Tecniche di Nostradamus

giovedì 29 novembre 2018

La vera storia del XIII apostolo

Titolo: La vera storia del XIII apostolo
Sottotitolo: L’altra faccia del cristianesimo

Si può acquistare su Amazon il mio nuovo libro. Ancora non hanno unificato i link tra l’edizione cartacea e l’eBook Kindle.

Per il momento, il link per il cartaceo è il seguente:


Il link per l’eBook invece è:


Spero che lo leggiate e che vi piaccia. 

mercoledì 28 novembre 2018

Ton tard advenement


Mettiamo dei punti fermi su quanto sto scrivendo in questa serie di post. Si possono condividere oppure no, ma dal mio punto di vista li devo dare per acquisiti. 
Nostradamus utilizza un codice. Quello che scrive è falso, perché è la conversione in codice di qualcos’altro. Se chiama una cosa “pane”, quella cosa tutto può essere tranne che “pane”. Lascia però delle istruzioni attinenti sia ai criteri di decodifica che al vocabolario che utilizza. Anzitutto le frammenta tra le quartine: che lo faccia con tutte o con alcune è qualcosa che non abbiamo ancora capito. Però è un fatto accertato che almeno alcune quartine siano istruzioni esse stesse in codice. Parallelamente riscrive tutte queste istruzioni in un manuale.
Prendete il manuale delle istruzioni della lavatrice o del televisore. E’ immancabilmente diviso in due parti. La prima descrive l’elettrodomestico, il posizionamento dei pulsanti, gli allacci elettrici, le funzioni, etc. In pratica, spiega il “cosa”. La seconda scende nei particolari spiegandone l’effettivo funzionamento, in dettaglio. Spiega il “come”.
La lettera a Cesare è la prima parte del manuale. Ancora non lo sapete, perché non ne ho mai parlato, se non di sfuggita. Tra enigmi ed allegorie, essa descrive le centurie, descrive le edizioni, descrive le suddivisioni, descrive il metodo di codifica nelle sue linee generali. La lettera a Enrico II è la seconda parte. E’ enormemente più complessa. Di questa sapete di più perché abbiamo esaminato alcuni enigmi ed abbiamo scoperto che hanno un profilo operativo; esattamente come la seconda parte del manuale della lavatrice o del televisore.
Sapete con quali parole inizia l’epistola a Cesare? No? Potete leggerlo nello stralcio di immagine riportato sotto. Attenzione, però! Quello è il “pane” che non è “pane”; è l’incipit per chi vuol credere al “pane”. In realtà comincia con un imperativo: “trascodificate”! E poi,  per non farci nutrire dubbi, ripete: “transcodifica!”. Nuovamente un imperativo, questa volta al singolare.
Quale miglior biglietto da visita per intimare al lettore quello che deve fare se vuol capire? Per dirgli che tutto è un inganno. Per dirgli che deve decodificare; decodificare tutto. Sin dall’inizio. Sin dalle primissime parole. 

