Tecniche di Nostradamus

sabato 4 maggio 2013

I tre codici di Nostradamus


Il lavoro di frammentazione dell’epistola e i sospetti sul codice nascosto, che riportavo nelle mie annotazioni, mi traghettarono verso una visione delle Centurie completamente diversa da quella che avevo coltivato per molti anni. I conti tradizionali non tornavano e si faceva sempre più forte il convincimento che, tra le righe, Nostradamus lanciasse dei veri e propri messaggi.

Ormai mi ero completamente dissociato dagli altri interpreti; avevo abbandonato il sentimento di umiltà nei loro confronti e mi ero inoltrato su una strada nuova ed originale. Visto che gli altri non concludevano nulla, non c’era evidentemente motivo per considerarli più competenti di me.
In realtà anch’io non conclusi nulla di concreto per qualche tempo, se non acquisire la certezza della presenza di un vero e proprio codice che, però, non ero ancora in grado di comprendere. La conseguenza era che, se era presente un codice, doveva necessariamente esistere un algoritmo di decodifica che metteva al bando i metodi approssimativi. Era un bel passo avanti rispetto a chiunque altro: non sapevo quale fosse la strada giusta, ma sapevo qual era quella sbagliata.

La svolta è venuta quando, non so se per caso o per il mutato atteggiamento mentale, mi è successo di risolvere un primo importante enigma dell’epistola a Enrico II di Francia. Non è necessario scendere in dettagli; ciò che conta è che avevo finalmente avuto una “prova” concreta delle capacità “enigmistiche” di Nostradamus.

A quel punto avevo scoperto un nuovo mondo, nel quale le soluzioni degli altri enigmi sono venute a cascata, come le ciliegie. Cercavo e trovavo, perché avevo capito cosa bisognava cercare e come farlo. Erano le conferme che, nelle epistole e nelle quartine, era disordinatamente distribuito un codice di conversione, che schiudeva le porte a una duplice chiave di lettura: la prima, di tipo algoritmico, atteneva all’ordinamento delle quartine; la seconda, invece, si basava su una specie di “dizionario” che traduceva il linguaggio simbolico in linguaggio reale.
Conosciamo già questo linguaggio: il “mondo” equivale alle quartine; i “secoli” equivalgono alle “Centurie”; la parola “anno” equivale genericamente a “unità” ed è normalmente superflua; Africa, Asia e Europa equivalgono a diverse parti delle Centurie; etc.
A complemento di queste due linee guida, esisteva un terzo codice, di appendice al dizionario, basato sulle tecniche cabalistiche di Notarikon, Gematriah e Temurah. Direi che è il più importante, dal momento che senza di esso non si va da nessuna parte.

Questo non significa che tutti i problemi erano risolti e che le scoperte erano finite; anzi, dovrei dire che non sono ancora finite, perché ogni enigma e ogni quartina richiedono approfondimenti e ricerche che, pur scaturendo da intuizioni di base, devono convergere su tutta una serie di elementi concludenti. E ogni ricerca richiede tempo; anche se lo volessi, non sarei più in grado di ragionare per “temi sintetici”, come facevo agli inizi. Comprendere una quartina, adesso, significa per me comprendere i suoi contenuti e non la sola idea di massima, che si presta ad essere facilmente travisata o manipolata, anche in buona fede. Non posso più permettermi di pensare genericamente che il tizio dal “nome feroce” della quartina I,76, leader di  un grande popolo, sia Hitler o Napoleone o che il tizio “uscito dalla Compagnia” della quartina X,91 sia una prete gesuita. Queste facili (e infelici) conclusioni le lascio agli altri.

A proposito, qualcuno di voi ha fatto ricerche sui nomi delle Parche?
Come dite? Cloto, Lachesi e Atropo?
Ne siete sicuri? Tutta qui l’arguzia di Nostradamus? Quali erano i nomi alternativi con cui le chiamavano i latini?

Vi propongo un altro quiz. Avete idea di cosa sia la famosa Compagnia della quartina X,91?

