Penso che la gente ne abbia
abbastanza di Graal, nei termini in cui se ne parla da alcuni anni.
Istintivamente si è sopraffatti da una sensazione di fastidio, che io stesso
avverto non di rado: “Uffa! La solita storia; quando uno non sa che dire, il
Graal diventa un ottimo rifugio”.
Questo, purtroppo, è l’effetto
del noto romanzo di Dan Brown “Il codice da Vinci” che, nel relegare la
questione a un aspetto particolare che riveste comunque un suo interesse, la ha
volgarizzata al punto da rendere disponibile un tema così altamente esoterico
ad una trattazione completamente staccata dalle sue origini e dalla sua natura.
In realtà, prima di parlarne adeguatamente, bisognerebbe capire cosa si intende per “Graal”. Questo è il punto
fondamentale. Poiché nessuno lo sa, ognuno vi vede quel che vi vuol vedere così
che, ormai, la parola “Graal” è diventata sinonimo di mistero. Numerosi fenomeni inspiegati, meglio se con qualche attinenza con le crociate o coi
Templari o col medioevo, vengono ricondotti al “Graal”.
La sua stessa rappresentazione
visiva assume forme diverse (il piatto, la coppa, il cuore, il ventre, il
sangue, la doppia elica del DNA); l'identificazione con una coppa, abitudine più diffusa, è solo una tra le
varie possibilità consentite dalla leggenda.
In effetti la coppa, oltre a
svolgere un proprio ruolo autonomo, si presenta con una forma che ben si presta
a sostituire efficacemente altre rappresentazioni. Viene quindi ad assumere la
duplice veste sia di oggetto materiale che di simbolo.
Un aspetto, però, è comune alle
varie tradizioni: verità o fantasia; storia o leggenda; oggetto materiale o
simbolo; il Graal è sempre il nome che viene dato a una conoscenza antica, in
grado di tirare l’uomo fuori dal pantano di Maya, la vanità e l’illusione del
mondo materiale, per trasportarlo al piano dell’elevazione spirituale, lungo la
via degli dèi.
Il Graal non è quindi un
simbolo cristiano; la rappresentazione cristiana è solo una tra le tante
possibili. Esso è piuttosto un obiettivo inseguito da mistici e veggenti di
ogni epoca e religione, antecedente alla nascita del cristianesimo. E prima
ancora di diventare un obiettivo, è lo stesso percorso di crescita spirituale ben
rappresentato dalle mitiche dodici fatiche di Ercole e dalla ricerca del Vello
d’oro di Giasone.
Non ho la pretesa e né la
competenza per ricondurre la questione al giusto contesto. Tuttavia, vorrei
tentare ugualmente di fare una breve sintesi della leggenda, ponendo alla fine
l’accento su un aspetto particolare che trae spunto da un mosaico mostratomi
questa mattina, nella Basilica di San Lorenzo Fuori le Mura, dall’amico Simone
Leoni, che ringrazio di tutto cuore.
In questa
trattazione, fedele al personale convincimento che “chi sa non parla e chi
parla non sa”, mi atterrò più che mai al consueto e rigoroso stile del ricercatore che, nulla aggiungendo o togliendo di suo, si limita semplicemente
a mettere insieme i pezzi di cui dispone.
...segue...
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