Tecniche di Nostradamus

sabato 26 settembre 2015

Il terzo segreto di Fatima e il 1960

Veniamo al secondo aspetto controverso, relativo alla data del 1960 indicata per la rivelazione del terzo segreto.
In circostanze mai chiarite, Lucia ha richiesto che il segreto non fosse rivelato prima del 1960 o della sua morte, a seconda di quale dei due eventi si fosse verificato prima.
Dunque, se il linguaggio ha un senso, il 1960 o la sua morte avrebbero dovuto contrassegnare delle date a decorrere dalle quali il vincolo della segretezza sarebbe venuto meno, ma non avrebbero costituito in nessun caso una scadenza. Eppure, si insiste nel considerare il 1960 come la scadenza di una cambiale non pagata da parte della Chiesa, interessata a nascondere chissà quale rivelazione esplosiva.
Diverso, e quindi tassativo, sarebbe stato il caso se Lucia avesse chiesto di rivelare il segreto “nel” 1960 o alla sua morte, a seconda di quale evento si fosse verificato prima.

La verità è che nessuno sa con precisione come sono andate le cose, probabilmente neanche il Vaticano. Non si sa, cioè, se veramente e in quale esatta forma Lucia abbia posto quelle condizioni temporali. Solo voci di voci di voci. La posizione ufficiale della Chiesa moderna, tramite il Card. Bertone, è che la data sia stata apposta sulla busta nella quale Lucia ha inserito il segreto, per la consegna al vescovo di Leiria. Purtroppo, Loris Capovilla, segretario di Giovanni XXIII, ha dichiarato a suo tempo che il Papa (che ovviamente ha avuto la busta tra le mani) nulla sapeva di quella data, con ciò escludendo che ci fosse una indicazione scritta. Padre Valinho, nipote di Lucia, ha dichiarato che la data era apposta su una misteriosa lettera accompagnatoria del segreto. Il Canonico Barthas sostiene che fu lui a farsi indicare da Lucia la data della rivelazione del segreto… c’è di che scegliere; in una folla di bugiardi che si smentiscono a vicenda, non si sa a chi credere. Diciamo che una sciocchezza in più o in meno non altera la montagna di frottole su cui è stata costruita Fatima.

E’ del tutto verosimile che la data del 1960 sia stata inizialmente solo una voce popolare, poi cavalcata dalla stessa Lucia. Visto il tipo, non ci sarebbe da meravigliarsi!

Ovviamente, non essendo noti gli esatti termini della questione, è palese che lo scandalo della mancata rivelazione nel 1960, per il quale c’è gente che ancora oggi si strappa i capelli, è stato solo uno scandalo fondato sull’aria fritta, frutto di stratosferica ignoranza; giusto per fare un po’ di caciara gratuita!

Aggiungo che, richiesta ripetutamente di indicare il motivo per il quale il 1960 era così importante, Lucia ha risposto a volte che era stata la Madonna a volere così, ed altre volte ha risposto che si trattava di una sua personale “intuizione”, perché sentiva che nel 1960 il messaggio sarebbe apparso più chiaro.
Intuiva… l’illustre chiaroveggente! La solita ambiguità di una persona che non ci sta proprio con la testa e dimentica oggi quello che ha detto ieri.
E pensare che tanta gente ritiene che il segreto rivelato nel 2000 non sia quello autentico, per il semplice motivo che non c’è nulla di specificamente riferibile al 1960. La fede nelle “intuizioni” di Lucia è così forte da prevalere perfino sulla propria capacità critica e sul più elementare buon senso!

Basterebbe pensare che, se il 1960 era così essenziale (per la Madonna o per Lucia) ai fini della comprensione del messaggio, perché prospettare anche l’alternativa della possibile morte, che sarebbe potuta sopraggiungere molto prima? Insomma, demenziale confusione ed occhi improsciuttati anche in merito a questa duplice indicazione temporale.