Cominciamo col leggere insieme un brano estrapolato dalla Prognostication pour 1555 (sempre di Nostradamus, ovviamente):

Nel ventre dell’animale saranno trovati i caratteri, le lettere missive di colui le cui cospirazioni saranno così oscure, che non ci si capirà nulla… la malizia della sua volontà non si potrà spiegare; tra i magistrati e altri superiori vi saranno chiacchiere… la grande compagnia sarà scoperta.

giovedì 2 maggio 2013

Nostradamus al microscopio


Ad essere sincero, non è che ci dessi l’anima. Interrompevo per alcuni mesi… poi riprendevo… interrompevo nuovamente. Mi rendevo conto che, andando per tentativi, le possibilità di arrivare lontano erano limitate. Procedevo svogliatamente, per quanto sempre interessato, finché un giorno mi sono imbattuto nel libro di Carlo Patrian (Nostradamus – Ediz. Mediterranee).
Il suo era un ottimo lavoro: l’autore non dava spunti propri, ma presentava una sintesi dello stato dell’arte, riassumendo per molte quartine i punti di vista di diversi studiosi.

Fu interessante scoprire che, come temevo, le quartine di Nostradamus erano inesplicabili per tutti: lo dimostrava il fatto che ognuno di loro esprimeva un punto di vista diverso e vedeva cose diverse in uno stesso disegno.
Fu il colpo definitivo, che mi convinse a lasciare perdere. Delle due l’una: o Nostradamus era un grande burlone che si era preso gioco dei lettori per tutti i secoli a venire (a che scopo?), oppure esisteva una strada inesplorata, che nessuno aveva preso in considerazione. Scoraggiato, decisi che non era il caso di sprecare ulteriori energie col rischio che, ad essere vera, fosse la prima opzione.

Un giorno del 2003, dopo non so quanto tempo, ripresi le Centurie in mano e comprai un nuovo libro, nel quale l’autore suggeriva di “smontare” i paragrafi dell’epistola a Enrico II e di rimontarli in maniera diversa. Benché le sue conclusioni fossero assurde, l’idea di base mi sembrava buona e decisi di seguirla. Perciò, cominciai a trascrivere i vari brani, tutti di lunghezza molto contenuta, su fogli di carta formato A4. In calce a ogni brano annotavo osservazioni e perplessità.

Quel lavoro, rivelatosi assolutamente inutile ed errato nei termini suggeriti dall’autore del libro (le epistole sono corrette così come sono), risultò invece prezioso per l’esperienza e la sensibilità che mi fece acquisire.  Nonostante fossi ancora convinto che quartine ed epistole avessero sempre dei contenuti profetici, lo sminuzzamento in brevi frasi mi aveva costretto a concentrare l’attenzione sui piccoli dettagli, normalmente trascurati, rafforzando il sospetto che, quantomeno, le profezie convivessero con delle istruzioni. Questa possibilità, se fosse stata accertata, avrebbe dimostrato l’esistenza di un filo di Arianna, logico e obiettivo, idoneo a guidare lo studioso nel labirinto delle quartine.

Trascrivo un esempio di quelle annotazioni, che ho conservato come un cimelio:

Nostradamus (epistola a Enrico II):
…tale sarà la loro potenza, che ciò che si farà per concordia ed unione insuperabile sarà per conquiste belliche…

Annotazioni:
Riferimento alla potenza bellica nazista.
Allegoricamente, unione di numeri per ottenere un risultato in chiaro; o anche l’insieme delle diverse parti dell’opera profetica.
E’ ancora più probabile, visto il contesto nel quale il brano è inserito, che si tratti dell’unione di frasi latine.

lunedì 29 aprile 2013

Le tre Parche


Come ho detto, la fase iniziale delle mie ricerche su Nostradamus era caratterizzata dalla scelta di un “tema” e dalla ricerca di ciò che sembrava ruotare attorno ad esso.
Partendo da un tema “A”, trascrivevo una quartina che ritenevo particolarmente rappresentativa. Attorno ad essa scrivevo, come fossero i petali di un fiore, le quartine che mi sembravano collegate.
Di tanto in tanto mi imbattevo in un tema “B”. Partivo, allora, con la formazione di un nuovo fiore. Prendevo cantonate tremende, delle quali non mi rendevo pienamente conto, ma che percepivo. Ad esempio, mi veniva spontaneo associare Napoleone o Hitler alla seguente quartina (I,76),  che commenterò presto, dimostrando che Napoleone, Hitler et similia in realtà non c’entrano per nulla.


