Facendo un salto indietro, approfitto della prima
immagine dei “vaticinia di Nostradamus”
per completare il filone dei “mistici e veggenti” con un breve ritratto di Gioacchino da Fiore.
Sebbene si dica di lui che abbia avuto in “visione mistica”
la spiegazione delle sacre scritture, a me sembra più corretto mettere
l’accento sulle sue “umanissime” intuizioni di studioso e interprete biblico,
allineate alla cultura e alle attese dei suoi tempi. Va quindi tenuto ben
distinto da quei mistici i quali,
seppur ben saldi nella loro fede e forse proprio per questo, scambiarono per
rivelazioni divine le loro allucinazioni.
Si è visto con Brigida di Svezia e con Giovanna d’Arco come le loro esternazioni sappiano molto di superstizione e poco di verità rivelate.
Abbiamo visto come lo stesso papa Gregorio XI abbia dato delle millantatrici a Caterina da Siena e Brigida di Svezia.
Ci imbatteremo, proseguendo con lo studio dei vaticinia
di Nostradamus, nello stridente contrasto tra alcune rivelazioni di Santa
Caterina da Siena e quelle di San Vincenzo Ferrer.
Gioacchino da Fiore visse nel XII secolo. Prima semplice monaco e
poi abate dell’Abbazia di Corazzo, in Calabria, privilegiò sempre una vita di
studio a quella di religioso attivo.
La sua figura di esegeta biblico è così importante da
giustificare la creazione, nel 1982, di un Centro Internazionale di Studi
Gioachimiti a San Giovanni in Fiore.
La sua intuizione più nota è quella della suddivisione
delle epoche del mondo in tre grandi rami: età del Padre, età del Figlio ed età
dello Spirito Santo; l’ultima avrebbe dovuto essere un’età di perfezione
spirituale.
Convinto della forza d’impatto del messaggio visivo, arricchiva i suoi scritti con immagini, alle
quali assegnava un ruolo fondamentale nel processo interpretativo delle sacre
scritture. Questo ha fatto sì che gli venisse erroneamente attribuita la
paternità dei “Vaticinia de summis pontificibus”, antica raccolta di profezie
figurate relative alle vicende di 30 pontefici, poi integralmente incorporate
nei “Vaticinia di Nostradamus”.
Benché Gioacchino non sia stato l’autore dei “Vaticinia
de summis pontificibus”, così come Nostradamus non è stato l’autore dei
“Vaticinia di Nostradamus”, è proprio per questo presunto collegamento tra i
due personaggi che ci stiamo interessando al monaco calabrese. Un altro tema
che accomuna i due “profeti” è l’accento che entrambi hanno posto sui temi
apocalittici; in questo caso è assai probabile che Nostradamus abbia tratto
qualche ispirazione dal suo illustre predecessore. E’ da precisare però che,
mentre Gioacchino parlava di apocalisse in senso biblico, Nostradamus
utilizzava metaforicamente lo stesso termine per rappresentare lo
sconvolgimento e la distruzione dell’ordine delle sue quartine, cioè del mondo
da lui creato (cfr. “L’Anticristo di Nostradamus” e “Nostradamus: la Cabala, i
Templari, il Graal”).
Il primo disegno dei “vaticinia di Nostradamus” raffigura
Gioacchino mentre consegna un libro (probabilmente la regola dell’ordine
florense da lui fondato) a due gruppi di religiosi inginocchiati, quattro
uomini e quattro donne, rispettivamente alla sua destra e alla sua sinistra.
Il saio indossato, tipico dei benedettini di regola
cistercense, nonché la citazione del suo nome in calce all’ultima immagine del
manoscritto, confermano che è proprio lui il monaco con il quale si apre il
libro dei vaticinia.
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