Ma c’è anche un’altra considerazione che rende questa specie di scadenza una incontestabile testimonianza delle frottole di Lucia.
Se è stata lei stessa a “prevedere” una presunta importanza del 1960, allora bisognerebbe domandarsi su quali elementi si sia basato il suo giudizio. Di fatto, bisognerebbe cambiare totalmente prospettiva, considerandola “profetessa” (figuriamoci!), oltre che semplice portatrice di messaggi divini; cosa che nessuno si è mai azzardato a fare anche perché, in tal modo, si sarebbe tolta importanza alle apparizioni mariane.
Se, invece, è stata la Madonna a porre l’alternativa, allora bisognerebbe domandarsi che fine abbiano fatto le sue virtù profetiche. Ci propina profezie a gogò, e poi mostra di non sapere se nel 1960 Lucia sarà ancora in vita. Come aveva fatto, allora a profetizzarle una vita più lunga di quella dei cuginetti?

Chiaro come il sole che Lucia era svitata o bugiarda; probabilmente tutte e due le cose insieme. Assai meno chiaro è capire come mai tanta gente continui ancora a credere alle sue fesserie, delle quali una sincera fede cristiana non dovrebbe avere alcun bisogno. 

venerdì 18 settembre 2015

Domus Morozzo: ultimo atto.

Abbiamo parlato della lapide di Villa Vittoria, nota anche come Domus Morozzo, e del presunto crittogramma in essa contenuto.
Credo che tutti i cultori di Nostradamus ne siano a conoscenza, anche grazie a due noti interpreti, Boscolo e Ramotti, i quali hanno diffuso l’idea che essa celi la chiave di decifrazione delle centurie (neanche a dirlo, la funzione di questa chiave è diversa per ciascuno di loro).

Non entro nel merito delle loro affermazioni, dal momento che chiunque legga questo blog sa benissimo che non posso che dissentire. Il codice di Nostradamus è assai più complesso e, in linea di principio, possiamo dire che la chiave di ordinamento delle quartine sta nelle lettere delle frasi in latino, mentre la chiave interpretativa sta nelle tecniche cabalistiche; i risultati concreti ai quali queste due chiavi primarie hanno condotto ne fanno testimonianza.

Sappiamo, però, che esistono anche chiavi accessorie relative ad enigmi minori di Nostradamus (ho spesso parlato di un mazzo di chiavi), e la lapide potrebbe teoricamente essere una di esse. Senonché… non esiste una lapide, ma due; e questo non è generalmente noto.




Non ci vuole molto per vedere, a una semplice occhiata, che si tratta di due lapidi diverse. A confermarlo, qualora ce ne fosse bisogno, concorrono due caratteristiche specifiche: la prima lapide riporta le parole “ON IL HA”, mentre la seconda riporta “ON IL IIA”; sulla “H” di “MHONORE” della prima lapide manca l’accento circonflesso presente nella seconda. Ovviamente, poiché “HA” contiene una lettera in meno rispetto a “IIA”, il testo della prima lapide è spostato quasi integralmente di una posizione a sinistra rispetto alla seconda. Perciò, nell’eventualità che qualcuno prendesse la prima lapide come base per la sua attività di decodifica, oltre a leggere “HA” invece di “II”,  leggerebbe anche uno spazio al posto di una A; una L al posto di uno spazio; una E al posto di una L; e così via.

HA LE PARADIS
IIA LE PARADIS

Questo errore è stato effettivamente fatto e vi lascio immaginare la validità delle conclusioni, dal momento che si dà ormai per certo che la prima lapide sia una riproduzione errata; nello stesso tempo, resta dubbia la natura della seconda. Sarebbe perciò interessante che in TV, ad una rivista, in una conferenza, venisse mostrato l’originale, se esiste, e non la sua presunta fotografia o, peggio, la fotografia di una sua riproduzione. Chissà! Forse dovremmo  interessare la trasmissione RAI “Chi l’ha visto”.
Fino a prova contraria, le chiacchiere di coloro che l’hanno vista, che l’hanno fotografata, che addirittura la custodiscono, etc. restano chiacchiere, vista la confusione che regna intorno a quest’oggetto.

Per la cronaca, l’origine della prima lapide è dovuta a un certo Corrado Pagliani, in un articolo comparso nella rivista “Torino” di gennaio 1934, contenente una errata riproduzione di una precedente foto. La seconda lapide appare invece nel libro di Giuditta Dembech “Torino, città magica” del 1978. Quella divulgata nel 1972 da Renucio Boscolo nel libro “Centurie e presagi di Nostradamus” è uguale all’errato disegno di Pagliani del 1934. Immagino che lo stesso Boscolo abbia poi modificato la sua posizione, dal momento che in rete esistono foto che lo ritraggono con la seconda lapide (non mi è chiaro se si tratta dell’originale o di una ripoduzione).

