Tecniche di Nostradamus

mercoledì 26 novembre 2014

Fatima I e Fatima II

Abbiamo visto che la richiesta di consacrazione della Russia era politicamente improponibile; che lo scoppio della seconda guerra mondiale è stato imputato alla stessa Russia; che la profezia della morte di Giacinta e Francesco è una falsa profezia. Andando avanti potremmo vedere non una o due, ma un’infinità di altre assurdità, perché tutta l’impostazione di Fatima II è una montatura mal riuscita.

Però Lucia non è una bugiarda. Ha orrore delle bugie, sia perché così l’ha educata la madre e sia perché è terrorizzata all’idea di finire all’inferno.
Nelle memorie e nelle lettere, proprio il timore di dire cose inesatte la spinge a ripetersi, a puntualizzare, a correggersi, a chiarire. Di fatto, è proprio l’ossessione di non mentire, sia pure involontariamente, che la induce a scrivere in modo tale da generare confusione.
L’abisso che esiste tra le sue infantili esperienze mistiche, presumibilmente e parzialmente reali,  e la ricostruzione che ne è stata fatta può essere imputato a una involuzione psicopatologica, che la spinge a rielaborare in maniera immaginaria i ricordi infantili, o a una manipolazione da parte di terzi della sua mente fragile di monaca ingenua e ignorante, rinchiusa tra quattro mura fin dalla giovane età.
Le due cose non si escludono reciprocamente, ma la parte del leone è fatta dalla manipolazione esterna, come dimostra una Fatima II, artificiosamente costruita intorno alla storia politica e sociale portoghese, totalmente diversa da Fatima I, sorta intorno alle visioni più genuine della piccola pastorella.

Benché alla fine venga fuori un vero e proprio obbrobrio narrativo, miscuglio di manipolazione esterna e fantasia autonoma, Lucia resta in buona fede. Perciò, se parla di tre segreti è perché ritiene che essi siano tre e non quattro. Gli scrittori di fantareligione che teorizzano su un quarto segreto farebbero bene a rassegnarsi; con le illazioni possono dire qualsiasi cosa.

Cominciamo col chiarire che Lucia non parla affatto di tre segreti, ma di un unico segreto in tre parti, delle quali ne rivela due nella terza e quarta memoria, scritte nel 1941. Solo qualche anno dopo mette per iscritto la terza parte che, ora che abbiamo chiarito le cose, possiamo anche continuare a chiamare terzo segreto.
Al limite, anche volendo supporre che esistano due testi di questa terza parte, le differenze tra di loro dovrebbero essere solo di forma e non di contenuto. Più volte Lucia ha ripetuto i suoi racconti, ma non ha mai cambiato le carte in tavola. Perché avrebbe dovuto farlo questa volta? Del resto, e sempre per semplice dialettica e non per concessione, ammesso che esista una versione sconvolgente del terzo segreto, perché mai nascondere fino al 2000 quella specie di favoletta del papa ucciso con le frecce? La Chiesa avrebbe benissimo potuto chiudere la partita pubblicandola molto prima senza suscitare sospetti. No! La Chiesa voleva nascondere proprio "quel" testo, che poi ha pubblicato per decisione di Giovanni Paolo II.

Il punto vero è, come ho già scritto un paio di volte, che la Chiesa moderna aveva cercato già da tempo, maldestramente, di archiviare tutto, nel tentativo di uscire dalla imbarazzante situazione in cui si era venuta a trovare ad opera di oscure manovre di primo novecento.
Non ha certo nascosto il testo perché contiene rivelazioni sconvolgenti, ma perché contiene rappresentazioni poco credibili. Ne è prova il fatto che non c’è ombra di profezia nel “segreto” di Fatima: non c’è nella prima parte; non c’è nella seconda; non c’è nella terza parte resa pubblica; non esiste motivo per il quale si debba ritenere che possa esserci nella ipoteticissima seconda versione della terza parte.

Lucia e chi sta dietro a lei sono figli del loro tempo e molto molto terreni, tanto è vero che, sotto il profilo dottrinale, i loro racconti rispettano pedissequamente il catechismo dell’epoca; sotto il profilo storico parlano di normalissima alternanza di guerra e di pace; sotto il profilo politico tradiscono i conflitti tra i poteri conservatori e quelli comunisti, che si fronteggiano all’interno del Portogallo; sotto il profilo sociale creano un fenomeno di massa per distogliere l’attenzione dalla fame e dalla miseria che attanaglia la popolazione; sotto il profilo teologico fanno leva su quel culto mariano che, tradizionalmente, in Portogallo è sempre stato più popolare di quello di Cristo.
Il tutto condito con abbondante nazionalismo, che trova espressione nella particolare benevolenza manifestata dalla Madonna nei confronti del Portogallo. E io che pensavo che Maria fosse la madre di tutta l’umanità…
La cosa più sorprendente, però, è l’accento che le lettere e le memorie di Lucia pongono sull’anticomunismo in un’epoca in cui il nazismo, al quale non viene dedicata una parola, sta mettendo il mondo a ferro e fuoco (in Portogallo governa il dittatore conservatore Salazar).
Inutile aggiungere che, sotto il profilo economico, a Fatima nasce una fiorente industria del turismo religioso avallata dalla celeste apparizione che, già nell’incontro di agosto 1917, chiede di destinare i soldi raccolti alla festa paesana e alla costruzione di una cappella; nessun pensiero alla carità cristiana, sebbene la maggior parte della  gente viva nella miseria più nera.

Difficile vedere una mano divina dietro a tutto questo scenario, che puzza troppo di complicità tra politica governativa e politica clericale e troppo poco di misticismo.

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