Tecniche di Nostradamus

sabato 8 novembre 2014

L'origine dell'anticristo

Nei misteri, e soprattutto nei misteri mistici, le cose non stanno mai come sembrano. Perciò, o si cambia prospettiva o si finisce inevitabilmente con l’inseguire i fantasmi. E’ quello che, dagli studi che sto facendo, è successo coi segreti di Fatima.
Attenzione! Non sto negando (e non posso farlo sulla base degli elementi dei quali attualmente dispongo) la veridicità dei fenomeni, ma posso già affermare che la narrazione andrebbe rivista.
Vi faccio un esempio che con Fatima non ha niente a che vedere, ma solo apparentemente. E’ un chiaro esempio di manipolazione di messaggi sacri effettuata per finalità “pratiche”, che di mistico non hanno nulla.


La trepidante attesa della fine del mondo e del ritorno del Signore, così viva tra i primi cristiani, trova forte espressione nella prima lettera di Paolo ai Tessalonicesi. L’Apostolo, convinto che l’evento si debba verificare durante la sua stessa esistenza in vita, scrive:

Ecco, perciò, che cosa vi annunziamo sulla parola del Signore: noi, i viventi, i superstiti, alla venuta del Signore, non saremo separati dai nostri defunti. Poiché il Signore stesso, al segnale dato, alla voce dell’Arcangelo e alla tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risorgeranno i morti in Cristo; poi noi, i viventi, i superstiti, assieme ad essi saremo rapiti sulle nubi in cielo verso il Signore (1 Tess., 4,15-17).

Evidentemente, la brutalità di questa previsione terrorizza i credenti che, se da un lato vivono in un clima apocalittico, dall’altro non possono non essere spaventati dall’idea di ciò che viene dato per imminente. Viene allora scritta una seconda lettera, indirizzata agli stessi Tessalonicesi, che sembra dettata dall’esigenza di allontanare la minaccia e riportare un po’ di tranquillità:

Ora, circa la venuta del Signore nostro Gesù Cristo e la nostra riunione con lui… Che se non verrà prima l’apostasia, si riveli uomo dell’iniquità, il figlio della perdizione, l’avversario che s’innalza al di sopra di ogni cosa chiamata Dio e oggetto di culto, fino ad assidersi nel Tempio di Dio, proclamandosi Dio lui stesso…” (2 Tess., 2,1 e segg.).

Questa seconda lettera, come si vede, propone il tema del figlio della perdizione che, sotto il nome di Anticristo, diventerà il protagonista di tutte le future profezie sugli avvenimenti degli ultimi tempi. Purtroppo, sotto il profilo profetico, i conti non tornano; non si capisce, infatti, come un “ambasciatore divino” si possa permettere di stemperare una precedente profezia per dare sollievo al popolo impaurito.

Il punto è che le due lettere, benché attribuite a Paolo ed inserite entrambe nel Nuovo Testamento, provengono da autori differenti; anzi,  l’autore della seconda qualifica esplicitamente la prima come falsa. Egli, infatti, scrive:

Ora, circa la venuta del Signore nostro Gesù Cristo e la nostra riunione con lui, vi preghiamo, o fratelli, di non lasciarvi così presto turbare lo spirito, né allarmare da rivelazioni o da dicerie o da lettera data per nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente (2, Tess. 2,1 e segg.).

Tuttavia, nonostante le apparenze contrarie, gli studiosi ritengono autentica solo la prima delle due lettere che, dal punto di vista stilistico, teologico e per altri aspetti, è coerente con altre attribuite senza incertezze a Paolo.
La seconda, invece, sarebbe opera di qualcuno che, vivendo in epoca successiva, avrebbe voluto salvaguardare  l’immagine di Paolo, attribuendo l’errata profezia ad un falsario e spostando in avanti i tempi della fine del mondo.

Esempio eclatante di come si costruiscono le profezie e certificato di nascita di quell’anticristo che viene poi preso a modello da santi e veggenti di tutte le epoche. Un falso clamoroso, che è servito per dilazionare sine die l’avveramento di una profezia, “salvando la faccia” a S. Paolo.

Confido che vogliate convenire sul fatto che la seconda epistola contraddice la prima, pur provenendo, almeno ufficialmente, dallo stesso autore. Nello stesso tempo, non potete certamente negare che lo stesso autore della seconda sostenga che una sua precedente epistola è falsa. E, poiché di epistole ai Tessalonicesi ce ne solo solo due, delle quali è la prima a sostenere l’imminente venuta del Signore, i conti sono presto fatti.

Il teorema è dunque dimostrato: le cose non sempre (anzi, quasi mai) stanno come sembrano. Però sembrano spesso chiare, finché qualcuno non ci mostra il punto debole.

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