Tecniche di Nostradamus

sabato 12 gennaio 2013

Il discepolo prediletto


Nel brano evangelico del post precedente ci viene detto, anzitutto, che il discepolo di cui si parla è quello che già ben conosciamo, il narratore: “E’ lui il discepolo che attesta queste cose”. Poiché si definisce “prediletto”, si potrebbe pensare che sia lo stesso evangelista, quando parla di sé, a magnificare la propria figura, per evidenziare la sua vicinanza al Maestro. Diamo allora uno sguardo a un episodio che mette obiettivamente in luce la sua posizione privilegiata, accentuando per contrasto una minore intimità tra Gesù e gli apostoli.

Il passo che a tal proposito ci interessa (“Pietro, voltatosi, vide che gli veniva dietro il discepolo prediletto da Gesù, quello che nella cena si era chinato sul petto di lui”) ci riporta a una scena dell’ultima cena, quando è stato chiesto a Gesù chi fosse il traditore:

Or uno dei suoi discepoli, quello da Gesù prediletto, stava appoggiato sul petto di lui. A questo fece cenno Simon Pietro per dire: “Domanda di chi parla” (Gv. 13, 23-24).

E’ straordinario! Pietro, il primo degli Apostoli, non ha il coraggio di porre la domanda e ricorre all’intermediazione di quel discepolo, per via della sua particolare confidenza con Gesù. Sa, evidentemente, che Gesù è a volte disposto a dire al beneamato delle cose che non direbbe agli altri, agli apostoli. Possono questi, i dodici prescelti per la predicazione della buona novella, chiamati a giudicare le dodici tribù d’Israele (Mt. 19, 28), non essere gelosi? Come possono accettare che un “semplice” discepolo, senza stellette sulla spallina, goda di una maggiore fiducia da parte del Maestro?

Il discepolo misterioso, da parte sua, non si sente affatto inferiore a loro; anzi, al tempo in cui scrive il Vangelo, tutto è ormai compiuto ed egli conosce perfettamente il valore della sua missione. Per questo, non avendo titolo per qualificarsi come apostolo, ma non volendo comunque sminuire la sua posizione agli occhi dei lettori del suo racconto, non usa mai la parola “apostolo” per designare qualcuno dei “dodici”: parla sempre e solo di discepoli. E’ una scelta terminologica deliberata, non priva di un grande significato: per lui il discepolato, cioè l’intima adesione agli insegnamenti del Maestro, gode di maggiore dignità dell’apostolato, che scaturisce da un incarico.

Nessun commento:

Posta un commento