tanto è vero che preferisce arrivare alle stesse conclusioni per autonoma via deduttiva;
3)      se, seguendo il precedente ragionamento, lo scopo di Matteo fosse stato quello di dimostrare la discendenza da Davide, è da quest’ultimo che sarebbe partito e non da Abramo;
4)      la genealogia di Matteo è precisa e dettagliata, con l’indicazione di ciascun padre e di ciascun figlio; se  fosse stata più generica, forse, avrebbe potuto essere estesa a Maria, ma non certamente nella forma in cui è proposta;
5)      il censimento di Betleem (S. Girolamo) sembra essere una storiella, raccontata giusto per assecondare una vecchia profezia dell’Antico testamento; infatti, non risulta storicamente che, negli anni precedenti e successivi alla nascita di Gesù, sia stato indetto dai Romani il censimento del quale racconta l’evangelista Luca (2, 1);
6)      per esplicita dichiarazione di Matteo, la genealogia si riferisce a Giuseppe.

A prescindere da ogni contorsionismo dottrinale, Matteo non è uno sprovveduto; anzi, è intelligente e sottile. Non facciamoci distrarre troppo dalla questione della genealogia, dimenticando che, alla base di tutto, ci stanno già gli errori numerici evidenziati nel post precedente. E quelli sono indiscutibili!
Allora, guardiamo a questa incongruenza come a un ulteriore tassello che concorre a formare un grande enigma, consapevolmente impostato sotto forma di evidente pasticcio!
Tenuto presente quanto precede, dobbiamo dedurre che, se Matteo parla di Giuseppe, vuole veramente dire “Giuseppe” e non "Maria"; ciò significa che egli intende lanciare al suo lettore un invito a non tenere in alcun conto una genealogia non solo sbagliata nella composizione, ma anche inappropriata nella catena dinastica. Ma, se è così, perché la fornisce?

Tranquilli! Non vi lascio in sospeso.

martedì 20 novembre 2012

L'enigma del Vangelo di Matteo


Il punto di partenza della nostra storia è costituito dal brano iniziale del Vangelo secondo Matteo. Non lo trascrivo perché è piuttosto lungo e noioso, trattandosi di una lunga serie di nomi. Immagino che abbiate modo di controllare per conto vostro ciò che sto per dire.
L’evangelista pensa bene di ricostruire la genealogia di Gesù partendo da Abramo, ma si comporta in maniera strana. Anzi, dire “strana” è dire poco. Compie degli errori logici, degli errori di congruenza, degli errori numerici.
Eppure, non è un ignorante. Contrariamente a quanto molti credono, gli studiosi sono praticamente certi che egli non sia il Matteo apostolo, ma un autore molto più colto e raffinato, versato nelle Sacre Scritture, capace di una sintesi della catechesi apostolica più efficace di quella dei suoi “colleghi” Marco e Luca. Il quarto evangelista, Giovanni, meriterebbe un discorso a parte.

Matteo elenca dettagliatamente gli antenati di Cristo e li divide in tre gruppi. Alla fine (1, 27) conclude: “In tutto, dunque, le generazioni da Abramo fino a Davide sono quattordici generazioni; da Davide fino alla deportazione in Babilonia, quattordici generazioni; e dalla deportazione in Babilonia fino a Cristo, quattordici generazioni”.

C’è qualche problema. Egli costruisce la sua genealogia prendendola dal libro primo delle Cronache (Vecchio Testamento).
Inizia trascrivendo correttamente il primo gruppo di quattordici generazioni fino a Davide ma, quando passa al secondo gruppo, trascrive nuovamente quattordici nomi, saltandone tre. Infatti, da Davide alla deportazione in Babilonia ci sono diciassette generazioni e non quattordici.
Sbaglia? Salta un pezzo inavvertitamente?
Direi proprio di no, in quanto nel punto dell’errore egli mette un segnale: un nome che non esiste.
Trascrivo i due frammenti secondo le Cronache e secondo Matteo.

Cronache I: (3, 11-12): “Joram figlio di Giosafat, Ocozia figlio di Gioram, Gioas figlio di Ocozia, Amasia figlio di Gioas, Azaria figlio di Amasia, Jotam figlio di Azaria”.

Matteo (1, 8-9): “Giosafat generò Joram; Joram generò Ozia; Ozia generò Jotam

Dunque, da Joram a Jotam contiamo 6 nomi secondo le Cronache e tre nomi secondo Matteo. Mancano sicuramente Gioas e Amasia; inoltre, manca Azaria se l’Ozia di Matteo è l’Ocozia delle Cronache oppure manca Ocozia se l’Ozia di Matteo è l’Azaria delle Cronache.
Comunque sia, Matteo elenca 14 nomi invece di diciassette, sollevando il dubbio su un nome, esattamente nel punto in cui ne mancano tre. Un espediente per richiamare l’attenzione?

Il terzo gruppo di quattordici nomi contiene un errore ancora più elementare: Matteo elenca correttamente 13 generazioni, ma ne dichiara 14 nel passo di riepilogo (riportato sopra). Da restare allibiti! Forse non sa contare?

Come è possibile che un evangelista così colto, preciso e attento commetta degli errori così stupidi? Teniamo anche presente che Matteo, tra gli evangelisti, è quello che abbonda di più con le citazioni del Vecchio Testamento (che comprende le Cronache), nel quale è particolarmente versato.
Non è perciò da sospettare minimamente che possa commettere errori come questi; il punto è che egli sta trasmettendo un messaggio esoterico che lo obbliga ad arrivare a 42 generazioni (14 x 3) ad ogni costo. E vuol farlo sapere!

