Tecniche di Nostradamus

sabato 2 gennaio 2016

I XIIIJ congiurati


Ricordo ancora una volta i presupposti sui quali ci stiamo muovendo. L’epitaffio sembra essere una sorta di miniaturizzazione dell’epistola a Enrico II, della quale riproduce alcuni enigmi, le cui soluzioni sono indicazioni, destinate al decrittatore, per la ricostruzione della chiave di lettura delle Centurie.

Tra questi enigmi, abbiamo probabilmente individuato la duplicazione di quello che punta al destinatario delle Centurie (M3) e l’indicazione del numero delle nuove quartine (289) che assegnano un ruolo di primo piano all’edizione Du Rosne.
A beneficio di chi si fosse messo in ascolto adesso, ricordo che soltanto quella edizione (unitamente, per certi aspetti, alla Bonhomme) contiene “l’esatta” composizione delle frasi in latino dell’epistola a Cesare, senza le quali la ricostruzione dell’intera chiave verrebbe irrimediabilmente compromessa (per i crittografi: praticamente una chiave di Vernam… in anticipo di alcuni secoli).
Di quest’ultimo aspetto tratta l’enigma dell’ultima parte del brano in latino, quello racchiuso tra le due “I” speciali: “UGI. OPT. V. FELICIT.”.
Come già fatto con le “I” e con le “C” dei precedenti casi, anche adesso dobbiamo evidentemente fare qualche tipo di conteggio. Se proviamo a sommare le “I” otteniamo un 3 (“III”), che non ci dice nulla o, se preferite, ci dice tante di quelle cose da essere praticamente privo di ogni valore. Se ci soffermiamo su tutti i caratteri romani, abbiamo tre “I”, una “V” e una “L”. Ancora nulla.
Tuttavia, se ci pensiamo bene, siamo di fronte a una particolarità: la parola “felicité” manca della “é” finale; e questo “deve” avere uno scopo, non credete? Non può trattarsi di un’abbreviazione, perché non avrebbe senso abbreviare una parola per una sola lettera; il punto finale ha solo ingannevolmente lo scopo di far credere che esso abbia la stessa funzione abbreviativa che assume dopo “opt” e dopo “v”, ma non possiamo tralasciare il fatto che c’è un punto anche dopo “coniugi”, non certo a scopo abbreviativo.
Sembra che Nostradamus dica: ho messo i punti per ingannarti, facendoti contemporaneamente capire che non intendevo affatto abbreviare la parola “felicité”, così come non volevo abbreviare “coniugi”; volevo invece farti capire che la “é” finale sarebbe stata eccessiva. Con questo, volevo indurti a contare le lettere comprese tra le “I”.
Contiamole, dunque: sono 14. E, visto che stiamo parlando di delimitatori costituiti da “I”, ci domandiamo se c’è un nesso con l’altra espressione compresa pure tra le “I”, quella nell’ambito della quale abbiamo rintracciato il “IIII”. Perché, altrimenti, ci sarebbero due brani delimitati dalle “I”?
Le lettere del primo breve brano sono 13. Quelle del secondo sono 14! Ci ricordano qualcosa?
Ma certo! Ci ricordano la quartina I,7 nella quale si parla di “lettere” e di XIII congiurati che diventano XIIIJ, con l’aggiunta di un nuovo elemento un po’ diverso dai precedenti. Vi mostro la quartina, ma non ve la spiego, perché la spiegazione è lunga e  l’ho già data in passato; tra l’altro, ci porterebbe assai lontano dal tema dell’epitaffio. Chi è interessato può andare a questo link





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