Una premessa, peraltro non
nuova: farò sovente citazioni e rimandi ai miei libri. Non è un espediente
pubblicitario (benché ogni autore aspiri, ovviamente, alla massima diffusione
dei suoi lavori); è solo che molti argomenti si spiegano solo attraverso degli
approfondimenti che si trovano in essi. In assenza di quegli approfondimenti,
alcune affermazioni proposte in questo blog potrebbero apparire gratuite e non
dimostrate. Addirittura, alcune di esse non possono neanche essere capite a
livello concettuale se non si conosce il ragionamento che sta dietro e il
percorso attraverso il quale vi si arriva. Dire, ad esempio, che il Graal è
questo o quello non avrebbe alcun senso al di fuori del contesto nel quale il
“mistero” viene sciolto.
Perciò, la citazione dei miei
libri non è un invito a leggerli (anche se ciò, ripeto, mi farebbe grande
piacere), ma solo un invito per chi li ha letti ad integrare con i loro
contenuti ciò che scrivo nel blog.
Passiamo all’argomento
principale.
Non siamo abituati, né
solitamente ci interessa, a guardarci attorno con occhio investigativo. Se lo
facessimo, ci accorgeremmo che siamo bombardati da messaggi in codice, attraverso i quali gli iniziati di questa o quella setta si trasmettono
messaggi millenari.
L’arte pittorica straripa di
questi segnali. Dan Brown, nel suo Codice da Vinci, ha solo sfiorato una prassi
iniziatica dai contenuti straordinari. A saper guardare, nella pittura si
possono rintracciare messaggi che lasciano a bocca aperta per il loro
contenuto.
Guardate questo battesimo di
Cristo di De Gelder (Dordrecht Museum) e spiegatemi come fa un artista olandese
vissuto tra il 1600 e il 1700 a dipingere qualcosa che lascio a voi definire.
Decidete da soli, lasciando perdere le varie contorsioni mentali che trovate su
Google; anche perché, se fate una piccola ricerca, potete trovare decine di
dipinti di tutte le epoche che tramandano lo stesso contenuto. Un po’ difficile
contestarli tutti.
Come al solito, non intendo
avallare quello che questi dipinti sottintendono, ma solo testimoniare che esiste una
tradizione in tal senso. Personalmente mi prefiggo di svolgere solo ed
esclusivamente un ruolo da ricercatore, che si meraviglia di fronte ad alcune
anomale particolarità.
La massoneria, a sua volta,
lascia dappertutto messaggi di altro genere. L’esempio più noto è costituito
dalla banconota da un dollaro, sul retro del quale è rappresentato l’occhio
onnisciente, unito all’evocazione di un nuovo ordine mondiale (Novus ordo
seclorum).
Cos’è l’occhio onnisciente? E
perché sta in cima alla piramide? Qual è il vero nesso con la piramide,
al di là del risvolto simbolico che gli si attribuisce?
Cosa vuol dire “novus ordro
seclorum”, espressione che sovrasta l’altra: “the great seal" (il grande
sigillo)? Si riferisce alla dichiarazione di indipendenza americana (4 luglio
1776) il numero romano iscritto alla base della faccia della piramide
(MDCCLXXVI)? Chi è che approva (annuis coeptis = impresa approvata)? Davvero la
nascita degli Stati Uniti si fonda su una associazione massonica con finalità
occulte? E siamo sicuri che i padri fondatori fossero realmente degli
illuminati e non, piuttosto, dei ciechi ambiziosi che hanno smarrito la via?
Stiamo vedendo, oggi, la realizzazione del loro disegno, oppure assistiamo a
degli obbrobriosi scarabocchi che, al momento opportuno, saranno spazzati via con furia devastante?
Passando alla letteratura e sfogliando l’abbondante
produzione esoterica, non tutti sanno, ad esempio, che la Divina Commedia di
Dante è una grandiosa opera iniziatica. Basta pensare ai numeri, di grande
rilevanza nella numerologia sacra (3 – 7 – 9), sui quali essa è strutturata: 3
Cantiche, costituite da 34 (3+4=7) canti dell’Infermo, 33 del Purgatorio, 33
del Paradiso e ogni canto costituito da strofe di 3 versi. Ancora, 9 cerchi dell’Inferno,
7 cornici del Purgatorio, 9 cieli del Paradiso. Dante stesso mette il lettore
sull’avviso, dal verso 61 (6+1=7) al verso 63 (6+3=9) del nono canto
dell’Inferno (9: quale canto migliore per una dichiarazione esoterica?):
O voi ch’avete l’intelletti sani,
mirate la dottrina che s’asconde
sotto ‘l velame de li versi strani.
Non ricordo cosa insegnano a scuola a proposito di questi
versi, ma chiunque può capire cosa significano, se letti alla luce del
linguaggio esoterico. E i segnali non si limitano certamente ai pochi citati.
Ad esempio, nel nono canto del Purgatorio (9, ancora una volta, e non un altro
canto qualsiasi), Dante deve salire 3 gradini di colore bianco, nero e rosso;
il richiamo all’Albedo (sublimazione), Nigredo (putrefazione) e Rubedro
(ricomposizione) dell’alchimia è evidente, e non basta certamente il
depistaggio dell’inversione dell’ordine di apparizione del bianco e nero a
nasconderne il significato (in alchimia sono nero, bianco e rosso). Dappertutto ci sono segnali per chi li sa
leggere, in ricordo del cammino iniziatico compiuto da Dante, dal tormento
della coscienza (selva oscura) fino all’illuminazione finale. E pensare che ci
si chiede ancora chi fosse Beatrice…
Anche la musica non è immune da
messaggi in codice. Basta ricordare il Parsifal di Wagner, il “puro folle” alla
ricerca del Graal. E’ questo che vuol dire Parsifal dall’arabo: “puro folle”,
perché solo un folle dal cuore puro è ritenuto degno di portare a termine
un’avventura come la sua.