L’errore non è sfuggito alla Chiesa che, ovviamente, non ne fa oggetto di catechismo. E’ vero che non è il caso di coinvolgere i bambini, ai quali di solito il catechismo è diretto, con questioni che certamente li annoierebbero. Né è il caso di farne oggetto della predica domenicale, durante la Messa. Però è anche vero che tratta la questione come se non esistesse, nel senso che non la tratta affatto. Prendete il primo Vangelo che trovate a portata di mano e verificate se, per caso, esiste almeno una noticina in calce; quasi certamente non la troverete.

Una delle fonti più antiche che fanno rilevare l’errore è costituita dalle “Lezioni sui Salmi” di Didimo il cieco, vissuto dal 313 al 398 d.C. (Emanuela Prinzivalli – ed. Paoline 2005). Come vedete dal brano che segue, estrapolato dal libro della Prinzivalli, anche qui viene citato “l’espediente per conservare la natura mistica dei numeri”. Nessuno, tuttavia, è mai riuscito a dare concretezza a questa esigenza numerologica. Bisogna arrivare a Nostradamus per avere una spiegazione, naturalmente a modo suo.


La questione non finisce qui: infatti, oltre all’errore numerologico, bisogna affrontare altre due questioni di congruenza.

domenica 18 novembre 2012

Il grande segreto


Una premessa, peraltro non nuova: farò sovente citazioni e rimandi ai miei libri. Non è un espediente pubblicitario (benché ogni autore aspiri, ovviamente, alla massima diffusione dei suoi lavori); è solo che molti argomenti si spiegano solo attraverso degli approfondimenti che si trovano in essi. In assenza di quegli approfondimenti, alcune affermazioni proposte in questo blog potrebbero apparire gratuite e non dimostrate. Addirittura, alcune di esse non possono neanche essere capite a livello concettuale se non si conosce il ragionamento che sta dietro e il percorso attraverso il quale vi si arriva. Dire, ad esempio, che il Graal è questo o quello non avrebbe alcun senso al di fuori del contesto nel quale il “mistero” viene sciolto.
Perciò, la citazione dei miei libri non è un invito a leggerli (anche se ciò, ripeto, mi farebbe grande piacere), ma solo un invito per chi li ha letti ad integrare con i loro contenuti ciò che scrivo nel blog.
Passiamo all’argomento principale.

Non siamo abituati, né solitamente ci interessa, a guardarci attorno con occhio investigativo. Se lo facessimo, ci accorgeremmo che siamo bombardati da messaggi in codice, attraverso i quali gli iniziati di questa o quella setta si trasmettono messaggi millenari.
L’arte pittorica straripa di questi segnali. Dan Brown, nel suo Codice da Vinci, ha solo sfiorato una prassi iniziatica dai contenuti straordinari. A saper guardare, nella pittura si possono rintracciare messaggi che lasciano a bocca aperta per il loro contenuto.
Guardate questo battesimo di Cristo di De Gelder (Dordrecht Museum) e spiegatemi come fa un artista olandese vissuto tra il 1600 e il 1700 a dipingere qualcosa che lascio a voi definire. Decidete da soli, lasciando perdere le varie contorsioni mentali che trovate su Google; anche perché, se fate una piccola ricerca, potete trovare decine di dipinti di tutte le epoche che tramandano lo stesso contenuto. Un po’ difficile contestarli tutti.
Come al solito, non intendo avallare quello che questi dipinti sottintendono, ma solo testimoniare che esiste una tradizione in tal senso. Personalmente mi prefiggo di svolgere solo ed esclusivamente un ruolo da ricercatore, che si meraviglia di fronte ad alcune anomale particolarità.
  



La massoneria, a sua volta, lascia dappertutto messaggi di altro genere. L’esempio più noto è costituito dalla banconota da un dollaro, sul retro del quale è rappresentato l’occhio onnisciente, unito all’evocazione di un nuovo ordine mondiale (Novus ordo seclorum).
Cos’è l’occhio onnisciente? E perché sta in cima alla piramide? Qual è il vero nesso con la piramide, al di là del risvolto simbolico che gli si attribuisce?
Cosa vuol dire “novus ordro seclorum”, espressione che sovrasta l’altra: “the great seal" (il grande sigillo)? Si riferisce alla dichiarazione di indipendenza americana (4 luglio 1776) il numero romano iscritto alla base della faccia della piramide (MDCCLXXVI)? Chi è che approva (annuis coeptis = impresa approvata)? Davvero la nascita degli Stati Uniti si fonda su una associazione massonica con finalità occulte? E siamo sicuri che i padri fondatori fossero realmente degli illuminati e non, piuttosto, dei ciechi ambiziosi che hanno smarrito la via? Stiamo vedendo, oggi, la realizzazione del loro disegno, oppure assistiamo a degli obbrobriosi scarabocchi che, al momento opportuno, saranno spazzati via con furia devastante?
  



Passando alla letteratura e sfogliando l’abbondante produzione esoterica, non tutti sanno, ad esempio, che la Divina Commedia di Dante è una grandiosa opera iniziatica. Basta pensare ai numeri, di grande rilevanza nella numerologia sacra (3 – 7 – 9), sui quali essa è strutturata: 3 Cantiche, costituite da 34 (3+4=7) canti dell’Infermo, 33 del Purgatorio, 33 del Paradiso e ogni canto costituito da strofe di 3 versi. Ancora, 9 cerchi dell’Inferno, 7 cornici del Purgatorio, 9 cieli del Paradiso. Dante stesso mette il lettore sull’avviso, dal verso 61 (6+1=7) al verso 63 (6+3=9) del nono canto dell’Inferno (9: quale canto migliore per una dichiarazione esoterica?):
 O voi ch’avete l’intelletti sani,
mirate la dottrina che s’asconde
sotto ‘l velame de li versi strani.

