Un grande segreto, che attraversa i secoli, è alla base di molte
associazioni più o meno occulte e più o meno esoteriche. Nostradamus (v. libro
“Cabala, Templari, Graal”) lo identifica con gli elementi costitutivi della
vita (DNA, sangue, soffio vitale): oggi useremmo termini come clonazione,
ingegneria genetica, inseminazione artificiale; forse, senza voler cadere nella
trappola della facile fantascienza, parleremmo perfino di robotica biologica
(non dimentichiamo che il DNA è un software sotto ogni profilo).
Insomma, si può discutere sulla esatta natura del segreto, ma la sua
essenza è chiara: abbiamo riscontrato nella genealogia di Matteo degli indizi
che ci hanno permesso di ricostruirne l’origine, esattamente negli stessi
termini in cui essa viene ripresa da Nostradamus.
Nel tempo, il segreto viene sublimato fino a permettere, in Cristo,
l’accesso alla “vita eterna per chi beve il suo sangue”. Tuttavia, qualcosa
dell’originaria tradizione rimane e Nostradamus ci racconta (non sto qui a
trascrivere i dettagli già trattati nel libro) che questo “qualcosa” si
concretizza nella leggenda del Graal.
Si tratta veramente di una leggenda? Forse sì e forse no.
Il nome di questo blog è “Codice Nostradamus”: se il veggente ci ha
raccontato una favola, allora io sto interpretando una favola; se ci ha
raccontato qualcosa di reale, allora io sto interpretando qualcosa di reale.
Però è un fatto che, ai piedi della Croce, fanno irruzione due protagonisti
della “leggenda”, che vengono beatificati dalla Chiesa (quasi per dovere di
coscienza) e contemporaneamente fatti passare sotto silenzio:
-
il soldato che
colpisce Gesù al costato con la lancia;
-
Giuseppe di
Arimatea, notabile di Gerusalemme e discepolo di Gesù in incognito, che
abbandona ogni riserbo ed esce coraggiosamente allo scoperto proprio quando i
discepoli più vicini se la danno a gambe: anche a quei tempi “i veri amici si
vedevano nel momento del bisogno”.
Per fare un ritratto, sia pure sommario, di questi due personaggi, che
ci condurranno al nostro obiettivo finale, devo ricorrere sia ai Vangeli
canonici che a quelli apocrifi.
Tuttavia, poiché questi argomenti sono come le ciliegie, nel senso che
una tira l’altra, devo prima fare una brevissima riflessione sui due gruppi di
Vangeli.
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