L’elemento centrale attorno al quale ruota il
legame tra San Lorenzo e quello che, in seguito, diventerà il Graal, è la coppa
dell’ultima cena, affidata dal Santo a Precelio affinché la porti a Huesca,
alle falde dei Pirenei aragonesi.
Abbiamo già visto che la coppa non è altro che la
raffigurazione simbolica di uno stato interiore di sapienza e conoscenza. Nella
narrazione del Graal di Robert de Boron, tale rappresentazione trova le sue
radici nell’esaltazione del sacrificio di Cristo, con la trasformazione del
vino in sangue e con la raccolta del sangue sgorgato dal suo costato: in
entrambi i casi, un sangue di salvezza dell’umanità.
Tuttavia, l’idea di conferire alla coppa una
funzione divina ha un’origine molto antica e comune a molte culture: basti
pensare alla coppa d’immortalità degli Dei greci o alla coppa contenente il
Soma, la bevanda d’immortalità degli Dei indù[1],
o alla coppa del banchetto del dio Mitra, in una cerimonia analoga alla
celebrazione Eucaristica. Il calice, come contenitore della fonte
dell’immortalità, è dunque un simbolo universale senza tempo, che diventa
tutt’uno con il contenuto, la bevanda della vita, la parola perduta, la
conoscenza.
Secondo questa interpretazione, che peraltro
risolve molti problemi nella ricerca del Graal, non sarebbe una coppa materiale
quella che Lorenzo ha affidato a Precelio, ma la sua visione iniziatica della
dottrina di salvezza, con l’incarico di diffonderla alle falde dei Pirenei, sua
area geografica di origine.
Per uno strano scherzo del destino, alcuni secoli
dopo e proprio in un Paese confinante, l’Occitania, è emersa l’eresia Catara
che, secondo Otto Rahn[2],
costituisce lo sfondo sul quale Von Eschenbach ha costruito il suo “Parzival”.
E’ possibile che il “seme” gettato da Precelio abbia covato sotto la cenere o
abbia comunque esercitato la sua influenza, fino all’esplosione di quel
catarismo la cui origine rimane sconosciuta?
Che il Parzival sia veramente una rielaborazione
allegorica dello sterminio dei Catari oppure no, resta il fatto che
l’ambientazione temporale viene collocata ai tempi di Re Artù, le cui vicende
si svolgono in epoca che, seppur incerta, viene inquadrata nei primi secoli
dopo Cristo e potrebbe benissimo coincidere con l’epoca della presenza in
Aragona di Precelio.
Capisco che la revisione in chiave esoterica della
leggenda di San Lorenzo possa sembrare una semplice speculazione intellettuale,
ma chiedo di sospendere il giudizio in attesa del riesame complessivo. Se, come
cercherò di dimostrare, tutti i pezzi si incastrano alla perfezione, allora è
probabile che la mia ipotesi non sia infondata. Del resto, la consistenza di
un’ipotesi si fonda sulla quantità dei fatti che essa riesce a spiegare e a
mettere in relazione, oltre che dal confronto con la narrazione “ufficiale”
che, nel nostro caso, gli stessi storici ritengono inesatta (cfr. Graal: storia e mito – 11).
Per quanto
superfluo, sottolineo infine che il legame tra San Lorenzo e il Graal non è in
discussione, essendo già esplicitamente radicato nella tradizione della “coppa
di Valencia” e del “catino di Genova”; la mia è solo una sfida reinterpretativa
dei suoi contenuti.
…segue…
[1] Con ogni
probabilità, la coppa non era altro che un’originaria esaltazione spirituale
dell’utero materno, contenitore del seme della vita terrena.
[2] Membro civile delle SS; autore di “Crusade
against de Grail”.
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