Non ricordo cosa insegnano a scuola a proposito di questi versi, ma chiunque può capire cosa significano, se letti alla luce del linguaggio esoterico. E i segnali non si limitano certamente ai pochi citati. Ad esempio, nel nono canto del Purgatorio (9, ancora una volta, e non un altro canto qualsiasi), Dante deve salire 3 gradini di colore bianco, nero e rosso; il richiamo all’Albedo (sublimazione), Nigredo (putrefazione) e Rubedro (ricomposizione) dell’alchimia è evidente, e non basta certamente il depistaggio dell’inversione dell’ordine di apparizione del bianco e nero a nasconderne il significato (in alchimia sono nero, bianco e rosso).  Dappertutto ci sono segnali per chi li sa leggere, in ricordo del cammino iniziatico compiuto da Dante, dal tormento della coscienza (selva oscura) fino all’illuminazione finale. E pensare che ci si chiede ancora chi fosse Beatrice…


Anche la musica non è immune da messaggi in codice. Basta ricordare il Parsifal di Wagner, il “puro folle” alla ricerca del Graal. E’ questo che vuol dire Parsifal dall’arabo: “puro folle”, perché solo un folle dal cuore puro è ritenuto degno di portare a termine un’avventura come la sua.

E che dire della Bibbia? Ci si perde, a partire dai mitici sette giorni della creazione e, addirittura, dalla prima parola della Bibbia: “bereshit” (in principio). Mi limito a presentare solo un paio di esempi semplici e incontestabili, giusto per mostrare che esiste un codice strutturato con grande meticolosità. Potrà sembrare esagerato affermarlo ma, volendo, si potrebbe riscrivere l’intera Bibbia sotto una nuova luce.

Come sapete, la Torah si compone di Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio.
In questi libri, le parole Torah e Yahveh si intrecciano secondo un codice prefissato. Non è questa la sede per approfondire, ma vi mostro qualcosa giusto per darvi un’idea: 





Guardate in alto come si scrive “Torah” in ebraico: sono 4 caratteri corrispondenti a “Torh”. Ebbene, cominciamo con la Genesi, procedendo da destra verso sinistra (è così che si scrive l’ebraico).
Rintracciato il primo simbolo (la “T”), contiamo cinquanta caratteri e incontriamo la “O”; contiamone altri cinquanta e incontriamo la “R”; contiamone ancora cinquanta e incontriamo la “H”).
Un caso? Direi di no, visto che anche l’Esodo rispetta questo schema. E non vi annoio con gli altri libri del Pentateuco e con la parola Yahveh.
Se decidete di contare da soli, vi raccomando di non considerare il trattino “-“, che non è una lettera alfabetica.

Nel libro di Geremia (25:26), il profeta annuncia dei castighi al re di Sheshak (“Il re di Sesac berrà dopo di loro”). Sottoponendo la parola Sheshak all’atbash, si ottiene la parola Babele, perché è al re di Babilonia che Geremia si rivolge. Questo esempio specifico è talmente noto che lo trovate tra le annotazioni di qualsiasi Bibbia.
L’atbash consiste nella tecnica di sostituire la prima lettera dell’alfabeto ebraico con l’ultima; la seconda con la penultima e così via.




L’alfabeto ebraico è formato da 22 lettere. Così, sempre leggendo da destra verso sinistra, sostituiamo la shin (ventunesima lettera) con la beit (seconda); di nuovo una shin sostituita con una beit; infine la kaf (dodicesima lettera dal fondo) con la lamed (dodicesima lettera dall’inizio). Alla fine, “Sheshak” diventa “Babel”.

Come è mostrato nel libro “La Cabala, i Templari, il Graal”, ricorrendo allo stesso sistema, si scopre che il famigerato “Baphomet” dei Cavalieri Templari, la causa ufficiale della loro persecuzione, altro non è che la trasposizione della parola “Sophia” (sapienza); i Templari, cioè, erano degli “gnostici” e solo sotto questo aspetto potevano essere definiti eretici secondo i concetti dei loro tempi; non certo per l’adorazione di un misterioso “bafometto”, che non si è mai saputo cosa fosse.

L’esempio più noto, e più temuto, di codice è costituito dal numero 666 del libro dell’Apocalisse di Giovanni. Si tratta di un libro composto esclusivamente con criteri esoterici e cabalistici. Non è difficile vedere la Roma pagana nella citazione di Babilonia, la grande meretrice, e della bestia dalle sette teste. L’autore stesso dell’Apocalisse scrive: “Le sette teste sono i sette monti sui quali sta assisa la donna”.
E alla Roma pagana si riferisce il terribile numero 666: “Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia, perché è un numero d'uomo. E il suo numero è seicentosessantasei” (Ap. 13,18).   

Quel numero identifica semplicemente Nerone (Qaesar Neron in ebraico: Cesare Nerone), al cui nome viene applicata la tabella ebraica di Gematriah riportata in appendice al mio ultimo libro.
Q (qof) =  100
S (samech) = 60
R (resh) = 200
N (nun) = 50
R (resh) = 200
O (vav) = 6
N (nun) = 50

Sommando le cifre si ottiene, appunto, 666.

Una nota particolare merita la vocale "O" che è in realtà legata alla consonante "vav", considerata mater lectionis, cioè una consonante utilizzata spesso in luogo della vocale che non trova autonoma rappresentazione secondo la grammatica ebraica, ma che si ritiene necessario rappresentare per maggior chiarezza della parola.

Anche se questi esempi possono sembrare slegati, c'è un unico filo rosso che attraversa la storia dell'umanità, fin dalla notte dei secoli, che ogni cultura ha trasmesso coi mezzi che aveva a disposizione, a volte senza avere piena consapevolezza del segreto che trasmetteva; l'importante era tramandare il segnale. E' il filo di una matassa che non si è mai spezzato, del quale si trova traccia in ogni manifestazione umana, ma del quale è stato perduto il bandolo.

