Tecniche di Nostradamus

venerdì 13 marzo 2020

Il nome feroce

Dopo aver delineato la figura del maligno monarca universale ed averne precisato l’origine, Nostradamus deve ovviamente dare un nome al suo personaggio. Lo fa nella quartina I, 76, che diventa ora la quarta della serie (o quinta, se consideriamo la Legis cantio).
Riordinate le quartine, il discorso scorre in maniera logica e sequenziale, come se si trattasse di un racconto. Resta sempre il bisogno di interpretare i versi poco chiari, ma lo scoglio fondamentale della successione corretta è superato da un corretto utilizzo della chiave. Di fatto, e sia pure tra mille incertezze, siamo passati alla fase due, che anticipavo nel post del lontano 26 settembre 2018 “Facciamo il punto”.
Scrivevo che dopo il corretto riordinamento dovrebbe emergere qualcosa che faccia comprendere il senso inequivocabile delle quartine riordinate. Se così non fosse, non ci sarebbe modo di dimostrare anzitutto a se stessi che la ricostruzione è corretta; ognuno potrebbe continuare a leggere nei versi oscuri ciò che vuole. Insomma, saremmo più o meno nella stessa situazione di prima.
Consideravo allora la possibilità di congiungere le iniziali delle varie quartine. Troppo ovvio. Nostradamus ha escogitato qualcosa di più sottile ed elegante, oltre che più efficace. Grazie a questo marchingegno, potrò alla fine dimostrarvi che la mia lettura è corretta e che il nuovo ordine impresso al primo gruppo di quartine è altrettanto corretto.
Ma procediamo con ordine. Nostradamus decide di dare un nome alla sua “bestia”. Il mio computer, che non è meno furbacchione di lui, mi tira fuori la quartina I, 76.

Con un nome feroce sarà chiamato,
Il nome che le tre sorelle avranno per fato:
Poi grande popolo per lingua e fatto condurrà
Più di ogni altro avrà fama e rinomanza.

“Con un nome feroce sarà chiamato”. Chi è il soggetto? Si capisce al volo come si stia proseguendo un discorso già avviato: il nostro discorso sul monarca universale. “Nascerà…. Sarà chiamato…”
Neanche a dirlo, un re maligno, per quanto di carta, non può che avere un nome feroce. Vi immaginate se al terribile Gambadilegno Walt Disney avesse dato il nome di “Puffacchiotto”?
E naturalmente, essendo un re universale, non può che stare alla guida di un grande popolo; chi sia questo popolo lo vedremo. Intanto sappiamo già di chi stiamo parlando. E’ la “bestia” della quartina I, 45. E quella bestia ha un nome davvero tremendo: Satan. Un nome feroce appunto. Per capire, dobbiamo fare un salto indietro nell’epistola, nel brano in cui Nostradamus descrive uno dei suoi anticristi.

…dopo l’Anticristo sarà il principe infernale, ancora per l’ultima volta tremeranno tutti i Regni della Cristianità, e anche quelli degli infedeli, per lo spazio di venticinque anni, e saranno più pesanti guerre e battaglie, e saranno villaggi, città, castelli, e ogni altro edificio bruciati, desolati, distrutti, con grande spargimento di sangue vestale, spose, e vedove violentate, neonati scagliati e schiantati contro i muri delle città e si commetteranno tanti mali per mezzo di Satana, principe infernale, che quasi tutto il mondo universale si troverà distrutto e devastato: e prima di quegli avvenimenti alcuni uccelli insoliti grideranno per l’aria, Huy, huy

Lo vedete come torna anche qui il concetto di “mondo universale”? Già basterebbero queste due sole parole par metterci sulla giusta strada. Io e voi abbiamo stipulato una convenzione: il “mondo” è l’insieme delle frasi latine; sempre e senza eccezioni. Dunque è questo l’ambiente nel quale ci stiamo muovendo. Stando al linguaggio di Nostradamus, il re di un “mondo universale” non può che essere “universale” anche lui, un monarca universale. Il nome di questo re è “Satan”, dice l’epistola. Lascio la sua forma francese di proposito. Poi ne capirete il motivo.
Il quadro è completato da una serie di dettagli. Se il mondo è l’insieme delle frasi latine (sono venticinque, ricordate?), il concetto di “ultima volta” non può che riferirsi all’ultima frase, quella da 342 caratteri: “Multa etiam o rex…”. L’ultima è appunto la venticinquesima, come esige il brano sull’anticristo, ed è preceduta da una brevissima esclamazione “huy huy” (la ventiquattresima frase). Ogni dettaglio del brano dell’epistola trova la sua spiegazione. Il nostro monarca universale, la bestia, altri non è se non la più lunga delle frasi latine. La causa del disordine nel “mondo” deriva dall’ultima frase da 342 caratteri. Essa non concorre alla formazione della chiave e, quindi, deve essere esclusa. Motivo per il quale il monarca universale non avrà vita lunga (secondo verso della prima quartina, ex I, 4). In un secondo momento, però, dovrà essere ripescata, complicando ulteriormente le cose.
Per farla semplice, questa frase getta scompiglio nel “mondo” ed altera il processo di formazione della chiave. Personalmente, dopo aver capito il ruolo delle frasi latine, ci ho messo alcuni anni prima di arrivare a capire come essa andasse trattata; ed ancora oggi le cose non mi sono completamente chiare.

Possiamo adesso tornare per un attimo al primo verso della quartina I, 45, studiata nel post di qualche giorno fa: “Settore di setta, gran pena al delatore”. Vi avevo avvertito che io devo procedere sequenzialmente. Affrontando quella quartina, non potevo essere esaustivo prima di chiudere il cerchio con il brano sull’anticristo. Date le due sette, cioè i due gruppi di frasi latine (quelli dell’epistola a Cesare e quelli dell’epistola a Enrico II), la frase da 342 caratteri è quel settore, quella frazione di una setta che farà impazzire il “delatore”, cioè colui che vuole rivelare il mistero. Il discorso adesso fila meglio: nella griglia sarà creato un dominatore, una bestia in teatro: è la più lunga delle frasi latine, causa di tanti problemi.
Si capisce anche l’accenno a “oriente” della quartina I, 50 e tutti i richiami al concetto di “contrario” disseminati ovunque. Le frasi latine andranno scritte al contrario.
Si sgonfia tutto. Il gioco di Nostradamus è costituito da una serie di enigmi che spiegano come funziona il gioco. Una sfida circolare. Chi aveva grosse aspettative continuerà ad averle, pur di non accettare la delusione. La verità è indigeribile. E’ difficile dissociare l’ingegnosità del gioco dalla consistenza futile del contenuto. Allettati dall’idea delle profezie, ci si dimentica che questa è l’essenza di qualsiasi gioco: è bello se è ingegnoso, non perché sfocia in qualcosa di utile o concreto. Tritemio ed il suo innocuo enigma, inizialmente scambiato per rivelazione fondamentale per l’umanità, non hanno insegnato nulla.
Per quanto mi riguarda e per dirla con Pirandello, “così è se vi pare”. Possiamo ora tornare alla nostra quartina I, 76.




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