Domani si festeggia la Pasqua, ci
scambiamo gli auguri, mangiamo agnello e colomba, ma noi cristiani non sappiamo
ancora chi esattamente fosse Gesù e come si svolsero gli eventi che condussero
alla sua crocifissione. Anche se crediamo di saperlo, in realtà non sappiamo
neanche quando si svolse l’ultima cena. Secondo Marco, Matteo e Luca, la cena
si svolse la vigilia di Pasqua, la notte tra il giovedì ed il venerdì:
Il
Maestro ci manda a domandarti: ov’è la sala dove posso mangiare la Pasqua con i
miei discepoli? (Lc. 22, 11)
Secondo Giovanni, invece, l’ultima
cena non può apparentemente essere stata una cena pasquale, in quanto, essendo
stato crocifisso proprio la vigilia di Pasqua, Gesù non può aver celebrato la
festività:
Pilato,
udite queste parole, condusse fuori Gesù e sedette in tribunale nel luogo detto
Lastricato, in ebraico Gabbata. Era la vigilia di Pasqua, circa l’ora sesta (Gv.
19, 13-14).
Sembra dunque che la cena
descritta nel Quarto Vangelo, a differenza di quella dei sinottici, non sia e non
possa essere una cena pasquale, da consumarsi la sera della vigilia. E’ davvero
così o qualcuno sbaglia?
La contraddizione tra i diversi
vangeli viene superata se si ipotizza che Gesù abbia celebrato la Pasqua
secondo il rito degli esseni, membri di una setta il cui calendario differiva
di qualche giorno da quello ebraico tradizionale. Secondo quel calendario, la
cena pasquale aveva luogo sempre di martedì, in perfetta coerenza con la
cronologia degli eventi narrati nei vangeli sinottici. Il quarto evangelista,
da parte sua, rapporta gli eventi ad un calendario liturgico tradizionale che,
da quanto scrive, quell’anno faceva coincidere il giorno di Pasqua con il
sabato, giorno successivo a quello della condanna e della crocifissione; questo
lascia spazio alla possibilità che la cena celebrata da Gesù, della quale
fornisce la descrizione, sia stata una cena pasquale essena, consumata qualche
giorno prima.
L’accettazione di questa tesi
risolve anche il problema della impossibile concentrazione di tutta una serie
di eventi in poche ore, nella giornata di venerdì: arresto, comparizione
davanti al Sommo Sacerdote, rinvio al giudizio di Pilato, rinvio davanti ad
Erode, ritorno da Pilato, giudizio definitivo e condanna, crocifissione. La
consumazione della cena pasquale la sera di martedì lascia ampio spazio per
decomprimere l’insieme degli eventi. Si può quindi tranquillamente accettare il
seguente calendario:
- Martedì
sera: cena.
- Notte
tra martedì e mercoledì: arresto e comparizione davanti al Sommo Sacerdote.
- Mercoledì:
Pasqua essena e sentenza del giudizio ebraico.
- Giovedì:
comparizione davanti a Pilato e rinvio ad Erode.
- Venerdì:
giudizio di Pilato e crocifissione.
- Sabato:
Pasqua giudaica.
La tesi del calendario esseno è
ritenuta accettabile anche da Benedetto XVI, che ne dà una spiegazione nell’omelia
del 5 aprile 2007[1]:
Nei racconti degli evangelisti esiste un’apparente
contraddizione tra il Vangelo di Giovanni, da una parte, e ciò che, dall’altra,
ci comunicano Matteo, Marco e Luca. …omissis… Questa contraddizione fino a
qualche anno fa sembrava insolubile. …omissis… La scoperta degli scritti di
Qumran ci ha nel frattempo condotto ad una possibile soluzione convincente che,
pur non essendo ancora accettata da tutti, possiede tuttavia un alto grado di
probabilità. Siamo ora in grado di dire che quanto Giovanni ha riferito è
storicamente preciso. Gesù ha realmente sparso il suo sangue alla vigilia della
Pasqua con i suoi discepoli probabilmente secondo il calendario di Qumran,
quindi almeno un giorno prima.
E sempre Benedetto XVI, nel libro
“Gesù di Nazaret”, ammette la possibilità che Gesù abbia quanto meno subìto un’influenza
essena:
Sembra che Giovanni il Battista, ma forse anche Gesù
e la sua famiglia, fossero vicini a questa comunità [essena]. In ogni caso
i manoscritti di Qumran presentano molteplici punti di contatto con l’annuncio
cristiano. Non è da escludere che Giovanni il Battista abbia vissuto per
qualche tempo in questa comunità e abbia in parte ricevuto da essa la sua
formazione religiosa.
Anche se non facilmente
percepibile dai non “addetti ai lavori”, tutto questo getta nuova luce sul Gesù
storico, sulla sua predicazione e sulla sua missione. Approfondendo la
questione, si potrebbe arrivare a capire perché i romani abbiano accettato di
crocifiggerlo, quando la somministrazione della pena capitale per misfatti
religiosi non rientrava nelle loro competenze. Ma questa è un’altra storia.
[1] http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2007/documents/hf_ben-xvi_hom_20070405_coena-domini.html
Approfondendo la questione, si potrebbe arrivare a capire perché i romani abbiano accettato di crocifiggerlo, quando la somministrazione della pena capitale per misfatti religiosi non rientrava nelle loro competenze.
RispondiEliminaInfatti, da quello che so perchè l'ho letto, Roma comminava la pena della crocefissione ai traditori.
Ad essa interessava solo gli atti commessi non le credenze professate.
Se Fatima é tutto falso anche la narrazione tramandataci di tal Gesuè, detto Gesù, fa parecchia acqua.