 Con un tale nome feroce sarà chiamato,
Il nome che le tre sorelle avranno per fato:
Poi grande popolo per lingua e fatto condurrà,
Più di ogni altro avrà fama e rinomanza.

Quando scopriranno di che si tratta, coloro che hanno letto i miei precedenti lavori probabilmente si daranno una pacca sulla fronte esclamando: “Come ho fatto a non capirlo da solo!”. Gli altri, quelli che non hanno una visione completa, considereranno una forzatura la mia spiegazione. E tale sarebbe sembrata a tutti se l’avessi fornita un paio di anni fa. Intanto, se qualcuno avesse voglia di provare da solo, gli suggerirei di concentrarsi sul “nome delle tre sorelle del fato”: le Parche. La “chiave” è lì.

Questo è esattamente il nocciolo dell’argomento che stiamo trattando, sulla spinta delle osservazioni del mio amico: spesso non sono le mie risposte ad essere incomplete o imprecise; di solito è la percezione ad esserlo. I tentativi di superare questo ostacolo possono apparire come approssimazioni o forzature a coloro che non possiedono tutti gli elementi di valutazione. Quello che voglio dire sarà più chiaro quando esamineremo la succitata quartina e, soprattutto, quella della presunta “Compagnia di Gesù”.
Per il momento, torniamo alla mia formazione su Nostradamus, che rientra a pieno titolo nella nostra questione. 

giovedì 25 aprile 2013

Come tutto è cominciato


Avevo una ventina di anni quando mio fratello, di un paio d’anni più giovane, comprò un libro su Nostradamus, che gli "sequestrai" subito in cambio di non ricordo cosa.
Incuriosito da quel personaggio del quale conoscevo appena il nome, cominciai a divorare pagine su pagine; man mano che leggevo,  cresceva “l’invidia” nei confronti dell’autore del libro, il quale sosteneva di aver trovato la “chiave di Nostradamus”.
Ben presto però, superato “l’effetto novità”, l’invidia ha cominciato a trasformarsi in crescente scetticismo: non verso Nostradamus, ma verso colui che stava tentando di spiegarlo. Era chiaro che costui non aveva trovato assolutamente niente e stava bellamente prendendo in giro i lettori. Da un lato dipingeva Nostradamus come il più grande profeta di tutti i tempi; dall’altro ne banalizzava i versi con le sue ridicole letture.
Certo! C’era il rischio, come molti sostengono tuttora, che Nostradamus si fosse fatto gioco dell’umanità intera. Restava, però, la constatazione obiettiva che i versi, complicati ma logici nella loro incomprensibilità, erano lì a sfidare l’intelligenza del lettore. L’autore del libro, invece, non capiva chiaramente nulla e inventava allegramente, certo che nessuno potesse smentirlo.

C’era un abisso tra il gigantesco “monumento” delle Centurie, impassibili e impossibili, e i balbettii sconclusionati di quel tizio, che mi appariva come un bambino delle elementari alle prese con i versi di Dante. Tra l’altro, trasmetteva profonda antipatia: era supponente, privo di umiltà, spacciava tutto per verità senza uno straccio di prova.
Il suo metodo era ingenuo e banale: da una parola deduceva un intero contesto e non viceversa. Spesso, troppo spesso, direi sempre, le spiegazioni erano sfacciatamente forzate e inconcludenti. Ho scoperto, nel tempo, che questo è un metodo generalizzato anche se il suo, posso dirlo oggi, era uno dei peggiori nei quali mi sia mai imbattuto: un vero e proprio “non metodo”, un’accozzaglia di prodotti di fantasia.
Nonostante tutti i suoi evidenti limiti, e questo è l’aspetto che ci interesserà di più in relazione al nostro punto di partenza (le osservazioni del mio amico), sosteneva di aver trovato la chiave di Nostradamus, all’interno di poche parole che solo lui, diceva, era riuscito a decifrare.