Perché tutto questo? Per suggerire di non meravigliarsi se perfino i Vangeli non sono esenti da messaggi in codice, perché è da uno di essi in particolare che nasce la storia che intendo raccontare a partire dal prossimo post.

                                                                                                                                                                                                                                                         
                                                                                                                                                                                                                                                               
                                                                                                                                                                                                                                                               

sabato 17 novembre 2012

Aspetto essoterico e aspetto esoterico


Le grand CHYREN ostera du longin
Tous les captifs par Seline baniere.

Il grande Chyren (da lontano) toglierà,
Tutti i prigionieri dalla Seline bandiera.

Se Nostradamus soggioga la “gente”, spetta a Chyren liberarla dalla gabbia della cifratura. E’ inutile che ripeta per la millesima volta le motivazioni che portano a identificare Chyren (o Chiren) con l’interprete delle Centurie, simbolicamente codificato sotto il nome di “Cesare Nostradamus”. Lo stesso soprannome (ChireN) inizia e termina con le lettere “C.N.” che altro non sono se non le iniziali di Cesare Nostradamus (tecnica del Notarikon).
Il compito di Nostradamus è quello di nascondere un segreto; il compito di Cesare è quello di restituirlo ai legittimi titolari al momento opportuno: questo è il tema dominante dei miei libri, radicalmente diverso rispetto alle convinzioni tradizionali che circolano intorno alle Centurie.

Un accenno particolare meritano le parole “longin” (3° verso) e “Seline” (4° verso).
“Longin” viene solitamente tradotto come “lontano”. In realtà, questa è un’altra invenzione degli interpreti che, come al solito, addomesticano i versi e le parole secondo i loro bisogni. “Lontano” si traduce con “loin” e non esiste ragione perché Nostradamus debba storpiare una parola che risponde già alle esigenze di metrica e di rima. Perciò, se scrive “longin” in tutte le edizioni originali delle Centurie, vuol dire che intende proprio “longin” e non “loin”. Neanche il fantasioso Chavigny, segretario fantasma di Nostradamus, si azzarda ad alterare la parola con una delle sue tante ardite trasformazioni; anzi, scrive “Longin” nelle sue “Pleiades”, ricorrendo al maiuscolo per l’iniziale della parola.
Vedremo che questo avrà un significato preciso quando esamineremo la versione esoterica della quartina. Per il momento, basti sapere che la parola fa da ponte tra la versione essoterica e quella esoterica.

“Seline”: senza considerare l’assonanza con “Selene”, dea greca della luna, ci rivolgiamo direttamente al dizionario di Nostradamus. In un brano dell’espistola al figlio Cesare, egli scrive: “la parfaicte transformation tant seline que solaire” (La perfetta trasformazione tanto lunare che solare). Come si vede, la parola “seline” viene usata in contrapposizione a “solare”, proprio nel senso di “lunare”. La luna alla quale allude Nostradamus, accoppiata alla parola “bandiera” è un simbolo islamico: infatti, la “seline baniere” o “bandiera lunare” è una bandiera araba.
Però, in un altro post, abbiamo anche scoperto che il riferimento agli arabi, per Nostradamus, non è altro che un riferimento al sistema numerico che cripta l’ordinamento delle quartine.
A questo punto, possiamo tirare le fila:

L’interprete Chyren toglierà i prigionieri, la gente vessata, le quartine codificate, dalla copertura della cifratura; cioè, decodificherà ciò che l’uomo dalla barba crespa e nera aveva codificato.

Proviamo a vedere nuovamente, ora che tutto è stato spiegato, l’introduzione alle Centurie fatta con le quartine I,51 e II,79:

Questa quartina, la I,51, è collegata alla II,79.
Per capire le Centurie, bisogna fare molte trasformazioni nella loro struttura,
perché tutto è stato disposto con inganno e malizia.
Il lettore ricaverà grandi emozioni dal lavoro di Nostradamus e del suo interprete.

Il primo, Nostradamus,
assoggetterà le quartine a una cifratura che le renderà resistenti ai tentativi di interpretazione.
Il secondo, Cesare Nostradamus Chyren,
scoprirà il codice, liberando le quartine dal velo che le copre.

Ogni parola (eccetto, per adesso, “longin”) è stata spiegata, ogni verso è coerente con tutti gli altri, il ragionamento è verosimile. Aggiungo che le fonti interpretative non risiedono nel mio estro personale, ma nei rimandi (tutti verificabili) all’ormai famoso “dizionario di Nostradamus”, l’unico in grado di fornire letture autentiche; una convenzione del tutto simile a quella concordata tra Robert Redford e il comandante della nave nella “Operazione cena fuori”.

Ovviamente, la controprova della correttezza della successione delle due quartine risiede nella loro effettiva successione, così come risultante dall’algoritmo di riordinamento. Ma questa è un’altra questione che, per il momento, non avete modo di verificare. In ogni caso, chi non si è convinto finora evidentemente nutre delle resistenze impermeabili a qualsiasi ulteriore dimostrazione; il condizionamento plurisecolare delle “profezie” non è facile da debellare e non esiste motivo particolare per insistere.

Non resta che passare all’aspetto esoterico della quartina II,79. Prima, però, vi devo raccontare una storia; o una leggenda se preferite. Non ho ancora deciso quanto a fondo affronterò l'argomento in questa sede, ma è comunque impossibile procedere con la quartina se prima non ne illustro l’origine.

giovedì 15 novembre 2012

Quartina II,79 (2a parte)


La barbe crespe & noire par engin
Subiugera la gent cruele & fiere.

La barba crespa e nera con un congegno/meccanismo
Gente crudele e fiera soggiogherà.

La parola “engin” del primo verso viene spesso tradotta con “ingegno”. Niente di più sbagliato, semplicemente per una questione linguistica: “engin” non significa neanche lontanamente “ingegno”;  significa, invece, “congegno” o “meccanismo”. Non comprendendo il ruolo del “meccanismo”, gli interpreti preferiscono affidarsi a un termine (“ingegno”) che si presta a giustificare le loro deduzioni.

