Tecniche di Nostradamus

venerdì 25 gennaio 2013

Nostradamus vs Merlino - 2


Scopriamo come fa Nostradamus a vestire i panni di Merlino. Per capirlo, dobbiamo legare la quartina II,79 alla II,85 che segue:


Il vecchio barbuto sotto lo statuto severo,
A Lyon fatto sotto l’Aquila Celtica:
Il piccolo grande troppo oltre persevera:
Rumore d’armi al cielo: mare rosso Lygustique.

Vi risparmio le consuete allucinanti letture proposte dai vari “autorevoli” interpreti; solo per darvi un’idea, si va dal Maresciallo Pétain di Ramotti a un generico “vecchio popolo della democrazia” di De Fontbrune, a un non ben identificato “principe celtico” di Pichon.
Non chiedetemi come arrivano alle loro conclusioni, perché davvero non lo so. Per quanto mi riguarda, mi limito alla spiegazione dei primi due versi. E lo faccio nel solito modo, evitando affermazioni generiche e cercando di capire perché Nostradamus ricorra a determinate parole ed espressioni.

I versi 3 e 4 non ci interessano in relazione al fine che ci stiamo prefiggendo e il loro approfondimento richiederebbe alcune spiegazioni che, per il momento, è prematuro fornire.

Il vecchio barbuto è lo stesso vecchio della quartina II,79. Nei vari libri si legge “vecchio senza barba”, per via del fatto che “plain” significa “piano”, nel senso di “superficie piana”. Questi ragionamenti sono di una ingenuità disarmante! Dire “vecchio con la barba” sarebbe una modalità descrittiva, ma che razza di descrizione è “vecchio senza barba”?
Tagliamo la testa al toro e ricordiamoci che, per sua espressa indicazione, Nostradamus va “ascoltato” piuttosto che “letto”, dal momento che la pronuncia prevale sullo scritto. L’ho già spiegato nel libro “Il vero codice di Nostradamus”, dal quale riprendo il brano che segue:

Nell’epistola a Cesare, Nostradamus avverte che "…mesmes que aux prononciations estant surprins escrits prononceant sans crainte…": parole senza senso apparente per dire che, a volte, si viene "sorpresi" da una "pronuncia" che prevale sullo "scritto".

Ricordo, soprattutto, quella vera e propria “stele di Rosetta” che è il Presagio di Maggio 1555, spiegato sempre nel citato libro. In quei versi, Nostradamus porta degli esempi: “cinq serre” (cinque chiude) va inteso come “sincère” (sincero), dal momento che la pronuncia è identica; allo stesso modo, Les cités revoltées” (Le città rivoltate) diventa “Les cités revoltés” (I citati [numeri] rivoltati), per indicare una inversione numerica.

Ora, la pronuncia di “plain” (piano) è uguale a quella di “plein” (pieno). Perciò, non siamo in presenza di un vecchio dalla faccia liscia, senza barba, ma di un vecchio barbuto (pieno di barba), come lo stesso Nostradamus si descrive nella quartina II,79 (La barba crespa e nera).

“Estatut” è uno statuto, una legge, un regolamento, un insieme di regole. E questo insieme di regole è “severo”, rigido.
Quindi, abbiamo un vecchio barbuto che agisce all’interno di una struttura rigida; non è difficile riconoscere lo stesso Nostradamus, che agisce all’interno delle rigorose regole di codifica delle sue Centurie.
Questo “statuto” viene stampato a Lione (à Lyon fait = fatto a Lione). Da questa città, infatti, vengono le edizioni originali delle Centurie: tipografie Macé Bonhomme, Antoine du Rosne, Pierre Rigaud e Benoist Rigaud.

Fin qui, la quartina II,85 non fa che ripetere sostanzialmente i primi due versi della II,79: un vecchio barbuto che crea le Centurie.
Ma adesso viene il bello: le Centurie, dice la quartina, sono composte sotto [l’ispirazione] dell’Aquila Celtica.

L’Aquila è un uccello dal significato altamente spirituale; potete rendervene conto cercando su Wikipedia la parola “Aquila”. Essa è simbolo di una visione superiore; è un uccello aruspice, messaggero che porta i presagi degli dei agli uomini; è uno dei quattro esseri viventi che stanno davanti al trono di Dio (Ap. 4, 7). In particolare, “l’aquila celtica” è simbolo della magia, specialità sia di Merlino che di Nostradamus, entrambi portatori di un segreto divino e di presagi.

Ma è nell’attributo “celtica” che si completa l’identificazione. Merlino è un druido, un sacerdote celtico. Può, quindi, ben essere rappresentato come “Aquila celtica” (mago celtico, druido). D’altra parte, non c’è dubbio che i versi in esame si riferiscano a Nostradamus, autore delle Centurie (il severo statuto fatto a Lione).
Evidentemente Nostradamus, in quanto “gestore” del segreto del Graal tramite le Centurie, ritiene di svolgere un ruolo assai simile a quello che Robert de Boron ha assegnato a Merlino. Da qui, considerati anche gli aspetti di carattere generale del post precedente, nasce un interscambio di personaggi che si sovrappongono e si confondono: l’aquila celtica è Merlino ma, simbolicamente, anche Nostradamus.
Se, adottando una visione riduzionista, preferiamo semplicemente attenerci alla letteralità del verso, possiamo intendere che la creazione delle Centurie avviene sotto l’ispirazione dell’aquila celtica, cioè sotto l’ispirazione della vicenda di Merlino, che è quella del Graal.
Comunque la mettiamo, il legame tra Nostradamus e Merlino appare indissolubile.

Riepiloghiamo:
Un vecchio barbuto (Nostradamus) agisce all’interno di uno schema rigido (le Centurie)
stampato a Lione sotto l’ispirazione dell’aquila celtica (Merlino).

Un ragionamento analogo, come stiamo per vedere, può essere fatto con riferimento a Cesare e a Perceval.

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