Capirete che, finché mi trovo alle prese con tutte queste perplessità, da ricercatore sono autorizzato a dubitare della reale esistenza della lapide o, quantomeno, della sua vera provenienza. Su queste cose non c’è da meravigliarsi di nulla.
Il mio non è un malevolo pensiero gratuito, ma un interrogativo obbligato che qualsiasi ricercatore serio si deve porre in assenza di assoluta chiarezza. Proprio perché credo nell’assoluta inderogabilità di questo principio, quando ho mostrato la riproduzione dell’astrolabio di Nostradamus, ho dato indicazioni precise e documentate sulla sua storia, sulla sua provenienza e sul Museo nel quale l’originale è custodito (cfr. “L’ultima chiave di Nostradamus”).
L’incertezza sull’autenticità della lapide è una delle ragioni, forse la principale, per le quali non mi sento motivato a cimentarmi a fondo con i tentativi di decifrazione. 

venerdì 11 settembre 2015

Fatima: La verità sul quarto segreto

Questo articolo è un po’ lungo, ma non mi sono sentito di spezzarlo per non compromettere il filo della narrazione.
***
Dopo il veloce excursus sul terzo segreto, vediamo di chiarire meglio due punti controversi:

1) La trasmissione al Vaticano del segreto (questo articolo).
2) La data fissata per la rivelazione, nel 1960 (prossimo articolo).

Abbiamo già visto che Lucia fa pervenire al vescovo di Leiria il testo del segreto chiuso in una busta. Quest’ultimo lo chiude in un’altra busta che conserva in cassaforte.
Non si sa se al Vescovo sia stata concessa facoltà, dalla stessa Lucia, di leggere e rendere noto il segreto. Da alcune testimonianze raccolte, sembrerebbe di sì; sarebbe stato lo stesso Vescovo a rinunciare a tale facoltà. Purtroppo, quando si parla di Fatima, le testimonianze sono sempre così incerte e contraddittorie da assumere meno valore dei pettegolezzi di quartiere.
Dal mio punto di vista, fondato su tutti gli imbrogli smascherati in questa lunga chiacchierata di molti mesi, il vescovo di Leiria conosceva benissimo il testo di suor Lucia, per averlo concordato con lei, almeno nei suoi tratti essenziali. Non direttamente, ovvio, ma tramite i vari sacerdoti/confessori che facevano da intermediari.Tutto il resto è pura sceneggiata.

Quale sarebbe stato allora il motivo della sceneggiata? Potrei fare diverse ipotesi.
Forse, con questo mistero, si vuole apporre una sospensiva finale ad una storia che comincia ad essere percepita come superstizione popolare.
O forse, tenendo nascosto un presunto messaggio della Madonna, si vogliono smentire le voci di complotto, avallate dalla diffidenza dello stesso Papa. Come dire: “Vedete che non si tratta di imbroglio? Come può essere un imbroglio un segreto che neanche il Vescovo conosce?”.
Ancora più verosimilmente, non si può escludere che il segreto contenga chissà cosa, da gestire a livello locale (magari la promessa di qualche “manifestazione”; un po’ quello che oggi avviene a Medjugorje), e che poi venga cambiato in fretta e furia quando il testo viene inaspettatamente richiesto da Roma.
Non dimentichiamo che c’è da aspettarsi di tutto da questa gente priva di scrupoli, che arriva perfino a proclamare che il Signore partecipa attivamente alla competizione elettorale, caldeggiando l’elezione del dittatore Salazar, suo prescelto (cfr. La prova della truffa politica).
Per inciso, il patriarca del Portogallo dal 1929 al 1973, il Cardinale Manuel Cerejeira, era amico intimo di Salazar, Capo del Governo dal 1932 al 1968. Come ebbe a scrivere lo stesso Cardinale:

Ci siamo conosciuti alla scuola di Legge quando, essendo già stato ordinato sacerdote (nel 1911), ho iniziato nello stesso tempo i corsi di teologia. Ma Salazar ed io, uniti da paterna amicizia, abbiamo deciso di vivere democraticamente, come usavamo dire per intendere “in comunità”, dividendo le spese di casa tra di noi. Abbiamo vissuto insieme dal 1915 al 1928 in Rua dos Grilos, in un vecchio palazzo risalente al tempo di Pombal.

