Molto ci sarebbe ancora da dire sul significato della
coppa come raffigurazione visibile del Graal, ma possiamo accontentarci di
quanto finora esposto. Adesso, prima di ricondurre la questione a San Lorenzo,
diamo un’occhiata all’altro elemento che appare nel mosaico che stiamo
esaminando: le due salamandre.
Mentre la coppa trova un riscontro nell’incarico dato a
Precelio di portare il sacro oggetto in Aragona, la presenza delle salamandre
costituisce un indiretto riferimento al fuoco sul quale fu messo ad arrostire
San Lorenzo.
Secondo un’antica tradizione, non rispondente alla
realtà, le salamandre sarebbero capaci di attraversare le fiamme rimanendo
illese. Sebbene questa particolarità renda l’accostamento al Santo piuttosto
fragile, dal momento che il fuoco fu per lui fatale, vedremo che
paradossalmente il punto forte del mosaico risiede proprio in questa
contraddizione.
La speciale capacità leggendaria delle salamandre trova
un parallelo nella virtù della mitica Fenice di rigenerarsi nel fuoco,
risorgendo dalle proprie ceneri.
Già in un precedente post abbiamo detto che “il Gral è un concetto che allude ad una rinascita
alle proprie radici celesti (o divine): è appunto il mito della fenice che
risorge dalle proprie ceneri; l’uomo che riconquista la propria origine”.
E’ lo stesso Trevizrent, lo zio eremita, che rivela a
Parzival il legame tra il Graal e la Fenice:
“Esso [il Gral] è chiamato Lapsit exillis. In virtù di
questa pietra la Fenice è bruciata in cenere, per poi rinascere”.
Vorrei ricordare in proposito[1]
che gli antichi alchimisti celavano sotto l’enigma della salamandra, che
attraversa il fuoco, l’opera di purificazione dei metalli, per l’ottenimento
della “pietra filosofale”. Il parallelo con la pietra del Graal
chiamata “Lapsit exillis”, che conferisce le virtù rigenerative alla Fenice,
non potrebbe essere più esplicito.
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