Tecniche di Nostradamus

sabato 5 dicembre 2015

I delimitatori

Nostradamus fa uso sistematico dei caratteri grafici, ricorrendo a delle tecniche steganografiche molto diffuse ai suoi tempi. Abbiamo visto le iniziali che formano la parola “CAVET”; abbiamo risolto l’enigma del completamento della “M” con il numero 3; mostro, di seguito, l’indirizzamento al figlio Cesare con una “L” particolare, nell’ambito di un enigma che avvisa di non prendere in considerazione, nella ricostruzione della chiave di ordinamento delle quartine, la frase di 50 lettere che appare in calce all’epistola a Enrico (sorvoliamo sulla dimostrazione, per non deviare dal filone principale).

Potrei citare diversi altri esempi del genere che, con la loro stessa frequenza, suggeriscono di non sottovalutare i caratteri grafici particolari che appaiono nell’epitaffio. In particolare, segnalo le due lettere “I” speciali che racchiudono le parole “.udicio digni cu.”. Ve ne sono altre due uguali, in fondo, che probablmente hanno una funzione analoga; le prime due, però, sembrano proprio un segnale al quale si può provare ad attribuire un preciso significato.


Partiamo dal presupposto che non c’è motivo di inserire due “I” siffatte in mezzo a tante altre “I” normali, se non per richiamare l’attenzione. Ricordiamoci, inoltre, che una delle tenciche della steganografia è quella di delimitare con dei “segni particolari” di vario genere la frase nella quale è racchiuso il messaggio. Se questa è la funzione della due “I”, essa è rafforzata dalla presenza delle due “u”, anch’esse in apertura e chiusura del periodo contrassegnato. 
Perciò se Nostradamus, anziché ricorrere a degli stratagemmi inosservabili, ha fatto ricorso proprio a due “I” molto visibili, un motivo ci deve essere. Una concreta possibiltà è che, con quelle delimitazioni, abbia voluto richiamare l’attenzione sulle “I” più normali racchiuse nel periodo in esame: “…udIcIo dIgnI cu…”; come dire: “guarda le 'I' da qui a là” Considerando questo come uno dei vari elementi di concordanza tra epitaffio ed epistola ad Enrico II, della quale l’epitaffio è un’anteprima, la conclusione logica è anche qui Nostradamus abbia voluto lasciare  un riferimento alla quarta quartina delle Centurie a dimostrazione, più che altro, della presenza della sua manina nello stesso epitaffio che lo dà per morto. E questa non è cosa da poco perché, se davvero fosse morto nella data ufficialmente nota, allora restebbero da spiegare tante cose che solo nella sua sopravvivenza trovano risposta (l’enigma della M con il 3 è una di queste, visto che quella grafica particolare appare nell’edizione del 1568, mentre Nostradamus viene dato per morto nel 1566).


1 commento:

  1. la scrittura può anche essere stata commissionata da nostradamous prima della sua morte, scritta su carta da riportare in modo identico su pietra.

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