Nel tentativo di dare una base concreta all’incarico speciale
conferito a Giuseppe, secondo Boron, e nell’interrogarci sul contenuto delle
parole segrete rivelategli da Gesù, andiamo a cercare dei riferimenti nei
Vangeli. Avverto subito che non troveremo risposte precise (non è una novità),
però ci imbatteremo in alcuni elementi, anche molto forti, sui quali
solitamente non si riflette abbastanza.
Nel corso della nostra indagine, siamo arrivati alla
conclusione che, in Cristo, viene sublimato un segreto millenario che attiene
alla natura della vita. Sappiamo anche che Nostradamus identifica quel segreto
con gli elementi costitutivi della vita stessa (DNA, sangue, soffio vitale).
Ricorderete che il punto di partenza è stato proprio un Vangelo: quello di Matteo
che, con la sua genealogia, ci ha messi sulla pista del segreto. Che bisogno
avrebbe avuto l’evangelista di proporre un enigma sul quale non sono stato solo
io a interrogarmi, ma tutti gli studiosi degli ultimi 2000 anni?
Che interesse aveva a proporre un enigma, se esso non avesse
avuto un legame occulto con il seguito della narrazione evangelica?
Non deve sorprendere, quindi, se cerchiamo un nesso con
l’istituzione dell’Eucaristia, nel corso dell’ultima cena, durante la quale il
momento culminante è quello della celebrazione del “sangue”, quale base della
nuova alleanza e della remissione dei peccati.
Attenzione, però: al contrario degli altri evangelisti, il discepolo
prediletto, che era presente alla cena e stava appoggiato sul petto di Gesù
(Gv. 13, 23), nel suo Vangelo non fa stranamente menzione di un evento così sublime. Egli
racconta sì della necessità di mangiare la carne di Cristo e di bere il suo
sangue, ma lo fa in un altro contesto, nel corso di una disputa con i Giudei:
In verità, in verità vi dico: se non mangerete la carne del
Figlio dell’uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita (Gv. 6, 53)
Il quarto evangelista non ignora, quindi,
l’insegnamento eucaristico, ma lo colloca come insegnamento pubblico, piuttosto
che come insegnamento riservato ai partecipanti all’ultima cena. Inoltre, la sua visione
del mistero eucaristico consiste in una stretta relazione con la vita (“se
non mangerete… e non berrete… non avrete la vita”), a differenza degli altri
evangelisti e dell’apostolo Paolo, i quali vi vedono il simbolo di una
indefinita nuova alleanza e un rito commemorativo: “Fate questo in memoria
di me” (Lc. 22, 19); questo calice è la nuova alleanza (Lc. 22, 20);
“…tutte le volte che voi mangiate di questo pane e bevete di questo calice,
celebrate la morte del Signore, finché egli venga” (1 Corinti, 11, 26).
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