Secondo un’antica tradizione, la coppa dell’ultima cena
venne portata da San Pietro a Roma ove, in seguito, finì nelle mani di Sisto II
che, a sua volta, la donò a San Lorenzo. Quest’ultimo la consegnò a un certo
Precelio perché la portasse a Huesca, in Aragona, sua città natale.
Qui o in altra area dei Pirenei, l’oggetto rimase
nascosto per molto tempo fin quando, nel 1399, sarebbe stato donato dai monaci
di San Juan de la Peña al re Martino I di Aragona. Nel 1437 il re Alfonso V di
Aragona avrebbe dato in pegno la coppa alla cattedrale di Valencia, in cambio
di una somma di denaro. In quella cattedrale la si può ammirare ancora oggi:
Naturalmente, il presunto sacro calice è solo la coppa
della parte superiore, mentre la struttura di sostegno è stata aggiunta dai
suoi custodi.
Che quella appena narrata sia o no la vera storia di
“questa” particolare coppa è poco importante. Può essere più interessante
rilevare, invece, che esiste un’altra reliquia che collega San Lorenzo al sacro
Graal.
A Genova, nel Museo del tesoro della Cattedrale di San
Lorenzo, è custodito un vaso esagonale di colore verde che, per qualche tempo,
si è ritenuto essere di smeraldo intagliato (in realtà si tratta di cristallo).
Questa variante del Graal, nota come “sacro catino”, sarebbe il piatto
dell’ultima cena di Gesù portato a Genova dai soldati della prima Crociata,
dopo la presa di Cesarea (1101 d.C.).
Non può sfuggire, ovviamente, il legame tra il presunto
smeraldo di cui è fatto il “sacro catino” e la versione del Graal costruito con
l’intaglio di una pietra preziosa, dal nome di Lapsit exillis, caduta dalla
corona di Lucifero.
Nel caso del Graal genovese non esiste alcuna leggenda
specifica che riguardi San Lorenzo, ma è significativo il fatto che il “sacro
catino” sia custodito nella Cattedrale a lui consacrata, a dimostrazione che, a
prescindere dalle varianti, il sottofondo sembra avere una base consolidata che
ruota proprio intorno alla figura del Santo.
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