Nel contesto delle Centurie, “l’engin”  è il meccanismo, l’algoritmo, che serve a cifrare le quartine.
“La barba crespa e nera”, evidentemente, designa un personaggio barbuto.
“La gente crudele e fiera” è un’espressione figurativa che dà l’idea di un insieme, di una popolazione di qualche cosa, non necessariamente di persone. Ricordate che, nella descrizione del terzo anticristo, Nostradamus scrive: “Dio creatore dirà udendo l’afflizione del suo popolo, Satana sarà messo e legato nel baratro”? Ricordate che, nel libro “L’anticristo di Nostradamus”, questo viene spiegato come liberazione delle quartine dall’oppressione dell’inganno? Questa è la stessa spiegazione del verso che stiamo esaminando: “afflizione del popolo” in un caso, “gente soggiogata” nell’altro (2° verso).
Le quartine vengono quindi codificate sotto forma di popolazione o gente (soggiogata, prigioniera del "meccanismo") che, essendo comunque crudele e fiera, ha resistito all’assalto di 500 anni di interpreti, mortificando ogni sforzo di comprensione.

Riepilogando:

L’uomo dalla barba crespa e nera (Nostradamus), attraverso un algoritmo di cifratura,
controlla, imbriglia, sottomette al suo volere l’insieme delle quartine.

Ricordo che, unitamente alla I,51, questa è una quartina introduttiva, che ha la funzione di enunciare dei principi di carattere generale. Ricordo altresì che Nostradamus, di origine francese, rappresenta una delle due nazioni (la Gallia) che, nella collegata quartina I,51, riservano “grandi emozioni”.

Passiamo ora agli ultimi 2 versi, che esamineremo la prossima volta:

Le grand CHYREN ostera du longin
Tous les captifs par Seline baniere.

Il grande Chyren (da lontano) toglierà,
Tutti i prigionieri dalla Selin bandiera.

martedì 13 novembre 2012

Quartina II,79 (1a parte)


Dopo aver introdotto, nella quartina I,51, la struttura di massima delle Centurie ed aver accennato all’origine sua e del suo interprete, nella II,79 Nostradamus comincia a mettere a fuoco le due figure. Dedica, così, i primi due versi a se stesso e gli altri due a Cesare/Chiren.

La quartina II,79 va letta su più livelli perché, oltre a tratteggiare i due protagonisti, delinea il contenuto esoterico del messaggio di Nostradamus.

Il primo livello rispetta delle regole di codifica che, sulla base di quanto da me diffuso finora sul codice Nostradamus, non dovrebbero suscitare perplessità.
Il secondo livello, invece, richiede una certa propensione ad affrontare certi temi particolari. Mantenendomi sulle generali, mi limiterò a segnalare l’attenzione che Nostradamus presta a questi temi e metterò in evidenza il filo che li lega alle Centurie. In alcun modo, invece, cercherò di avallare o negare ciò che Nostradamus scrive; il compito che mi assumo sarà semplicemente di spiegarlo. Poi, ognuno faccia le sue scelte sul grado di affidabilità che intende accordare!
Quei lettori che ormai si saranno appassionati al codice Nostradamus (spero che qualcuno ci sia) non faticheranno a intravedere da soli anche un terzo livello, del quale non parlerò.

Per ragioni espositive, terrò separati i primi due livelli di lettura, facendo due passaggi distinti sulla quartina. Cominciamo col primo di essi e coi primi due versi!

La barbe crespe & noire par engin
Subiugera la gent cruele & fiere.

La barba crespa e nera con un congegno/meccanismo
Gente crudele e fiera soggiogherà.

Sapendo già che Nostradamus sta parlando di se stesso, rimandiamo gli approfondimenti al prossimo post.

domenica 11 novembre 2012

Centotrentasette (intermezzo)


Questo brano crea un intermezzo nel tema che stiamo trattando da qualche tempo a questa parte. E’ uno “straordinario”, determinato dalla ragione che esporrò di seguito.

Come indicato nel post del 3 luglio 2012 “Nostradamus e la particella di Dio”, il numero 137 riveste un ruolo fondamentale sia nella fisica cosmologica che nella funzione delle Centurie.

Chi ha letto il mio libro “La Cabala, i Templari, il Graal” avrà notato che ho trattato una serie di temi per arrivare a dimostrare l’intenzionalità e la credibilità di quel numero all’interno della Legis Cantio. Avrà anche notato che, poi, ho individuato in esso l’anello che serve a chiudere il cerchio della sequenza logica su cui si basa la rivelazione finale.

Ebbene, la novità di adesso è che mi sono imbattuto in una poesia, scritta dal fisico sovietico Vladimir Fock e dedicata a Arthur Eddington, uno dei massimi astrofisici del XX secolo. Tale poesia riguarda, appunto, il numero 137. Eccola (fonte: John D. Barrow: I numeri dell’universo – Le costanti di natura e la teoria del tutto; Oscar Mondadori):

Pur se la nostra mente assai labora,
e ognun delira e ognun rimane ansioso,
il centrotrentasette resta ancora
un numero del tutto misterioso!
Ma Eddington lo vede molto chiaro,
e accusa chi gli dice ch’è un somaro.
Quel numero – egli dice – rappresenta
le dimensioni inver del nostro mondo!

sabato 10 novembre 2012

Arabi e latini


Prima di proseguire, dobbiamo fare una brevissima digressione (solo questo post), per chiarire un aspetto che non solo è fondamentale per la spiegazione della quartina II,79, ma lo è anche per la comprensione del clima generale delle Centurie.
Queste ultime si svolgono in uno scenario di guerre, distruzioni, calamità che, in realtà, sono un codice che simboleggia le lotte affrontate dall’interprete per una corretta lettura.
Tra i protagonisti di queste lotte, un ruolo preminente è assegnato agli arabi, chiamati con nomi diversi: orientali, saraceni, popolo della bandiera lunare, etc.
Abbiamo visto come perfino interpreti autorevoli (sic!), ingannati dall’idea delle vere guerre, abbiano individuato una presenza araba anche nei versi della quartina II,79.