Ovviamente, nessun accenno al funzionamento di questa chiave. Capivo, e condividevo, che un risultato così eclatante dovesse rimanere segreto. Tuttavia, se si decideva di venire allo scoperto, qualche “dimostrazione” della propria credibilità bisognava pur darla. E invece niente! La cosa, del resto, non mi sorprendeva, essendomi ormai formato un’idea precisa sull’attendibilità del soggetto.

Tra l’altro, l’intuizione mi suggeriva che era impossibile che la struttura di un’opera così complessa, inaccessibile per molti secoli,  potesse essere “riassunta” in poche parole “chiave”, come quell’autore sosteneva. Inoltre, già da allora, percepivo che doveva pur esserci una sovrapposizione tra una vera e propria “chiave” di ordinamento delle quartine (di tipo complesso) e un “codice” che permettesse di andare oltre il loro significato apparente. Mettere in ordine le quartine serve a poco, se poi non si riesce a decodificare il vero contenuto.
Per tornare al nostro esempio del post precedente, se vi dicessi che la quartina X,91 è contigua alla I,9, a stento mi credereste, a causa della diversità dei contenuti. Eppure è la verità alla quale dovremo arrivare:

Il Clero Romano l’anno 1609,
Al capo dell’anno farà elezione
Di un grigio e nero uscito dalla Compagnia,
Giammai ci fu qualcuno così malvagio.

Dall’Oriente verrà Punico cuore,
A contrariare Adria e gli eredi di Romolo,
Accompagnato dalla flotta Libica,
Tremano Malta e le vicine isole disabitate.

L’insoddisfazione verso le conclusioni di quell’autore mi ha spinto ad iniziare un lavoro personale di ricerca, nella convinzione che bisognasse muoversi in maniera diversa. Restavo fermamente interessato e convinto del carattere profetico dell’opera di Nostradamus, ma ero altrettanto convinto che dovesse esistere una logica sottostante alquanto complessa, che andasse ben oltre una semplice “chiave”, fondata su un singolo e lineare procedimento, ricavabile da poche indicazioni.
Purtroppo, l’unico metodo “razionale” che riuscivo a concepire era quello di individuare dei “temi” trattati da Nostradamus e di collegare le quartine che ritenevo, soggettivamente, attinenti a quei temi. Negli anni ho scoperto che quello era sostanzialmente il metodo seguito anche dagli altri studiosi che consideravo più “impegnati”, a prescindere dai risultati a cui sono arrivati. Purtroppo, ritenendoli più competenti di me, mi ostinavo nel mio metodo per il semplice motivo che reggeva il confronto con il loro.
Sbagliavo e, in una supposta condizione di inferiorità culturale sull’argomento, continuavo a sbagliare, perché mi muovevo sulle orme di altri che, come so adesso, sbagliavano più di me.




martedì 23 aprile 2013

Riflessioni sul "codice Nostradamus"


Come potete dedurre da soli dall’assenza di commenti, le reazioni a questo blog non sono numerose. Mi sfugge, perciò, la percezione di quanto sia realmente seguito e dell’interesse che riscuote.
Le statistiche degli accessi mi dicono poco, perché non è possibile distinguere quanti siano i visitatori occasionali reindirizzati dal motore di ricerca di Google e quanti i visitatori permanenti.

