Passiamo ai Vangeli apocrifi: in breve, si tratta di Vangeli che la
Chiesa esclude dal canone riconosciuto. I motivi? Si discostano sensibilmente
dai racconti dei canonici (dai sinottici, in particolare) e, a volte, sono
inconciliabili con la dottrina cristiana accettata e praticata. In altri
termini, la Chiesa ha fatto le sue scelte e, sulla base di queste scelte, ha
deciso quali scritture accogliere; tutto il resto è da respingere. E’ una pura
e semplice questione di principio e di dogmatismo: non faccio le scelte sulla
base delle testimonianze documentali, ma accolgo solo le testimonianze
documentali che confermano le scelte. A ben vedere, sono proprio quelle stesse
scelte che stanno alla radice dei conflitti tra le varie confessioni cristiane.
Se cerchiamo il significato di “apocrifo” (parola di origine greca
equivalente a “occulto” o “segreto”), notiamo un certo imbarazzo perfino nei
dizionari che, nel prendere atto di un consolidato uso improprio da parte della
Chiesa, si dimenano tra i termini “falso”, “non autentico”, “attribuito
falsamente a un autore anziché a un altro”.
E’ chiaro come il sole che, se il termine “apocrifo” viene usato nel
senso di testo falso o di falsa paternità, c’è una mistificazione di fondo.
Anzitutto i Vangeli non sono falsi. Perché una cosa sia falsa, è
necessario che ce ne sia una autentica e che questa venga riprodotta e
spacciata per originale: una moneta falsa, un quadro falso, una finta borsa
griffata.
Nel caso dei Vangeli, non esistono originali, ma solo copie. Quand’anche
esistesse un originale, le copie non sono falsificazioni, ma solo riproduzioni,
esemplari di uno stesso documento, esattamente come la tiratura di un libro. E
questo vale sicuramente sia per i Vangeli canonici che per quelli apocrifi.
Se poi ci riferiamo alla falsa paternità dei testi, allora dovrebbero
essere apocrifi anzitutto i tre Vangeli sinottici, dei quali nessuno crede più
che siano stati stilati dagli autori di cui portano il nome.
Anche il Vangelo di Giovanni, come abbiamo visto, non può essere
attribuito all’apostolo Giovanni.
Sul fronte opposto, ci sono Vangeli, considerati apocrifi, di rara
bellezza e spiritualità, che hanno il solo torto, peraltro non sempre, di
mettere in discussione alcuni aspetti della dottrina tradizionale.
Non resta che pensare che il termine “apocrifo” venga usato
arbitrariamente e impropriamente dalla Chiesa solo per indicare i testi non
canonici, contando maliziosamente sul fatto che la parola evoca l’idea di
“falsità del testo” o di “falsa paternità dell’autore”.
Comunque la si metta, siamo di fronte a un artificio terminologico di
stampo negativo, messo in piedi con l’evidente intenzione di tenere i Vangeli
non canonici lontani da un’adeguata considerazione; e questo, ripeto, non per
obiettivi (peraltro impossibili) disconoscimenti di autenticità, ma solo per
questioni di scelte vetero-dogmatiche.
Nella realtà, quasi tutti i Vangeli concorrono a comporre un quadro di
ciò che è successo 2000 anni fa o tramandano aspetti interpretativi del
pensiero di Cristo, ciascuno portando il proprio contributo. L’accettazione di un confronto di più testi
metterebbe in rilievo incongruenze e contraddizioni, permettendo di individuare
meglio le parti meno attendibili. Invece, la scelta di soli quattro di essi, tre dei quali di derivazione da
un’unica fonte, è sicuramente una scelta riduttiva che non rende onore alla
ricerca della verità. E’ più che ovvio che una selezione andasse fatta; però,
forse, si è esagerato nel selezionare troppo.
All’inizio di questo excursus ci siamo posti tre domande: E’ lecito prendere in considerazione i Vangeli apocrifi insieme a quelli canonici? E’ utile farlo? Si possono mettere i due tipi sullo stesso piano?
Dal punto di vista dell’obbedienza al dogmatismo della Chiesa
Cattolica, la risposta è “no”. Da un punto di vista cristiano, siamo posti al
cospetto della nostra coscienza religiosa. Dal punto di vista del ricercatore,
la risposta è un “sì” senza tentennamenti, purché si faccia attenzione a
isolare gli episodi palesemente inventati dagli autori; non è facile ma, per
uno studioso, non è del tutto impossibile.
Nel parlare del centurione romano che colpì Gesù con la lancia e nel
parlare di Giuseppe di Arimatea, mi rifarò a tutte le fonti disponibili,
passate al filtro della mia personale capacità critica.
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