Per spiegare come stanno realmente le cose, devo sottolineare che quello che voi state leggendo in questo momento è un insieme di glifi composti da lettere dell’alfabeto latino e da numeri, a volte in forma romana e a volte in forma araba. Si tratta di una convenzione mondiale di scrittura, estesa a tutte le lingue, alla quale si fa ricorso per agevolare la comunicazione (attenzione a questa parola: comunicazione), evitando che si debbano imparare i caratteri ebraici, greci e cirillici, gli ideogrammi cinesi e giapponesi e così via.

Lo stesso criterio, ovviamente, è stato seguito da Nostradamus, che però ha esasperato il concetto, facendone “anche” uno strumento di cifratura. Egli, infatti, si avvale dei glifi alfanumerici per identificare le singole quartine, associando un numero arabo, da 1 a 942, ad ogni lettera dell’alfabeto latino, estratta dalle frasi in latino.

Lo dice lui stesso, con una semplicità disarmante, nell’epistola a Enrico II: tanto disarmante, da passare inosservata agli occhi di migliaia e migliaia di interpreti nel corso dei secoli. 

leurs  langues  entremeslées  à grande societé: la langue des Latins & des Arabes par la communication, Punique & seront tous ces Roys Oirentaux chassez profligez, exterminez.

le loro lingue mescolate in una grande società: la lingua dei latini e degli arabi per la comunicazione, Punica e saranno questi re orientali(?) cacciati sconfitti, sterminati.

Una commistione di lingue dunque, finalizzata alla comunicazione e non ad accordi politici, bellici, economici. Un’alleanza di lingue per “comunicare”.
Dopo la parola “comunicazione” c’è una virgola che sembra grammaticalmente inopportuna, mentre è sostanzialmente azzeccatissima, perché intende segnalare che lì si interrompe il messaggio di Nostradamus: “per comunicare con l’interprete (attraverso il codice di cifratura) mi sono avvalso di una associazione tra lettere latine e numerazione araba. Con la scoperta di questo stratagemma, i re oirentaux saranno sconfitti e sterminati”.
Vi invito a notare che non si sta parlando veramente di orientali, tant’è vero che Nostradamus li chiama “oirentaux” e non “orientaux”. E’ l’ormai consueto sistema dell’errore “accidentale” che, unito all’inopportunità della virgola, serve per richiamare l’attenzione dell’interprete su una espressione apparentemente assai banale. Un modo per dire: “lascia stare gli inesistenti oirentaux; non è di essi che sto parlando; voglio invece dire che, se capirai l’associazione tra lettere e numeri, allora “sconfiggerai” il segreto della cifratura; io sto comunicando con te attraverso questo sistema”.

E’ straordinario! Nostradamus si esprime esattamente negli stessi termini adottati, oggi, da Wikipedia.

Wikipedia (voce: numerazione araba): i glifi più comunemente usati in associazione all'alfabeto latino sin dai tempi dell'era moderna sono 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Nostradamus: le loro lingue mescolate in una associazione: lingua dei latini e degli arabi

Incredibile come nessuno si sia chiesto mai perché Nostradamus abbia sentito il bisogno di fare questa puntualizzazione, se non per uno scopo preciso. Forse io e voi, quando scriviamo, sottolineiamo il ricorso alle lettere dell'alfabeto e ai numeri? Ci prenderebbero per pazzi se lo facessimo.

Ricordatevi di questo tutte le volte che, nelle Centurie, leggete di guerre coi latini e con gli arabi; cosa che accade piuttosto di frequente. Allo stesso tempo, dimenticate guerre e missili in medio oriente; quelle guerre, purtroppo, ci sono state e possono ancora esserci, ma non erano certamente oggetto delle visioni di Nostradamus che, invece, ne faceva una metafora, un codice, delle battaglie dell’interprete contro gli enigmi della cifratura.

giovedì 8 novembre 2012

Il tempo del maligno


Per completare l’interpretazione della quartina I,51 non resta che passare all’analisi del terzo verso:

Puis par long siecle son malin temps retorne
(Poi dopo lungo secolo il suo maligno tempo ritorna)

La spiegazione è lunga e complessa; come ho detto, questa quartina è un capolavoro di sintesi.
Chi ha letto il libro “L’anticristo di Nostradamus” non mancherà di riconoscere il terzo anticristo che, con le sue astuzie, inganna l’interprete delle Centurie; si tratta del maligno, lo stesso malizioso Nostradamus, che nasconde le sue iniziali (M.N.) nella parola “malin”, con il ricorso al Notarikon [MaliN].
Il lettore del libro si ricorderà che il tempo di questo anticristo “dura a lungo” e che, dopo essere stato sconfitto, “Satana torna slegato”.
In breve, questo verso mette l’accento sugli inganni ai quali Nostradamus fa ricorso per nascondere agli occhi del profano (“I profani e gli ignoranti non li tocchino”, recita la Legis Cantio) la corretta natura del suo lavoro.

Un ultimo accenno, infine, al quarto verso, solo per ricordare che la Francia è la patria di Nostradamus, mentre l’Italia è la patria del suo interprete, Cesare, come accennato altrove in questo stesso blog e come dimostrato nel citato libro.

Gaule, & Italie quelles esmoutions ?
(Francia e Italia quali emozioni?)

A questo punto possiamo ricostruire una breve panoramica della quartina, con l’avvertenza che tale sintesi non può che essere riduttiva, in quanto trascura le diverse sfaccettature che, come abbiamo visto a fondo, stanno dietro a ogni singolo verso e a ogni singola parola.

