Tecniche di Nostradamus

mercoledì 9 gennaio 2013

L'Eucaristia: ci hanno detto la verità?


Nel tentativo di dare una base concreta all’incarico speciale conferito a Giuseppe, secondo Boron, e nell’interrogarci sul contenuto delle parole segrete rivelategli da Gesù, andiamo a cercare dei riferimenti nei Vangeli. Avverto subito che non troveremo risposte precise (non è una novità), però ci imbatteremo in alcuni elementi, anche molto forti, sui quali solitamente non si riflette abbastanza.

Nel corso della nostra indagine, siamo arrivati alla conclusione che, in Cristo, viene sublimato un segreto millenario che attiene alla natura della vita. Sappiamo anche che Nostradamus identifica quel segreto con gli elementi costitutivi della vita stessa (DNA, sangue, soffio vitale). Ricorderete che il punto di partenza è stato proprio un Vangelo: quello di Matteo che, con la sua genealogia, ci ha messi sulla pista del segreto. Che bisogno avrebbe avuto l’evangelista di proporre un enigma sul quale non sono stato solo io a interrogarmi, ma tutti gli studiosi degli ultimi 2000 anni?
Che interesse aveva a proporre un enigma, se esso non avesse avuto un legame occulto con il seguito della narrazione evangelica?
Non deve sorprendere, quindi, se cerchiamo un nesso con l’istituzione dell’Eucaristia, nel corso dell’ultima cena, durante la quale il momento culminante è quello della celebrazione del “sangue”, quale base della nuova alleanza e della remissione dei peccati.
Attenzione, però: al contrario degli altri evangelisti, il discepolo prediletto, che era presente alla cena e stava appoggiato sul petto di Gesù (Gv. 13, 23), nel suo Vangelo non fa stranamente menzione di un evento così sublime. Egli racconta sì della necessità di mangiare la carne di Cristo e di bere il suo sangue, ma lo fa in un altro contesto, nel corso di una disputa con i Giudei:

In verità, in verità vi dico: se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita (Gv. 6, 53)

Il quarto evangelista non ignora, quindi, l’insegnamento eucaristico, ma lo colloca come insegnamento pubblico, piuttosto che come insegnamento riservato ai partecipanti all’ultima cena. Inoltre, la sua visione del mistero eucaristico consiste in una stretta relazione con la vita (“se non mangerete… e non berrete… non avrete la vita”), a differenza degli altri evangelisti e dell’apostolo Paolo, i quali vi vedono il simbolo di una indefinita nuova alleanza e un rito commemorativo: “Fate questo in memoria di me” (Lc. 22, 19); questo calice è la nuova alleanza (Lc. 22, 20); “…tutte le volte che voi mangiate di questo pane e bevete di questo calice, celebrate la morte del Signore, finché egli venga” (1 Corinti, 11, 26).


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