Come promesso, vi svelo subito il mistero del numero 45.
Si tratta del numero cabalistico di Adamo: ADM in ebraico (aleph, dalet, mem). Dalla somma
delle singole lettere secondo la tabella di Gematriah (aleph = 1, dalet
= 4 e mem = 40) si ottiene, appunto, 45.
A questo punto, i lettori del mio libro su “Cabala,
Templari e Graal” avranno già capito tutto, trovando in questa scoperta un
tassello, finora mancante, che conferma “l’ipotesi” dell’ultimo capitolo.
Prima di procedere con le spiegazioni, dobbiamo fare
conoscenza con Abramo. Tutti sappiamo dell’episodio nel quale Dio lo mette alla
prova, chiedendogli di immolare il figlio Isacco. Abramo non fallisce la prova,
ma un angelo ferma la sua mano prima che egli compia il gesto assassino. Per
compensare la sua fedeltà, Dio gli promette una discendenza sterminata.
Da sottolineare che Isacco era stato concepito da Sara,
in veneranda età, grazie al diretto intervento divino:
Il Signore visitò poi Sara, come aveva detto, e compì
in lei quanto aveva promesso. Sara concepì e generò un figlio ad Abramo, già
vecchio (Gen. 21, 1-2).
Sembra quasi di essere in presenza di un moderno
ginecologo, che pratica l’inseminazione artificiale e forse, secondo un certo
tipo di archeologia alternativa, non siamo molto lontani dalla verità.
E’ difficile credere che il Dio di Abramo sia lo stesso
Dio onnipotente creatore di un universo di 200 miliardi di galassie, tra le
quali la sola Via Lattea comprende 200 miliardi di stelle e ha un diametro di
100.000 anni luce, pari a 1 miliardo di miliardi di chilometri.
Un Dio così smisuratamente potente non ha bisogno di mettere
alla prova una particella subatomica di sabbia come Abramo, non ha bisogno di
mangiare “schiacciate, latte e carne di vitello” (Gen. 18, 6-8) e, soprattutto,
non si mette certamente a battibeccare stizzito, in piena e reale presenza fisica, con
una incredula Sara, che ride della promessa di poter concepire alla sua età
(Gen. 18, 13-15).
Il Signore disse a Abramo: “Perché Sara ha riso,
dicendo: potrei io aver davvero figli, vecchia come sono?” Vi è forse qualcosa
di difficile per il Signore? Tornerò da te tra un anno, di questo tempo, e Sara
avrà un figlio”.
Negò Sara, dicendo: “Io non ho riso”, perché ebbe
paura.
Ma egli le disse: “Sì, tu hai riso”.
Sara è perfino impertinente e prevaricatrice, in quanto risponde
direttamente a una osservazione che il Signore ha fatto ad Abramo,
non volendo rivolgere la parola a lei. Insomma, sembra più una scenetta familiare
un po' sopra le righe, piuttosto che una scena di riguardo che si svolge al
cospetto del Creatore di tutte le cose, in difficoltà nell’imporre la sua
autorevolezza.
Non caviamocela con il luogo comune delle leggende,
facendo della Bibbia un testo sacro, quando ci conviene, e un testo di favole
quando non la comprendiamo.
Gli estensori hanno meditato su ogni singola parola, a
cominciare dalla prima: “Bereshit”; tutto ha una logica, ogni dettaglio ha una
spiegazione, perfino ogni singola lettera di ogni singola parola. Lo studioso
serio non può cavarsela con le approssimazioni, quando non capisce.
Abramo, la cui storia si colloca intorno all’anno
2100/2000 a.C., è probabilmente nativo di UR dei
Caldei, città della Mesopotamia, e vive a Haran. Il suo Signore, chiunque egli
sia, gli impone di abbandonare Haran e di spostarsi nella terra di Canaan,
dalla quale fa temporaneamente un salto in Egitto, dove riceve doni e onori dal
faraone.
E’ profondamente sbagliato pensare ad Abramo come a un
povero beduino, possessore al massimo di qualche pecora.
Egli è un uomo ricco e potente, in grado di mettere
insieme ben 318 dei suoi servi più bravi (chissà quanti ne ha, quindi), di
inseguire i re di Sodoma e Gomorra e di sconfiggerli (Gen. 14, 14-15). E’
altresì un uomo “colto”: grandissimo astrologo e, ci dice Nostradamus
nell’epistola a Enrico II, forse inventore della scrittura caldaica.
Non c’è da meravigliarsi se dialoga con il suo “Signore”.
Perché gli viene ordinato di spostarsi a Canaan? Cosa c’è
di tanto speciale a Canaan? E’ possibile che, come racconta la Bibbia (Gen. 12,
16), il faraone gli faccia dono, durante la sua permanenza in Egitto, di pecore
e buoi e asini e servi e serve e cammelli, solo in grazia della bellezza di
Sara? In nome di chi Abramo si presenta in Egitto? Per conto di chi combatte e
sconfigge i re di Oriente con il suo esercito, così da meritare la ricompensa
della promessa di una discendenza sterminata? Chi è il Signore di Abramo,
capace di distruggere Sodoma e Gomorra con una pioggia di zolfo e fuoco (Gen.
19, 24), che ricorda tanto un’apocalisse nucleare?
Proviamo a zoomare su un episodio speciale: quello dei
due "angeli", anch’essi ospiti di Abramo, che dispongono di armi capaci di
accecare i sodomiti che vogliono catturarli (Gen. 19, 10-11).
Sono certamente due uomini che, per proteggersi,
hanno bisogno di chiudersi in casa; però, dispongono di armi in grado di accecare il
nemico:
I due uomini stesero il braccio, riportarono
Lot con loro in casa, chiusero la porta e colpirono di accecamento la
gente che stava alla porta di casa, dal più piccolo al più grande, sicché si
affaticarono invano per ritrovare la porta.
In sintesi, chi sono veramente gli interlocutori di
Abramo?
Si tratta di una domanda destinata a restare senza
risposta e l’indagine ci porterebbe molto lontano dal filone principale che ci
interessa.
Comunque, oltre che alla Bibbia, forse dovremmo dare uno
sguardo anche al pantheon delle leggendarie divinità della storia mesopotamica
di 2 millenni prima di Cristo e ai racconti epici che le riguardano: tra questi
ultimi, ci interesseremo al “Poema della creazione” o “Enuma Elish”, probabilmente familiare ad Abramo.
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