Così, qualche giorno fa, solo per orientamento e senza alcuna pretesa di prendere come parametro di sondaggio l’opinione di una sola persona, ho chiesto a un amico che segue il blog di manifestarmi sinceramente il suo parere.
Egli mi ha dato una opinione articolata; mi aspettavo una risposta generica, di scarso valore statistico, e mi sono ritrovato con alcuni spunti che mi hanno fatto riflettere.
In sintesi, se ho ben capito, mi ha detto: “Sì, la cosa mi interessa. Però ti tiri spesso indietro sul più bello… E questo è insoddisfacente e stancante”.

Potrei tirare in ballo la solita e sempre valida questione del rispetto della volontà dell’autore. Se egli avesse voluto diffondere le centurie ai quattro venti si sarebbe comportato diversamente.
E potrei anche tirare in ballo il mio desiderio di non permettere a un qualsiasi profittatore, e il mondo ne è pieno, di mangiare gratis un pasto che non gli appartiene.
Queste, però, sono cose note e scontate. Adesso voglio fare un discorso di tipo diverso.

Chiunque si accosti a Nostradamus lo fa spinto dal desiderio di sapere cosa ci riserva il futuro: lo fa più o meno convintamente, come per la lettura degli oroscopi, ma lo scopo è quello. Questo spirito è sbagliato; e non sono solo io a dirlo, ma i fatti analizzati obiettivamente.
Non vi dico quanti libri su Nostradamus contiene la mia biblioteca. Tutti gli autori pensano di avere scoperto la chiave per leggere il futuro, però non ce ne sono due che dicano le stesse cose; evidentemente, nessuno ha trovato un bel nulla. In compenso, tutti si arrampicano sugli specchi per convincere gli altri, e forse se stessi, con intrecci di ragionamenti sconclusionati e ridicoli.
In realtà non potranno trovare mai nulla, finché non si decideranno ad indossare delle lenti speciali, per la lettura del “codice” adottato da Nostradamus.

Apriamo perciò una parentesi che chiarirà molti aspetti di fondo, per concludersi con la spiegazione della quartina più gettonata di questi ultimi tempi, la X,91, che viene riferita all’elezione di Papa Francesco:

Il Clero Romano l’anno 1609,
Al capo dell’anno farà elezione
Di un grigio e nero uscito dalla Compagnia,
Giammai ci fu qualcuno così malvagio.

Nell’articolo “Habemus Papam” ho sostenuto velocemente che questa non è una quartina profetica, ma di struttura. Per l’esattezza, ho scritto:

Quello che posso dire è che questa quartina non riguarda affatto un Pontefice, né Francesco I e né altri. L’anno dell’elezione, da solo, denuncia la presenza di un “codice” di struttura. Può darsi che in futuro sorga l’occasione di parlarne.

Adesso ho deciso di spiegarla, perché questa è una quartina “difficile”, che ci darà modo di riflettere insieme sulle opinioni espresse dal mio amico.

Conoscete già il mio metodo: attaccarsi a una parola (nel caso specifico “Compagnia”, normalmente intesa come “Compagnia di Gesù”) per estrapolare un significato complessivo è dimostrazione di incompetenza e, a volte, di ciarlataneria. Avete visto dalle mie dimostrazioni che ogni quartina richiede studio, ricerca, riflessione, confronti e collegamenti.
Anche per spiegare la quartina X,91 che, come ho detto, è piuttosto difficile, dobbiamo passare per diversi argomenti preliminari.