Guardate le lettere maiuscole. Vada per il nome, ma perché anche “TON TARD”? E perché il “Caesar” dell’indirizzamento (ad Caesarem Nostradamum filium) qui diventa “Cesar”, senza la “a”? Conosco la vostra risposta: l’indirizzamento è in latino, mente l’inizio dell’epistola è in francese.
D’accordo, ma guardate le lettere che io, adesso, scrivo in maiuscolo: “ton tarD CESAR NOSTradame”. Anagrammate “DCESARNOST” ed ottenete “transcodes”. Alla “s” potete tranquillamente sostituire la “z”; come ho scritto in un recente post, le due venivano usate indifferentemente, in quanto intercambiabili. Quel “transcodes”, di fatto, è un “transcodez”! “Decodificate”! Imperativo plurale. E non mi venite a raccontare che è un caso.
Guardate quest’altra: “tON TARD CESar nostradame”. Lettere diverse, risultato uguale, ma all’imperativo singolare: “transcode”! “decodifica”!
Un capolavoro enigmistico. Se il primo non poteva essere un caso, due insieme cosa sono? Per molti anni quel “TON TARD” in maiuscolo mi ha ossessionato perché non ne capivo la ragione. Ci doveva essere un motivo, e alla fine l’ho trovato. L’ho trovato perché non ho creduto al “pane”.
E’ vero che, se Nostradamus dice “pane”, non dobbiamo credergli. Però merita la nostra fiducia se sappiamo distinguere quando si rivolge a noi con un linguaggio sommerso, piuttosto che ad un pubblico generico con un linguaggio di facciata. Perciò quando, sempre nell’epistola a Cesare, scrive che “i regni le sette e le religioni faranno cambiamenti così opposti diametralmente rispetto al presente”, non dobbiamo prenderlo alla lettera immaginando chissà quale cataclisma politico o religioso. Nel vocabolario di Nostradamus, “Regno cristiano”, “Monarchia cristiana”, “Chiesa cattolica” e simili sono il mondo delle centurie e delle quartine. Le “sette” sono le  frasi latine. Ricordate “i XIIIJ congiurati di una setta"?
L’espressione sopra riportata significa semplicemente che tutto cambia. Le centurie vengono sconvolte; le quartine vengono sconvolte; l’ordine delle 23 frasi latine viene sconvolto.
Come vengono sconvolte le centurie non lo abbiamo ancora capito. Sappiamo invece come vengono sconvolte le quartine: sono 942 (o 1080) ed abbiamo una chiave composta da 942 lettere + 138, pari a 1080.
Ci serve ora una chiave da 23 lettere per ripristinare l’ordine delle 23 frasi latine, che evidentemente hanno anch’esse subito uno sconvolgimento. Dove la prendiamo? Abbiamo una chiave di 23 lettere, che non sappiamo a cosa serva: è il nome “CAESAR NOSTRADAMUS CHIREN”. Cosa ne deducete?

sabato 24 novembre 2018

Ancora una chiave

In un post precedente abbiamo studiato la seguente espressione dell’epistola a Cesare:

car la parolle hereditaire de l’occulte prediction sera dans mon estomach intercluse (perché la parola ereditaria dell’occulta predizione sarà racchiusa nel mio stomaco).

Ci siamo chiesti cosa fosse racchiuso nello stomaco ed abbiamo scoperto che, anagrammando “Car… sera dans mon estomach intercluse” viene fuori la frase: “Clé est nom Caesar Nostradamus Chiren” (La chiave è il nome Caesar Nostradamus Chiren).
Partiamo dal presupposto che non può trattarsi di un caso. Ciò che viene fuori è troppo preciso e specifico per non essere frutto di intenzionalità. L’affermazione è categorica. Esiste una chiave e questa chiave è formata dal nome “Caesar Nostradamus Chiren”. Se non sapessimo già che l’opera di Nostradamus è un immenso codice, questa semplice circostanza sarebbe sufficiente da sola a metterci sull’avviso. Infatti, non possiamo che essere al cospetto di una chiave crittografica, che come tale va utilizzata. Negare l’evidenza equivarrebbe a mettere la testa sotto la sabbia. E, allora, le possibilità sono due:

1)      Le lettere che compongono la chiave nascondono un messaggio.
2)      Le lettere che compongono la chiave nascondono un certo tipo di ordinamento, esattamente come quello della lunga frase latina che regola la successione delle quartine.
La prima ipotesi è certamente da scartare, perché non ha alcuna applicabilità nel nostro campo d’indagine. Una chiave di questo tipo è un vincolo rigido che fa corrispondere alle lettere di un testo in chiaro delle altre lettere, secondo una relazione prefissata; questo comporta necessariamente che il messaggio risultante sia una successione di lettere incomprensibili che il decifratore deve riconvertire in chiaro. Non è la nostra situazione.
Non ci resta, allora, che optare per la seconda ipotesi. C’è qualcosa da rimettere in ordine. Scelta obbligata. Ma, allora, sorge una domanda: abbiamo già la chiave per ordinare le quartine. Non sappiamo come fare, d’accordo. Ma la chiave è in nostro possesso. Cos'altro ancora dovremmo ordinare con il nome “Caesar Nostradamus Chiren”?

martedì 20 novembre 2018

La quarta chiave

Riepilogando, vediamo quali chiavi conosciamo finora, delle quattro dalle quali siamo partiti.
 
