Il libro di Boron trae la sua
maggiore ispirazione dai Vangeli apocrifi; in particolare dal Vangelo di
Nicodemo e da quelli conosciuti come “Dichiarazione di Giuseppe di Arimatea” e
“La vendetta del Salvatore”.
Nel racconto di Boron, Giuseppe
di Arimatea viene considerato un discepolo privilegiato, al quale Gesù confida
i più alti misteri. Dopo il dramma della crocifissione, viene imprigionato per
aver messo a disposizione il sepolcro di famiglia. In prigione gli appare lo
stesso Gesù che, nel consegnargli la coppa con il suo sangue, gli rivela una
conoscenza segreta che dovrà essere poi trasmessa ai successivi custodi della
reliquia. Giuseppe viene liberato da Vespasiano e, dopo avere a sua volta
consegnato il calice al cognato Bron perché lo porti in occidente, muore. Bron
adempie al compito assegnatogli recandosi in Europa, nelle valli di Avalon.
Giuseppe viene dunque visto
come il “discepolo beneamato” sul quale ci siamo già interrogati, depositario
dell’ultimo segreto, fondatore della comunità più vicina alla vera essenza
della Chiesa, primo Cavaliere di un sacro lignaggio al quale è affidata la
custodia del sangue di Cristo, nell’attesa del compimento della salvezza sulla
terra.
Chi ha letto il mio libro sa
che Nostradamus si dichiara a conoscenza delle istruzioni segrete date a
Giuseppe e delle finalità ultime della custodia del sangue.
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