Sta facendo scandalo, in questi giorni, la frase del Papa
relativa al pugno col quale ricambiare un’offesa alla propria mamma. Più o
meno: “se qualcuno offende la mia mamma, io gli do un pugno”.
Lo scandalo riguarda l’idea che si possa rispondere con la
violenza a un’offesa altrui, violando gli insegnamenti pacifisti del
cristianesimo. E riguarda soprattutto l’idea che un simile messaggio venga
nientemeno che dal papa, capo indiscusso della comunità cattolica.
Purtroppo, queste semplificazioni non provengono solo da
gente poco avvezza alle argomentazioni teologiche, ma da “presunti” esperti e
teologi, che scrivono abitualmente anche su noti quotidiani.
Ho notato, con dispiacere, che il più delle volte le loro
riflessioni sono frutto di feroce pregiudizio, quando non di vera e propria
ignoranza della materia che trattano.
Anzitutto i paradossi: coloro che si scandalizzano per la
minaccia del pugno sono gli stessi che si lamentano del fatto che il Papa non
invoca un intervento armato per fermare il terrorismo islamico che fa strage di
cristiani.
Insomma, l’opportunità di una risposta violenta deve
passare al vaglio del loro contraddittorio giudizio. A questi influenti
giornalisti, che si proclamano cattolici, vorrei ricordare l’umiltà
richiesta dal cristianesimo, sottolineando che i due termini non sono
equivalenti.
Questa è un’altra precisazione sulla quale dovrebbero
riflettere. Proclamare il proprio cattolicesimo equivale a declamare
un’appartenenza “formale” e nulla di più. Da cattolico, non esito ad affermare
che lo spirito evangelico sta nel cristianesimo, del quale il cattolicesimo è
una forma organizzativa; la più importante delle organizzazioni cristiane, ma
solo una delle tante.
A chi conosce un po’ il Vangelo, e soprattutto a questi
signori che pontificano su argomenti che non conoscono o che hanno dimenticato,
vorrei ricordare l’episodio di Gesù, a casa di Marta e Maria.
Marta si prodigava, nel ruolo di padrona di casa, per la
preparazione del pranzo. Maria, invece, stava ai piedi di Gesù, ascoltandone le
parole. Quando Marta si lamentò perché Maria non l’aiutava, Gesù le rispose: “Marta,
Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui
c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.
Il ruolo di Marta era senz’altro utile e lodevole; senza di
lei, quel giorno nessuno avrebbe preparato il pranzo. Ma è stata Maria a
cogliere l’essenza della presenza di Cristo.
Chi ha orecchie capisce benissimo che l’organizzazione
cattolica è assimilabile a Marta; ma il vero pensiero cristiano altro non è che
Maria.
Perciò, ai novelli fondamentalisti cattolici che biasimano
alcuni comportamenti di papa Francesco non del tutto tradizionali, vorrei
ricordare che esistono dei principi "cristiani" al di fuori della loro limitata comprensione vetero-cattolica,
così come il comportamento di Maria non appariva comprensibile a Marta.
A questi signori, giornalisti di abissale incompetenza,
vorrei ricordare che è vero che Gesù raccomandò di porgere l’altra guancia a
chi ci dà uno schiaffo. E’ un gesto di quell’umiltà e misericordia, di cui loro
sono privi, che ciascuno di noi può compiere per le offese subite personalmente,
perché solo l’offeso può perdonare; certamente non altri per conto suo. Allora,
se proprio vogliamo prendere sul serio la battuta del pugno, bisogna dire
che il Papa che invita a dare un pugno a colui che offende la sua mamma è
paragonabile a Gesù che prese a frustate i mercanti del Tempio, che arrecavano
offesa al Padre Suo. Non ha certo offerto ad essi l’altra guancia.
Gesù perdonava i “suoi” personali aguzzini, ma non ha mai
pronunciato una parola di perdono per chi offendeva il Padre.
Al di fuori delle riflessioni teologiche, vorrei suggerire
di guardare ad alcune espressioni di Papa Francesco come a quelle di un uomo
semplice, simile a ognuno di noi. Devo ammettere, onestamente, che anch’io a
volte mi sento disorientato: però, bisogna prendere atto che Francesco non è un
grande teologo, come lo era Benedetto XVI, o una mente sofisticata, come lo era
Giovanni Paolo II. E’ un uomo dalle idee semplici, ma non per questo vale di
meno o di più: è un uomo diverso, con delle sacrosante caratteristiche
personali, che non può essere giudicato col metro di altri pontefici che lo
hanno preceduto. Anzi, non può e non deve essere giudicato. Con questo, non
intendo dire che non si possano esprimere opinioni personali su di lui e suoi
suoi gesti; ma che siano le opinioni di persone riflessive e autenticamente
sincere, piuttosto che polemiche di fondamentalisti cattolici di una specie
dimenticata da secoli; di esaltati, capaci di esprimere la più bieca retorica
cattolica del medioevo.
Vorrei terminare con una preghiera, per ricambiare quella
che qualcuno di questi noti giornalisti rivolge costantemente e pubblicamente a
Dio perché protegga la Chiesa dagli errori di papa Francesco. Io vorrei pregare
Dio di sottrarre il loro numeroso seguito (decine di migliaia di “mi piace”
sulle loro pagine Facebook) alla loro nefasta influenza. Mi auguro per loro
che, nella loro superba arroganza, siano almeno in buona fede
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