Di recente, in occasione di una
nota fiction televisiva, ha suscitato grande interesse il tema del XIII
apostolo.
Tale apostolo è realmente
esistito, ma non nel senso vero del termine: gli apostoli erano effettivamente 12,
perché tanti dovevano essere per una questione di tradizione ebraica e per
altre ragioni mistiche, simboliche e occulte che, in questa occasione, non ci
interessano.
Esisteva però un particolare
discepolo “in più” che, non avendo ufficialmente le “stellette” di apostolo
sulla spallina, viene ritenuto leggendario.
Se qualcuno è interessato a
questo argomento, può consultare il link che segue, con l’avvertenza che, per
avere una visione completa, deve visionare anche alcuni post immediatamente
precedenti ed altri immediatamente successivi:
Perché lo riprendo adesso?
Semplicemente perché,
nell’omelia di ieri (cliccare qui per la versione ufficiale),
Papa Francesco ha sottolineato proprio quegli aspetti attorno ai quali, a suo
tempo, ho costruito tutto il mio ragionamento:
- Abbiamo
sentito altri nomi: i discepoli che non capivano niente
- O
sono come i discepoli, che non capivano che cosa fosse tradire Gesù?
- Come
quell’altro discepolo che voleva risolvere tutto con la spada:
E,
infine:
Sono
io come Giuseppe, il discepolo nascosto, che porta il corpo di Gesù con amore,
per dargli sepoltura?
Terminavo
quel mio post con le seguenti parole:
Giuseppe di Arimatea avrebbe
obiettivamente tutte le carte in regola, e anche di più, per godere di una
speciale venerazione, in ricordo del suo comportamento ai piedi della Croce. Perché,
allora, gli viene negata questa visibilità?
Papa Francesco, finalmente, ha
saputo mettere bene in luce la differenza tra questo discepolo e gli altri,
sottolineando il contrasto dei loro comportamenti. Un grande gesto di
giustizia, pur con tutta la deferenza nei confronti dei “veri” apostoli.
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