domenica 21 aprile 2013

Wojtyla ed io - 4


Non so come avevo fatto a portarmi in prima fila; a pensarci adesso, mi sembra che avrebbe dovuto essere impossibile, ma in qualche modo c’ero riuscito. Ero rimasto lì proprio per questo e non avevo fallito l’obiettivo.
Ricordo ancora, in maniera vivida, il calore di quella mano: bruciava, quasi scottava, ed era molto debole. Forse il Papa aveva la febbre o, forse, quella era la sua temperatura normale, che normale non era. Curvo nella sua evidente sofferenza, mi è sembrato molto più fragile di quanto mi fosse mai apparso in televisione; le vecchie ferite dell’attentato, la malattia, il peso degli anni, sembravano essersi coalizzati per fare di quell’uomo la rappresentazione vivente della sofferenza fisica.
Tutto questo mi ha colpito profondamente, trasformando di colpo il mio atteggiamento dubbioso nei suoi confronti in un atteggiamento di solidarietà e di condivisione delle sue pene.
Lo guardai negli occhi, cercando quasi di leggervi dentro le sue angosce e le risposte ai miei dubbi. Ma non vidi nulla… se dicessi che i suoi occhi erano spenti direi una falsità. Altrettanto falsa sarebbe l’affermazione che erano vivi: non lo erano, non erano mobili, non si fissavano su nulla; guardavano ma non vedevano. O, forse, vedevano senza guardare.
Rimasi sconvolto da quello sguardo indecifrabile. In un attimo gli trasmisi telepaticamente le mie perplessità. Passato quell’istante eterno, lui passò oltre, strinse qualche altra mano ed entrò in chiesa.

Assistetti alla funzione, davanti al maxischermo, domandandomi se potessi ritenermi soddisfatto per l’esito del tanto atteso contatto. Mi accorsi che avevo dissolto i dubbi precedenti, o dovrei più esattamente dire che di colpo non mi interessavano più, ma solo per far posto ad altri nuovi: Chi era quell’uomo? Perché si ostinava con le sue visite pastorali, nonostante il peso di così grandi sofferenze? A cosa pensava, se pensava, quando stringeva le mani della gente?

Il tempo passava e alcuni uomini della sicurezza hanno cominciato a spostare le transenne per ricollocarle davanti all’uscita laterale della parrocchia, accanto alla quale si era riposizionata la macchina. Evidentemente era da lì che il Papa sarebbe uscito.
Questa volta non ho dovuto faticare; capito al volo quello che stava per succedere, ho occupato per tempo una nuova posizione, scommettendo con me stesso sulla riuscita di un secondo contatto.
E così è stato. Ancora quella mano calda che ho stretto tra entrambe le mie e, giurerei, l’ombra di un sorriso.

Lo sguardo però, esattamente come prima,  mi ha attraversato per soffermarsi in qualche punto infinitamente distante dietro di me. Sono sicuro che non fosse distacco o indifferenza. Le parole più adeguate che mi vengono in mente sono tuttora le stesse che allora ho usato raccontando l’incontro a mia moglie: “Il Papa era lì e nello stesso tempo non c’era; guardava con gli occhi del corpo ma chissà cosa vedeva con gli occhi della mente”.
C’è voluto del tempo per sapere che non mi ero sbagliato e che altri, più vicini al Pontefice e alle sue confidenze, erano in grado di dare a quello sguardo un significato mistico che io non potevo e non sapevo formulare.

In ogni caso, quel giorno mi sono innamorato di Karol Wojtyla. Probabilmente, senza saperlo, ne ero innamorato già da prima e proprio da questo era scaturita l’esigenza di spazzare via dubbi ed ostilità. Oggi so che quel giorno, pur senza rendermene conto, ho avuto le risposte che cercavo: quando sponsorizzava Solidarnosc contro la bestia sovietica, l’apocalittica Babilonia, il Papa non rischiava nulla, perché sapeva già come sarebbe andata a finire. Era un mistico che vedeva lontano.

°°°

Monsignor Jarek Cielecki, direttore di Vatican Service News: “Gli occhi. I suoi sembravano guardare qualcosa, non erano vagamente persi nel vuoto com’è il nostro sguardo quando preghiamo”.
(Antonio Socci: I segreti di Karol Wojtyla – Rizzoli)

Direi addirittura che nel suo caso non si può neanche parlare di "un uomo di fede", perché la fede è una scommessa, come diceva Pascal; mentre invece il Papa - che peraltro conosce bene il grande filosofo francese, che cita spesso - è posseduto da una certezza. Non ha bisogno di credere: egli vede. Parlando con lui, si ha l'impressione che sia immerso in una sorta di visione.
(Estratto da un'intervista a Vittorio Messori realizzata da Etienne de Moniery e pubblicata da "Le Figaro Magazine" il 2/4/2005)