Capo d’Ariete, Giove & Saturno,
Dio Eterno, quali mutamenti?
Poi dopo lungo tempo il suo malvagio tempo ritorna,
Francia e Italia quali emozioni?

Questa quartina, la I,51, va letta insieme alla II,79.
L’interprete deve apportare profondi cambiamenti alla facciata dell’opera.
Tutto, infatti, si fonda sull’inganno e sulla malizia.
Il lettore ricaverà grandi emozioni dal lavoro di Nostradamus e del suo interprete.

Ogni verso trova così una spiegazione soddisfacente, ogni parola (e perfino ogni segno di punteggiatura) trova un’esatta collocazione, ogni concetto è coerente con tutti gli altri. 

martedì 6 novembre 2012

Cambiamenti ed emozioni


Dopo aver portato alla luce le indicazioni crittografiche nascoste nella quartina I,51, dobbiamo cercare di approfondire il legame concettuale che la unisce alla II,79.
Questo legame è stato già anticipato nelle sue linee generali, ma mi auguro che non risulti noioso un esame più specifico, tanto più che nella II,79 verremo coinvolti nell’aspetto esoterico delle Centurie. Dobbiamo perciò arrivarci in piena consapevolezza, studiando ogni singolo verso.
Ogni passo avanti che compiamo nel campo della comprensione è una esperienza in più che accumuliamo per la decifrazione del resto dell’opera.
Sono convinto che abbiamo a che fare con due tra le quartine più belle e intense. Non capita spesso di vedere in pochi versi una sintesi così efficace e completa come le due con le quali ci stiamo confrontando. Perfino i segni di punteggiatura rivestono un ruolo non secondario.

Il secondo verso della I,51 recita:

Dieu eternel quelles mutations?
(Dio eterno quali mutamenti?)

E il quarto dice:

Gaule, & Italie quelles esmoutions ?
(Francia e Italia quali emozioni?)

Il punto interrogativo è l’aspetto più significativo. Nostradamus, in entrambi i versi, non fa un’affermazione, ma una domanda. E’ l’interprete che deve fornire la risposta, in base alle sue intenzioni. Solo rispondendo alla domanda su quali cambiamenti vuole apportare all’organizzazione delle quartine, egli otterrà anche la risposta sul tipo di emozioni che si aspetta di provare.

Quale organizzazione intendi dare alle Centurie? Quali emozioni cerchi? Se vuoi lasciare le cose come stanno, fermandoti all’apparenza profetica, fai pure”, sembra dire Nostradamus; “però rifletti e dai una risposta meditata, perché la risposta profetica potrebbe non essere quella giusta”.

La domanda, perciò, non è retorica: se c’è da rispondere, evidentemente la risposta non è scontata. La presenza della domanda è un implicito invito a non fermarsi all’apparenza; a non fermarsi alle false letture profetiche. E’ un invito a cercare i cambiamenti (mutations) nell’ordine delle quartine, in quello delle centurie e nella struttura delle frasi in latino che racchiudono il segreto dell’ordinamento; un invito a non lasciarsi coinvolgere dai sentimenti generati da una presunta “lettura del futuro”. Non sono quelle le vere emozioni da provare, in quanto estranee alla reale natura del segreto!
Se non si sa o non si vuole rispondere alle domande del primo e del quarto verso, vuol dire che non si è capito cosa bisogna cercare; vuol dire che si intende procedere sulla strada battuta da tutti coloro che ci hanno preceduto: una pista ingannevole che allontana dal vero segreto.

domenica 4 novembre 2012

Gaule & Italie


Abbiamo ipotizzato che il primo verso della quartina I,51 (“Chef d’Aries, Iupiter & Saturne”) indichi la quartina II,79. Il punto di partenza di questa ipotesi è l’analoga espressione (“conionctions que se sont de Saturne & Iupiter au commancement d’Aries”) che appare nell’epistola a Pio IV dell’Almanacco per il 1562.

Abbiamo fatto le seguenti considerazioni:
-         le parole “chef” e “commencement, riferite a Aries, suggeriscono di prendere la lettera iniziale (A);
-         la trasformazione gematrica di A (iniziale di Aries), Saturne e Iupiter fornisce il numero 179, che contrassegna la quartina II,79;
-         la parola “congiunzione” dà l’idea dell’unione (somma);
-         la diversa disposizione nelle due fonti (A, IUPITER e SATURNE nella quartina e SATURNE, IUPITER e A nell’epistola)  suggerisce l’idea che cambiando l’ordine degli addendi la somma non cambia.

In conclusione, la natura crittografica del verso è abbastanza evidente. Servirebbe solo una conferma, e io ve ne fornisco due.

Passiamo all’ultimo verso della quartina I,51:

Gaule, & Italie quelles esmoutions
(Francia e Italia quali emozioni)

Il significato del verso è chiaro ed è già stato spiegato in un precedente brano: la Francia è la patria di Nostradamus, autore delle Centurie, mentre l’Italia è la patria di Cesare, l’interprete. Conosciamo infatti l’origine italiana di Cesare sia da questo stesso blog che, soprattutto, dal mio libro “l’anticristo di Nostradamus” .
Oltre a questo, il verso svolge anche un ruolo crittografico.
La parola “Italie”, in altre edizioni supervisionate da Nostradamus, assume la forma “Itale” e “Itaille”.
Dal mio libro “la Cabala, i Templari, il Graal”, abbiamo imparato che, in presenza di talune differenze, bisogna prestare attenzione solo alla parte comune (“commun advenement”). Così, ad esempio, è stato per la data di nascita e per quella di morte di Nostradamus.
Forti di questa ipotesi, decidiamo che la parola “Italie” è ingannevole se presa nella sua totalità; forse bisogna prendere solo l’iniziale (nuovamente il Notarikon), facendo la stessa cosa, per analogia, con Gaule.
Le iniziali di Gaule e Italie sono le 2 lettere “G” e “I”, la cui trasformazione gematrica fornisce 79. Quindi, 2 lettere per un valore di 79, ovvero Centuria 2 e quartina 79; la stessa quartina II,79 che ci viene fornita dalla decifrazione del primo verso.

