L’ho già scritto di recente. Non
esiste cifratura che non abbia un punto debole. Ogni tipo di cifratura ha il
suo. Non è un’opinione; è un dato di fatto che qualunque crittografo preparato
conosce benissimo. Nelle griglie in particolare, qualsiasi accorgimento si
prenda, frammenti del messaggio possono essere rintracciati in successione
ravvicinata. Sebbene le diverse modalità di utilizzo della griglia complichino
la vita del decrittatore, alcuni punti fermi rimangono tali. Per questo motivo,
prima ancora di trovarla, sapevo che la seconda quartina non poteva essere
molto distante dalla prima.
Come potete immaginare, l’aiuto
del computer è stato essenziale. E il computer, al limite della fusione della
CPU, mi ha spiattellato la I, 45 come terza quartina della serie, dopo la Legis
cantio e quella del monarca universale.
I, 45
Settore di setta,
gran pena al delatore,
Bestia in teatro,
predisposto il gioco scenico:
Dell’antico fatto
nobilitato l’inventore,
Dalle sette il mondo
reso confuso e scismatico
Esattamente come il disprezzato
Enrico II, il fittizio monarca universale non è un re benevolo. Anzi, è
talmente malevolo da disperdere la chiesa, cioè le quartine, come asserisce la
I, 4. Gli si addice perfettamente, allora, la descrizione che ne fa la quartina
I, 45: la “Bestia in teatro”, la bestia dell’apocalisse, il principe di questo
mondo, il re universale.
Nostradamus sta parlando in
chiaro, fuor di metafora. Ci sta dicendo, papale papale, che sta predisponendo
la scena per il suo gioco, mettendo in campo la Bestia: “predisposto il gioco
scenico”; tenderà le reti e getterà i dadi, preciserà poi la III, 40. La stessa
III, 40 che, tuttavia, garantisce la ricostruzione del teatro dopo che esso
sarà crollato (IX, 83). Speriamo! No, non mi sto riferendo alla speranza che il
teatro venga ricostruito, ma alla speranza che capiate da soli la metafora.
Il terzo verso, mi sembra chiaro,
tradisce l’aspirazione “dell’inventore” Nostradamus a quell’immortalità alla
quale ho accennato nel post precedente. L’espressione utilizzata conferma le
intenzioni ludiche del secondo verso. Il “gioco scenico” è “inventato”.
Ricordate le parole che vi ho chiesto di appuntarvi nel post precedente?
“Inventa un gioco” e “scenario del gioco”. Come vedete, non erano parole mie,
ma la confessione dello stesso Nostradamus con
termini analoghi a quelli del presagio di maggio 1555: “nouvelles
inventées”. Come ce lo deve dire ancora? Nisba, nothing, rien de rien. Non c’è realtà.
Non ci sono profezie. E’ tutta una sceneggiata. Vi ho detto che Nostradamus è leale; non inganna il suo avversario. Sono gli avversari che fanno tutto da soli. Lo sapete in quanti si sono arrabattati in mille modi per cercare
una lettura sofisticata di questa quartina, quando sarebbe bastato prenderla
per quello che dice?
Non c’è nulla di oscuro neanche
nelle sette. Si tratta semplicemente dei due gruppi di frasi latine, quelle
dell’epistola a Cesare e quelle dell’epistola a Enrico II che dividono in due
il “mondo” (la chiave; non dimenticate le tre definizioni, valide per ogni
stagione), rendendolo scismatico e confuso. Queste “sette” sono il perno di
tutto; attorno ad esse ruota tutto il gioco. Non per nulla formano la chiave di
decifrazione. Metteranno in difficoltà il delatore, cioè colui che, per poterne
svelare il funzionamento, dovrà risolvere una serie di problemi ad esse collegati:
primo tra tutti, la corretta disposizione della chiave latina nella tavola.
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