Nel brano evangelico del post precedente ci viene detto,
anzitutto, che il discepolo di cui si parla è quello che già ben conosciamo, il
narratore: “E’ lui il discepolo che attesta queste cose”. Poiché si
definisce “prediletto”, si potrebbe pensare che sia lo stesso evangelista,
quando parla di sé, a magnificare la propria figura, per evidenziare la sua
vicinanza al Maestro. Diamo allora uno sguardo a un episodio che mette
obiettivamente in luce la sua posizione privilegiata, accentuando per contrasto
una minore intimità tra Gesù e gli apostoli.
Il passo che a tal proposito ci interessa (“Pietro,
voltatosi, vide che gli veniva dietro il discepolo prediletto da Gesù, quello
che nella cena si era chinato sul petto di lui”) ci riporta a una
scena dell’ultima cena, quando è stato chiesto a Gesù chi fosse il traditore:
Or uno dei suoi discepoli, quello da Gesù prediletto, stava
appoggiato sul petto di lui. A questo fece cenno Simon Pietro per dire:
“Domanda di chi parla”
(Gv. 13, 23-24).
E’ straordinario! Pietro, il primo degli Apostoli, non ha il
coraggio di porre la domanda e ricorre all’intermediazione di quel discepolo,
per via della sua particolare confidenza con Gesù. Sa, evidentemente, che Gesù
è a volte disposto a dire al beneamato delle cose che non direbbe agli altri,
agli apostoli. Possono questi, i dodici prescelti per la predicazione della
buona novella, chiamati a giudicare le dodici tribù d’Israele (Mt. 19, 28), non
essere gelosi? Come possono accettare che un “semplice” discepolo, senza
stellette sulla spallina, goda di una maggiore fiducia da parte del Maestro?
Il discepolo misterioso, da parte sua, non si sente affatto
inferiore a loro; anzi, al tempo in cui scrive il Vangelo, tutto è ormai
compiuto ed egli conosce perfettamente il valore della sua missione. Per
questo, non avendo titolo per qualificarsi come apostolo, ma non volendo
comunque sminuire la sua posizione agli occhi dei lettori del suo racconto, non
usa mai la parola “apostolo” per designare qualcuno dei “dodici”: parla sempre
e solo di discepoli. E’ una scelta terminologica deliberata, non priva di un
grande significato: per lui il discepolato, cioè l’intima adesione agli
insegnamenti del Maestro, gode di maggiore dignità dell’apostolato, che
scaturisce da un incarico.
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