Tecniche di Nostradamus

giovedì 9 ottobre 2014

Graal: storia e mito (19)

Nel post precedente, partendo dalla tradizione che associa le vicende di San Lorenzo al mistero del Graal, ho prospettato la possibilità che la famosa coppa affidata a Precelio perché la portasse in Aragona altro non fosse che una misteriosa dottrina iniziatica da diffondere alle falde dei Pirenei.
I dettagli della leggenda non fanno altro che confermare questa ipotesi, evidentemente nota al realizzatore del mosaico della Basilica di San Lorenzo fuori le mura, che la racconta in una maniera figurata piuttosto esplicita.

Sappiamo che quel mosaico, oltre alla coppa, rappresenta anche due salamandre, la cui caratteristica (infondata, ma radicata nell’immaginario popolare) è quella di passare indenni attraverso il fuoco.
Il riferimento a San Lorenzo potrebbe sembrare inappropriato, visto che il Santo è stato bruciato sulla graticola, subendo gli effetti mortali del fuoco. Tuttavia, in un precedente post (Graal: storia e mito - 15) ho scritto che “paradossalmente il punto forte del mosaico risiede proprio in questa contraddizione”.
Probabilmente, esattamente come ritengono gli storici, San Lorenzo non è morto affatto sul fuoco, ma è stato decapitato. Le salamandre, dunque, altro non sarebbero che un riferimento allegorico al Santo che esce rigenerato[1] (ri-generato = generato di nuovo - cfr. Graal: storia e mito – 16) dal fuoco dell’esperienza mistica. Non è stato lo stesso Gesù (Gv. 3,3) a dire a Nicodemo “In verità, in verità ti dico: nessuno può vedere il regno di Dio se non nasce di nuovo.”?

Altrettanto allegorica, ma estremamente efficace, si presenta la tradizione secondo la quale il corpo del Santo sarebbe stato dato in pasto ai poveri; l’innegabile parallelo con il sacrifico Eucaristico indicherebbe una sorta di condivisione dell’insegnamento che egli ha diffuso e che, infine, ha affidato a Precelio.
Del resto è noto che i poveri, nella dottrina cristiana, assumono rilevanza non tanto per il limitato possesso di ricchezze materiali, quanto per la carenza di quelle spirituali. Giuseppe di Arimatea non era certo povero di beni, come non lo erano Lazzaro e il padrone della casa che ha ospitato l’ultima cena. Più probabilmente, invece, essi erano poveri di spirito, come richiesto dalle Beatitudini.

Se è vero che San Lorenzo è stato portatore di una conoscenza iniziatica di salvezza, allora si spiega meglio il motivo per il quale egli viene considerato il patrono dei bibliotecari, custodi del sapere; e si spiega anche perché abbia lasciato le parole “la mia notte non ha oscurità alcuna, ma tutte le cose sono chiare nella luce”.

I conti tornano alla perfezione, dunque. I dettagli della leggenda trovano una spiegazione; la divergenza tra la tradizione della graticola e il resoconto degli storici, che sostengono la tesi della decapitazione, si ricompone; l’invio della coppa in Aragona aquista una finalità precisa; la venerazione del Santo come patrono dei bibliotecari trova una giustificazione. Soprattutto, il mosaico diventa perfetta fotografia di questa interpretazione, piuttosto che contraddittoria rappresentazione della leggenda.

L’unico punto oscuro resterebbe il preciso contenuto della dottrina di San Lorenzo che, seppur basata sui principi cristiani, rivestirebbe un carattere iniziatico; una dottrina ritenuta più soddisfacente di quanto il Cristianesimo ortodosso fosse in grado di offrire.

…segue…



[1] Il potere rigenerante del fuoco mistico è ricordato da San Bonaventura che, nel suo “Itinerarium”, scrive del “fuoco che tutto infiamma e nel rapimento dell’ardentissimo affetto ci trasporta in Dio”.

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