Esiste un grande segreto, di portata inimmaginabile, che ha
attraversato i secoli o, meglio, i millenni.
Quel segreto, apparentemente perduto, era a conoscenza di
soggetti insospettabili. Chi avrebbe mai pensato che Einstein era uno di
questi?
Trascrivo l’ultimo capitolo del mio prossimo libro
“Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal”.
Come si sa già dal mio precedente libro “l’Anticristo di
Nostradamus”, e come viene spiegato più a fondo nel mio nuovo libro, la chiave
di decifrazione è nascosta in mezzo alle frasi in latino lasciate da
Nostradamus.
Questa chiave è riepilogata, in grassetto, nell’ultimo
capitolo che trascrivo di seguito. Basta metterla a confronto con ciò che dice
“Einstein”, per capire che si sta parlando della stessa cosa.
IL SEGRETO DI NOSTRADAMUS
Quei lettori che hanno avuto la pazienza di seguire fino in
fondo le mie considerazioni si saranno convinti, almeno lo spero, che tra le
Centurie di Nostradamus è steso un filo conduttore che può essere afferrato
solo se si ricorre al metodo cabalistico.
E’ attorno a questo filo che sono state costruite le Centurie,
il “mondo” di Nostradamus, per usare la sua stessa terminologia, ordinate
secondo una struttura legata alle frasi in latino sparse qua e là, in apparenza
senza alcun criterio logico, nelle epistole indirizzate a Cesare
Nostradamus e a Enrico II di Francia. Quelle frasi e le parole che le
compongono vanno ovviamente riorganizzate secondo dei criteri numerici,
nascosti nelle cronologie bibliche che Nostradamus espone, con grande
rilevanza, nell’epistola a Enrico II di Francia.
L’assenza di questa consapevolezza e la conseguente adozione
di un errato punto di vista sono state le cause principali, finora, del
fallimento di tutti gli interpreti che, con grandi sforzi di fantasia, hanno
immaginato tutti i collegamenti possibili, tranne l’unico giusto, per dare
sfogo a delle rappresentazioni profetiche che, in realtà, sono estranee alla
volontà di Nostradamus. Egli, infatti, non ha assolutamente inteso pubblicare
una specie di diario degli eventi che si sarebbero verificati nei secoli:
sarebbe stata un’iniziativa inutile e stupida, diretta solo a soddisfare la
morbosa curiosità degli amanti dell’occulto, che credono ingenuamente di poter
investigare il futuro grazie alla lettura di qualche verso.
Come si può ignorare l’incoerenza tra la banalità di una
finalità del genere e la genialità dell’opera prodotta? Si può davvero
concepire l’idea che un uomo eccezionale come Nostradamus abbia sacrificato la
sua vita, spendendola nella composizione di versi incomprensibili, a beneficio
della curiosità popolare? Quale dovrebbe essere stata l’utilità di un simile
sacrificio?
Non è più verosimile ritenere, invece, che le profezie siano
semplicemente un “sottoprodotto”, destinato all’unico interprete capace di
leggere tra le righe, per rendere credibile il vero contenuto, il nucleo,
l’essenza delle Centurie? Un contenuto inimmaginabile, che racchiude un segreto
talmente straordinario da togliere ogni interesse perfino all’aspetto profetico
che, appunto, viene relegato a un ruolo assolutamente secondario.
Un segreto dei tempi antichi, il padre di tutti i segreti,
destinato ai posteri di Nostradamus, che solo al momento opportuno saranno in
grado di valorizzarlo. Quel segreto che Dio rivelò ad Abramo dopo averne
apprezzato la rettitudine[1].
Quel segreto per il quale gli stessi Cavalieri Templari si sono sacrificati,
nella necessità di custodirlo fino a quando i tempi non fossero stati maturi.
Quel segreto che, forse, è stato intuito da Albert Einstein, al quale viene
attribuita un’affermazione che sintetizza efficacemente il “codice” delle
Centurie:
Il mondo è stato creato con delle frasi, composte di parole,
formate da lettere. Dietro queste ultime sono nascosti dei numeri,
rappresentazione di una struttura, di una costruzione ove appaiono senza dubbio
degli altri mondi; ed io voglio analizzarli e capirli, perché l’importante non
è questo o quel fenomeno, ma il nucleo, la vera essenza dell’universo.
Riconducendo
questi concetti a Nostradamus, sembra
che perfino Einstein voglia confermarci che ciò che conta non è la scoperta dei
singoli fenomeni (delle singole “profezie”, nel nostro caso), ma la ricerca del
nucleo, costituito dalla vera essenza dell’universo: l’origine della creazione.
Chi può intendere intenda; gli altri continuino a dilettarsi
con “l’interpretazione delle profezie”. Usando le stesse parole di Nostradamus,
di ispirazione evangelica, si potrebbe dire:
Nolite sanctum dare canibus, nec
mittatis margaritas ante porcos ne conculcent pedibus & conuersi dirumpant
vos.[2]
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