Scopriamo come fa Nostradamus a
vestire i panni di Merlino. Per capirlo, dobbiamo legare la quartina II,79 alla
II,85 che segue:
Il vecchio
barbuto sotto lo statuto severo,
A Lyon
fatto sotto l’Aquila Celtica:
Il piccolo
grande troppo oltre persevera:
Rumore
d’armi al cielo: mare rosso Lygustique.
Vi risparmio le consuete
allucinanti letture proposte dai vari “autorevoli” interpreti; solo per darvi
un’idea, si va dal Maresciallo Pétain di Ramotti a un generico “vecchio popolo
della democrazia” di De Fontbrune, a un non ben identificato “principe celtico”
di Pichon.
Non chiedetemi come arrivano alle
loro conclusioni, perché davvero non lo so. Per quanto mi riguarda, mi limito
alla spiegazione dei primi due versi. E lo faccio nel solito modo, evitando
affermazioni generiche e cercando di capire perché Nostradamus ricorra a
determinate parole ed espressioni.
I versi 3 e 4 non ci interessano in
relazione al fine che ci stiamo prefiggendo e il loro approfondimento
richiederebbe alcune spiegazioni che, per il momento, è prematuro fornire.
Il vecchio barbuto è lo stesso
vecchio della quartina II,79. Nei vari libri si legge “vecchio senza barba”,
per via del fatto che “plain” significa “piano”, nel senso di “superficie
piana”. Questi ragionamenti sono di una ingenuità disarmante! Dire “vecchio con
la barba” sarebbe una modalità descrittiva, ma che razza di descrizione è
“vecchio senza barba”?
Tagliamo la testa al toro e
ricordiamoci che, per sua espressa indicazione, Nostradamus va “ascoltato” piuttosto
che “letto”, dal momento che la pronuncia prevale sullo scritto. L’ho già
spiegato nel libro “Il vero codice di Nostradamus”, dal quale riprendo il brano
che segue:
Nell’epistola a Cesare, Nostradamus avverte che "…mesmes
que aux prononciations estant surprins escrits prononceant sans crainte…":
parole senza senso apparente per dire che, a volte, si viene
"sorpresi" da una "pronuncia" che prevale sullo
"scritto".
Ricordo, soprattutto, quella vera e propria “stele di
Rosetta” che è il Presagio di Maggio 1555, spiegato sempre nel citato libro. In
quei versi, Nostradamus porta degli esempi: “cinq serre” (cinque chiude) va
inteso come “sincère” (sincero), dal momento che la pronuncia è identica; allo
stesso modo, “Les
cités revoltées” (Le città rivoltate) diventa “Les cités revoltés” (I citati
[numeri] rivoltati), per indicare una inversione numerica.
Ora, la pronuncia di “plain” (piano) è uguale a quella di
“plein” (pieno). Perciò, non siamo in presenza di un vecchio dalla faccia
liscia, senza barba, ma di un vecchio barbuto (pieno di barba), come lo stesso
Nostradamus si descrive nella quartina II,79 (La barba crespa e nera).
“Estatut” è uno statuto, una legge, un regolamento, un
insieme di regole. E questo insieme di regole è “severo”, rigido.
Quindi, abbiamo un vecchio barbuto che agisce all’interno di
una struttura rigida; non è difficile riconoscere lo stesso Nostradamus, che
agisce all’interno delle rigorose regole di codifica delle sue Centurie.
Questo “statuto” viene stampato a Lione (à Lyon fait = fatto
a Lione). Da questa città, infatti, vengono le edizioni originali delle
Centurie: tipografie Macé Bonhomme, Antoine du Rosne, Pierre Rigaud e Benoist
Rigaud.
Fin qui, la quartina II,85 non fa che ripetere
sostanzialmente i primi due versi della II,79: un vecchio barbuto che crea le
Centurie.
Ma adesso viene il bello: le Centurie, dice la quartina, sono
composte sotto [l’ispirazione] dell’Aquila Celtica.
L’Aquila è un uccello dal significato altamente spirituale;
potete rendervene conto cercando su Wikipedia la parola “Aquila”. Essa è
simbolo di una visione superiore; è un uccello aruspice, messaggero che porta i
presagi degli dei agli uomini; è uno dei quattro esseri viventi che stanno
davanti al trono di Dio (Ap. 4, 7). In particolare, “l’aquila celtica” è
simbolo della magia, specialità sia di Merlino che di Nostradamus, entrambi
portatori di un segreto divino e di presagi.
Ma è nell’attributo “celtica” che si completa
l’identificazione. Merlino è un druido, un sacerdote celtico. Può, quindi, ben
essere rappresentato come “Aquila celtica” (mago celtico, druido). D’altra
parte, non c’è dubbio che i versi in esame si riferiscano a Nostradamus, autore
delle Centurie (il severo statuto fatto a Lione).
Evidentemente Nostradamus, in quanto “gestore” del segreto
del Graal tramite le Centurie, ritiene di svolgere un ruolo assai simile a
quello che Robert de Boron ha assegnato a Merlino. Da qui, considerati anche
gli aspetti di carattere generale del post precedente, nasce un interscambio di
personaggi che si sovrappongono e si confondono: l’aquila celtica è Merlino ma,
simbolicamente, anche Nostradamus.
Se, adottando una visione riduzionista, preferiamo
semplicemente attenerci alla letteralità del verso, possiamo intendere che la
creazione delle Centurie avviene sotto l’ispirazione dell’aquila celtica, cioè
sotto l’ispirazione della vicenda di Merlino, che è quella del Graal.
Comunque la mettiamo, il legame tra Nostradamus e Merlino
appare indissolubile.
Riepiloghiamo:
Un vecchio barbuto (Nostradamus) agisce all’interno di uno
schema rigido (le Centurie)
stampato a Lione sotto l’ispirazione dell’aquila celtica
(Merlino).
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