- il nome “Caesar Nostradamus Chiren”;
- i tre fratelli dell’epistola a Enrico II;
- gli angeli di cui alla quartina VIII, 69;
- la “tavola del traduttore di Bourc” di cui alla quartina IX, 1.
 
Abbiamo esaminato a fondo la chiave dei tre fratelli. Sono i tre numeri 1242, 1080 e 1350 della cronologia biblica (epistola a Enrico II). Sono 1080 le quartine riordinate; sono 1242 le lettere valide delle frasi latine, da ricondurre a 1080; è il 1350 l’ultimo numero di una tavola da 1080 caselle.
La quartina IX, 1 stabilisce che nella casa del traduttore di Bourc (2-4173) le lettere saranno trovate sulla tavola. Senza questa quartina, non sarebbe stato possibile ipotizzare l’esistenza di una tavola nella quale disporre le lettere. Il concetto di frasi latine da abbinare alle quartine si ricava ripetutamente da altre fonti; la necessità di disporle a matrice si ricava solo dalla IX, 1. Purtroppo, una cosa è sapere “cosa” bisogna fare. Tutta un’altra è sapere “come”.
La terza chiave, definita dalla quartina VIII, 69, riguarda il riordinamento delle Centurie; gli “angeli” che cambiano posizione. Qui davvero è buio totale. L’alterazione preventiva della numerazione delle centurie comporta, come effetto necessario, l’alterazione dei numeri d’ordine delle quartine (da 1 a 942, con esclusione dei presagi). Forse, questa specifica complicazione sarebbe superabile, ma solo a condizione che superassimo prima le altre. Nelle condizioni attuali, ogni piccola incertezza moltiplica esponenzialmente le difficoltà.
 
La quarta chiave, che finora abbiamo trattato marginalmente, è il nome “CAESAR NOSTRADAMUS CHIREN”. A meno che non stia prendendo un grosso abbaglio, è la più impegnativa di tutte. In un certo senso, è la chiave delle chiavi. Quella che apre il portone principale del palazzo. Se sapessimo usare questa, tutto il resto verrebbe a cascata. Vedremo nel prossimo post di cosa si tratta.
 
Precisazione importante. In questo contesto, parlando di chiavi, intendo dei grimaldelli che ci permettano di scardinare il sistema di Nostradamus. Sotto il profilo rigorosamente crittografico, per chiave si intende solo la lunga frase da 1080 caratteri alfabetici. Forse, un’altra è appunto il nome “Caesar Nostradamus Chiren”.



venerdì 16 novembre 2018

Il libro di Avignone

Questo è quanto dicono i primi due versi della quartina IX, citata nel post precedente:

Il grande Chiren s’impadronirà d’Avignone
Lettere di Roma in miele pieno di amarezza

Se è vero che Chiren è il nome con il quale Nostradamus si rivolge a chiunque sia in grado di capire i suoi enigmi, allora è evidente che questo Chiren si deve impadronire di Avignone. Certamente non “manu militari”. L’alternativa non può che essere un libro stampato ad Avignone.
Una precisazione, per evitare malintesi. In questi versi non c’è alcuna profezia, ma un invito. Io sono Chiren. Tutti voi che vi appassionate alla ricerca della chiave siete Chiren. Chiunque svilupperà in futuro questo lavoro è Chiren. Chiren è solo il prototipo del decodificatore; il discepolo modello che Nostradamus ha immaginato; il suo interlocutore ideale. Chiudiamo la parentesi e torniamo alla quartina.
Che la mia interpretazione, piuttosto laboriosa, sia corretta è dimostrata dal fatto che è proprio grazie ad essa se ho trovato sia l’astrolabio/equatorium di Nostradamus che il libro nel quale è contenuta la famosa tavola del “traduttore di Bourc”. Il guaio è che “Avignone” è un enigma che nulla ha a che vedere con l’omonima città. Mi ha dato molto filo da torcere.

