Abbiamo visto che la richiesta
di consacrazione della Russia era politicamente improponibile; che lo scoppio
della seconda guerra mondiale è stato imputato alla stessa Russia; che la
profezia della morte di Giacinta e Francesco è una falsa profezia. Andando
avanti potremmo vedere non una o due, ma un’infinità di altre assurdità, perché
tutta l’impostazione di Fatima II è una montatura mal riuscita.
Però Lucia non è una bugiarda.
Ha orrore delle bugie, sia perché così l’ha educata la madre e sia perché è
terrorizzata all’idea di finire all’inferno.
Nelle memorie e nelle lettere,
proprio il timore di dire cose inesatte la spinge a ripetersi, a puntualizzare,
a correggersi, a chiarire. Di fatto, è proprio l’ossessione di non mentire, sia
pure involontariamente, che la induce a scrivere in modo tale da generare
confusione.
L’abisso che esiste tra le sue
infantili esperienze mistiche, presumibilmente e parzialmente reali, e la ricostruzione che ne è stata fatta può
essere imputato a una involuzione psicopatologica, che la spinge a rielaborare
in maniera immaginaria i ricordi infantili, o a una manipolazione da parte di
terzi della sua mente fragile di monaca ingenua e ignorante, rinchiusa tra
quattro mura fin dalla giovane età.
Le due cose non si escludono
reciprocamente, ma la parte del leone è fatta dalla manipolazione esterna, come
dimostra una Fatima II, artificiosamente costruita intorno alla storia politica
e sociale portoghese, totalmente diversa da Fatima I, sorta intorno alle
visioni più genuine della piccola pastorella.
Benché alla fine venga fuori un
vero e proprio obbrobrio narrativo, miscuglio di manipolazione esterna e fantasia
autonoma, Lucia resta in buona fede. Perciò, se parla di tre segreti è perché
ritiene che essi siano tre e non quattro. Gli scrittori di fantareligione che
teorizzano su un quarto segreto farebbero bene a rassegnarsi; con le illazioni
possono dire qualsiasi cosa.
Cominciamo col chiarire che
Lucia non parla affatto di tre segreti, ma di un unico segreto in tre parti,
delle quali ne rivela due nella terza e quarta memoria, scritte nel 1941. Solo
qualche anno dopo mette per iscritto la terza parte che, ora che abbiamo
chiarito le cose, possiamo anche continuare a chiamare terzo segreto.
Al limite, anche volendo
supporre che esistano due testi di questa terza parte, le differenze tra di
loro dovrebbero essere solo di forma e non di contenuto. Più volte Lucia ha
ripetuto i suoi racconti, ma non ha mai cambiato le carte in tavola. Perché
avrebbe dovuto farlo questa volta? Del resto, e sempre per semplice dialettica
e non per concessione, ammesso che esista una versione sconvolgente del terzo segreto,
perché mai nascondere fino al 2000 quella specie di favoletta del papa ucciso
con le frecce? La Chiesa avrebbe benissimo potuto chiudere la partita
pubblicandola molto prima senza suscitare sospetti. No! La Chiesa voleva nascondere proprio "quel" testo, che poi ha pubblicato per decisione di Giovanni Paolo II.
Il punto vero è, come ho già
scritto un paio di volte, che la Chiesa moderna aveva cercato già da tempo,
maldestramente, di archiviare tutto, nel tentativo di uscire dalla imbarazzante
situazione in cui si era venuta a trovare ad opera di oscure manovre di primo
novecento.
Non ha certo nascosto il testo
perché contiene rivelazioni sconvolgenti, ma perché contiene rappresentazioni
poco credibili. Ne è prova il fatto che non c’è ombra di profezia nel “segreto”
di Fatima: non c’è nella prima parte; non c’è nella seconda; non c’è nella
terza parte resa pubblica; non esiste motivo per il quale si debba ritenere che
possa esserci nella ipoteticissima seconda versione della terza parte.
Lucia e chi sta dietro a lei
sono figli del loro tempo e molto molto terreni, tanto è vero che, sotto il
profilo dottrinale, i loro racconti rispettano pedissequamente il catechismo
dell’epoca; sotto il profilo storico parlano di normalissima alternanza di
guerra e di pace; sotto il profilo politico tradiscono i conflitti tra i poteri
conservatori e quelli comunisti, che si fronteggiano all’interno del
Portogallo; sotto il profilo sociale creano un fenomeno di massa per
distogliere l’attenzione dalla fame e dalla miseria che attanaglia la
popolazione; sotto il profilo teologico fanno leva su quel culto mariano che,
tradizionalmente, in Portogallo è sempre stato più popolare di quello di
Cristo.
Il tutto condito con abbondante
nazionalismo, che trova espressione nella particolare benevolenza manifestata
dalla Madonna nei confronti del Portogallo. E io che pensavo che Maria fosse la
madre di tutta l’umanità…
La cosa più sorprendente, però,
è l’accento che le lettere e le memorie di Lucia pongono sull’anticomunismo in
un’epoca in cui il nazismo, al quale non viene dedicata una parola, sta mettendo il mondo a ferro e fuoco (in Portogallo governa il dittatore conservatore Salazar).
Inutile aggiungere che, sotto
il profilo economico, a Fatima nasce una fiorente industria del turismo
religioso avallata dalla celeste apparizione che, già nell’incontro di agosto
1917, chiede di destinare i soldi raccolti alla festa paesana e alla costruzione
di una cappella; nessun pensiero alla carità cristiana, sebbene la maggior
parte della gente viva nella miseria
più nera.
Difficile vedere una mano
divina dietro a tutto questo scenario, che puzza troppo di complicità tra politica governativa e politica clericale e
troppo poco di misticismo.
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