E che dire della Bibbia? Ci si perde, a partire dai
mitici sette giorni della creazione e, addirittura, dalla prima parola della
Bibbia: “bereshit” (in principio). Mi limito a presentare solo un paio di
esempi semplici e incontestabili, giusto per mostrare che esiste un codice strutturato
con grande meticolosità. Potrà sembrare esagerato affermarlo ma, volendo, si
potrebbe riscrivere l’intera Bibbia sotto una nuova luce.
Come sapete, la Torah si
compone di Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio.
In questi libri, le parole Torah
e Yahveh si intrecciano secondo un codice prefissato. Non è questa la sede per
approfondire, ma vi mostro qualcosa giusto per darvi un’idea:
Guardate in alto come si scrive “Torah” in ebraico: sono
4 caratteri corrispondenti a “Torh”. Ebbene, cominciamo con la Genesi,
procedendo da destra verso sinistra (è così che si scrive l’ebraico).
Rintracciato il primo simbolo (la “T”), contiamo
cinquanta caratteri e incontriamo la “O”; contiamone altri cinquanta e
incontriamo la “R”; contiamone ancora cinquanta e incontriamo la “H”).
Un caso? Direi di no, visto che anche l’Esodo rispetta
questo schema. E non vi annoio con gli altri libri del Pentateuco e con la
parola Yahveh.
Se decidete di contare da soli, vi raccomando di non
considerare il trattino “-“, che non è una lettera alfabetica.
Nel libro di Geremia (25:26), il profeta annuncia dei
castighi al re di Sheshak (“Il re di Sesac berrà dopo di loro”). Sottoponendo
la parola Sheshak all’atbash, si ottiene la parola Babele, perché è al re di
Babilonia che Geremia si rivolge. Questo esempio specifico è talmente noto che
lo trovate tra le annotazioni di qualsiasi Bibbia.
L’atbash consiste nella tecnica di sostituire la prima
lettera dell’alfabeto ebraico con l’ultima; la seconda con la penultima e così
via.
L’alfabeto ebraico è formato da 22 lettere. Così, sempre
leggendo da destra verso sinistra, sostituiamo la shin (ventunesima lettera)
con la beit (seconda); di nuovo una shin sostituita con una beit; infine la kaf
(dodicesima lettera dal fondo) con la lamed (dodicesima lettera dall’inizio).
Alla fine, “Sheshak” diventa “Babel”.
Come è mostrato nel libro “La Cabala, i Templari, il
Graal”, ricorrendo allo stesso sistema, si scopre che il famigerato “Baphomet”
dei Cavalieri Templari, la causa ufficiale della loro persecuzione, altro non è
che la trasposizione della parola “Sophia” (sapienza); i Templari, cioè, erano
degli “gnostici” e solo sotto questo aspetto potevano essere definiti eretici
secondo i concetti dei loro tempi; non certo per l’adorazione di un misterioso
“bafometto”, che non si è mai saputo cosa fosse.
L’esempio più noto, e più temuto, di codice è costituito
dal numero 666 del libro dell’Apocalisse di Giovanni. Si tratta di un libro
composto esclusivamente con criteri esoterici e cabalistici. Non è difficile
vedere la Roma pagana nella citazione di Babilonia, la grande meretrice, e
della bestia dalle sette teste. L’autore stesso dell’Apocalisse scrive: “Le
sette teste sono i sette monti sui quali sta assisa la donna”.
E alla Roma pagana si riferisce il terribile numero 666:
“Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia, perché è un numero d'uomo.
E il suo numero è seicentosessantasei” (Ap. 13,18).
Quel numero identifica semplicemente Nerone (Qaesar Neron
in ebraico: Cesare Nerone), al cui nome viene applicata la tabella ebraica di
Gematriah riportata in appendice al mio ultimo libro.
Q (qof) = 100
S (samech) = 60
R (resh) = 200
N (nun) = 50
R (resh) = 200
O (vav) = 6
N (nun) = 50
Sommando le cifre si ottiene, appunto, 666.
Una nota particolare merita la vocale "O" che è in realtà legata alla consonante "vav", considerata mater lectionis, cioè una consonante utilizzata spesso in luogo della vocale che non trova autonoma rappresentazione secondo la grammatica ebraica, ma che si ritiene necessario rappresentare per maggior chiarezza della parola.
Anche se questi esempi possono sembrare slegati, c'è un unico filo rosso che attraversa la storia dell'umanità, fin dalla notte dei secoli, che ogni cultura ha trasmesso coi mezzi che aveva a disposizione, a volte senza avere piena consapevolezza del segreto che trasmetteva; l'importante era tramandare il segnale. E' il filo di una matassa che non si è mai spezzato, del quale si trova traccia in ogni manifestazione umana, ma del quale è stato perduto il bandolo.
Perché tutto questo? Per suggerire di non meravigliarsi se perfino i Vangeli non sono esenti da messaggi in codice, perché è da uno di essi in particolare che nasce la storia che intendo raccontare a partire dal prossimo post.
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