Siamo arrivati quasi alla fine del viaggio che ci siamo
prefissi, prendendo spunto dalla leggenda di San Lorenzo, sul quale ci dobbiamo
ancora soffermare.
Non ho la pretesa di avere svelato il segreto del Graal,
il cui fascino sta proprio nella sua ambiguità e nella sua capacità di
sollevare dubbi e interrogativi ai quali ognuno può dare le risposte che
preferisce.
Secondo la tesi qui sostenuta, il Graal non è certamente
un oggetto. E’ invece l’ineffabile esperienza estatica “conquistata” da mistici
e santi di ogni epoca e di ogni cultura che, attraverso il fuoco interiore di
un impegno incessante, giungono alle radici della loro origine e della loro
natura.
Proprio in quel “conquistata” sta la differenza con
analoghe esperienze mistiche spontanee, legate più a una visione religiosa
dell’esistenza che alle capacità personali di rigenerazione spirituale. Non che
il Graal sia necessariamente avulso dalla fede religiosa, ma quest’ultima
assume eventualmente il ruolo di contesto, all’interno del quale si svolge
l’autonomo processo di crescita. Se vogliamo, il Graal è tutto tranne che
“grazia” generosamente concessa dall’Alto. E’ invece il pane (spirituale) che
ci si guadagna con il sudore della fronte.
Nello scenario graalico cristiano, il Cristo che salva è
un Cristo sofferente (Amfortas, zio di Parzival) che, pur tracciando la via,
esige un’attiva partecipazione alla lotta contro il male (le infinite battaglie
di Parzival).
In chiave simbolica, il Graal è la visione mistica di
Dante, al termine del suo viaggio attraverso gli stati dell’oltretomba; è il
segreto dell’immortalità per la cui ricerca l’eroe sumero Gilgamesh intraprende un lungo ed avventuroso
viaggio; è l’espiazione delle proprie colpe da parte di Ercole, attraverso le
mitiche dodici fatiche. Secondo Otto Rahn, il Graal è anche il Vello d’oro
degli Argonauti la cui nave, al termine dell’impresa, viene portata per
incantesimo tra gli astri della Via Lattea, dove si rivela la natura luminosa
del Dio eterno.
Riletta in questa chiave, l’avventura di Parzival,
cavaliere del Graal, trova un perfetto parallelismo nell’esperienza allegorica
di Arjuna che, nella Baghavad Gita, il dio Krishna incita al combattimento. Più
in generale, trova un contesto appropriato nel Karma yoga, o via dell’azione
degli yogi indù, e nella via del Tao dei saggi cinesi.
…segue…
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