Tecniche di Nostradamus

giovedì 2 ottobre 2014

Graal: storia e mito (18)

L’elemento centrale attorno al quale ruota il legame tra San Lorenzo e quello che, in seguito, diventerà il Graal, è la coppa dell’ultima cena, affidata dal Santo a Precelio affinché la porti a Huesca, alle falde dei Pirenei aragonesi.

Abbiamo già visto che la coppa non è altro che la raffigurazione simbolica di uno stato interiore di sapienza e conoscenza. Nella narrazione del Graal di Robert de Boron, tale rappresentazione trova le sue radici nell’esaltazione del sacrificio di Cristo, con la trasformazione del vino in sangue e con la raccolta del sangue sgorgato dal suo costato: in entrambi i casi, un sangue di salvezza dell’umanità.
Tuttavia, l’idea di conferire alla coppa una funzione divina ha un’origine molto antica e comune a molte culture: basti pensare alla coppa d’immortalità degli Dei greci o alla coppa contenente il Soma, la bevanda d’immortalità degli Dei indù[1], o alla coppa del banchetto del dio Mitra, in una cerimonia analoga alla celebrazione Eucaristica. Il calice, come contenitore della fonte dell’immortalità, è dunque un simbolo universale senza tempo, che diventa tutt’uno con il contenuto, la bevanda della vita, la parola perduta, la conoscenza.
Secondo questa interpretazione, che peraltro risolve molti problemi nella ricerca del Graal, non sarebbe una coppa materiale quella che Lorenzo ha affidato a Precelio, ma la sua visione iniziatica della dottrina di salvezza, con l’incarico di diffonderla alle falde dei Pirenei, sua area geografica di origine.

Per uno strano scherzo del destino, alcuni secoli dopo e proprio in un Paese confinante, l’Occitania, è emersa l’eresia Catara che, secondo Otto Rahn[2], costituisce lo sfondo sul quale Von Eschenbach ha costruito il suo “Parzival”. E’ possibile che il “seme” gettato da Precelio abbia covato sotto la cenere o abbia comunque esercitato la sua influenza, fino all’esplosione di quel catarismo la cui origine rimane sconosciuta?
Che il Parzival sia veramente una rielaborazione allegorica dello sterminio dei Catari oppure no, resta il fatto che l’ambientazione temporale viene collocata ai tempi di Re Artù, le cui vicende si svolgono in epoca che, seppur incerta, viene inquadrata nei primi secoli dopo Cristo e potrebbe benissimo coincidere con l’epoca della presenza in Aragona di Precelio.

Capisco che la revisione in chiave esoterica della leggenda di San Lorenzo possa sembrare una semplice speculazione intellettuale, ma chiedo di sospendere il giudizio in attesa del riesame complessivo. Se, come cercherò di dimostrare, tutti i pezzi si incastrano alla perfezione, allora è probabile che la mia ipotesi non sia infondata. Del resto, la consistenza di un’ipotesi si fonda sulla quantità dei fatti che essa riesce a spiegare e a mettere in relazione, oltre che dal confronto con la narrazione “ufficiale” che, nel nostro caso, gli stessi storici ritengono inesatta (cfr. Graal: storia e mito – 11).

Per quanto superfluo, sottolineo infine che il legame tra San Lorenzo e il Graal non è in discussione, essendo già esplicitamente radicato nella tradizione della “coppa di Valencia” e del “catino di Genova”; la mia è solo una sfida reinterpretativa dei suoi contenuti.

…segue…



[1] Con ogni probabilità, la coppa non era altro che un’originaria esaltazione spirituale dell’utero materno, contenitore del seme della vita terrena.
[2] Membro civile delle SS; autore di “Crusade against de Grail”.

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