In una stretta simbiosi tra Chiesa e governo, nata da una convivenza di tredici anni tra i due massimi rappresentanti portoghesi della politica e della religione, va ricercato il motivo che spieghi come mai siano passati due mesi dalla richiesta del segreto da parte del Vaticano, tramite il nunzio apostolico a Lisbona (fine 1956/inizio 1957), alla sua consegna allo stesso nunzio ai primi di marzo 1957. E, successivamente, la busta col segreto arriva a Roma il 16 aprile 1957. Perché questo ulteriore ed incomprensibile ritardo? Quasi quattro mesi per obbedire a un semplicissimo ordine del Vaticano!
Domande destinate a restare senza esplicita risposta ma che, in un certo senso, una risposta ce l’hanno: non tutto fila liscio come dovrebbe e il ritardo è provocato da manovre rimaste oscure, probabilmente volte a cambiare il testo.
Avrebbero così ragione coloro che sostengono con insistenza che esiste un segreto non rivelato, oltre a quello pubblicato. Il fatto è che costoro avrebbero colto degli indizi, ma sarebbero stati incapaci di indagare fino in fondo, così come sono stati incapaci di spiegare come mai il segreto rivelato nel 2000, il presunto falso, appare anch’esso scritto con la calligrafia di suor Lucia.
Se la tesi è corretta,  il terzo segreto, quello custodito dal vescovo portoghese, è stato sostituito in fretta e furia con un quarto segreto (riscritto pure da Lucia), il cui testo insulso è stato reso noto nel 2000.

E’ solo un’ipotesi, è vero! Ma ci sono molti indizi a suo favore e, peraltro, essa ricondurrebbe l’imbroglio laddove il complotto è nato, anziché trasferirlo sul Vaticano, con la conseguenza di far apparire bugiardi e disobbedienti ai dettami della Madonna tutti i Papi (eccetto Woytjla), da Pio XII in poi.
Ricordiamoci, ogni tanto, del rasoio di Occam! Perché mai la parola di Lucia dovrebbe valere molto di più di quella di una serie di pontefici? Che ne facciamo di tutte le dimostrazioni che questa suora è una pazza bugiarda?

Pensatela come vi pare, ma è certo che il segreto non è inizialmente destinato a Roma, bensì alla Chiesa locale. Tuttavia, poiché circola voce che nel 1960 esso sarà rivelato, il Vaticano interviene nel 1957, avocando a sé ogni decisione e scombussolando i piani dei complottisti. Sembra che Pio XII, papa dell’epoca, non si prenda neanche la briga di leggerlo, ma lo mandi direttamente in archivio. Un gesto plateale che conferma inequivocabilmente la sua già dichiarata avversione verso suor Lucia e i suoi complici.
Evidentemente, quello che interessa a lui è di non permettere che venga perpetuata una truffa che solo il bigottismo e la superstizione popolare impediscono di vedere.
Del segreto non gliene può frega’ de meno! Può pure essere che l’abbia letto, ma abbia preferito far credere il contrario proprio per dare maggiore consistenza al suo atteggiamento di scetticismo.

Ha scritto l’Osservatore Romano il 13 maggio 1977, all’epoca di Paolo VI: “Molti continuano a parlare di un segreto di Fatima. La Chiesa non incoraggia ipotesi sensazionali, ma ci invita, piuttosto, ad accettare ogni ammonimento, in ogni circostanza, a tornare a Dio, al Vangelo e all’amore fraterno”. Molto significativi quel “piuttosto” e quell’invito a “tornare a Dio ed al Vangelo”; evidentemente, le “ipotesi sensazionali” ce ne hanno allontanato. Sembrano le stesse parole recenti di papa Francesco.
Ci sarà pure una ragione se quasi tutti i pontefici, ognuno a modo suo, hanno preso le debite distanze da quella sciagurata di suor Lucia e dai suoi complici, no?


