Tecniche di Nostradamus

sabato 5 gennaio 2013

Giuseppe di Arimatea: l'uomo


Il passo che stiamo per compiere è quello di verificare se, tra i Vangeli (canonici e apocrifi), esistono elementi più o meno nascosti che permettono di conferire coerenza o addirittura credibilità al romanzo di Boron.
Se qualcuno si scandalizza per l’accostamento dei Vangeli canonici, fonte riconosciuta della fede cristiana, ai vangeli apocrifi e addirittura a un romanzo, ricordo nuovamente che, contrariamente a quanto si crede, l’attribuzione di quei Vangeli a dei testimoni oculari è stato un atto arbitrario dei primi cristiani, per sostenerne l’origine apostolica.
A dimostrarlo sono anzitutto le differenze, a volte abissali, tra le diverse narrazioni. Inoltre, anche se pochi lo sanno, è lo stesso evangelista Luca ad ammetterlo apertamente (1, 1-3):

Poiché molti si sono accinti a comporre una narrazione degli avvenimenti compiuti in mezzo a noi, come ci hanno trasmesso coloro che fin da principio ne sono stati testimoni oculari e sono divenuti ministri della parola, è parso bene anche a me, dopo aver fatto diligenti ricerche su tutte queste cose fin dalle loro origini, narrarle per iscritto con ordine.

Fatta questa premessa, veniamo a Giuseppe di Arimatea e vediamo cosa possiamo ricostruire della sua figura.

Quello che si sa è, sostanzialmente, che costui chiese il corpo di Gesù a Pilato, lo avvolse in un lenzuolo e lo seppellì nel sepolcro di famiglia. Questo semplice (si fa per dire) comportamento implica una serie di considerazioni:

per avere un sepolcro di famiglia, Giuseppe deve essere benestante;
per potersi permettere di andare da Pilato, governatore della Giudea, a chiedere il corpo di un condannato, deve essere una persona autorevole;
per avere il coraggio di uscire allo scoperto quando gli altri discepoli scappano, deve avere un qualche tipo di legame con Gesù, che si rivela più forte di quello degli altri discepoli.

Dando per scontati questi aspetti che, come vedremo, emergono esplicitamente dalle narrazioni evangeliche, dobbiamo porci alcune domande:

è possibile che sia stato Giuseppe il discepolo misterioso che fece entrare Pietro nella casa del sommo sacerdote?
è possibile che sia stato lui il discepolo beneamato, autore del Vangelo di Giovanni[1]?
è possibile che abbia ricevuto un incarico speciale da Gesù?
perché l’autore del Vangelo di Giovanni, al contrario degli altri tre canonici, non menziona l’istituzione dell’Eucarestia nel corso dell’ultima cena?

La risposta positiva che Boron fornisce alla terza domanda, trascina con sé un’analoga risposta anche alla prima e alla seconda. Il Vangelo di Giovanni ammette una risposta positiva a tutte e tre le prime domande e rende possibile, per la quarta, una spiegazione alternativa all’Eucarestia.

Un’ultima considerazione:

Tutti gli apostoli stanno vicini a Gesù, durante la sua predicazione, sperando di poter beneficiare della sua “gloria”, che assimilano al governo sul regno di Israele. Fuggono, però, quando Gesù viene crocifisso; Pietro, addirittura, lo rinnega tre volte (Mc. 14, 66-72).
Giuseppe di Arimatea, invece, è un notabile della città; vedremo che è un discepolo in incognito. Eppure non ha esitazioni. Alla morte di Gesù esce coraggiosamente allo scoperto, ne reclama il corpo e lo seppellisce. Null’altro gli importa, ora che il suo amato Maestro è morto.
Possiamo dire che la sua è una fedeltà meditata e convinta, rispetto a quella istintiva e interessata degli apostoli?
Il riscatto di questi ultimi richiede il miracolo della resurrezione, che conferisce ad essi la consapevolezza di essere dalla parte giusta. Il riscatto di Giuseppe avviene di fronte alla morte, nel momento in cui la sua posizione sembra essere dalla parte sbagliata.

E’ proprio strano che i Vangeli riservino a questa figura gigantesca un posticino marginale. Sembra quasi che la narrazione che riguarda Giuseppe sia presente solo perché non se ne può fare a meno; tuttavia fastidiosa, perché mette in risalto, per contrasto, la pavidità altrui.
E’ sorprendente che la Chiesa non gli riservi alcun culto particolare, come la logica richiederebbe per un personaggio di così grande rilievo.
Perché la tradizione ha minimizzato la sua figura? Esistono tracce di ostilità tra lui e gli altri apostoli? E’ possibile che lui stesso, venuto allo scoperto tra gli ebrei, abbia avuto interesse a rientrare nell’anonimato tra i cristiani?
Tante domande in questo post! Troppe! Solo se riusciremo a dare ad esse delle risposte plausibili potremo capire che il racconto di Boron, forse, non è soltanto una favola.



[1] A quanto mi risulta, l’ipotesi che Giuseppe di Arimatea sia l’autore del Vangelo di Giovanni non è mai stata formulata, prima di adesso, nella storia del Cristianesimo. Questa ipotesi trova conforto in altre mie ricerche in corso che, oltre a sviluppare gli argomenti qui trattati sommariamente, individuano numerosi altri indizi, maggiormente consistenti, estranei alla nostra indagine sul Graal e, di riflesso, su Nostradamus.

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