Sarà il Papa dell’Apocalisse. Non sarà un Papa italiano. Il suo simbolo sarà il tridente.
(Renzo Baschera: Le profezie del ragno nero – Armenia 1972)

Dopo queste cose vidi scendere dal cielo un altro Angelo, con gran potenza, e la terra fu illuminata dal suo splendore. Egli gridò con voce potente: “E’ caduta, è caduta la grande Babilonia! E’ diventata la dimora dei demoni, il covo d’ogni spirito impuro, il rifugio d’ogni uccello immondo e odioso, perché tutte le genti hanno bevuto il vino della sua frenetica lussuria e i re della terra hanno fornicato con lei, e i mercanti della terra si sono arricchiti per l’esorbitante suo lusso!”.
(Apocalisse 18, 1-3)

venerdì 19 aprile 2013

Wojtyla ed io - 3


Nonostante si fosse ai primi di marzo, un sole caldo diffondeva nell’aria una temperatura e un odore di primavera inoltrata. La gente si accalcava da tutte le parti e le transenne venivano spostate di qua e di là; i tetti delle due scuole di fronte brulicavano di poliziotti e, quasi certamente, di cecchini. Un elicottero volteggiava ininterrottamente sulle nostre teste.



La piazzetta antistante la parrocchia, rialzata rispetto al livello stradale e delimitata da inferriate, appariva inadeguata ad ospitare tutta la gente che si accalcava per vedere il Papa da vicino. Ad occupare spazio concorreva in buona parte il camper sul quale era stato montato il maxischermo, necessario a permettere di seguire la funzione religiosa a coloro che non avevano la possibilità di accedere all’interno della chiesa, dove i posti erano stati rigorosamente assegnati sulla base di qualche ignoto criterio selettivo.
Altro spazio era occupato dalle transenne che, ammassate le une alle altre, avevano il solo scopo di impedire l’accesso al poco spazio altrimenti disponibile: “ragioni di sicurezza”, ci veniva detto.

E così, noi poveri disgraziati non raccomandati venivamo ripetutamente invitati dalle forze dell’ordine a non spingere e ad accomodarci nel corridoio esterno dell’adiacente convento di monache. Insomma, come dire che, se vuoi assistere alla partita di calcio, ti puoi accomodare davanti al televisore del bar accanto allo stadio; tanto varrebbe accomodarsi nel salotto di casa propria.

Capisco le esigenze di sicurezza, ma quella era una vera e propria presa in giro, uno show messo in piedi per mostrare la gente all’ignaro Papa, ma non il Papa alla gente. Si potrebbe pensare, a ragione, che io sono insofferente alle ipocrisie e istintivamente portato alla polemica e alla protesta; in compenso, esiste tanta gente tranquilla, disposta a un dialogo più accomodante. Quella mattina però, perfino quella gente, di fronte a una organizzazione che vanificava sfacciatamente la visita del Pontefice al suo gregge, si è di fatto ribellata facendo sentire la propria voce.

In mezzo a un marasma inimmaginabile, ero personalmente dibattuto tra la sopportazione dettata dall’esigenza inquietante di cercare un contatto con il Papa e la reazione istintiva di andarmene.  Fortunatamente, di fronte a quella che minacciava di diventare una reazione collettiva incontrollabile, qualcuno ha pensato bene di liberare la piazzola dagli ingombri inutili e di consentire il libero accesso. Sono rimaste, così, solo quelle pochissime transenne necessarie a delimitare il breve percorso che Giovanni Paolo II avrebbe dovuto compiere a piedi, dall’auto che lo accompagnava, fino all’ingresso della Chiesa: quattro o cinque metri.

Intorno alle ore 10, la macchina è arrivata e ne è sceso Giovanni Paolo II, seguito dal Cardinale Ruini. Una schiera di uomini della sicurezza facevano cordone accanto a lui, ma ciò non gli ha impedito di stringere qualche mano, tra cui la mia.

(…continua…)