Così come per l’astrolabio mi ero rivolto ad esperti medievalisti, in questo caso mi sono rivolto a un amico bibliofilo, molto competente sui libri dell’epoca di Nostradamus: se non è il migliore al mondo, poco ci manca. Naturalmente gli posi male la domanda, in quanto gli chiesi di una ipotetica edizione delle centurie stampata ad Avignone. La risposta, esclusivamente per colpa mia, fu conseguentemente insoddisfacente.
Cominciai allora una ricerca indipendente. Ho perso il conto di quanti libri ho spulciato senza successo. Come mi sembrava ovvio, cercavo qualcosa che avesse a che fare con Avignone. Avevo dimenticato la regola aurea: se un ragionamento sembra ovvio, allora è il primo a dover esser scartato.

Cercavo alla cieca, senza sapere esattamente cosa. Naturalmente non trovavo nulla che potesse essere collegato alla quartina. E intanto, senza volerlo, mi si imprimevano nella memoria titoli, autori, immagini dei frontespizi, didascalie, contenuti. Una massa informe di roba inutile che disturbava anche i miei sonni. Avevo trovato l’equatorium; adesso mi serviva il libro. Se esisteva l’equatorium, allora doveva esistere anche il libro. Se avevo visto bene in un caso, allora dovevo aver visto bene anche nell’altro. Era diventata una sfida ossessiva. E un giorno all’improvviso, mi pare che stessi facendo del giardinaggio, un’idea mi colpì come una sferzata. Avevo capito l’enigma. Come al solito, altro che “Avignone”! Nostradamus è un genio, anzi “il” genio dei depistaggi. Sapete bene cosa intendo: ne abbiamo visto un recente esempio con britannique, germanique e bastarnan. Le cose non sono come sembrano.
Lasciai stare le foglie per andare a cercare di corsa il libro che risultava dall’enigma decifrato. Mi era passato per le mani durante le lunghe e sfibranti ricerche su Google, diurne e notturne, tra le proteste di mia moglie, convinta che chattassi con un’amante online. Dalla marea di testi che avevo consultato, me ne è balzato alla mente uno che risolveva l’enigma. Ero stato un ingenuo a non capirlo subito. Gli elementi c’erano tutti, ma ero fissato con “Avignone”.
Non stavo fantasticando, ne ero certo, ma i dubbi li nutrivo lo stesso mentre cercavo freneticamente. Lo ritrovai quasi subito, perché finalmente sapevo cosa cercare. L’ho scaricato, l’ho stampato, l’ho rilegato. Equatorium e libro! Tutto partendo da una quartina.
  

foto del libro e di una riproduzione in legno dell’equatorium fedele all’originale (recto e verso)

Trovato il libro, mi restava il problema di scoprire cosa cercare al suo interno. Questo non fu difficile. Sfogliandolo velocemente, non faticai a riconoscere la tabella con 1080 caselle ed il 1350 finale alla quale puntava la quartina sul “traduttore di Bourc”. I collegamenti erano fatti. L’ultima chiave era stata finalmente trovata. Come usarla è tutto un altro discorso.


mercoledì 14 novembre 2018

Lettere intercambiabili

Questo post viene scritto in risposta a un quesito che mi è stato posto in un commento all'articolo intestato "Carpentras". Mi si chiedono informazioni in merito alla grafica adottata nella quartina IX, 41. Allego un'immagine di qualche esempio e faccio seguire le mie considerazioni.