venerdì 4 settembre 2015

Domus Morozzo: le lettere

Restano da esaminare le singole lettere del testo e qui, sempre ammesso che non si tratti di una burla, la mano del crittografo è ancora più evidente.
In caso diverso, nessuno avrebbe mai scritto “HA” di “ON IL HA” con l’acca, e men che mai lo avrebbe fatto su una lapide; identico ragionamento se, in alternativa a “ON IL HA” (opinione prevalente tra coloro che si sono occupati della lapide), si abbia l’ugualmente errato “ON IL IIA”, con l’eccesso di una “I” ed accettando che l’altra sia sostitutiva di una “Y”1.
Dell’assenza di una “P” in “m’apelle” abbiamo già detto. Forse, nuova ipotesi, la suddivisione in due parole “ma pelle” ha proprio lo scopo di giustificare la soppressione di una “p” (in eccesso ai fini della cifratura) nella parola “pelle”. Quest’ipotesi indebolirebbe la tesi dell’incolonnamento tabellare, ma sembra incoerente con l’apparente trascuratezza grammaticale delle altre parti del testo: che importanza avrebbe un errore in più o in meno? Perché mai il crittografo avrebbe dovuto far ricorso a un errore per nasconderne un altro?
La parola “HNTIERE” non esiste; al crittografo serviva evidentemente una “H”.
La parola “ON” di “ON IL IIA” avrebbe richiesto una “U” al posto della “N”.
Per un crittografo, l’esigenza di disporre di alcune lettere anziché di altre è perfettamente normale. E’ complesso spiegarlo ai non addetti ai lavori, ma vi assicuro che la questione è fondamentale.

Purtroppo, nel campo della crittografia alfabetica, i possibili sistemi sono tanti e, per chi volesse eventualmente approfondire, non posso che rinviare a un qualsiasi testo specialistico; per qualche esempio, si può consultare anche il mio libro “Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal”. Per completezza, prendiamo nota anche del numero delle lettere di ciascuna riga: 12 – 13 – 17 – 20 – 21 – 22 - 19 nella versione invertita della lapide; la successione inversa, ovviamente, seguendo il testo originale.

Nel lasciare aperta la questione, concludo dicendo che non esistono vie facili per tradurre in chiaro un testo cifrato soprattutto quando, come nel nostro caso, si ignora il contesto nel quale esso si inserisce. Chi ha visto il film “The imitation game” può averne qualche idea.
Gli studi più interessanti sulla crittografia sono stati concepiti nel rinascimento. Molte opere cifrate di quell’epoca sono tuttora impenetrabili o, comunque, irrisolvibili con soluzioni semplicistiche o approssimative. La crittografia, antica e moderna, offre soluzioni certe, obiettive ed inequivocabili che non lasciano spazio ad alcuna incertezza. Le tecniche di cifratura possono essere più o meno difficili, ma si prestano sempre a una decodifica univoca e definitiva, permettendo così di riconoscere immediatamente le soluzioni corrette e quelle sbagliate.
Bisogna conseguentemente dedurre che alla base di ogni corretta soluzione “deve” esistere una chiave in grado di spiegare tutte le sfumature e le artificiosità del testo occulto, nessuna esclusa. Se il codificatore ha adottato degli accorgimenti, non si può far finta che alcuni di essi non esistano, solo per il piacere di impostare una personale lettura.

Per quanto mi riguarda, vera o falsa che sia la lapide, il lavoro che ho esposto qui è assai simile a quello che, di solito, mi aiuta a risolvere gli enigmi di Nostradamus. E’ quello di un investigatore che attacca decine e decine di post-it su una lavagna, finché non riesce a individuare quei due o tre che fanno realmente al caso suo, spesso dopo settimane o mesi, o perfino senza risultato soddisfacente. Sono del parere che sia molto meglio cercare senza successo, piuttosto che ingannare se stessi prima ancora che gli altri, come avviene normalmente con l’interpretazione delle quartine.

Il prossimo argomento ci vedrà occupati con un’altra lapide che, diversamente da quella di Villa Vittoria, è legata sicuramente alle Centurie.
Prima, però, voglio fare un’appendice critica a quanto fin qui trattato, solo per dimostrare come la verifica delle cose porti spesso a risultati impensabili.



1 Nel prossimo post risulterà chiaro il motivo di questa precisazione.