Quelle
che seguono sono le domande del secondo dei tre gruppi proposti nei brani
precedenti:
E’
possibile che sia stato Giuseppe il discepolo misterioso che fece entrare
Pietro nella casa del sommo sacerdote?
E’
possibile che proprio lui sia stato il discepolo beneamato, autore del Vangelo
di Giovanni?
E’
possibile che abbia ricevuto un incarico speciale da Gesù?
Perché
l’autore del Vangelo di Giovanni, al contrario degli altri tre canonici, non
menziona l’istituzione dell’Eucarestia nel corso dell’ultima cena?
Mi
sono chiesto a lungo perché mai Gesù abbia accettato un discepolo (Giuseppe di
Arimatea) che non ha rinunciato ai suoi privilegi. Non ho una risposta certa,
ma una pluralità di risposte plausibili:
Gesù
conosce e giustifica le debolezze umane, se sono accompagnate da un cuore
sincero; perdona perfino Pietro, pur sapendo che lo rinnegherà nel momento
critico.
Gesù
trova in Giuseppe un interlocutore colto e attento alle cose di Dio (“membro
distinto del Consiglio, che aspettava egli pure il regno di Dio” dice
Matteo), più in sintonia con il suo pensiero rispetto a quanto lo siano gli
altri discepoli.
Gesù
vede in Giuseppe l’uomo al quale poter affidare un incarico segreto finale che
gli altri discepoli non capirebbero.
Gesù
e Giuseppe sono di medesima estrazione essena o, comunque, vicini per
formazione, se si accetta che Giuseppe sia il discepolo anonimo che abbandona
Giovanni Battista per seguire Gesù (Gv. 35 e segg.).
Gesù
vede in Giuseppe una fedeltà meditata e convinta, rispetto a quella istintiva e
interessata degli apostoli; quella fedeltà che, poi, troverà espressione nella
richiesta del corpo di Cristo a Pilato, per la sepoltura, proprio quando gli
apostoli faranno a gara per nascondersi.
Voglio
spingermi oltre, ipotizzando che la cultura religiosa e la profonda fedeltà di
Giuseppe facciano di lui il discepolo prediletto, al quale Gesù confida i
misteri più profondi, che gli apostoli “illetterati e ignoranti[1]”
(Atti 4, 13) non sono in grado di capire.
Proviamo
a guardare da un diverso punto di vista.
Nel
Vangelo di Giovanni si aggira un discepolo misterioso del quale viene taciuto
il nome; sarà egli stesso, alla fine, a qualificarsi come l’autore del Vangelo:
“E’ lui il discepolo che attesta queste cose” (Gv. 21, 24).
Questo
stesso discepolo anonimo è colui che ha fatto entrare Pietro nella casa di
Caifa e che, abbiamo concluso in un precedente post, non poteva essere
Giovanni, come ci è stato sempre insegnato. Solo Giuseppe aveva l’autorevolezza
per farlo.
Ci
siamo meravigliati come mai Giovanni, presente alla trasfigurazione di Cristo,
non facesse menzione di questo straordinario episodio nel suo Vangelo. La questione
cadrebbe se il misterioso autore del Vangelo non venisse identificato con
Giovanni ma con Giuseppe, non presente all’evento.
Il
discepolo anonimo viene sempre qualificato come discepolo “prediletto”; c’è
evidentemente un legame di affetto con Gesù che supera quello degli altri.
Possibile, appunto, che si tratti di Giuseppe: l’unico a non tirarsi indietro
nel momento critico e che, anzi, antepone un gesto di amore ai propri interessi
personali.
Non
interessa, in questa sede, andare oltre con le dimostrazioni. Lo scopo è di
verificare la coerenza delle nostre ricostruzioni con il racconto di Boron.
Ecco
alcuni brani, estratti dal Boron, nei quali Gesù parla a Giuseppe di Arimatea:
Tu
eri un mio buon amico e io ti conoscevo bene
Ero
certo che mi avresti aiutato e soccorso nel momento in cui nessuno dei miei
discepoli poteva aiutarmi
Tu
mi hai amato in segreto e in segreto io ho amato te
Fin
qui, il racconto di Boron è del tutto coerente con le conclusioni da noi tratte
dall’analisi dei Vangeli. Poi, Boron aggiunge che, in qualità di discepolo
beneamato, Giuseppe riceve il privilegio di un incarico speciale: la custodia
della coppa nella quale lui stesso ha raccolto il sangue di Cristo deposto
dalla croce e che Cristo gli riconsegna in prigione, dicendogli:
Sappi
che il nostro amore sarà manifestato a tutti e sarà terribile per i
miscredenti, perché custodirai il simbolo della mia morte.
Poi,
Boron aggiunge:
Allora
Gesù Cristo insegnò a Giuseppe alcune parole che non oso dire né rivelare… è il
Credo del mistero del Graal
Possiamo trovare tracce, nei Vangeli, "dell'incarico speciale" dato a Giuseppe? E quali potrebbero essere le parole segrete alle quali Boron allude?
[1] L’espressione, negli Atti degli Apostoli, è riferita
a Pietro e a Giovanni. Tuttavia, può essere estesa a quasi tutti gli altri
apostoli, prescelti tra le classi sociali meno elevate.
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