Lo sport maggiormente praticato
da mistici, veggenti e profeti medioevali (e anche oggi, per la verità)
consisteva nel prevedere disgrazie e persecuzioni per la Chiesa, nell’ambito di
scenari apocalittici ai quali sarebbe stato posto termine da un salvatore
chiamato Grande Monarca.
Il tema non era nuovo
ovviamente (e mantiene tuttora la sua attualità), dal momento che la religione
cristiana è in sé apocalittica sin dalle origini. Gesù stesso proclamava la
fine del mondo tra tribolazioni, persecuzioni e catastrofi cosmiche; gli ha
fatto eco S. Paolo, con un particolare accento sull’apostasia e sul mistero
dell’iniquità, che devono precedere il ritorno di Gesù. Per non parlare della
Rivelazione o Apocalisse di Giovanni.
Facendo leva su questa
caratteristica del cristianesimo, le profezie di Malachia culminano con la fine
del papato e con il giudizio finale (cfr.
il mio libro sulle profezie di Malachia); anche le centurie di Nostradamus
dedicano ampio spazio alla figura dell’anticristo e alla persecuzione della
cristianità.
Santa Brigida, con le sue
numerose visioni, non è da meno.
Di origini svedesi, visse nel
XIV secolo; sposata e madre di otto figli, adottò uno stile di vita religioso e
caritatevole, che intensificò alla morte del marito. Stabilitasi in Italia, a
Roma, visitò numerose città che ospitavano reliquie di Santi e fece anche un
pellegrinaggio in Terra Santa.
Il rispetto per la sua
religiosità ed il suo misticismo non impediscono di restare perplessi di fronte
all’abbondanza di presunte rivelazioni ricevute da Gesù: così tante da dover
essere raccolte in ben otto volumi; appare altresì inverosimile che Gesù stesso
le abbia raccontato di aver ricevuto ben 5480 colpi di frusta, versando più di
30.000 gocce di sangue.
Comunque, la Santa prevede
tribolazioni a non finire per la Chiesa, scatenate dalla Francia, fino
all’apparizione di un grande re francese con l’insegna del giglio, che chiama
“invittissimo e cristianissimo”, il quale si erge a difensore della sposa di
Cristo. Insomma, la Francia se la canta e la Francia se la suona.
Nostradamus “fa realizzare” la
profezia del grande re di Santa Brigida in una delle sue epistole, definendo
“invittissimo e cristianissimo” il re Enrico II di Valois, che ha tre gigli
nello stemma. Nessuna menzione del fatto che questo re non abbia giocato alcun
ruolo nella cristianità e nulla importa che non gli si addica il termine di
“invittissimo”; appellativo che
Nostradamus gli indirizza cinicamente nel 1566, ben 7 anni dopo la morte,
avvenuta nel corso di un torneo cavalleresco.
Nel suo sforzo di farlo
apparire dispregiativamente come il re profetizzato, Nostradamus chiama l’insulso Enrico II perfino
“monarca universale”, ben sapendo che di “universale” non ha nulla. E’ un
messaggio occulto, colmo di ironia, per un re del quale, nella quarta quartina delle centurie,
Nostradamus non fa altro che pubblicare il decreto della condanna a morte da
parte di una organizzazione clandestina che lo ritiene illegittimo (cfr.
“L’ultima chiave di Nostradamus”):
In pace e in vita non sarà a lungo
Il tema del “Grande monarca”,
della casata del giglio, è uno dei miti più diffusi nel profetismo medioevale e
rinascimentale. Nostradamus, oltre che per identificare Enrico II, vi fa
ricorso anche per indicare il destinatario finale del messaggio nascosto nelle
centurie.
Proponendomi di dedicare
all’argomento un futuro lavoro monotematico, mi sto limitando qui semplicemente
a sottolineare la facilità e le contraddizioni con cui il misticismo medioevale
ha prodotto improbabili predizioni, che Nostradamus ha preso abilmente a
pretesto per le sue “profezie”.
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