Agli indizi precedenti aggiungiamo adesso questa conferma crittografica, che rende inequivocabile un’indicazione già abbastanza attendibile.
Se, ulteriormente, la integriamo con una conferma logica, visto che I,51 e II,79 sviluppano un tema perfettamente coerente in tutti i suoi aspetti, penso che non ci possano più essere dubbi sul fatto che le due quartine vadano lette insieme.

venerdì 2 novembre 2012

Congiunzione astrologica


Stiamo ipotizzando che Nostradamus predisponga, qua e là, dei vincoli che dovranno trovare conferma definitiva nell’algoritmo completo di ordinamento delle quartine. Uno di questi vincoli è la consecutività tra le quartine I,51 e II,79.
Armatevi di pazienza perché il discorso sarà lungo. A me, che conosco sfumature e trucchetti, basta un colpo d’occhio per cogliere i legami. Non è altrettanto facile, invece, spiegarli in maniera sintetica. In compenso, l’esame della quartina II,79 ci darà l’occasione per gettare uno sguardo sul “vero” aspetto esoterico dell’opera di Nostradamus.

Cominciamo col primo verso della quartina I,51:

Chef d’Aries, Iupiter, & Saturne,
(Capo di Ariete, Giove e Saturno)

Sembra una configurazione astrologica, alla quale alcuni interpreti associano una data; Guérin vi associa l’anno 1702. Ricordo, però, che Nostradamus è sempre stato considerato un pessimo astrologo, dal momento che commette frequenti e vistosi errori nelle sue visioni astrologiche.
In realtà, nessuno ha ancora capito che egli usa il simbolismo astrologico come un codice che nasconde altri tipi di messaggio; ogni errore è voluto allo scopo di sollecitare all’interprete la ricerca di una spiegazione alternativa. Nella stessa “Legis Cantio” è scritto esplicitamente che le Centurie non sono rivolte agli astrologi.

Sappiamo anche che Nostradamus ama giocare con le tecniche cabalistiche di Notarikon, Gematriah e Temurah, spiegate nel libro “La Cabala, i Templari, il Graal”.
Allora, ipotizzando che stia facendo ricorso al Notarikon, supponiamo che “Chef d’Aries“ abbia il significato di “capo/testa/iniziale” di Aries; in altre parole, si tratterebbe di un riferimento alla lettera “A”. L’espressione però è ambigua; così com’è, potrebbe anche riferirsi all’iniziale, oltre che di Aries, anche di Iupiter e di Saturne, sfociando nell’acronimo AIS. Questa sigla non ci dà alcun suggerimento e neanche la sua trasformazione secondo la tabella di Gematriah fornisce indicazioni.
Improvvisamente, però, ci ricordiamo che a pag. 11 del libro “Il vero codice di Nostradamus” ho scritto:

Chi glielo dice che “Chef d’Aries” è la lettera “A”: il capo, la testa, l’inizio di Aries? Chi glielo dice che la stessa espressione, in forma più chiara, è presente nell’epistola a Pio IV dell’Almanacco per il 1562, laddove Nostradamus usa il termine “commencement d’Aries”?

Ecco, in quell’epistola va già meglio, perché “chef” (capo) diventa “commencement” (iniziale). Ma va ancora meglio perché l’intera espressione è “conionctions que se sont de Saturne & Iupiter au commancement d’Aries”. La questione non sorprende: ormai sappiamo da tempo che ogni enigma di Nostradamus viene sempre ripresentato da qualche parte con una formulazione differente. Solo così l’interprete attento può uscire fuori dal ginepraio.

Scopriamo, quindi, che “chef” significa proprio “commancement” o “iniziale” e si riferisce solo a Aries, mentre Saturne e Iupiter restano integri perché, nella formulazione alternativa, vengono prima di “commencement d’Aries”. In sostanza, entrambe le formulazioni dicono la stessa cosa, in forma ambigua nella quartina e in forma chiara nell’epistola.
A questo punto, applicando i valori ordinali della tabella di Gematriah del mio libro a “A+IUPITER+SATURNE” (congiunzione di Saturne, Iupiter e A) otteniamo 179. Vi risparmio il calcolo che, per la sua semplicità, potete benissimo fare da soli, facendo attenzione ad utilizzare i valori ordinali e non i valori ridotti.

Ora, 179 non è altro che la centosettantanovesima quartina, cioè proprio la quartina II,79 alla quale siamo interessati (100 quartine della prima Centuria e 79 della seconda).
“Bella roba!”, potreste dirmi. “Se sommi i valori numerici di qualsiasi parola, ottieni sempre e comunque un risultato. Da qui a dire che c’è intenzionalità in questo tipo di codificazione, passa un mare di acqua”.
Giusta osservazione! La riprenderemo.
 Intanto, anche se la questione resta temporaneamente aperta, prendiamo atto di alcuni indizi importanti:

-         la parola “congiunzione”: oltre ad avere un significato astrologico, dà proprio l’idea del “congiungimento”, del “mettere insieme”, della “somma”;
-         le parole “chef” e “commencement” costituiscono un chiaro riferimento all’iniziale di parola, quel Notarikon al quale Nostradamus ci ha abituati;
-         la diversa disposizione nelle due fonti (A, IUPITER e SATURNE nella quartina e SATURNE, IUPITER e A nell’epistola)  suggerisce l’idea che cambiando l’ordine degli addendi la somma non cambia.