Tecniche di Nostradamus

sabato 24 maggio 2014

Gioacchino da Fiore e i vaticinia

Facendo un salto indietro, approfitto della prima immagine dei “vaticinia di Nostradamus”  per completare il filone dei “mistici e veggenti” con un breve ritratto di Gioacchino da Fiore.
Sebbene si dica di lui che abbia avuto in “visione mistica” la spiegazione delle sacre scritture, a me sembra più corretto mettere l’accento sulle sue “umanissime” intuizioni di studioso e interprete biblico, allineate alla cultura e alle attese dei suoi tempi. Va quindi tenuto ben distinto  da quei mistici i quali, seppur ben saldi nella loro fede e forse proprio per questo, scambiarono per rivelazioni divine le loro allucinazioni.
Si è visto con Brigida di Svezia  e con Giovanna d’Arco  come le loro esternazioni sappiano molto di superstizione e poco di verità rivelate. 
Abbiamo visto come lo stesso papa Gregorio XI abbia dato delle millantatrici a Caterina da Siena e Brigida di Svezia.  
Ci imbatteremo, proseguendo con lo studio dei vaticinia di Nostradamus, nello stridente contrasto tra alcune rivelazioni di Santa Caterina da Siena e quelle di San Vincenzo Ferrer.

Gioacchino da Fiore visse nel XII secolo. Prima semplice monaco e poi abate dell’Abbazia di Corazzo, in Calabria, privilegiò sempre una vita di studio a quella di religioso attivo.
La sua figura di esegeta biblico è così importante da giustificare la creazione, nel 1982, di un Centro Internazionale di Studi Gioachimiti a San Giovanni in Fiore.
La sua intuizione più nota è quella della suddivisione delle epoche del mondo in tre grandi rami: età del Padre, età del Figlio ed età dello Spirito Santo; l’ultima avrebbe dovuto essere un’età di perfezione spirituale.
Convinto della forza d’impatto del messaggio visivo,  arricchiva i suoi scritti con immagini, alle quali assegnava un ruolo fondamentale nel processo interpretativo delle sacre scritture. Questo ha fatto sì che gli venisse erroneamente attribuita la paternità dei “Vaticinia de summis pontificibus”, antica raccolta di profezie figurate relative alle vicende di 30 pontefici, poi integralmente incorporate nei “Vaticinia di Nostradamus”.

Benché Gioacchino non sia stato l’autore dei “Vaticinia de summis pontificibus”, così come Nostradamus non è stato l’autore dei “Vaticinia di Nostradamus”, è proprio per questo presunto collegamento tra i due personaggi che ci stiamo interessando al monaco calabrese. Un altro tema che accomuna i due “profeti” è l’accento che entrambi hanno posto sui temi apocalittici; in questo caso è assai probabile che Nostradamus abbia tratto qualche ispirazione dal suo illustre predecessore. E’ da precisare però che, mentre Gioacchino parlava di apocalisse in senso biblico, Nostradamus utilizzava metaforicamente lo stesso termine per rappresentare lo sconvolgimento e la distruzione dell’ordine delle sue quartine, cioè del mondo da lui creato (cfr. “L’Anticristo di Nostradamus” e “Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal”).

Il primo disegno dei “vaticinia di Nostradamus” raffigura Gioacchino mentre consegna un libro (probabilmente la regola dell’ordine florense da lui fondato) a due gruppi di religiosi inginocchiati, quattro uomini e quattro donne, rispettivamente alla sua destra e alla sua sinistra.

Il saio indossato, tipico dei benedettini di regola cistercense, nonché la citazione del suo nome in calce all’ultima immagine del manoscritto, confermano che è proprio lui il monaco con il quale si apre il libro dei vaticinia.


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