Il verso recita: Le grand Chyren soy saisir d’Auignon (Il grande Chiren s'impadronirà d'Avignone).
Le tipografie dell’epoca usavano indifferentemente la “y” al posto della “i” (da non confondere con l’intercambiabilità tra “i” e “j” che Nostradamus adotta in Gematriah”). Da qui, Chyren anziché Chiren e soy anziché soi. Quella specie di “f” è anch’essa una “s”, ma è un po’ diversa dalla “f” vera, come si può notare nella quartina quartina IV, 52, terzo verso, “sera” e “fort”. O anche nella IX, 7 tra “tres-fort” e “soy”. Potrei portare un’infinità di altri esempi.
Stesso discorso vale per l’intercambiabilità tra “u” e “v” di Avignon. A questa fungibilità mi pare di avere già accennato in un articolo sulle “centvriez” (sì, vale anche tra “s” e “z”).
Sono presenti esempi di “s” che sembrano “f” e “y” al posto della “i” anche nel brano dell’immagine che ho estratto dall’epistola a Cesare. In questo stesso estratto si può vedere che la "v" di "sauveur" è stata sostituita da una "u".
Oltre a quelli citati, ho evidenziato in rosso anche altri esempi di quanto asserito.
Non credo che in tutto questo ci sia lo zampino di Nostradamus. I tipografi dell’epoca usavano i caratteri di piombo, che non erano infiniti. Si arrangiavano come meglio potevano, anche se costretti a usare tipi diversi. Per loro era diventata assolutamente indifferente l'adozione di un tipo anziché un altro. Tutti i lavori dell’epoca, e non solo quelli di Nostradamus, testimoniano un simile comportamento.

Spero di essere stato esauriente. In caso diverso, sono qui. Buona serata a Eragon e a tutti.

lunedì 12 novembre 2018

Carpentras


Diamo un’occhiata alla quartina IX, 41 dal cui studio è iniziata la fase finale, purtroppo non ancora conclusa, della decodifica di Nostradamus.


Il grande Chiren s’impadronirà d’Avignone
Lettere di Roma in miele pieno di amarezza
Lettera di ambasciata parte da Chanignon
Carpentras preso dal nero duca con la piuma rossa

Questa quartina, probabilmente la più difficile con la quale mi sia mai confrontato, costituisce sostanzialmente la fonte del convincimento che mi spinse alla ricerca dei due strumenti di cui Nostradamus si è avvalso per creare le sue chiavi di ordinamento:

-         l’equatorium/astrolabio;
-         un libro particolare.

Tutta la ricerca è descritta nel libro “L’ultima chiave di Nostradamus”. Qui mi limito ai tratti essenziali.
Gli ultimi due versi citano, anche se non è facilmente intuibile, un astrolabio costruito da un certo Guillaume de Carpentras (che in effetti era un olandese). Unico al mondo per il modo in cui è fatto, è stato utilizzato da Nostradamus come una specie di calcolatore. In realtà si tratta di uno strumento a doppia faccia. Da un lato c’è un comune astrolabio, più o meno come tanti altri. Dall’altro c’è uno strumento del tutto particolare, chiamato “equatorium”. E’ di questo che stiamo parlando qui.

Dopo aver decodificato la quartina e rischiando di perdere la faccia, ma nello stesso tempo convinto di aver visto giusto, mi sono rivolto a degli esperti di queste cose; dei veri esperti intendo: degli storici, studiosi seri di oggettistica medioevale e rinascimentale. Temevo di essere deriso ed invece mi hanno dato fiducia. Con il loro aiuto sono riuscito a rintracciare “l’astrolabio della quartina” presso il “Museum of the history of the science” di Oxford ed a ricostruirne la storia: dal costruttore, passando via via dai vari possessori fino a giungere al deposito presso il museo che nel suo sito ne attesta l’origine:

   
Museum of the history of science – Oxford

Come detto, quest’oggetto è unico al mondo. Lo stesso museo lo definisce “favolosamente raro”.



