Dopo aver delineato la figura del maligno monarca
universale ed averne precisato l’origine, Nostradamus deve ovviamente dare un
nome al suo personaggio. Lo fa nella quartina I, 76, che diventa ora la quarta
della serie (o quinta, se consideriamo la Legis cantio).
Riordinate le quartine, il discorso scorre in maniera
logica e sequenziale, come se si trattasse di un racconto. Resta sempre il
bisogno di interpretare i versi poco chiari, ma lo scoglio fondamentale della
successione corretta è superato da un corretto utilizzo della chiave. Di fatto,
e sia pure tra mille incertezze, siamo passati alla fase due, che anticipavo
nel post del lontano 26 settembre 2018 “Facciamo il punto”.
Scrivevo che dopo il corretto riordinamento dovrebbe
emergere qualcosa che faccia comprendere il senso inequivocabile delle quartine
riordinate. Se così non fosse, non ci sarebbe modo di dimostrare anzitutto a se
stessi che la ricostruzione è corretta; ognuno potrebbe continuare a leggere
nei versi oscuri ciò che vuole. Insomma, saremmo più o meno nella stessa situazione
di prima.
Consideravo allora la possibilità di congiungere le
iniziali delle varie quartine. Troppo ovvio. Nostradamus ha escogitato qualcosa
di più sottile ed elegante, oltre che più efficace. Grazie a questo
marchingegno, potrò alla fine dimostrarvi che la mia lettura è corretta e che
il nuovo ordine impresso al primo gruppo di quartine è altrettanto corretto.
Ma procediamo con ordine. Nostradamus decide di dare un
nome alla sua “bestia”. Il mio computer, che non è meno furbacchione di lui, mi
tira fuori la quartina I, 76.
Con un nome feroce sarà chiamato,
Il nome che le tre sorelle avranno per fato:
Poi grande popolo per lingua e fatto condurrà
Più di ogni altro avrà fama e rinomanza.
“Con un nome feroce sarà chiamato”. Chi è il soggetto? Si
capisce al volo come si stia proseguendo un discorso già avviato: il nostro
discorso sul monarca universale. “Nascerà…. Sarà chiamato…”
Neanche a dirlo, un re maligno, per quanto di carta, non
può che avere un nome feroce. Vi immaginate se al terribile Gambadilegno Walt
Disney avesse dato il nome di “Puffacchiotto”?
E naturalmente, essendo un re universale, non può che
stare alla guida di un grande popolo; chi sia questo popolo lo vedremo. Intanto
sappiamo già di chi stiamo parlando. E’ la “bestia” della quartina I, 45. E
quella bestia ha un nome davvero tremendo: Satan. Un nome feroce appunto. Per
capire, dobbiamo fare un salto indietro nell’epistola, nel brano in cui
Nostradamus descrive uno dei suoi anticristi.
…dopo
l’Anticristo sarà il principe infernale, ancora per l’ultima volta tremeranno
tutti i Regni della Cristianità, e anche quelli degli infedeli, per lo spazio
di venticinque anni, e saranno più pesanti guerre e battaglie, e saranno
villaggi, città, castelli, e ogni altro edificio bruciati, desolati, distrutti,
con grande spargimento di sangue vestale, spose, e vedove violentate, neonati
scagliati e schiantati contro i muri delle città e si commetteranno tanti mali
per mezzo di Satana, principe infernale, che quasi tutto il mondo universale si
troverà distrutto e devastato: e prima di quegli avvenimenti alcuni uccelli
insoliti grideranno per l’aria, Huy, huy
Lo vedete come
torna anche qui il concetto di “mondo universale”? Già basterebbero queste due
sole parole par metterci sulla giusta strada. Io e voi abbiamo stipulato una
convenzione: il “mondo” è l’insieme delle frasi latine; sempre e senza
eccezioni. Dunque è questo l’ambiente nel quale ci stiamo muovendo. Stando al
linguaggio di Nostradamus, il re di un “mondo universale” non può che essere “universale”
anche lui, un monarca universale. Il nome di questo re è “Satan”, dice
l’epistola. Lascio la sua forma francese di proposito. Poi ne capirete il
motivo.
Il quadro è
completato da una serie di dettagli. Se il mondo è l’insieme delle frasi latine
(sono venticinque, ricordate?), il concetto di “ultima volta” non può che
riferirsi all’ultima frase, quella da 342 caratteri: “Multa etiam o rex…”.
L’ultima è appunto la venticinquesima, come esige il brano sull’anticristo, ed
è preceduta da una brevissima esclamazione “huy huy” (la ventiquattresima
frase). Ogni dettaglio del brano dell’epistola trova la sua spiegazione. Il
nostro monarca universale, la bestia, altri non è se non la più lunga delle
frasi latine. La causa del disordine nel “mondo” deriva dall’ultima frase da
342 caratteri. Essa non concorre alla formazione della chiave e, quindi, deve
essere esclusa. Motivo per il quale il monarca universale non avrà vita lunga
(secondo verso della prima quartina, ex I, 4). In un secondo momento, però, dovrà
essere ripescata, complicando ulteriormente le cose.
Per farla
semplice, questa frase getta scompiglio nel “mondo” ed altera il processo di
formazione della chiave. Personalmente, dopo aver capito il ruolo delle frasi
latine, ci ho messo alcuni anni prima di arrivare a capire come essa andasse
trattata; ed ancora oggi le cose non mi sono completamente chiare.
Possiamo adesso tornare per un attimo al primo verso della
quartina I, 45, studiata nel post di qualche giorno fa: “Settore di setta, gran
pena al delatore”. Vi avevo avvertito che io devo procedere sequenzialmente.
Affrontando quella quartina, non potevo essere esaustivo prima di chiudere il
cerchio con il brano sull’anticristo. Date le due sette, cioè i due gruppi di
frasi latine (quelli dell’epistola a Cesare e quelli dell’epistola a Enrico
II), la frase da 342 caratteri è quel settore, quella frazione di una setta che
farà impazzire il “delatore”, cioè colui che vuole rivelare il mistero. Il
discorso adesso fila meglio: nella griglia sarà creato un dominatore, una
bestia in teatro: è la più lunga delle frasi latine, causa di tanti problemi.
Si capisce anche l’accenno a “oriente” della quartina I,
50 e tutti i richiami al concetto di “contrario” disseminati ovunque. Le frasi
latine andranno scritte al contrario.
Si sgonfia tutto.
Il gioco di Nostradamus è costituito da una serie di enigmi che spiegano come
funziona il gioco. Una sfida circolare. Chi aveva grosse aspettative continuerà
ad averle, pur di non accettare la delusione. La verità è indigeribile. E’
difficile dissociare l’ingegnosità del gioco dalla consistenza futile del
contenuto. Allettati dall’idea delle profezie, ci si dimentica che questa è
l’essenza di qualsiasi gioco: è bello se è ingegnoso, non perché sfocia in
qualcosa di utile o concreto. Tritemio ed il suo innocuo enigma, inizialmente
scambiato per rivelazione fondamentale per l’umanità, non hanno insegnato
nulla.
Per quanto mi
riguarda e per dirla con Pirandello, “così è se vi pare”. Possiamo ora tornare
alla nostra quartina I, 76.
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