Non so come avevo fatto a portarmi in prima fila; a
pensarci adesso, mi sembra che avrebbe dovuto essere impossibile, ma in qualche
modo c’ero riuscito. Ero rimasto lì proprio per questo e non avevo fallito
l’obiettivo.
Ricordo ancora, in maniera vivida, il calore di
quella mano: bruciava, quasi scottava, ed era molto debole. Forse il Papa aveva
la febbre o, forse, quella era la sua temperatura normale, che normale non era.
Curvo nella sua evidente sofferenza, mi è sembrato molto più fragile di quanto
mi fosse mai apparso in televisione; le vecchie ferite dell’attentato, la
malattia, il peso degli anni, sembravano essersi coalizzati per fare di
quell’uomo la rappresentazione vivente della sofferenza fisica.
Tutto questo mi ha colpito profondamente, trasformando
di colpo il mio atteggiamento dubbioso nei suoi confronti in un atteggiamento
di solidarietà e di condivisione delle sue pene.
Lo guardai negli occhi, cercando quasi di leggervi
dentro le sue angosce e le risposte ai miei dubbi. Ma non vidi nulla… se dicessi
che i suoi occhi erano spenti direi una falsità. Altrettanto falsa sarebbe
l’affermazione che erano vivi: non lo erano, non erano mobili, non si fissavano
su nulla; guardavano ma non vedevano. O, forse, vedevano senza guardare.
Rimasi sconvolto da quello sguardo indecifrabile. In
un attimo gli trasmisi telepaticamente le mie perplessità. Passato
quell’istante eterno, lui passò oltre, strinse qualche altra mano ed entrò in
chiesa.
Assistetti alla funzione, davanti al maxischermo,
domandandomi se potessi ritenermi soddisfatto per l’esito del tanto atteso
contatto. Mi accorsi che avevo dissolto i dubbi precedenti, o dovrei più
esattamente dire che di colpo non mi interessavano più, ma solo per far posto
ad altri nuovi: Chi era quell’uomo? Perché si ostinava con le sue visite
pastorali, nonostante il peso di così grandi sofferenze? A cosa pensava, se
pensava, quando stringeva le mani della gente?
Il tempo passava e alcuni uomini della sicurezza
hanno cominciato a spostare le transenne per ricollocarle davanti all’uscita
laterale della parrocchia, accanto alla quale si era riposizionata la macchina.
Evidentemente era da lì che il Papa sarebbe uscito.
Questa volta non ho dovuto faticare; capito al volo
quello che stava per succedere, ho occupato per tempo una nuova posizione,
scommettendo con me stesso sulla riuscita di un secondo contatto.
E così è stato. Ancora quella mano calda che ho
stretto tra entrambe le mie e, giurerei, l’ombra di un sorriso.
Lo sguardo però, esattamente come prima, mi ha attraversato per soffermarsi in
qualche punto infinitamente distante dietro di me. Sono sicuro che non fosse
distacco o indifferenza. Le parole più adeguate che mi vengono in mente sono
tuttora le stesse che allora ho usato raccontando l’incontro a mia moglie: “Il
Papa era lì e nello stesso tempo non c’era; guardava con gli occhi del corpo ma
chissà cosa vedeva con gli occhi della mente”.
C’è
voluto del tempo per sapere che non mi ero sbagliato e che altri, più vicini al
Pontefice e alle sue confidenze, erano in grado di dare a quello sguardo un
significato mistico che io non potevo e non sapevo formulare.
In ogni caso, quel giorno mi sono innamorato di
Karol Wojtyla. Probabilmente, senza saperlo, ne ero innamorato già da prima e
proprio da questo era scaturita l’esigenza di spazzare via dubbi ed ostilità.
Oggi so che quel giorno, pur senza rendermene conto, ho avuto le risposte che
cercavo: quando sponsorizzava Solidarnosc contro la bestia sovietica,
l’apocalittica Babilonia, il Papa non rischiava nulla, perché sapeva già come
sarebbe andata a finire. Era un mistico che vedeva lontano.
°°°
Monsignor Jarek Cielecki, direttore di Vatican
Service News: “Gli occhi. I suoi sembravano guardare qualcosa, non erano
vagamente persi nel vuoto com’è il nostro sguardo quando preghiamo”.
(Antonio Socci: I segreti di Karol Wojtyla –
Rizzoli)
Direi
addirittura che nel suo caso non si può neanche parlare di "un uomo di
fede", perché la fede è una scommessa, come diceva Pascal; mentre invece
il Papa - che peraltro conosce bene il grande filosofo francese, che cita
spesso - è posseduto da una certezza. Non ha bisogno di credere: egli vede.
Parlando con lui, si ha l'impressione che sia immerso in una sorta di
visione.
(Estratto da un'intervista a Vittorio Messori realizzata da Etienne
de Moniery e pubblicata da "Le Figaro Magazine" il 2/4/2005)
Sarà il Papa dell’Apocalisse. Non sarà un
Papa italiano. Il suo simbolo sarà il tridente.
(Renzo Baschera: Le profezie del ragno nero – Armenia 1972)
Dopo queste cose vidi scendere dal cielo un altro Angelo,
con gran potenza, e la terra fu illuminata dal suo splendore. Egli gridò con
voce potente: “E’ caduta, è caduta la grande Babilonia! E’ diventata la dimora
dei demoni, il covo d’ogni spirito impuro, il rifugio d’ogni uccello immondo e odioso,
perché tutte le genti hanno bevuto il vino della sua frenetica lussuria e i re
della terra hanno fornicato con lei, e i mercanti della terra si sono
arricchiti per l’esorbitante suo lusso!”.
(Apocalisse 18, 1-3)
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