Per la verità ne esiste un altro simile, risalente al XVII secolo; ma quest’ultimo è basato sul sistema copernicano e non tolemaico, come quello di Nostradamus. Di altri ancora si ha solo conoscenza teorica, o se ne conoscono esemplari in cartone, o si possiedono solo pezzi inservibili di un’intero strumento.
Non vi dico quanti studi ci ho fatto sopra, spendendo anche un mare di quattrini per cercare spiegazioni in libri preziosi ed introvabili. Ho dovuto tradurre perfino un testo di ben 89 pagine dal latino; io che il latino l’ho studiato, e poco, un migliaio di anni fa. Alla fine ho sì capito qualcosa, ma non quanto basta per violare il segreto di Nostradamus. In parte perché in effetti sono un po’ duretto; ed in parte perché perfino i più competenti hanno anch’essi le loro lacune; e non per colpa loro. Figuratevi che, ai tempi di Nostradamus, gli equatoria in generale non venivano neanche studiati all’università per la loro complessità; si studiavano invece gli astrolabi.  Senza tener conto del fatto che lo specifico equatorium di Nostradamus aveva un funzionamento tutto suo.
Ciò che ho imparato, perciò, riguarda un approssimativo utilizzo degli equatoria in generale; resta ignoto l’utilizzo particolare che ne ha fatto Nostradamus. So solo che, con esso, ha calcolato le coordinate delle quartine. L’esperienza mi è servita però per convincermi che, dopo aver faticato tanto, Nostradamus non può aver affidato la chiave delle centurie a un oggetto che solo lui sapeva usare e del quale esisteva un solo esemplare. In effetti questo speciale equatorium era stato costruito da Guillume de Carpentras su commissione di Renato d’Angiò per il suo medico di corte, il nonno di Nostradamus, che ha influenzato notevolmente la formazione del nipote. Si trattava quindi di una competenza rigorosamente di famiglia, concordata tra il nonno ed il costruttore. Nelle prime due quartine delle Centurie, Nostradamus asserisce di averlo usato per l’attività di cifratura; lasciate perdere tutte quelle balle che leggete in giro, relative ai piedi immersi nell’acqua calda. Per i posteri chiamati a decifrare ha tracciato una via alternativa: esattamente quella dei primi due versi della quartina, con l’enigma di Avignone.



giovedì 8 novembre 2018

L'ultima chiave


Ricordate come iniziava l’enigma dei tre fratelli? Lo ripeto qui di seguito:


Dei tre fratelli ci sono tali differenze, poi uniti e accordati

Abbiamo supposto che fossero tre numeri diversi che dovevano convergere sul numero complessivo delle quartine (“uniti e accordati”). Quei tre numeri erano emersi dallo studio delle (false) cronologie bibliche.

Il terzo (per età) è stato il 1080. E’ il numero delle quartine.

Il secondo è stato il 1242, costituito dalle lettere delle frasi latine ricondotte a 1080 attraverso una ragionata rielaborazione.

Dobbiamo ora affrontare il primo, il numero più alto, cioè il 1350.

Degli altri fratelli, il primo occuperà i Leoni furiosi coronati, che tengono le zampe sopra le armi intrepide (Epistola a Enrico II).

Questo “primo fratello” è una tabella a doppia entrata (60 x 18) contenuta in un libro del quale, per il momento, preferisco non fornire dettagli per non agevolare il lavoro di chi, eventualmente, è pronto ad appropriarsi delle scoperte rivelate in questo blog. Per spiegare l’enigmatica frase, di fatto dovei dare tutte le informazioni necessarie all’identificazione del libro. La questione è solo rimandata ad un prossimo futuro. Per ora posso solo dimostrare che la tabella in questione contiene 1080 caselle, proprio quelle che ci servono per armonizzare con gli altri due anche quest’ultimo fratello; riempita di numeri, termina con il nostro 1350. Il titolo è “Tabula”, cioè tavola. Nell’intestazione c’è anche qualcos’altro (irrilevante ai nostri fini) che ho cancellato perché fornirebbe indizi sul libro. La devo inserire in verticale, altrimenti dovrei rimpicciolirla troppo.




