Diamo un’occhiata alla
quartina IX, 41 dal cui studio è iniziata la fase finale, purtroppo non ancora
conclusa, della decodifica di Nostradamus.
Il grande Chiren s’impadronirà d’Avignone
Lettere di Roma in miele pieno di amarezza
Lettera di ambasciata parte da Chanignon
Carpentras preso dal nero duca con la piuma rossa
Questa quartina,
probabilmente la più difficile con la quale mi sia mai confrontato, costituisce
sostanzialmente la fonte del convincimento che mi spinse alla ricerca dei due
strumenti di cui Nostradamus si è avvalso per creare le sue chiavi di
ordinamento:
-
l’equatorium/astrolabio;
-
un libro particolare.
Tutta la ricerca è
descritta nel libro “L’ultima chiave di Nostradamus”. Qui mi limito ai tratti
essenziali.
Gli ultimi due versi citano,
anche se non è facilmente intuibile, un astrolabio costruito da un certo
Guillaume de Carpentras (che in effetti era un olandese). Unico al mondo per il modo in cui è fatto, è stato
utilizzato da Nostradamus come una specie di calcolatore. In realtà si tratta
di uno strumento a doppia faccia. Da un lato c’è un comune astrolabio, più o
meno come tanti altri. Dall’altro c’è uno strumento del tutto particolare,
chiamato “equatorium”. E’ di questo che stiamo parlando qui.
Dopo aver decodificato la
quartina e rischiando di perdere la faccia, ma nello stesso tempo convinto di
aver visto giusto, mi sono rivolto a degli esperti di queste cose; dei veri
esperti intendo: degli storici, studiosi seri di oggettistica medioevale e
rinascimentale. Temevo di essere deriso ed invece mi hanno dato fiducia. Con il
loro aiuto sono riuscito a rintracciare “l’astrolabio della quartina” presso il
“Museum of the history of the science” di Oxford ed a ricostruirne la storia:
dal costruttore, passando via via dai vari possessori fino a giungere al
deposito presso il museo che nel suo sito ne attesta l’origine:
Museum of the history of science – Oxford
Come detto, quest’oggetto è
unico al mondo. Lo stesso museo lo definisce “favolosamente raro”.
Per la verità ne esiste un
altro simile, risalente al XVII secolo; ma quest’ultimo è basato sul sistema
copernicano e non tolemaico, come quello di Nostradamus. Di altri ancora si ha
solo conoscenza teorica, o se ne conoscono esemplari in cartone, o si
possiedono solo pezzi inservibili di un’intero strumento.
Non vi dico quanti studi ci
ho fatto sopra, spendendo anche un mare di quattrini per cercare spiegazioni in
libri preziosi ed introvabili. Ho dovuto tradurre perfino un testo di ben 89
pagine dal latino; io che il latino l’ho studiato, e poco, un migliaio di anni
fa. Alla fine ho sì capito qualcosa, ma non quanto basta per violare il segreto
di Nostradamus. In parte perché in effetti sono un po’ duretto; ed in parte
perché perfino i più competenti hanno anch’essi le loro lacune; e non per colpa
loro. Figuratevi che, ai tempi di Nostradamus, gli equatoria in generale non
venivano neanche studiati all’università per la loro complessità; si studiavano
invece gli astrolabi. Senza tener conto
del fatto che lo specifico equatorium di Nostradamus aveva un funzionamento
tutto suo.
Ciò che ho imparato,
perciò, riguarda un approssimativo utilizzo degli equatoria in generale; resta
ignoto l’utilizzo particolare che ne ha fatto Nostradamus. So solo che, con
esso, ha calcolato le coordinate delle quartine. L’esperienza mi è servita però
per convincermi che, dopo aver faticato tanto, Nostradamus non può aver
affidato la chiave delle centurie a un oggetto che solo lui sapeva usare e del
quale esisteva un solo esemplare. In effetti questo speciale equatorium era
stato costruito da Guillume de Carpentras su commissione di Renato d’Angiò per il suo
medico di corte, il nonno di Nostradamus, che ha influenzato notevolmente la
formazione del nipote. Si trattava quindi di una competenza rigorosamente di
famiglia, concordata tra il nonno ed il costruttore. Nelle prime due quartine
delle Centurie, Nostradamus asserisce di averlo usato per l’attività di
cifratura; lasciate perdere tutte quelle balle che leggete in giro, relative ai
piedi immersi nell’acqua calda. Per i posteri chiamati a decifrare ha tracciato
una via alternativa: esattamente quella dei primi due versi della quartina, con
l’enigma di Avignone.
Scusi se la disturbo ma lei traduce il primo verso come "Il grande Chiren s’impadronirà d’Avignone" ma ci sono alcune cose che non mi tornano:
RispondiElimina- "foy" sembrerebbe non significare nulla in francese, e' solo una cittadina. Ma "foi" significa fede.
- Anche "faifir" non sembra significare nulla in francese ma in galiziano sembra significare "fa male".
- Avignone e' scritto Auignon invece di Avignon...
Un abbraccio
Nessun disturbo. Non posso rispondere qui perché devo allegare un'immagine e questo è consentito solo nei post principali. Le rispondo immediatamente più sopra.
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