Questa non è altro che la “misteriosa” tavola (di Bourc), finalmente rintracciata, di cui si parla nella quartina IX, 1. E’ la classica pistola fumante. Spero non ci siano pù dubbi. I tre fratelli erano i 3 numeri, tutti ricondotti a 1080: le quartine, le lettere alfabetiche, le caselle della tavola. Da questo momento in poi, ogni volta che aprirete un libro su Nostradamus sarete condizionati da questa nuova conoscenza.
Io non so ancora dove possiamo arrivare, ma di una cosa sono sicuro: senza questa tavola non si va da nessuna parte. Non se ne può prescindere. L’ho chiamata  “l’ultima chiave”. Ed è proprio così. Se lo stesso Nostradamus l’ha indicata, un motivo ci sarà, no?

Nella casa del traduttore di Bourc
Le lettere saranno trovate sulla tavola

Ricordo che Bourc equivale a 2-4173; cioè alla soluzione delle due cronologie bibliche.
Tradotto in parole semplici, questo vuol dire che colui che risolve l’enigma delle cronologie bibliche, comprendendo la relazione tra i tre fratelli, dovrà disporre le lettere (delle frasi latine) su questa tavola. Esattamente quello che stiamo tentando di fare in questo ciclo di post.

Ho messo in evidenza i numeri della riga 17, tipici delle Centurie. Avevo segnalato questa singolarità già nel mio libro “Il vero codice di Nostradamus”, anche se allora non sapevo dell’esistenza della tabella.

42 quartine della sesta centuria;
342 lettere della frase latina più lunga;
642 quartine che precedono l’epistola a Enrico II (nella riproduzione rimpicciolita sembra un 641, ma vi assicuro che è proprio 642);
942 quartine delle centurie;
1242 lettere delle frasi latine prima della rielaborazione.

Caratteristica di questi numeri è di terminare con 42; inoltre, la differenza tra ciascuno di essi e quello che lo precede è di 300. Devo onestamente ammettere che non capisco il nesso tra questa riga e le Centurie. Ormai stiamo per immergerci nella parte più oscura della chiave, quella che riguarda il suo problematico utilizzo. Se è vero che questa chiave è formata da lettere e che a ciascuna di queste lettere è associato un proprio numero progressivo, allora i numeri della tabella non dovrebbero avere alcuna funzione. Dovrebbe essere importante solo la tabella in sé, per informarci della necessità di una doppia lettura incrociata su 60 righe per 18 colonne. Però è un dato di fatto che esiste quella strana corrispondenza della serie 42.

Naturalmente dovremo tornarci sopra e, lo confermo nuovamente, privi di soluzione del problema. Possiamo solo ragionarci un po’ su insieme. Intanto, spero che interessi sommariamente sapere come sono arrivato a questa tabella. I dettagli sono contenuti nel mio libro “L’ultima chiave di Nostradamus”. Il punto di partenza è stata la quartina IX, 41 che esamineremo nel prossimo post.





domenica 4 novembre 2018

I 138 presagi


Oltre alle quartine delle Centurie, Nostradamus ne ha pubblicato delle altre, chiamate “Presagi”, in almanacchi e pronostici annuali. Purtroppo, intorno a queste pubblicazioni esiste una grande confusione: alcune sono dei falsi di anonimi autori e altre sono andate perdute. Alcuni tra i falsi presagi sono stati pubblicati dal segretario di Nostradamus (Iean Aimes de Chavigny), che li ha attribuiti al suo datore di lavoro. E’ possibile che, in qualche caso, costui abbia divulgato appunti inediti di Nostradamus; ma è certo che alcune quartine sono state scritte dalla mano di un uomo che non sospettava minimamente l’esistenza di un codice.

Per farla breve e sorvolando sulle varie problematiche editoriali, si calcola che debbano esistere 169 presagi, compresi quelli che secondo me sono evidenti falsi.
Ne è prova il fatto che, nelle Centurie e nelle epistole, Nostradamus fissa in 138 il numero dei presagi da aggiungere alle quartine delle centurie.
Se, per ipotesi, i presagi fossero solo uno in più o in meno di 138, potrei buttare all’aria tutto il lavoro fatto finora. Salterebbero tutte le spiegazioni fornite per le varie chiavi. Se siamo convinti della spiegazione dei tre fratelli e delle relative dimostrazioni, allora non possiamo fare a meno di concludere che i presagi debbano essere necessariamente 138.

Tengo a precisare che, mentre il numero di 169 è abbastanza dibattuto, nessuno a parte me riconduce a 138 il numero dei presagi validi. Questo non mi preoccupa affatto. Gli altri cercano le profezie mentre io cerco il codice. Le conclusioni non possono che essere diverse, visto che diversi sono i presupposti di partenza.

Come si può immaginare, non è facile individuare quali 138 presagi tra i 169 disponibili siano autentici e quali falsi. Ho provato a fare una selezione attraverso un procedimento empirico. Per esempio, se un almanacco contiene almeno un presagio con del codice convincente o un frammento di codice valido nella parte testuale diversa dai presagi, allora ho considerato validi tutti i presagi di quell’almanacco.

Non è stato un lavoro facile, dal momento che alcune particolarità possono sfuggire a un’analisi così soggettiva. Tra l’altro, il linguaggio dei Presagi, notevolmente più astruso di quello delle quartine delle Centurie, rende ardua anche la strada dei collegamenti logici dei contenuti. L’esempio più eclatante di ciò che sto dicendo è costituito dall’almanacco per l’anno 1566, al cui interno appare un enigma che nessuno al mondo, eccetto Nostradamus, avrebbe potuto concepire: è la riscrittura, in forma diversa ma con uguale soluzione, del famoso enigma delle cronologie bibliche dell’epistola a Enrico II (se interessati, potete scaricare l’opuscolo da questo blog). E’ evidente che non può esistere neanche l’ombra di un dubbio sull’autenticità di quell’almanacco e, di conseguenza, dei presagi in esso contenuti.

Altro esempio che permette di considerare autentico l’almanacco per il 1561 è il presagio di giugno:

Presagio Giugno 1561
Courses de Loin, ne s’apprester conflits,
Triste entreprise.l’air pestilent, hideux:
De toutes parts les Grands seront afflits,
Et dix & sept assaillir vint & deux.

Corse da lontano, non si avvicinano conflitti.
Triste impresa, l’aria pestilente e odiosa.
Da ogni parte i Grandi saranno afflitti.
E diciassette assale ventidue.

Questo presagio è essenziale per la comprensione dell’enigma della cronologia astrologica spiegato sempre nell’opuscolo sopra citato. Nessun impostore poteva saperlo. Evidentemente l’intero almanacco è autentico.

Detto questo, non posso essere del tutto certo che la mia ricostruzione sia esente da errori.  Fortunatamente, i singoli presagi non sono indispensabili; l’importante è conoscerne il numero, essenziale per un corretto funzionamento delle chiavi di ordinamento.
Nostradamus aveva l’abitudine di proporre ripetutamente i suoi enigmi in forma diversa e su pubblicazioni diverse, evidentemente con l’intenzione di permettere la ricostruzione dell’enorme puzzle perfino nel caso che qualche pezzo fosse andato perduto. Perciò sono convinto che i presagi abbiano una funzione supplementare e non complementare alla analoghe quartine di struttura delle Centurie o alle stesse epistole a Cesare e a Enrico II. Pur essendo utili a chiarire o facilitare o confermare soluzioni ricavate in altro modo, sono solo una via parallela, chissà fino a che punto completa, per raggiungere l’obiettivo.